Ai fini della decorrenza dei termini per la riassunzione del giudizio non è sufficiente la conoscenza “aliunde” acquisita dell’evento interruttivo

Il termine per la riassunzione del giudizio, interrotto per morte o impedimento del procuratore costituito di una delle parti in causa, decorre non già dal giorno in cui si è verificato l'evento interruttivo, bensì da quello in cui lo stesso evento sia venuto a conoscenza della parte, interessata alla riassunzione, in forma legale, risultante cioè da dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde” acquisita.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28759/17, depositata il 30 novembre. Il caso. Nel novembre 2011 un uomo proponeva ricorso alla Corte d’Appello di Perugia lamentando l’eccessiva durata del giudizio promosso nel 2002 dinanzi al Tribunale di Roma, definito, con sentenza in primo grado, nel 2004, e, in grado di appello, nel 2011. Il ricorrente chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli un equo indennizzo, come ristoro dei danni subiti per l’irragionevole durata del giudizio presupposto. Il Ministero resisteva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda avversa. Nel 2016, con decreto, la Corte d’Appello di Perugia dichiarava l’estinzione del giudizio, poiché riassunto tardivamente e condannava l’uomo alle spese. In particolare, la Corte territoriale evidenziava che il giudizio – che era stato interrotto a seguito della sospensione dall’albo, a tempo indeterminato, del difensore costituito del ricorrente – era stato tardivamente riassunto con ricorso, nel settembre del 2014, quando il termine perentorio di 3 mesi dall'interruzione, di cui all’art. 305 c.p.c., era già giunto a compimento. Più nello specifico, era accaduto che il ricorrente – a sua volta avvocato, inserito nello stesso studio professionale del proprio difensore che era, al contempo, sua moglie – aveva avuto comunicazione, nell’ottobre 2013, dell’avvenuta sospensione dall’albo professionale della donna, in quanto interessato al medesimo provvedimento di sospensione. Pertanto, ad avviso della Corte d’Appello, il ricorrente aveva avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo, idonea alla decorrenza dei termini entro i quali il giudizio doveva necessariamente essere riassunto, pena l’estinzione. Avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia l’uomo proponeva ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Il Ministero della Giustizia resisteva con controricorso chiedendo il rigetto della domanda avversa e il pagamento delle spese legali. Comunicazione e conoscenza dell’evento. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduceva che la comunicazione di sospensione del legale difensore dall’albo professionale, da parte del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, non aveva avuto come destinatario lui stesso ricorrente ma il suo difensore e che, dunque, tale comunicazione non era consistita in una attività diretta a portare a sua conoscenza il verificarsi dell’evento interruttivo. Pertanto, a detta dell’uomo, la notificazione, così avvenuta, non era idonea a fornire il riscontro della conoscenza legale, da parte sua, dell’evento interruttivo relativo al proprio difensore. Con il secondo motivo il ricorrente sosteneva che la Corte perugina aveva errato nel ritenere non contestata la conoscenza legale, da parte sua, dell’evento interruttivo - che aveva colpito il difensore - in forza della comunicazione di sospensione dall’albo, pervenuta allo stesso studio di cui anche il ricorrente faceva parte. Osservazioni della Corte di Cassazione. I Supremi Giudici considerano connessi i due motivi, ne ritengono opportuna la disamina contestuale e sostengono che essi siano destituiti di fondamento. Nell’appoggiare la conclusione dei giudici perugini la Suprema Corte fa leva su una serie di circostanze lo status di coniugi del ricorrente e del suo legale il fatto che entrambi facciano parte dello stesso studio professionale che essi, entrambi avvocati, erano stati indagati nello stesso procedimento penale, nell’ambito del quale era stata adottata, nei confronti dei due, la misura della custodia cautelare in carcere e, infine, il fatto che entrambi erano stati destinatari dell’analogo provvedimento di sospensione cautelare dall’esercizio della professione a tempo indeterminato, da parte del Consiglio dell’ordine competente. Pertanto, ad avviso dei Giudici della legittimità, quando al ricorrente è stato notificato il provvedimento della sua sospensione cautelare, a tempo indeterminato, dall’esercizio della professione, egli ha avuto conoscenza anche dell’analogo provvedimento di sospensione del proprio coniuge, suo difensore nel procedimento per l’equa riparazione ex lege n. 89/2001. Quindi, ad avviso dei supremi giudici, si è in presenza di una conoscenza avvenuta non aliunde, ovvero induttivamente, bensì in maniera diretta e immediata, in occasione della notificazione al ricorrente del proprio provvedimento sospensivo. Pertanto, il giudizio ex lege Pinto risulta riassunto tardivamente. Conclusione. I Giudici della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, rigettano il ricorso e condannano il ricorrente a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 7 luglio – 30 novembre 2017, n. 28759 Presidente Petitti – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto Con ricorso alla corte d’appello di Perugia depositato in data 14.11.2011 S.N. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio promosso dinanzi al tribunale di Roma in data 13.2.2002, definito in primo grado con sentenza n. 27865/2004 ed in grado d’appello con sentenza n. 1904/2011. Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli a ristoro dei danni subiti per l’irragionevole durata del giudizio presupposto un equo indennizzo. Resisteva il Ministero della Giustizia. Instava per il rigetto dell’avversa domanda. Con decreto n. 630/2016 la corte d’appello di Perugia dichiarava l’estinzione del giudizio in quanto tardivamente riassunto e condannava il ricorrente alle spese. Evidenziava la corte che il giudizio, interrotto a seguito della sospensione dall’albo a tempo indeterminato dell’avvocato T. , difensore costituito dello S. , era stato riassunto tardivamente, con ricorso depositato il 17.9.2014, allorché il termine perentorio di cui all’art. 305 cod. proc. civ. era già giunto a compimento. Evidenziava in particolare che il ricorrente, avvocato a sua volta, inserito nello stesso studio professionale dell’avvocato, suo coniuge, T.G. , aveva ricevuto la comunicazione del 24.10.2013 del consiglio dell’ordine degli avvocati di sospensione del suo difensore, siccome interessato al medesimo provvedimento di sospensione che in forza di tali circostanze, per nulla contestate, il ricorrente aveva quindi acquisito dell’evento interruttivo la conoscenza legale idonea ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Avverso tale decreto ha proposto ricorso S.N. sulla scorta di due motivi ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione con ogni conseguente provvedimento. Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese. Il ricorrente ha depositato memoria. Del pari ha depositato memoria il Ministero controricorrente. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione della legge n. 89/2001, degli artt. 112 e 305 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ Deduce che la comunicazione del consiglio dell’ordine degli avvocati di sospensione dall’albo dell’avvocato T. non ha avuto come destinatario egli ricorrente ma il suo difensore che dunque tale comunicazione non è consistita in un’attività diretta a portare a sua conoscenza la verificazione dell’evento interruttivo. Deduce quindi che la notificazione di tale comunicazione non è idonea a fornir riscontro della conoscenza legale da parte sua dell’evento interruttivo che ha colpito il proprio legale, né rileva che analogo provvedimento di sospensione sia stato ad egli ricorrente, parte dello stesso studio professionale dell’avvocato T. , indirizzato. Deduce altresì che contrariamente all’assunto della corte di merito all’udienza del 18.1.2016 ha puntualmente contestato le avverse deduzioni. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa valutazione di una circostanza determinante. Deduce che ha errato la corte distrettuale allorché ha ritenuto non contestata la pretesa conoscenza legale da parte sua dell’evento interruttivo in forza della comunicazione di sospensione dall’albo dell’avvocato T. siccome pervenuta allo stesso studio di cui egli ricorrente era parte che all’udienza del 18.1.2016 ha puntualmente contestato di aver avuto siffatta legale conoscenza. I motivi di ricorso sono strettamente connessi. Il che ne rende opportuna la disamina contestuale. Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento. Va previamente puntualizzato che allorquando la corte territoriale ha ritenuto non specificamente contestate e dunque riscontrate sul piano probatorio le circostanze dedotte dall’Avvocatura dello Stato, ha inteso riferirsi non già al postulato della conoscenza legale dell’evento interruttivo da parte del ricorrente, sibbene a ben precise situazioni di fatto e di diritto. Ovvero in primo luogo alla circostanza per cui l’avvocato S.N. e l’avvocato T.G. sono coniugi in secondo luogo alla circostanza per cui l’una e l’altro avvocato fanno parte dello stesso studio professionale in terzo luogo alla circostanza per cui l’avvocato S.N. e l’avvocato T.G. sono stati coinvolti in veste di indagati nel medesimo procedimento penale nell’ambito del quale è stata adottata e nei confronti dell’uno e nei confronti dell’altra la misura della custodia cautelare in carcere in quarto luogo alla circostanza per cui e l’avvocato S.N. e l’avvocato T.G. sono stati fatti segno, in dipendenza del coinvolgimento nello stesso procedimento penale, di analogo provvedimento di sospensione cautelare dall’esercizio della professione a tempo indeterminato da parte del competente consiglio dell’ordine degli avvocati. Del resto S.N. ha in questa sede dedotto di aver contestato nel corso della prima udienza del 18.1.2016 propriamente l’eccezione di estinzione e soprattutto di aver avuto conoscenza legale così ricorso, pag. 34 , ossia ha addotto di aver contestato il corollario che la corte umbra ha inteso inferire dalle circostanze dapprima enunciate. In siffatti termini questa Corte, certo, non può che reiterare il proprio insegnamento, alla cui stregua l’art. 305 cod. proc. civ. - a seguito delle sentenze n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976 della Corte costituzionale - deve essere interpretato nel senso che il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo, interrotto per morte o impedimento del procuratore, decorre non dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui lo stesso evento sia venuto a conoscenza della parte, interessata alla riassunzione, in forma legale, risultante cioè da dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde acquisita cfr. Cass. sez. lav. 29.12.1999, n. 14691 Cass. 25.2.2015, n. 3782 . E tuttavia pur in tal guisa è innegabile che, allorquando il ricorrente ha ricevuto notificazione del provvedimento ad egli indirizzato di sua sospensione cautelare dall’esercizio della professione a tempo indeterminato, ha inevitabilmente preso atto che il suo provvedimento gli prefigurava - gli dichiarava - al contempo - in ragione delle premesse visto l’esposto disciplinare . a carico degli avvocati S.N. e T.G. . attualmente entrambi sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere . , della riproduzione nel corpo del provvedimento dell’ ordinanza di applicazione di misura cautelare e delle imputazioni elevate e nei suoi confronti e nei confronti del coniuge nonché delle osservazioni inserite nel testo, ove è riferimento all’istanza di ricusazione congiuntamente formulata da egli ricorrente e dalla moglie - l’analoga sospensione assunta, per i medesimi illeciti penali, nei confronti della coindagata, coniuge e collega di studio. La notificazione del suo provvedimento di sospensione è valsa in guisa di dichiarazione e dunque in forma legale a renderlo edotto dell’analogo provvedimento di sospensione assunto dallo stesso consiglio dell’ordine nei confronti del coniuge, suo difensore nel procedimento ex lege n. 89/2001 introdotto in data 14.11.2011 innanzi alla corte d’appello di Perugia. Non si è quindi al cospetto di una conoscenza acquista aliunde ovvero induttivamente, sibbene di una conoscenza radicatasi direttamente ed immediatamente in occasione della notificazione al ricorrente del suo provvedimento di sospensione cautelare dall’esercizio della professione. Alla luce degli enunciati rilievi va perciò condivisa la conclusione cui è pervenuta la corte di Perugia, ossia che il giudizio ex lege Pinto è stato riassunto tardivamente. In dipendenza del rigetto del ricorso S.N. va condannato a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio. La liquidazione segue come da dispositivo si tenga conto che, in sede di condanna del soccombente al rimborso delle spese del giudizio a favore di un’amministrazione dello Stato - nei confronti del quale vige il sistema della prenotazione a debito dell’imposta di bollo dovuta sugli atti giudiziari e dei diritti di cancelleria e di ufficiale giudiziario - riguardo alle spese vive la condanna deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito cfr. Cass. 18.4.2000, n. 5028 Cass. 22.4.2002, n. 5859 . Ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 115/2002 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89/2001. Il che rende inapplicabile l’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115 cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915 . P.Q.M. La corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente, S.N. , a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.