Inammissibile il ricorso per revocazione per la rivalutazione e interpretazione di risultanze processuali

Esprimendosi su un ricorso per revocazione la Cassazione ha ribadito i requisiti per la sussistenza di un errore revocatorio, nella specie in relazione a quanto deciso nella precedente decisione di legittimità sulla rinuncia al vantaggio probatorio derivante dalla ricognizione di un debito.

Sul tema la Suprema Corte con ordinanza n. 21604/18, depositata il 4 settembre. Il caso. La Corte d’Appello di Napoli aveva rigettato il gravame promosso dall’interessato nei confronti della sentenza di prime cure con la quale il medesimo veniva condannato al pagamento in favore di controparte di una somma di denaro portata da due assegni bancari, l’uno girato dal convenuto in bianco, l’altro tratta dallo stesso convenuto al suo ordine . Nella sentenza in commento l’interessato ha proposto revocazione per errore di fatto, ex art. 395 c.p.c., della precedente decisione dalla Corte di Cassazione con la quale veniva rigettato il ricorso finalizzato ad ottenere la cassazione della sentenza di appello. Con un unico motivo il ricorrente censura la pronuncia di legittimità per vizio revocatorio frutto di una erronea percezione delle risultanze processuali. In particolare il ricorrente lamenta che la Suprema Corte aveva ritenuto infondato il motivo affermando erroneamente che la rinuncia del preteso creditore al vantaggio derivante dalla ricognizione di debito, ai sensi dell’art. 1988 c.c. richiedeva un’inequivoca manifestazione abdicativa non essendo sufficiente che la parte sollevata dall’onere di provare il rapporto fondamentale ne offra ugualmente la prova . Ricorso inammissibile. Esprimendosi sul ricorso per revocazione la Cassazione ha ritenuto doverlo dichiarare inammissibile in applicazione del principio secondo cui la sussistenza dell’errore revocatorio debba essere esclusa quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultante processuali . Nel fattispecie in esame nella precedente decisione della Suprema Corte è stato formulato un giudizio di diritto affermando che la rinuncia al vantaggio probatorio derivante dalla ricognizione di debito ex art. 1988 c.c. richiede un’inequivoca manifestazione di volontà abdicativa, non essendo sufficiente che la parte sollevata dall’onere di provare il rapporto fondamentale ne offra egualmente la prova , nel caso di specie articolando un interrogatorio formale. Tale giudizio si fonda proprio sul presupposto che l’azione del creditore fosse causale, in quanto l’utilizzo della cambiale quale promessa di pagamento, nei rapporti tra le parti del rapporto sottostante, implica l’esercizio dell’azione causale inerente a tale rapporto . Inoltre in applicazione dell’art. 1988 c.p.c. il debitore è gravato dell’onere di provare l’inesistenza del rapporto cartolare con il creditore ovvero l’estinzione delle obbligazioni da esso nascenti. Alla stregua della richiamate considerazioni la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile poiché censura il giudizio di diritto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 giugno – 4 settembre 2018, numero 21604 Presidente/Relatore Genovese Fatto e diritto Rilevato che D.L.P. ha proposto revocazione per errore di fatto, ex art 395 numero 4 cod. proc. civ., avverso la sentenza numero 13001 del 16/03/2017, di codesta Corte, depositata in data 24/05/2017, di rigetto del ricorso finalizzato ad ottenere la cassazione della decisione emessa dalla Corte di Appello di Napoli numero 729/2012 tale ultima decisione aveva rigettato l’appello proposto dal D.L. nei confronti della sentenza di prime cure, con la quale il medesimo era stato condannato al pagamento, in favore di E.L. , della somma di Euro 35.733,65, portata da due assegni bancari, l’uno girato dal convenuto in bianco, l’altro tratto dallo stesso convenuto al suo ordine, entrambi emessi a rimborso di una somma erogata dall’E. al D.L. a titolo di mutuo Considerato che il ricorrente - con l’unico motivo di ricorso, illustrato con memoria - censura la menzionata pronuncia della Cassazione, per vizio revocatorio frutto - a suo dire - di un’erronea percezione delle risultanze processuali, la cui debita considerazione avrebbe dovuto portare al rigetto della domanda di pagamento avanzata in primo grado dalla controparte, E.L. in particolare, il D.L. si duole del fatto che questa Corte, nella sentenza numero 13001/2017, abbia ritenuto infondato il primo motivo di ricorso affermando - erroneamente e riduttivamente - che la rinuncia del preteso creditore, E.L. , al vantaggio derivante dalla ricognizione di debito ex art. 1988 cod. civ. richiedeva un’inequivoca manifestazione abdicativa non essendo sufficiente che la parte sollevata dall’onere di provare il rapporto fondamentale ne offra ugualmente la prova p.5 , nella specie articolando un interrogatorio formale volto a provare che gli assegni erano stati emessi a titolo di restituzione di una somma data a mutuo l’E. non si sarebbe, invero, limitato a tanto - come ritenuto dalla Corte per effetto del denunciato errore revocatorio - ma avrebbe addirittura reso una formale confessione circa la natura dell’azione instaurata in giudizio, affermando - nella comparsa di risposta e nella comparsa conclusionale del giudizio di appello - che neanche era fondata l’eccezione di prescrizione dell’azione cartolare, in quanto il sig. E. aveva agito in via causale e non aveva esercitato alcuna azione cartolare p. 9 . l’omesso esame di tale confessione resa dall’E. in ordine alla natura dell’azione intrapresa, diversa da quella per la quale l’art. 1988 cod. civ. assicura l’inversione dell’onere della prova p. 10 , avrebbe, pertanto, indotto la Corte a disattendere il primo motivo di ricorso, laddove - stante la rinuncia al privilegio riconosciuto al creditore, sul piano probatorio, dall’art. 1988 cod. civ., e la mancanza di prova del rapporto fondamentale, a base dell’azione causale - la domanda di pagamento proposta dall’E. avrebbe dovuto essere rigettata, in accoglimento del primo motivo di ricorso Ritenuto che l’ammissibilità del ricorso per revocazione, ex 391-bis cod. proc. civ., proposto avverso le sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione, allorché venga fatto valere l’errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa 395, numero 4 cod. proc. civ. , presupponga la sussistenza di un errore percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da indurre il giudice a fondare la valutazione della realtà processuale sulla supposta inesistenza od esistenza di un fatto, positivamente acquisito od escluso nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati nella loro esistenza Cass., 08/05/2017, numero 11202 Cass., 20/12/2016, numero 26278 in particolare, la sussistenza dell’errore revocatorio debba essere esclusa quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione Cass., 31/08/2017, numero 20635 Cass., 11/01/2018, numero 442 una sentenza della Corte di cassazione non possa, pertanto, essere impugnata per revocazione in base all’assunto che abbia male valutato i motivi di ricorso, perché un vizio di questo tipo costituirebbe un errore di giudizio e non un errore di fatto ai sensi dell’art. 395, comma 1, numero 4, c.p.c. Cass., 03/04/2017, numero 8615 Rilevato che nel caso di specie, la Corte ha formulato un giudizio in diritto, affermando - conformemente alla giurisprudenza consolidata di questa Corte cfr. ex plurimis, Cass., 09/06/2016, numero 11790 Cass., 23/06/2016, numero 13039 Cass., 10/08/2017, numero 19994 - che la rinuncia al vantaggio probatorio derivante dalla ricognizione di debito ex art. 1988 c.c. richiede un’inequivoca manifestazione di volontà abdicativi, non essendo sufficiente che la parte sollevata dall’onere di provare il rapporto fondamentale ne offra egualmente la prova nella specie articolando un interrogatorio formale tale giudizio si fonda - contrariamente all’assunto del ricorrente proprio sul presupposto che l’azione proposta dal creditore fosse un’azione causale, stante il riferimento al rapporto fondamentale operato dall’E. in giudizio, rilevato anche dalla Corte d’appello p. 3 della sentenza numero 13001/2017 , giacché l’utilizzo della cambiale quale promessa di pagamento, nei rapporti tra le parti del rapporto sottostante, implica l’esercizio dell’azione causale inerente a tale rapporto, e, in applicazione dell’art. 1988 cod. proc. civ., grava il debitore, sempre che risulti - come nella specie, essendo il D.L. emittente e giratario diretto degli assegni a favore dell’E. acquisita la prova del suo diretto rapporto cartolare con il creditore, dell’onere di provare l’inesistenza di tale rapporto, ovvero l’estinzione delle obbligazioni da esso nascenti Cass., 04/10/2016, numero 19803 Cass., 28/09/2011, numero 19860 Cass., 22/05/2008, numero 13099 Cass., 25/01/2001, numero 1058 Ritenuto che alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso - poiché censura il giudizio di diritto operato dalla sentenza numero 13001/2017 debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.