Richiesta di equa riparazione: le carenze probatorie devono essere superate d’ufficio dal giudice

La Corte conferma il principio secondo cui, in caso di richiesta di equa riparazione, il giudice ha l’onere di verificare la sussistenza dell’istanza di prelievo acquisendo d’ufficio il fascicolo del giudizio presupposto, anche in carenza di prove poste dalle parti.

Sul tema la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 22705, depositata il 28 settembre. Il caso. Gli appellanti ricorrono in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva dichiarato improponibile il ricorso posto dagli stessi per ottenere l’equa riparazione del danno causato dall’eccessiva durata del processo introdotto davanti al TAR. Secondo i Giudici di merito non era stata propriamente dimostrata l’esistenza dell’istanza di prelievo nell’ambito del giudizio presupposto, ritenendo che la copia di detta istanza prodotta dagli appellanti, munita di timbro del TAR, non fosse sufficiente come prova in quanto priva di sottoscrizione del funzionario che avrebbe ricevuto l’atto, e del numero di registro della domanda stessa. Potere d’iniziativa d’ufficio dal giudice. La Cassazione ha ripreso il principio secondo il quale, per quanto rileva nel caso di specie, la natura camerale del procedimento di equa riparazione impone al giudice, anche ai sensi dell’art. 738, ultimo comma, c.p.c., di provvedere alle acquisizioni probatorie necessarie, senza che ciò costituisca elusione dell’onere probatorio gravante sulla parte attrice . Quindi, secondo la S.C., la Corte di merito, avendo il potere d’iniziativa d’ufficio, non poteva rigettare la domanda per carenza probatoria, ma avrebbe dovuto acquisire la copia dell’istanza fornita dagli appellanti e verificare direttamente se, tale istanza, fosse presente in originale con la qualifica di istanza di prelievo. Per questo motivo la Cassazione accoglie il ricorso e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello per gli accertamenti sopra descritti.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 aprile – 28 settembre 2017, n. 22705 Presidente Petitti– Relatore Cosentino Fatto e diritto rilevato che L.S.D. e gli altri ricorrenti nominati in epigrafe hanno impugnato per cassazione, sulla scorta di quattro mezzi di ricorso, il decreto della corte di appello di Roma che ha giudicato improponibile il ricorso da loro proposto il 5.10.2010 per ottenere l’equa riparazione, ai sensi della legge n. 89/2001, del danno derivato dall’eccessiva durata di un processo che essi avevano introdotto davanti al TAR Campania il 22.10.1991 ancora pendente alla data della domanda di equa riparazione che la corte di appello ha dichiarato l’improponibilità del ricorso ai sensi dell’articolo 54 d.l. 112/08, come modificato dall’articolo 3, comma 23, dell’allegato 4 al decreto legislativo n. 104/2010, ritenendo che i ricorrenti non avessero dimostrato di aver presentato l’istanza di prelievo nell’ambito del giudizio presupposto che, per pervenire al suddetto giudizio di fatto, la corte territoriale ha ritenuto inidonea a dimostrare l’intervenuta presentazione dell’istanza di prelievo la produzione documentale dei ricorrenti avente ad oggetto la copia di detta istanza munita di timbro del TAR Campania con data 23.11.2009, ma priva della sottoscrizione del funzionario che avrebbe ricevuto l’atto e del numero di registro della domanda che la corte d’appello ha supportato il proprio ragionamento decisorio valorizzando il dettaglio ricorso depositato dalla difesa erariale nonché l’attestazione del funzionario del TAR Campania secondo cui negli atti del fascicolo presupposto non risulterebbero presentate istanze di prelievo in data 23.11.2009 che il Ministero dell’Economia non ha depositato controricorso, limitandosi a depositare comparsa ai fini della discussione orale considerato che con il primo motivo di ricorso - riferito alla violazione dell’articolo 3, quinto comma, della legge n. 89/2001 nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche recate dal decreto legge 83/12 e dell’articolo 738 c.p.c. - i ricorrenti lamentano che la corte d’appello abbia omesso di disporre l’acquisizione di copia degli atti del fascicolo d’ufficio del giudizio presupposto che con il secondo motivo di ricorso - riferito alla violazione dell’articolo 51, secondo comma, R.D. 642/1907, dell’articolo 71, secondo comma d.lgs. 104/2010, delle norme di attuazione del codice del processo amministrativo e dell’articolo 6 CEDU - i ricorrenti lamentano che la corte d’appello abbia attribuito rilievo ad una circostanza l’assenza del numero di registro sulla copia dell’istanza di fissazione dell’udienza presentata al TAR in data 23.11.2009 irrilevante ai fini della qualificazione di tale atto come istanza di prelievo ai sensi e per gli effetti dell’articolo 54 d.l. 112/08 che i suddetti motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati che, infatti, questa Corte ha già chiarito che, nel modello processuale della legge n. 89 del 2001, sussiste un potere d’iniziativa del giudice, che gli impedisce di rigettare la domanda per eventuali carenze probatorie superabili con l’esercizio di tale potere Cass. 16367/11, nonché Cass. 4888/15, nella cui motivazione si precisa che la natura camerale del procedimento di equa riparazione impone al giudice, anche ai sensi dell’art. 738, ultimo comma c.p.c., di provvedere alle acquisizioni probatorie necessarie, senza che ciò costituisca elusione dell’onere probatorio gravante sulla parte attrice che quindi, a fronte della produzione di una copia di istanza di fissazione di udienza recante il timbro del TAR, la corte d’appello avrebbe dovuto esercitare i poteri istruttori ufficiosi di cui è titolare in forza dell’articolo 3, quinto comma, della legge n. 89/2001 ed acquisire copia del fascicolo d’ufficio del giudizio presupposto, onde verificare direttamente se in tale fascicolo fosse presente l’originale dell’istanza di cui i ricorrenti avevano prodotto copia e se tale istanza fosse qualificabile come istanza di prelievo ai sensi e per gli effetti dell’articolo 54 d.l. 112/08 che pertanto i primi due mezzi di ricorso vanno accolti, con conseguente cassazione dell’impugnato decreto e rinvio alla corte territoriale perché la stessa accerti, acquisendo anche di ufficio copia degli atti del giudizio presupposto, se in tale giudizio i ricorrenti avevano presentato una istanza qualificabile come istanza di prelievo che il terzo e quarto mezzo di ricorso - con i quali si denuncia, rispettivamente, il vizio di omesso esame di fatto decisivo e la violazione degli articolo 6 CEDU e 47 Carta di Nizza in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa negando il diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata di un processo protrattosi per circa 18 anni, nel quale la pronuncia della decisione non era normativamente subordinata alla presentazione di istanze di prelievo - restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi di gravame. P.Q.M. accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbiti il terzo e il quarto, cassa il decreto gravato e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Roma, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.