Servitù privata e pubblica sullo stesso bene possono coesistere

La sussistenza di una servitù di uso pubblico su una strada privata non esclude la coesistenza di una servitù privata prediale sulla medesima strada ove non incompatibile con la prima.

La Sezione II civile della Cassazione sentenza n. 28632/17, depositata il 29 novembre ha cassato con rinvio la decisione impugnata che aveva negato la possibilità di sussistenza di una servitù privata con riguardo ad un bene oggetto di servitù ad uso pubblico. Il caso. Due gruppi di comproprietari di fondi frontistanti si concedevano reciprocamente, con una scrittura privata, il diritto di accesso e transito con ogni mezzo su una striscia di terreno intercorrente tra le rispettive proprietà. Successivamente nascevano contrasti circa il valore e la portata della predetta scrittura privata due cause poi riunite, che si concludevano, in primo grado, con la dichiarazione da parte del Tribunale che la scrittura privata aveva dato origine alla costituzione di una servitù reciproca di accesso e transito sui rispettivi terreni delle parti, con condanna di una di esse alla rimozione dei manufatti che ingombravano la sede stradale, riducendone la larghezza e lo spazio libero sovrastante. In appello la decisione viene riformata con sorpresa per tutte le parti! . La Corte d’appello, invece, rigettava tutte le domande delle parti, constatando l’avvenuta costituzione, sulla stradella privata oggetto di contenzioso, di una servitù ad uso pubblico, che, secondo la Corte territoriale, aveva fatto venir meno l’interesse delle parti rispetto alla originaria servitù prediale. Gli Ermellini accolgono le censure proposte. La decisione impugnata viene cassata dalla Suprema Corte in ragione di una serie di principi che, in sostanza, ammettono la possibilità che sullo stesso bene coesistano una servitù privata ed una servitù ad uso pubblico. Come sempre, si tratta di verificare gli accordi in concreto esistenti e la esatta portata della servitù ad uso pubblico, ma, appunto, ciò non toglie che tale coesistenza sia in astratto ammissibile. Da qui l’errore della Corte d’Appello che, invece, aveva basato la propria erronea decisione sul presupposto di una incompatibilità generalizzata. Il primo principio di diritto. In questo quadro, gli Ermellini formulano una serie di principi. In base al primo, viene affermato che una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l'ente pubblico ovvero per l'avvenuta maturazione dell'usucapione. Il secondo principio di diritto. In base al secondo, gli Ermellini avvertono che, perché si costituisca per usucapione una servitù pubblica di passaggio su una strada privata, è necessario che concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni 1 l'uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un'utilizzazione uti singuli , cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata 2 l'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù 3 il protrarsi dell'uso per il tempo necessario all'usucapione. Il terzo principio di diritto. Il terzo principio afferma che la sussistenza di una servitù di uso pubblico su una strada privata non esclude la coesistenza di una servitù di natura privata. Una servitù ad uso pubblico ha come presupposto la proprietà privata del bene. Del resto, aggiunge la Cassazione, la sussistenza di una servitù di uso pubblico non esclude certo la proprietà privata del terreno su cui essa grava, anzi presuppone il carattere privato del fondo servente. È per tale ragione, d'altra parte, che gli Ermellini hanno già statuito in passato che l'assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all'interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando ciò un'utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa. L’interesse delle parti al rispetto della servitù privata non era venuto meno. Se, dunque, il terreno su cui insiste la stradella era rimasto di proprietà privata, ha errato la Corte territoriale a ritenere che l'interesse degli attori ad ottenere il rispetto della servitù prediale, costituita convenzionalmente tra le parti in forza della scrittura privata, fosse venuto meno. Infatti, non si verte nel caso di specie in materia di distanze legali e non rileva l'esonero dal rispetto di tali distanze previsto dall'art. 879, comma 2, c.c., per le costruzioni poste a confine con piazze e vie pubbliche si verte invece in materia di servitù prediali costituite per contratto. Orbene, la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella qualora fosse accertata non escluderebbe certo, di per sé, la coesistenza di una servitù di natura privata insistente sulla medesima stradella, ove tale ultima servitù - la cui sussistenza e il cui contenuto spetta al giudice di merito accertare - avesse un contenuto non incompatibile con quello della pretesa servitù di uso pubblico.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 settembre – 29 novembre 2017, n. 28632 Presidente Petitti – Relatore Lombardo Fatti di causa 1. - La vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla scrittura privata stipulata il 16/2/1982 dai germani M. , da un lato, e dai coniugi D.B.B. e D.G.A. , dall’altro, tutti proprietari di fondi frontistanti, con la quale le parti si concessero reciprocamente il diritto di accesso e transito con ogni mezzo su una striscia di terreno intercorrente tra le rispettive proprietà, la quale doveva avere la larghezza costante di metri otto. 2. - Tra la società Ippolito-Ventura s.r.l. ora Ippolito s.r.l. avente causa di M.M. - e le altre parti della scrittura, insorse controversia circa il valore giuridico della stessa e l’entità degli obblighi da essa nascenti furono così instaurate due distinte cause, successivamente riunite. A conclusione del giudizio di primo grado, il Tribunale di Bari dichiarò l’efficacia della scrittura tra le parti, i loro eredi ed aventi causa dichiarò che la scrittura aveva dato luogo alla costituzione di una servitù reciproca di accesso e transito sui rispettivi terreni delle parti condannò la società Ippolito-Ventura a rimuovere tutti i manufatti che ingombravano la sede stradale, riducendone la larghezza, e lo spazio libero sovrastante. 3. - Sul gravame proposto dalla società Ippolito s.r.l., la Corte di Appello di Bari, riformando la pronuncia di primo grado, rigettò tutte le domande proposte dalle parti. A fondamento della sua decisione la Corte territoriale pose la circostanza dell’avvenuta costituzione, sulla stradella privata, di una servitù di uso pubblico, che faceva venire meno l’interesse delle parti al rispetto dell’originaria servitù prediale. 4. - Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono i coniugi D.B.B. e D.G.A. sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso la società Ippolito s.r.l., che propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. , per avere la Corte di Appello omesso di dichiarare inammissibile, ex art. 345 cod. proc. civ., in quanto nuova , la deduzione della società Ippolito circa la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada per cui è causa. Col secondo motivo, che va esaminato unitamente al primo essendo a quello strettamente connesso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. , per avere la Corte di Appello erroneamente preso in esame la deduzione della società Ippolito circa il carattere demaniale della stradella. Entrambe le censure sono infondate. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la deduzione concernente la natura demaniale di un terreno, qualora inerisca alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, integra una mera difesa, rilevabile d’ufficio, sicché non incorre nelle preclusioni dettate per le eccezioni in senso stretto dall’art. 345, comma 2, cod. proc. civ. Cass., Sez. 2, n. 9913 del 19/04/2017 . Questa Corte ha parimenti statuito che costituisce un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio, l’accertamento incidentale dell’esistenza di una servitù di uso pubblico su di una strada, qualora tale accertamento costituisca fatto ostativo al riconoscimento del diritto preteso Cass., Sez. 2, n. 17588 del 14/07/2017 . Nella specie, avendo la società Ippolito dedotto la demanialità della stradella o - alternativamente - l’esistenza di una servitù di uso pubblico gravante su di essa quali fatti ostativi all’accoglimento della domanda attorea per sopravvenuta carenza di interesse , esattamente la Corte territoriale ha ritenuto di non potersi esimere dal compiere tale accertamento. 2. - Col terzo motivo, si deduce la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. , per avere la Corte di Appello omesso di spiegare le ragioni poste a fondamento della ritenuta sussistenza del carattere pubblico della stradella. Si deduce ancora che la sussistenza di una servitù di uso pubblico, in quanto incidente su proprietà privata, non escluderebbe il perdurante interesse delle parti contraenti al rispetto degli accordi di cui alla scrittura stipulata inter partes. Unitamente a tale censura, va esaminato - in ragione della stretta connessione - il quinto motivo di ricorso, col quale si deduce la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. , per avere la Corte di Appello considerato estinti i diritti e gli obblighi nascenti dalla scrittura per il solo fatto della sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella. Entrambe le censure sono fondate. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l’ente pubblico ovvero nel caso in cui l’uso pubblico per la cui configurazione non è sufficiente l’utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario che essa sia al servizio della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione si sia protratto per il tempo necessario ai fini dell’acquisto per usucapione Cass., Sez. 2, n. 6401 del 24/03/2005 Sez. 2, n. 9077 del 16/04/2007 Sez. 2, n. 5113 del 26/05/1999 . In particolare, questa Suprema Corte ha precisato che la costituzione di una servitù pubblica per effetto della c.d. dicatio ad patriam consistente nel comportamento del proprietario che, se pur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente, con carattere di continuità e non precariamente, un proprio bene a disposizione della collettività non può essere desunta dal solo fatto che il proprietario abbia consentito il passaggio pubblico su parte del proprio fondo Cass., Sez. 2, n. 4597 del 22/03/2012 un’area privata, infatti, può ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio, acquistata per usucapione, solo allorché concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni 1 l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione uti singuli , cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata 2 l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù 3 il protrarsi per il tempo necessario all’usucapione Cass., Sez. 2, n. 10772 del 09/07/2003 . Questa Corte ha ancora affermato che, ai fini dell’assoggettamento per usucapione di un’area privata ad una servitù di uso pubblico, è necessario che l’uso risponda alla necessità ed utilità di un insieme di persone, agenti come componenti della collettività, e che sia stato esercitato continuativamente per oltre un ventennio con l’intenzione di agire uti cives e disconoscendo il diritto del proprietario Cass., Sez. 2, n. 11346 del 17/06/2004 ed ha precisato che le servitù di uso pubblico possono essere acquistate mediante il possesso protrattosi per il tempo necessario all’usucapione anche se manchino opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, essendo il requisito dell’apparenza prescritto dall’art. 1061 cod. civ. soltanto per le servitù prediali Cass., Sez. Un., n. 20138 del 03/10/2011 . Orbene, posti questi principi di diritto, va rilevato come la Corte di Bari, nel ritenere la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella per cui è causa, abbia eluso il suo dovere di verificare la ricorrenza dei presupposti normativi per poterne ritenere l’avvenuta costituzione. Invero, in assenza di una convenzione tra i proprietari dell’area e l’ente comunale, i giudici di appello avrebbero dovuto verificare attentamente la sussistenza dei presupposti necessari per la costituzione della servitù di uso pubblico per usucapione avrebbero dovuto verificare, non solo l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui considerati uti cives e l’idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse, ma anche l’avvenuto decorso del tempo necessario alla maturazione dell’usucapione. Nella specie, al contrario, la Corte barese nessun cenno ha fatto al decorso del ventennio dal momento in cui la strada - secondo la prospettazione della società Ippolito - sarebbe stata aperta all’uso pubblico. Ma vi è di più. La sussistenza di una servitù di uso pubblico non esclude certo la proprietà privata del terreno su cui essa grava, anzi presuppone il carattere privato del fondo servente. È per tale ragione, d’altra parte, che questa Corte ha statuito che l’assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando ciò un’utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa Cass., Sez. 2, n. 21953 del 25/09/2013 . Se, dunque, il terreno su cui insiste la stradella è rimasto di proprietà privata, ha errato la Corte territoriale a ritenere che l’interesse degli attori ad ottenere il rispetto della servitù prediale, costituita convenzionalmente tra le parti in forza della scrittura stipulata 16/2/1982, fosse venuto meno. Non si verte qui in materia di distanze legali e non rileva l’esonero dal rispetto di tali distanze previsto dall’art. 879, secondo comma, cod. civ. per le costruzioni poste a confine con piazze e vie pubbliche si verte qui in materia di servitù prediali costituite per contratto. Orbene, la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella qualora fosse accertata non escluderebbe certo, di per sé, la coesistenza di una servitù di natura privata insistente sulla medesima stradella, ove tale ultima servitù - la cui sussistenza e il cui contenuto spetta al giudice di merito accertare - avesse un contenuto non incompatibile con quello della pretesa servitù di uso pubblico. Vanno pertanto accolti il terzo e il quinto motivo di ricorso la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, che si conformerà ai seguenti principi di diritto - Una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l’ente pubblico ovvero per l’avvenuta maturazione dell’usucapione - Perché si costituisca per usucapione una servitù pubblica di passaggio su una strada privata, è necessario che concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni 1 l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione uti singuli, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata 2 l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù 3 il protrarsi dell’uso per il tempo necessario all’usucapione - La sussistenza di una servitù di uso pubblico su una strada privata non esclude la coesistenza di una servitù privata prediale sulla medesima strada ove non incompatibile con la prima . 3. - Gli altri motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato col quale si deduce l’omessa pronuncia sul motivo di appello col quale la società Ippolito aveva lamentato l’erroneo accertamento del contenuto della servitù dal parte del giudice di primo grado rimangono assorbiti. 4. - In definitiva, vanno rigettati il primo e il secondo motivo di ricorso vanno accolti il terzo e il quinto e vanno dichiarati assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonché il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo e il quinto, dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonché il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.