Decadenza dei termini per l’attività istruttoria e onere probatorio per l’istanza di rimessione

Per la rimessione in termini ai fini del deposito di documenti istruttori, come una scrittura privata, è necessaria, ai sensi degli artt. 184- bis e 153 c.p.c., la prova che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte perché dettata da un fattore estraneo alla sua volontà, del quale è necessario fornire la prova ai sensi dell’art. 294 c.c. .

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 17729/18, depositata il 6 luglio. Il caso. La società attrice conveniva in giudizio un’altra società per sentir dichiarare la risoluzione per colpa della convenuta di un contratto di somministrazione di caffè. La convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e allegando la stipula di un contratto transattivo in forza del quale le parti si erano accordare per una soluzione bonaria delle controversia. Il Tribunale adito rilevava che il documento provante la transazione veniva prodotto tardivamente oltre il termine previsto dall’art. 184 c.p.c. per le attività istruttorie e definiva il giudizio accogliendo la domanda attorea. La Corte d’Appello, esprimendosi sul ricorso promosso dalla convenuta, in totale accoglimento del gravame e rimettendo in termini l’appellante per la produzione documentale, rigettava la domanda attorea. L’originaria attrice, quindi, ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione di secondo grado. Imputabilità della decadenza. Secondo la ricorrente erroneamente la Corte territoriale aveva rimesso in termini l’appellante ritenendo verosimili le generiche allegazioni dell’impedimento fornite senza alcune prova delle circostanze idonee a dimostrale la non imputabilità della decadenza maturata. Il Supreme Collegio ha osservato che la sentenza impugnata fonda l’accoglimento della rimessione in termine sul presupposto che l’appellante si era recato agli uffici di cancelleria l’ultimo giorno utile per il deposito delle deduzioni istruttorie, ma aveva trovato chiusi gli uffici trattandosi di un sabato prefestivo. Tale situazione, secondo la Corte d’Appello, giustificava il deposito intempestivo da parte dell’appellante. Secondo la Cassazione la decisione di merito è stata assunta senza prove sui fatti allegati dall’istante e senza alcuna motivazione circa la non imputabilità della decadenza. Ciò in palese contrasto con il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la rimessione in termini richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte perché dettata da un fattore estraneo alla sua volontà, del quale è necessario fornire la prova ai sensi dell’art. 294 c.c. . Nessuna prova del tentativo di deposito. Nel caso di specie erroneamente è stato ritenuto che la ragionevole possibilità che la cancelleria fosse chiusa il giorno prima di Pasqua fosse sufficiente come prova che quel giorno l’appellante si fosse recato agli uffici per il deposito, proprio la vigilia di Pasqua ed ultimo giorno utile per depositare un documento di cui era in possesso da oltre un anno. Per questo, secondo i Giudici di legittimità, l’appellante era perfettamente consapevole della possibilità che quel giorno la cancelleria poteva operare con orario ridotto e avrebbe dovuto informarsi sugli orari di apertura al pubblico. In conclusione la Cassazione, ritenendo insussistente il diritto dell’appellante alla rimessione in termini per la produzione della scrittura privata, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato l’appello proposto dall’appellante condannando quest’ultima al pagamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 febbraio – 6 luglio 2018, n. 17729 Presidente Chiarini – Relatore D’Ovidio Fatti di causa Con atto notificato in data 13/3/2001 la Elga s.r.l. all’epoca avente denominazione sociale La Tazza d’Oro s.r.l. citava dinanzi al Tribunale di Cagliari la Garage di M.M.R.F. & amp C. s.a.s. per sentir dichiarare la risoluzione per fatto e colpa della convenuta del contratto di somministrazione di caffè stipulato tra le parti il 2/4/1999, con condanna della medesima convenuta al pagamento delle fatture insolute ed al risarcimento dei danni. La Garage di M.M.R.F. & amp C. s.a.s. si costituiva allegando la stipula di un contratto transattivo in forza del quale le parti si erano accordate per una soluzione bonaria della controversia e chiedendo, pertanto, il rigetto delle avverse domande. 11 documento comprovante la transazione veniva prodotto in causa oltre il termine per l’espletamento delle attività istruttorie previste dal previgente art. 184 c.p.c., sicché la attrice ne eccepiva la tardività ed inammissibilità. Il Tribunale, ritenuta la tardività della produzione del documento, definiva il giudizio accogliendo le domande attoree. Avverso tale sentenza proponeva appello la Garage di M.M.R.F. & amp C. s.a.s., cui resisteva la Tazza D’Oro s.r.l. Con sentenza n. 165 del 2016, pubblicata il 10/3/2016, la Corte di appello di Cagliari, previa remissione in termini dell’appellante per la produzione documentale comprovante l’invocata transazione, in accoglimento dell’appello ed in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta da La Tazza D’Oro s.r.l., condannando quest’ultima alla refusione in favore della controparte delle spese del doppio grado di giudizio Per la cassazione di detta pronuncia ricorre la Elga s.r.l. già denominata Tazza D’Oro s.r.l. , formulando un unico motivo e proponendo, in via subordinata, istanza di sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio per querela di falso pendente dinanzi al Tribunale di Cagliari rg. n. 5063/2016 ed avente ad oggetto il documento transattivo ex adverso prodotto e posto a base della decisione impugnata. La resistente non ha depositato controricorso. La Elga s.r.l. già denominata Tazza D’Oro s.r.l. ha depositato memoria ex art. 380bis c.p.c Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo ed articolato motivo di ricorso la Elga s.r.l. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 115, comma 2,184 previgente, 184 bis previgente e 294 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c. nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. . Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente rimesso in termini l’appellante Garage di M.M.R.F. & amp C. s.a.s., ritenendo verosimili le generiche allegazioni dell’impedimento dalla stessa fornite, in assenza di prova in ordine alle circostanze idonee a dimostrare la non imputabilità della decadenza maturata, la quale, in ogni caso, non sarebbe neppure riconducibile ad una causa non imputabile alla parte perché estranea alla sua volontà. Aggiunge che la sentenza impugnata avrebbe falsamente applicato la nozione di fatti notori , quale desumibile dall’art. 115, comma 2, c.p.c., nella parte in cui ha affermato che il sabato di Pasqua sarebbe un giorno semifestivo, in cui notoriamente i servizi di cancelleria sono assicurati da personale di turno e non per l’intera mattinata . Deduce infine la violazione degli artt. 184bis c.p.c. e 294 comma 2 e 3, c.p.c., per avere il giudice d’appello statuito sulla remissione in termini senza disporre sulle prove e con sentenza definitiva, precludendo in tal modo alla parte appellata di svolgere le proprie difese e controdeduzioni in merito, violando così il principio del contraddittorio e dando luogo ad una nullità rilevante ex art. 360 n. 4 c.p.c 1.1 Il motivo è fondato. La sentenza impugnata ha accolto la richiesta dell’appellante di essere rimesso in termini, ammettendo pertanto la produzione della scrittura privata contenente la transazione ed allegata ad una memoria istruttoria tardivamente depositata, sulla base della seguente motivazione al riguardo l’appellante assume che il termine per il deposito delle deduzioni istruttorie fosse fissato al 30 marco 2002 e che quel giorno il difensore si sia recato negli uffici di cancelleria ma li abbia trovati chiusi per le festività pasquali di conseguenza il deposito della memoria e dei documenti allegati ad essa sarebbe stato effettuato il primo giorno utile successivo, cioè il 2 aprile 2002. Si deve tenere presente che, effettivamente, il 30 marzo 2002 era la vigilia della Pasqua, cioè un giorno semifestivo, in cui notoriamente i servizi di cancelleria sono assicurati da personale di turno e non per l’intera mattinata si deve quindi ritenere ragionevole l’assunto prospettato, secondo cui il difensore abbia trovato l’ufficio chiuso e non abbia quindi potuto effettuare il deposito tempestivamente. Peraltro è pacifico che l’adempimento sia stato perfezionato il 2 aprile 2002, giorno successivo al lunedì dell’Angelo, quindi primo giorno utile successivo alla scadenza del termine . . Orbene, tale statuizione, in quanto assunta in assenza di prove sui fatti allegati dall’istante e senza alcuna valutazione circa la imputabilità o meno alla parte della decadenza verificatasi, si pone in contrasto con agli artt. 184, 184 bis e 294 c.p.c., alla luce del principio, già affermato da questa Corte, secondo cui la rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall’art. 184 bis c.p.c. applicabile nella specie ratione temporis che in quella di più ampia portata contenuta nell’art. 153, comma 2, c.p.c., richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte perché dettata da un fattore estraneo alla sua volontà, del quale è necessario fornire la prova ai sensi dell’art. 294 c.c. Cass. 25/03/2011, n. 7003, Rv. 616523 01 Cass. 28/09/2011, n. 19836, Rv. 618943 - 01 Cass. 27/10/2015, n. 21794, Rv. 637539 - 01 Cass. 14/10/2015, n. 20746, Rv. 637307 - 01 . Nella fattispecie in esame la Corte d’appello ha falsamente applicato le norme citate in primo luogo sotto il profilo dell’onere probatorio gravante sull’istante, atteso che la ritenuta ragionevole possibilità che gli uffici di cancelleria siano stati trovati chiusi nella giornata del sabato antecedente la Pasqua non costituisce comunque prova che quel giorno la parte si fosse effettivamente recata presso i detti uffici, né che gli stessi fossero chiusi, né che tale chiusura degli uffici sarebbe stata subita in orario non prevedibile in relazione alla giornata prefestiva, circostanza peraltro particolarmente rilevante per valutare l’imputabilità della causa della decadenza. Con riferimento a quest’ultimo profilo, è infatti evidente che la odierna resistente, avendo discrezionalmente scelto di depositare il sabato 30/3/2002, coincidente con la vigilia di Pasqua ed ultimo giorno utile, un documento di cui era peraltro in possesso da oltre un anno la transazione datata 22/1/2001 , era perfettamente a conoscenza anche della possibilità che quel giorno gli uffici di cancelleria potevano operare con orario ridotto e con personale di turno. Una tale situazione imponeva di informarsi preventivamente sugli orari di apertura al pubblico di detti uffici o, quantomeno, di recarvisi in orario adeguato e non, ad esempio, nell’imminenza dell’orario di chiusura dei giorni ordinari . Infatti, l’orario di apertura delle cancellerie e segreterie al pubblico è disciplinato dall’art. 162 legge n. 1196 del 1960 prevedente l’apertura per cinque ore al giorno nei giorni feriali , la quale è una norma d’organizzazione volta a disciplinare l’azione della P.A. che, pertanto, non attribuisce alcun diritto soggettivo agli interessati, con la conseguenza che, in caso di provvedimento del presidente della corte d’appello disponente un orario di apertura inferiore a quello legale, i soggetti interessati devono comunque depositare gli atti entro l’orario d’apertura se non vogliono incorrere nelle decadenze previste dalle norme processuali, senza che possa in contrario invocarsi il contrasto tra la determinazione adottata e la disposizione di legge sopra richiamata Cass., sez. L, 2/5/2005 n. 9069, Rv. 581823 - 01 . Nulla di tutto ciò è stato valutato dalla Corte di appello, né risulta essere stato mai allegato dalla odierna resistente, con conseguente violazione dell’art. 184 bis c.p.c., il quale subordina il rimedio restitutorio alla circostanza che la decadenza sia dipesa da una causa non imputabile alla parte perché dettata da un fattore estraneo alla sua volontà, ipotesi certamente non configurabile nel caso di un deposito tentato, quale ultimo giorno utile, alla vigilia di Pasqua in orario non precisato e neppure allegato . È opportuno, infine, precisare che non trova applicazione nel presente giudizio instaurato con citazione notificata nel marzo del 2001 il comma quinto dell’art. 155 c.p.c., introdotto dall’art. 2 della l. n. 263 del 2005 a mente del quale, se il giorno della scadenza per il compimento di atti processuali coincide con il sabato, si applica la proroga di diritto al primo giorno non festivo prevista dal quarto comma , atteso che tale disciplina si applicava ai procedimenti instaurati successivamente al 1/3/2006, data della sua entrata in vigore ex art. 39-quater, d.l. n. 273 del 2005, convertito dalla legge n. 51 del 2006. Neppure rileva la successiva modifica introdotta dal terzo comma dell’art. 58, l. n. 69/2009, che ha esteso anche ai giudizi pendenti alla data dell’1/3/2006 la previsione del nuovo quinto comma dell’art. 155 c.p.c. invero, in virtù del principio tempus regit actum, tale estensione avrebbe, sì, potuto trovare applicazione nel giudizio di cui è causa in quanto pendente alla data del 1/3/2006 ma solo per gli atti ad esso relativi compiuti nella vigenza di tale disciplina e quindi successivamente all’entrata in vigore della l. n. 69/2009 e non, retroattivamente, per gli atti posti in essere nel vigore delle precedenti disposizioni, quale è quello di cui si discute relativo ad un atto depositato nell’anno 2002 . Il ricorso deve pertanto essere accolto, restando assorbiti gli ulteriori motivi di censura attinenti alla violazione degli artt. 101, 115 e 294 c.p.c., nonché l’istanza proposta in via gradata ex art. 295 c.p.c Considerato che l’unico motivo di appello avverso la sentenza di primo grado ha riguardato il rigetto della eccezione di avvenuta transazione, previa remissione in termini per il deposito della relativa scrittura privata, e che la decisione impugnata ha fondato la pronuncia di accoglimento dell’appello esclusivamente su tale scrittura privata, a seguito dell’esito del presente ricorso non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sicché la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., in quanto ciò è consentito non soltanto nel caso di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali, ma anche nel caso in cui il suddetto vizio attenga, come nella specie, a norme processuali Cass. 20/10/2017, n. 24866, Rv. 645974 - 01 Cass. 29/03/2006, n. 7144, Rv. 590899 - 01 . Conclusivamente, la Corte cassa la sentenza impugnata, in relazione all’accolto motivo di ricorso e, decidendo nel merito, rigetta l’appello proposto dalla Garage di M.M.R.F. C. s.a.s. contro la sentenza del tribunale di Cagliari del 31/3/2006, condannando l’appellante al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado liquidate come in dispositivo. Le spese del giudizio di secondo grado e di quello di legittimità, secondo soccombenza, vanno poste a carico della resistente e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello proposto dalla Garage di M.M.R.F. C. s.a.s. contro la sentenza del Tribunale di Cagliari del 31/3/2006 condanna l’appellante al pagamento in favore della Elga s.r.l. già denominata la Tazza D’Oro s.r.l. delle spese del giudizio di secondo grado, che liquida in Euro 1.740,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, ed Euro 240,00 per spese generali, oltre accessori di legge. Condanna altresì la resistente al pagamento in favore della Elga s.r.l. delle spese del giudizio di cassazione che liquida nella misura di Euro 800,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per spese ed oltre spese generali forfettarie ed accessori di legge.