Computo dell’attivo patrimoniale al fine dell’accertamento della fallibilità

La Cassazione è chiamata a valutare la sussistenza della componente patrimoniale attiva necessaria per considerare il piccolo imprenditore non soggetto alla fallibilità.

Sul tema la S.C. con ordinanza n. 23196/17, depositata il 4 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello aveva rigettato il reclamo posto dall’imprenditore individuale avverso la sentenza che dichiarava il fallimento della sua azienda. I Giudici di merito avevano valutato insufficienti i documenti presentati dal debitore volti ad integrare il possesso congiunto dei requisiti ostativi alla fallibilità. Infatti secondo la Corte territoriale risultava già superato da tempo il parametro dell’attivo e bisognava invece dare atto ai protesti e all’ampiezza del passivo verso i fornitori. L’imprenditore ricorre in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 1, l. fall. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo e dell’art. 2424 c. c. Contenuto dello stato patrimoniale in merito all’errore asseritamente commesso dai Giudici di merito nel computare l’attivo ai fini della fallibilità. Limiti di fallibilità . La Corte di legittimità riprende il principio, già affermato in sede di merito, secondo il quale nella valutazione del capitale investito per i piccoli imprenditori, è da applicare la disposizione di cui all’art. 1, comma 2, l. fall. e quanto dispone l’art. 2424 c.c., per cui tra le poste attive della situazione patrimoniale vanno incluse anche le rimanenza di magazzino e nel passivo devono essere computati i debiti contratti per l’acquisto degli stessi beni. La S.C. rileva, inoltre, che non è stato considerato che i ricavi lordi all’interno della documentazione fiscale erano inidonei a mutarsi in diretto valore della componente attivo . In conclusione, secondo la Cassazione, nonostante l’addizione delle rimanenze finali dei crediti e il difetto di immobilizzi, se si sottraeva dall’attivo una voce anche giuridicamente propria dei realizzi lordi annuali , si otteneva un’unità di grandezza inferiore rispetto al limite di fallibilità previsto dall’art. 1 l. fall Per questo motivo la Suprema Corte accoglie il ricorso e rinvia per un nuovo esame alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 13 luglio 4 ottobre 2017, n. 23196 Presidente Scaldafferi Relatore Ferro Fatti di causa Rilevato che 1. N.F. , imprenditore individuale operante sotto la ditta , impugna la sentenza App. Catanzaro 21.6.2016, con cui è stato rigettato il suo reclamo proposto avverso la sentenza Trib. Vibo Valentia 27.11.2015 già dichiarativa del proprio fallimento 2. per la corte, ammessa la produzione da parte del debitore e per la prima volta in sede di reclamo di documenti nella specie le dichiarazioni reddituali volti ad integrare il possesso congiunto dei requisiti ostativi alla fallibilità, in ogni caso la loro efficacia esimente doveva, nel caso concreto, negarsi, essendo risultato superato, già per il 2014, il parametro dell’attivo, quanto ai 300.000 Euro 3. il punto dell’insolvenza veniva affrontato escludendo che una generica contestazione potesse sovvertire la statuizione del tribunale, in merito alla modestia del credito azionato ed alla sussistenza di crediti vantati e non riscossi, tanto più che il reclamo elevava a motivo d’impugnazione solo la censura sui predetti requisiti dell’art. 1 l.f. in ogni caso si dava atto anche di protesti, sostanziale impossidenza oltre all’abitazione, ampiezza del passivo verso i fornitori. 4. con il ricorso si deducono tre motivi e, in particolare - la violazione dell’art. 1 l.f. con riguardo all’attivo, erroneamente computato - la violazione dell’art. 2424 c.c. - il vizio di motivazione. Ragioni della decisione Considerato che 1. il primo e secondo motivo di ricorso, da affrontare congiuntamente stante la omogeneità, sono fondati, posto che la sentenza, nel richiamare il principio di cui a Cass. 17553/2009 - per il quale nella valutazione del capitale investito, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, trovano applicazione i principi di logica contabile, cui si richiama l’art. 1, secondo comma, lett. a , della legge fall. nel testo modificato dall’art. 1 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 e di cui è espressione lo stesso art. 2424 cod. civ., con la conseguenza che, pur non essendo il piccolo imprenditore tenuto alla redazione di un bilancio come quello previsto per le società di capitali, tra le poste attive della situazione patrimoniale vanno incluse anche le rimanenze di magazzino, mentre nel passivo devono essere computati i debiti contratti per l’acquisto degli stessi beni - non ha considerato che, dalla documentazione fiscale del 2014, risultava una voce, pari ad Euro 198.657 e corrispondente ai ricavi lordi dell’anno, inidonea di per sé, e senza diversa illustrazione e sviluppo di propri addendi interni, a mutarsi in diretto valore della componente attivo 2. l’addizione delle rimanenze finali ai crediti, e in difetto di immobilizzi Cass. 19654/2015 , conduceva pertanto, sottraendo dall’attivo una voce anche giuridicamente propria dei realizzi lordi annuali, ad una unità di grandezza, per come messa in evidenza dalla corte, inferiore al limite di fallibilità dei 300.000 Euro annui 3. l’accoglimento dei primi due motivi, rende assorbito il terzo e determina la necessità della cassazione con rinvio, essendo mancata una più compiuta disamina delle complessive difese rese in sede di reclamo dal debitore e che parimenti avranno modo di essere verificate, alla luce dell’art. 1 co. 2 l.f. ed apprezzando la dislocazione dell’onere della prova a carico del debitore, di nuovo avanti alla corte d’appello per tutti i requisiti dimensionali già non considerati Cass. 22150/2010 4. il ricorso va dunque accolto con riguardo ai primi due motivi, assorbito il terzo, con cassazione e rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.