Immissioni intollerabili: non sempre il Giudice di Pace è competente

In tema di immissioni intollerabili, se la domanda attorea mira ad ottenere la valutazione della normale tollerabilità delle esalazioni, rumori e scuotimenti vari, la competenza è del Giudice di Pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c., qualunque sia il valore della causa ma se la domanda mira, invece, a far valere anche il rispetto di una clausola del regolamento condominiale, si è al di fuori dall’ambito di applicazione della norma civilistica, con conseguente competenza del Tribunale.

È quanto stabilito dalla VI sezione Civile della Corte di Cassazione con ordinanza numero 22730/17 depositata il 28 settembre. Il caso. I signori B.R. e C.T. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Rieti il signor L.A. per vedersi dichiarare la illegittimità dell’installazione di una stufa a pellets nonché la condanna al risarcimento dei danni e al ripristino dello stato dei luoghi il cui condotto di scarico era stato posto all’interno della canna fumaria condominiale – senza autorizzazione ed in violazione del regolamento condominiale – determinando la confluenza dei fumi, altamente nocivi, all’interno della loro proprietà. Inoltre, era stato altresì realizzato un sistema di ventilazione il cui rumore – intollerabile – veniva percepito indistintamente nell’abitazione. Il giudice adito, con ordinanza numero 2226 emessa il 6 marzo 2016 si dichiarava incompetente in considerazione del fatto che il contenuto della domanda sarebbe riconducibile alla dimensione applicativa dell’art. 844 c.c. Immissioni e, dunque, alla previsione dell’art. 7, comma 3, numero 3 c.p.c. Competenza del giudice di pace elencante le cause di competenza del Giudice di Pace. I signori B.R. e C.T. propongono, quindi, regolamento di competenza. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Rieti. Il campo elettivo della competenza del Giudice di pace in materia di immissioni intollerabili. L’art. 844 c.c. sancisce, al primo comma, che Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi . Tale norma trova applicazione tutte le volte in cui l’immissione impedisce al proprietario di godere in modo pieno e pacifico del proprio bene. Alla tutela c.d. inibitoria, la legge affianca altresì quella risarcitoria, ossia la reintegrazione del patrimonio del danneggiato a seguito del torto subito. Premesso ciò, il giudice competente a decidere sulle controversie che attengono ai rapporti tra proprietari di immobili ad uso abitativo e nelle quali vengono denunciate immissioni e propagazioni di esalazioni, rumori e scuotimenti vari capaci di turbare il godimento della proprietà ovvero, più in generale, i rapporti di vicinato è, secondo quanto disposto dall’art. 7 comma 3 numero 3 c.p.c., il Giudice di Pace. In virtù della disposizione de qua, infatti, il Giudice di Pace è competente, qualunque ne sia il valore, per le cause relative ai rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni [] che superino la normale tollerabilità . Quanto detto vale sia quando la domanda è volta ad ottenere l’inibitoria di cui all’art. 844 c.c., sia quando l’azione è proposta per conseguire il risarcimento del danno sofferto ex multis Cass. Civ. ordinanza numero 7330/2015 . La competenza del Tribunale in tema di immissioni. La competenza del giudice di pace, quindi, è esclusivamente quella delle immissioni, disciplinata e regolamentata dall’art. 844 c.c., il quale, come già evidenziato, impone di valutare la normale tollerabilità. Tuttavia, laddove la domanda giudiziale risulti altresì fondata sulla violazione di un divieto contenuto nel regolamento contrattuale condominiale, essa risulterà avulsa ed estranea al dettato dell’art. 7 del codice di rito. Più in particolare, a riguardo, la Corte di Cassazione con la pronuncia numero 15583/2007 ha sottolineato che quando si invoca, a sostegno dell’obbligazione di non fare, il rispetto di una clausola del regolamento contrattuale che restringa poteri e facoltà dei singoli codomini sui piani o sulle porzioni di piano in proprietà esclusiva, il giudice è chiamato a valutare la legittimità o meno della immissione, non sotto la lente dell’art. 844 c.c., ma esclusivamente in base al tenore delle previsioni negoziali di quel regolamento, costitutive di un vincolo di natura reale . In definitiva, se la domanda attorea mira ad ottenere la valutazione della normale tollerabilità dell’immissione, la competenza è del giudice di pace ma se la domanda mira, al contrario, a far valere anche il rispetto di una clausola del regolamento condominiale, si è al di fuori dall’ambito di applicazione della norma civilistica. Nel caso di specie, quindi, poiché le parti attrici hanno espressamente dedotto altresì l’illegittima realizzazione della canna fumaria, in quanto costruita senza autorizzazione alcuna, nonché in disprezzo del regolamento condominiale, il ricorso viene ritenuto fondato dalla Suprema Corte, spettando la competenza a decidere sulla domanda al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 18 gennaio – 28 settembre 2017, n. 22730 Presidente Petitti – Relatore Correnti Fatto e diritto PREMESSO che il PG ha formulato la seguente requisitoria Letti gli atti relativi al ricorso per regolamento di competenza proposto da B.R. e C.T. avverso l’ordinanza declinatoria della competenza pronunciata del Tribunale di Rieti il 10/3/2016, nel giudizio promosso dai predetti nei confronti di L.A. RG n. 2226/14 letta la memoria difensiva depositata da L.A. osserva 1. Non risulta prodotta la ricevuta della comunicazione dell’ordinanza impugnata e, tuttavia, deve ritenersi osservato il termine dell’art. 47 c.p.c. Ai fini della valutazione della tempestività dell’impugnazione, occorre infatti fare riferimento alla data di deposito dell’ordinanza, dovendosi ovviamente escludere che la comunicazione possa avere preceduto il deposito Cass. n. 14337 del 2014 . Tale data è quella del 10/3/2016, poiché il provvedimento deve ritenersi venuto ad esistenza nel momento in cui è stato trasmesso in formato elettronico, per via telematica Cass. n. 17279 del 2016 , con la conseguenza che il ricorso, spedito per la notificazione il 6/4/2013, è tempestivo. Non incide sull’ammissibilità la circostanza che agli atti non si rinviene l’avviso di ricevimento della notificazione del ricorso, posto che il convenuto, L.A. , ha depositato memoria difensiva, precisando che la notificazione si è perfezionata nei suoi confronti il 13/4/2016. 2. L’esame del fascicolo d’ufficio permette di accertare che il giudice del merito non ha invitato le parti a precisare le conclusioni ed ha pronunciato l’impugnata ordinanza, allorché ha sciolto la riserva formulata sulle richieste di ammissione delle prove con detto provvedimento si è definitivamente spogliato del procedimento, ciò che rende senz’altro ammissibile il regolamento. Le Sezioni Unite, con l’ordinanza 29 settembre 2014, n. 20449, hanno. infatti, affermato che sono suscettibili d’impugnazione con regolamento di competenza non soltanto i provvedimenti con i quali il giudice risolve la proposta questione di competenza, in senso affermativo o declinatorio, nel rispetto delle scansioni procedimentali normativamente prescritte remissione della causa in decisione, invito alle parti a precisare le proprie conclusioni anche di merito, ulteriori consequenziali adempimenti , ma anche per effetto del criterio - della prevalenza della sostanza sulla forma degli atti processuali i provvedimenti, pur non preceduti dalla remissione della causa in decisione e dalla precisazione delle conclusioni, con i quali declina la propria competenza. In quest’ultimo caso il giudice, definitivamente spogliandosi della questione e dell’intera causa pronuncia un provvedimento che conclama, in termini di assoluta e oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità, l’idoneità della propria determinazione a risolvere definitivamente, davanti a sé, la suddetta questione successivamente, Cass. n. 21561 del 2015 n. 18214 del 2014 . 3. Superati i profili preliminari, va osservato che i ricorrenti, con la citazione, hanno dedotto che il convenuto avrebbe realizzato un condotto di scarico della stufa a pellets, ponendolo all’interno della canna condominiale destinata allo scarico dei fumi del gas, determinando in tal modo la confluenza dei fumi, altamente nocivi, all’interno dell’abitazione di loro proprietà. Inoltre. avrebbe realizzato un sistema di ventilazione che provocherebbe un rumore intollerabile ed altamente percettibile dalla loro abitazione . B.R. e C.T. hanno, quindi, chiesto che il Tribunale dichiari illegittima l’installazione realizzata dal convenuto e lo condanni a rimuoverla ed a risarcire i danni, nella misura provata in corso di causa. È, peraltro, opportuno precisare che, nonostante l’equivocità dell’indicazione dei luoghi contenuta nel punto 1 , pg. 1 della citazione, la precisazione svolta al punto 2 , pg. 3 del ricorso rende chiaro che le abitazioni in questione dei ricorrenti e del convenuto consistono in appartamenti ubicati nello stesso stabile condominiale. 4. In considerazione del contenuto della domanda, la stessa sembrerebbe riconducibile alla dimensione applicativa dell’art. 844 c.c. e, quindi, alla previsione dell’art. 7, terzo comma, n. 3 c.p.c., come ritenuto dal Tribunale nell’impugnata ordinanza. La Corte, con l’ordinanza n. 7330 del 2015 richiamata dall’ordinanza ha, infatti, affermato che l’art. 7 c.p.c., comma 3, n. 3 deve intendersi comprensivo di tutte le controversie che attengono a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione nelle quali si lamentino immissioni che oltrepassino la soglia della normale tollerabilità, sia quando la domanda è diretta ad ottenere l’inibitoria di cui all’art. 844 c.c., sia quando l’azione è proposta per conseguire il risarcimento del danno sofferto a causa delle immissioni e che la competenza per materia del giudice di pace sussiste non solo in caso di azione diretta a far cessare le immissioni ritenute eccedenti la normale tollerabilità, ma anche quando l’attore domandi, in via accessoria o esclusiva, la condanna del convenuto al risarcimento dei danni patiti a causa delle immissioni stesse nel caso deciso, l’attore, nel giudizio di merito aveva chiesto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni nella misura di Euro 25.324 . Tuttavia, come dedotto dal ricorrente, la Corte, con l’ordinanza n. 1064 del 2011, ha altresì affermato che la materia affidata al giudice di pace è esclusivamente quella delle immissioni, disciplinata e regolamentata secondo i meccanismi delineati dall’art. 844 cod. civ., il quale impone di valutare la normale tollerabilità e di tener conto, a tale fine, dei criteri del contemperamento delle contrapposte esigenze e della priorità di un determinato uso Cass., Sez. 2^, 11 luglio 2007, n. 15583 e che, se la domanda giudiziale è invece fondata sulla opponibilità di uno specifico divieto contenuto nel regolamento contrattuale condominiale , essa è estranea alla competenza stabilita dall’art. 7, terzo comma, n. 3. c.p.c. Ne consegue, ha precisato detta pronuncia, che quando si invoca, a sostegno dell’obbligazione di non fare, il rispetto di una clausola del regolamento contrattuale che restringa poteri e facoltà dei singoli condomini sui piani o sulle porzioni di piano in proprietà esclusiva, il giudice è chiamato a valutare la legittimità o meno dell’immissione, non sotto la lente dell’art. 844 cod. civ., ma esclusivamente in base al tenore delle previsioni negoziali di quel regolamento, costitutive di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca . È, dunque, chiaro che non esiste contrasto tra le due pronunce, le quali hanno concordemente identificato la regola di competenza in esame avendo riguardo alla causa petendi se la domanda mira ad ottenere la valutazione della normale tollerabilità dell’immissione in base ai criteri del contemperamento delle contrapposte esigenze e della priorità di un determinato uso la competenza è del giudice di pace se la domanda mira invece a far valere anche il rispetto di una clausola del regolamento condominiale si è al di fuori dell’ambito applicativo della citata norma del codice di rito civile. Dando applicazione a detto principio, poiché le parti attrici, con la citazione, hanno espressamente dedotto l’illegittima realizzazione della canna fumaria, in quanto effettuata anche senza autorizzazione del condominio ed in violazione del disposto dell’art. 9 lett. L del regolamento condominiale , il ricorso appare fondato, spettando la competenza a decidere la domanda al Tribunale. Ciò premesso, la Corte condivide la richiesta del PG. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato, dichiara la competenza del Tribunale di Rieti, cui rimette la causa previa riassunzione nei termini di legge, anche per le spese.