Notifica del ricorso a mezzo posta: l’assenza della cartolina di ricevimento comporta l’inammissibilità

Il ricorso per la cassazione di un provvedimento di merito deve essere dichiarato inammissibile laddove il ricorrente non abbia prodotto in giudizio la cartolina di ricevimento della raccomandata da parte dell’intimato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7480/18, depositata il 26 marzo, decidendo in merito all’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva rigettato la domanda di equo indennizzo avanzata dall’attore in riferimento ad un procedimento amministrativo. Notifica. Il Collegio ritiene, in via pregiudiziale, di sottolineare l’inammissibilità del ricorso in Cassazione presentato dall’originario attore per l’assenza della prova della rituale notificazione del ricorso all’intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ed infatti, pur risultando allegata la ricevuta di spedizione del ricorso a mezzo posta, manca la cartolina di ricevimento da parte del Ministero che, dal canto suo, non avendo formalizzato alcuna costituzione in giudizio non ha spiegato alcun effetto sanante. Au senesi dell’art. 149 c.p.c., è richiesta la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo posta in funzione della prova del perfezionamento della notifica medesima. In caso di mancata produzione nel termine massimo utile - individuato nel termine previsto per il deposito delle memorie e, comunque, non oltre l’orario fissato per l’adunanza camerale – ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile con effetto istantaneo ed irretrattabile in quanto non è consentita dalla legge la concessione di un termine per il deposito, né tantomeno sono riscontrabili i presupposti per la rinnovazione con rimessione in termini ex art. 291 c.p.c In conclusione, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 21 febbraio – 26 marzo 2018, n. 7480 Presidente Petitti – Relatore Carrato Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con decreto n. 6006/2015 il Consigliere delegato della Corte di appello di Roma rigettava la domanda proposta da B.V. ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89/2001 come sostituito dall’art. 55 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., nella legge 7 agosto 2012, n. 134 per l’ottenimento dell’equo indennizzo con riferimento alla dedotta durata irragionevole di un giudizio amministrativo dallo stesso intentato dinanzi al T.A.R. Campania con ricorso depositato il 1 agosto 2003 ai fini dell’annullamento di un ordine di demolizione, definito con sentenza di improcedibilità del 21 maggio 2014. Decidendo sull’opposizione formulata avverso il suddetto decreto, la Corte di appello di Roma in composizione collegiale , con decreto depositato il 1 febbraio 2016, la rigettava siccome infondata alla stregua della sopravvenuta declaratoria di improcedibilità dell’originario ricorso proposto per la successiva presentazione della domanda di condono edilizio e, quindi, per il venir meno dell’interesse del ricorrente ad una pronuncia sulla legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, che aveva già perso la sua efficacia. Il B.V. proponeva ricorso per cassazione - in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. - nei confronti del menzionato decreto, basato su un solo complesso motivo ricondotto alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 89/2001, in correlazione con l’art. 738 c.p.c., nonché I all’omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio che aveva costituito oggetto di discussione fra le parti riguardante la portata e l’efficacia della, sentenza del T.A.R. Campania nel giudizio presupposto ai fini del riconoscimento dell’equo indennizzo. L’intimato Ministero dell’economia e delle finanze non ha svolto attività difensiva in questa fase. Rileva, in via pregiudiziale, il collegio che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché manca agli atti la prova della rituale notificazione del ricorso stesso all’intimato Ministero che non risulta essersi costituito , dal momento, pur emergendo l’allegazione della ricevuta di spedizione del ricorso a mezzo posta, non è stata prodotta entro il termine ultimo possibile la necessaria cartolina di ricevimento da parte del suddetto Ministero che, non avendo formalizzato alcuna costituzione, non ha determinato alcun effetto sanante . Infatti, la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c. è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza - secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte a partire da Cass. Sez. U. n. 627/2008, seguita da numerose altre, tra cui Cass. n. 9453/2011 e Cass. n. 14780/2014 - che, in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento nel termine utile massimo possibile stabilito, da ultimo, con il punto 2 del protocollo d’intesa tra la Corte di cassazione, il CNF e l’Avvocatura generale dello Stato sull’applicazione del nuovo rito civile del 15 dicembre 2016 con il termine previsto per il deposito delle memorie e, comunque, non oltre l’orario fissato per l’inizio della relativa adunanza camerale ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è da dichiararsi inammissibile con effetto istantaneo ed irretrattabile , non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. salva l’ipotesi eccezionale dell’eventuale rimessione in termini, che non ricorre, né è stata invocata, nel giudizio in questione . In definitiva, per l’assorbente motivo pregiudiziale appena evidenziato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile.