Atto di ricorso smarrito, come rimediare l’inconveniente?

In via preliminare la Cassazione ha affrontato la questione di improcedibilità del ricorso proposto dalla ricorrente per mancato deposito dello stesso nella cancelleria. L’interessata giustifica il mancato deposito per effetto dello smarrimento dell’atto. Il problema è superabile, affermano gli Ermellini, ma come?

Sul punto la Suprema Corte con l’ordinanza n. 15266/18, depositata il 12 giugno in relazione al ricorso promosso dalla soccombente, la quale aveva ottenuto decisioni sfavorevoli in entrambi i giudizi di merito in materia di donazione. Smarrimento dell’atto di ricorso. La Cassazione prima di esprimersi sulla vicenda ha rilevato in via preliminare l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369, comma 1, c.p.c. a causa del mancato deposito dello stesso in cancelleria della Suprema Corte , non potendo rilevare la comparsa di costituzione e risposta arrivata nella cancelleria con la quale viene giustificato il mancato deposito deducendo lo smarrimento dell’atto. Gli Ermellini osservano che per superare il problema dello smarrimento del ricorso e rimediare all’inconveniente era necessaria la notifica di un secondo ricorso nel termine di 60 giorni dalla data di notificazione del primo per poi depositare regolarmente il nuovo atto in cancelleria entro 20 giorni dalla notificazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c Infatti, precisano i Supremi Giudici, se una sentenza viene impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, il primo non depositato o depositato tardivamente, la proposizione del secondo è ammissibile, anche quando contenga nuovi e diversi motivi di censura, purché la notificazione dello stesso abbia avuto luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del prime, e l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, non comportando la mera notificazione del primo ricorso la consumazione del potere d’impugnazione . Nella fattispecie in esame, però, il ricorrente non ha usato questa soluzione per risolvere l’inconveniente e di conseguenza la Cassazione ha ritenuto inevitabilmente dichiarare il ricorso improcedibile, addebitando, altresì, le spese alla parte soccombente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 27 aprile – 12 giugno 2018, n. 15266 Presidente/Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1 A.O.V. ricorre per cassazione contro la sentenza 11.7.2017 della Corte d’Appello di Milano con cui è stato respinto il gravame da essa proposto contro la decisione sfavorevole di primo grado in un giudizio in materia di donazione contro tale S.C. . L’altra parte resiste con controricorso. Il relatore ha formulato proposta di improcedibilità . Considerato in diritto In via preliminare va rilevata l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 comma 1 cpc per mancato deposito dello stesso nella cancelleria della Corte, non potendovi certamente sopperire la comparsa di costituzione e risposta pervenuta nella cancelleria centrale il 9.11.2017 v. annotazione sulla copertina del fascicolo con cui la ricorrente giustifica il mancato deposito del ricorso per effetto dello smarrimento dell’atto dopo la notificazione avvenuta il 14.9.2017. Per superare il problema dello smarrimento del ricorso circostanza peraltro solo dedotta e neppure documentata da una denunzia di smarrimento, quanto mai doverosa per le gravissime conseguenze di carattere processuale che comportava il mancato assolvimento dell’onere imposto dall’art. 369 cpc - la ricorrente avrebbe dovuto notificare un secondo ricorso nel termine di sessanta giorni dalla data 14.9.2017 di notificazione del primo e provvedere quindi al regolare deposito del nuovo atto in cancelleria nel rispetto del termine di venti giorni dalla notificazione secondo la chiara prescrizione di legge v. art. 369 cpc , così rimediando all’inconveniente occorso. Ed infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte, nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, il primo dei quali non sia stato depositato o lo sia stato tardivamente dal ricorrente, è ammissibile la proposizione del secondo, anche quando contenga nuovi e diversi motivi di censura, purché la notificazione dello stesso abbia avuto luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del primo, e l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, non comportando la mera notificazione del primo ricorso la consumazione del potere d’impugnazione tra le varie, Sez. 5, Sentenza n. 21145 del 19/10/2016 Rv. 641454 Sez. L, Sentenza n. 13267 del 06/06/2007 Rv. 597689 Sez. 3, Sentenza n. 11308 del 23/05/2011 Rv. 618152 . A tale agevole soluzione la ricorrente non ha ritenuto di fare ricorso e pertanto l’improcedibilità è oggi inevitabile, rendendosi logicamente superfluo l’esame del motivo di impugnazione. L’improcedibilità comporta addebito di spese alla parte soccombente. Considerato che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato dichiarato improcedibile sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1 - quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. dichiara il ricorso improcedibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 - quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso art. 13.