Confermata in Cassazione la sanzione decisa dall’azienda sanitaria locale. Evidente la violazione compiuta dal responsabile della società agricola. Decisivo il fatto che il medicinale somministrato all’animale sia sì consentito, ma solo dietro prescrizione e controllo del veterinario.
Punito l’allevatore che si improvvisa veterinario e somministra senza l’obbligatoria prescrizione un farmaco a uno dei suoi animali, subito dopo messo in commercio. Fatale proprio quest’ultimo passaggio, ossia non avere rispettato il periodo di sospensione previsto proprio per la vendita di animali trattati con determinate sostanze Cassazione, sentenza numero 25834, sezione seconda civile, depositata oggi . Sostanza. Sotto accusa il responsabile di una società agricola, a cui viene contestato di «aver commercializzato un animale al quale erano state somministrate sostanze non autorizzate», ossia il ‘Voren’. E per i giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, non ci sono dubbi sulla colpevolezza dell’uomo, già sanzionato dall’Azienda sanitaria locale. L’allevatore prova però a dare in Cassazione una lettura diversa – e meno grave – della sua condotta. In particolare, egli ricorda che, normativa alla mano, il riferimento è al «divieto assoluto di somministrazione di sostanze e prodotti», per poi osservare che, in questa vicenda, «la sostanza – il ‘Voren’ –» data all’animale «è un medicinale che può essere somministrato dietro prescrizione medica». Seguendo questa linea di pensiero, il responsabile della società agricola sostiene che «la condotta consistita nella somministrazione del ‘Voren’ in assenza di prescrizione» non è catalogabile come «somministrazione di sostanze non autorizzate». Commercio. Questa visione viene però respinta dai Giudici della Cassazione, i quali ribattono che, sempre normativa alla mano, «è vietata la commercializzazione di animali ai quali siano state somministrate sostanze o prodotti non autorizzati, ovvero che siano stati oggetto di trattamento illecito». E proprio quest’ultimo passaggio si rivela decisivo, poiché per «trattamento illecito» si deve intendere, osservano i giudici, anche «l’utilizzazione di sostanze o prodotti autorizzati» però «a fini o a condizioni diversi da quelli previsti dalle disposizioni vigenti». Di conseguenza, «il divieto riguarda qualsiasi trattamento farmacologico degli animali destinati alla filiera alimentare che sia attuato in difformità delle previsioni di legge», mentre è priva di fondamento la tesi difensiva secondo cui «la somministrazione di sostanza prescrivibile non è, per sua natura, tale da nuocere alla salute pubblica». Applicando questa prospettiva alla vicenda in esame, è evidente la violazione compiuta dall’allevatore, che ha somministrato all’animale il ‘Voren’ senza la prescrizione del medico veterinario e, soprattutto, senza tenere a mente che «l’animale trattato con tale farmaco non può essere in commercio prima che sia trascorso un certo periodo dalla fine del trattamento». E in questo caso è logico dedurre che «senza l’intervento del medico veterinario» è impedito a monte «il controllo sull’osservanza del periodo di sospensione», con ricadute dirette sulla «qualità del prodotto commercializzato» e con potenziali rischi per la salute dei consumatori.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 maggio – 16 ottobre 2018, numero 25834 Presidente Petitti – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. La Corte d'appello di Brescia, con sentenza depositata in data 28 maggio 2015, ha rigettato l'appello proposto da Società Agricola Cipriana s.r.l. e da Ca. Fa. avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo numero 977 del 2011, e nei confronti dell'ASI, della Provincia di Bergamo. 2. Il giudice d'appello ha confermato il rigetto dell'opposizione all'ordinanza-ingiunzione con cui l'ASL ha sanzionato il responsabile della Società Agricola ai sensi dell'articolo 14, comma 3, lett. a , D.Lgs. numero 158 del 2006, per aver commercializzato un animale al quale erano state somministrate sostanze non autorizzate. 3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso Società Agricola Cipriana s.r.l. e Ca. Fa., sulla base di un motivo anche illustrato da memoria. Non ha svolto difese l'intimata. Il ricorso, già chiamato all'adunanza camerale del 10 marzo 2017 con proposta di decisione ai sensi dell'articolo 380-bis cod. proc. civ., è stato rimesso alla pubblica udienza per mancanza di evidenza decisoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è infondato. 1.2. Con l'unico motivo di ricorso è denunciata violazione di legge e si contesta l'applicazione dell'articolo 14, comma 3, lett. a , del D.Lgs. numero 158 del 2006 alla fattispecie in esame. In assunto dei ricorrenti, la nozione di «sostanze o prodotti non autorizzati» contenuta nella norma in oggetto indicherebbe sostanze o prodotti dei quali è in assoluto vietata la somministrazione, mentre nel caso di specie la sostanza somministrata - il Voren - è un medicinale che può essere somministrato dietro prescrizione medica, con la conseguenza che la condotta consistita nella somministrazione di tale sostanza in assenza di prescrizione non integrerebbe la violazione contestata. 2. La doglianza è infondata. 2.1. L'articolo 14, comma 3, lett. a , D.Lgs. numero 158 del 2006 vieta la commercializzazione di animali ai quali siano state somministrate sostanze o prodotti non autorizzati, ovvero che siano stati oggetto di trattamento illecito. L'articolo 1, comma 3, lett. g , del medesimo D.Lgs. numero 158 del 2006 precisa che per trattamento illecito si deve intendere «l'utilizzazione di sostanze o prodotti non autorizzati, ovvero di sostanze o prodotti autorizzati, a fini o a condizioni diversi da quelli previsti dalle disposizioni vigenti». Ne segue che il divieto previsto dall'articolo 14 citato, la cui ratio risiede nella tutela della salute, riguarda qualsiasi trattamento farmacologico degli animali destinati alla filiera alimentare che sia attuato in difformità dalle previsioni di legge, mentre risulta insostenibile la tesi prospettata dai ricorrenti, secondo cui «la somministrazione di sostanza prescrivibile, per sua natura, non è tale da nuocere alla salute pubblica» pag. 7 del ricorso . Come puntualmente rilevato dalla Corte d'appello, nel caso di specie si discute di trattamento a base di Voren, che ha come principio attivo il desametasone cortisonico , da effettuarsi sotto la diretta responsabilità del medico veterinario, che ne deve dare notizia all'autorità sanitaria competente per territorio al fine di consentire il controllo sulla osservanza dei tempi di sospensione. Ciò significa che l'animale trattato con tale farmaco non può essere immesso in commercio prima che sia trascorso un certo periodo dalla fine del trattamento, ed è altresì evidente che la somministrazione del suddetto farmaco senza l'intervento del medico veterinario mentre impedisce a monte il controllo sull'osservanza del periodo di sospensione - con ricadute dirette sulla qualità del prodotto commercializzato - nel contempo esclude l'applicabilità dell'articolo 14, comma 3, lett. b , D.Lgs. numero 158 del 2006, che vieta la commercializzazione di animali trattati con sostanze o prodotti autorizzati prima che sia trascorso il periodo di sospensione prescritto, presupponendo che il trattamento sia stato effettuato sotto il controllo del medico veterinario. 3. Il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese in mancanza di attività difensiva della parte intimata. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. PER QUESTI MOTIVI La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.