L'accertamento dell'obbligo del terzo può essere richiesto con una semplice istanza al giudice dell'esecuzione formulata in udienza

Nel vigore degli artt. 548 e 549 c.p.c. precedenti le modifiche apportate sia dalla l. 24.12.2012, n. 228, sia dal d.l. 12.9.2014, n. 132 convertito nella l. 10.11.2014, n. 162, l'accertamento dell'obbligo del terzo, pur svolgendosi come ordinario giudizio di cognizione, segue, senza soluzione di continuità nell'ambito del procedimento, la dichiarazione mancata, negativa o contestata del terzo e necessita per la sua introduzione soltanto di apposita istanza del creditore rivolta al giudice dell'esecuzione, non anche della notificazione avente il contenuto di cui all'art. 163 c.p.c

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21242/16 del 20 ottobre. Il caso. Una s.r.l. terza pignorata in un'esecuzione forzata promossa da un creditore contro la propria debitrice, proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale che, decidendo il giudizio sull’accertamento dell'obbligo del terzo, aveva effettivamente riconosciuto il debito della s.r.l. stessa nei confronti della debitrice dell'esecutata. In appello la terza pignorata produceva una scrittura di transazione dalla quale sarebbe risultato che in realtà il suo debito nei riguardi dell'esecutata era insussistente perché ormai estinto avendo le parti risolto in precedenza le rispettive posizioni di dare-avere. La Corte giudicava inammissibile la nuova produzione documentale e respingeva il gravame. La s.r.l. ricorreva allora in Cassazione L’espropriazione presso terzi La decisione della Suprema Corte si incentra su due aspetti fondamentali le modalità di introduzione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo e la possibilità di nuove produzioni documentali in appello. In ordine al primo aspetto la ricorrente lamentava la nullità del giudizio di primo grado e della conseguente sentenza sull'accertamento dell'obbligo del terzo poiché il procedimento relativo non era stato introdotto con un atto di citazione contenente gli avvertimenti di cui agli artt. 163 comma 3 n. 7 c.p.c. con le decadenze ex art. 167 c.p.c. e ex art. 38 c.p.c Al riguardo occorre premettere che la controversia in questione è regolata dagli artt. 548 e 549 c.p.c. nella versione ante modifiche del 2012-2014. oggi Oggi l'espropriazione presso terzi è stata modificata notevolmente. In particolare se il terzo non rende la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c., il Giudice considera il credito non contestato e procede all'assegnazione delle somme relative direttamente al creditore pignorante. Il terzo potrà eventualmente opporsi ex art. 617 c.p.c. se dimostra di non avere avuto tempestiva conoscenza del pignoramento per irregolarità della notificazione, caso fortuito o forza maggiore. Se invece sorgono contestazioni in relazione alla dichiarazione del terzo, il Giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 549 c.p.c., su istanza di parte provvede con ordinanza compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti. L'ordinanza è poi impugnabile ex art. 617 c.p.c e prima delle riforme. Invece, nella versione ante riforme 2012-2014 applicabile nel caso di specie , nell'ipotesi in cui il terzo non avesse reso alcuna dichiarazione o nel caso di contestazioni sulla dichiarazione, il Giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, avrebbe dovuto procedere all'accertamento dell'obbligo del terzo istruendo la causa relativa a norma del libro secondo del codice di rito. La causa di accertamento di fatto un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione si concludeva poi con sentenza e con l'assegnazione alle parti di un termine per la prosecuzione del processo esecutivo se il credito veniva effettivamente riconosciuto . Nella sentenza in commento la Cassazione ricorda che la richiesta di accertamento dell'obbligo del terzo introduceva un giudizio ordinario di cognizione e si concludeva con sentenza idonea al giudicato relativamente all'esistenza del diritto di credito Cass. n. 10550/2009 Cass. n. 1949/2009 . In risposta alla censura del ricorrente gli Ermellini osservano che l'istanza non poteva dirsi implicitamente contenuta nell'atto di pignoramento presso terzi Cass. n. 6449/2003 , dovendo essere espressa dinanzi al Giudice dell'esecuzione nelle ipotesi di cui all'art. 548 c.p.c. Cass. n. 12113/2013 . Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, non si richiedeva la notifica di un atto di citazione con tutti i crismi e avvertimenti relativi essendo sufficiente la formulazione della richiesta da parte del creditore anche all'udienza fissata dal Giudice dell'esecuzione per la dichiarazione del terzo Cass. n. 17349/2011 . Nel caso di parti assenti era poi sufficiente notificare il processo verbale contenente l'istanza avanzata dal creditore procedente Cass. n. 2417/2008 . Nella fattispecie in esame peraltro la ricorrente non aveva nemmeno evidenziato quali pregiudizi concreti avrebbe subito dal mancato avvertimento, né, del resto, alcun pregiudizio poteva conseguire ex art. 38 c.p.c. con riferimento alla competenza territoriale dato che per il procedimento in questione sussiste la competenza funzionale del giudice dell'esecuzione. L'istanza di accertamento dell'obbligo del terzo poteva quindi considerarsi validamente proposta dal creditore e la censura non viene accolta. La produzione del documento in appello. Con riferimento al secondo motivo, la ricorrente lamentava il fatto che la Corte d'appello non avesse consentito la produzione del documento con la transazione dalla quale sarebbe emersa, nel merito, l'insussistenza del debito della terza pignorata nei riguardi della debitrice esecutata. Secondo la parte, tale documento non era stato prodotto in primo grado dalla debitrice esecutata dato che era rimasta contumace a causa dell'asserita irregolarità nella vocatio in ius dell'istanza di accertamento dell'obbligo del terzo. In ogni caso il documento doveva essere considerato indispensabile ex art. 345 c.p.c. e quindi ammissibile. Con riferimento alla prima parte abbiamo già visto sopra l'infondatezza della censura relativa alle presunta irregolare introduzione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo. In relazione alla seconda parte la Cassazione condivide la tesi della Corte d'appello sulla non indispensabilità del documento in questione. Esso infatti viene invocato dal ricorrente non per porre rimedio a un dubbio probatorio”, bensì per supportare e provare la tesi, avanzata per la prima volta solo in appello, dell'intervenuta estinzione del credito pignorato. La valutazione dell’indispensabilità. In altre parole la valutazione della indispensabilità doveva essere compiuta come ha fatto correttamente la Corte territoriale con riferimento al solo giudizio di primo grado, ma in quella sede nessuna parte aveva sostenuto la circostanza che il debito della terza pignorata verso la debitrice esecutata fosse insussistente perché già estinto in precedenza. Secondo la Cassazione in definitiva in casi come questi deve escludersi che la prova sia indispensabile se la decisione si è formata prescindendo dalla stessa, essendo al contrario imputabile solo alla negligenza della parte il non aver introdotto tempestivamente tale prova così Cass. n. 3709/2014 . Anche tale motivo di ricorso viene quindi respinto e la sentenza impugnata rimane confermata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 giugno – 20 ottobre 2016, n. 21242 Presidente Chiarini – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1. La S.T. RETAIL S.R.L., già terza pignorata nel processo per espropriazione presso terzi intrapreso dal creditore avv. D.O. nei confronti della predetta società e della propria debitrice, società L’Ottica s.r.1., proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Pordenone del 15 novembre 2010, con la quale il giudice, decidendo il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, aveva accertato che la S.T. RETAIL srl alla data del 15 gennaio 2010 in cui le è stato notificato il pignoramento era debitrice di L’Ottica srl della somma di Euro 75.000,00 ed aveva condannato in solido le convenute società al pagamento delle spese di lite in favore dell’avv. D. . In grado d’appello si costituiva quest’ultimo, chiedendo il rigetto del gravame. La società L’Ottica s.r.l. restava contumace. Con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 7 aprile 2014, la Corte d’appello di Trieste ha rigettato l’appello ed ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite. Il giudice d’appello ha rigettato sia il motivo concernente la nullità del giudizio di primo grado sia, nel merito, il motivo col quale l’appellante sosteneva che alla data della notifica dell’atto di pignoramento 15 gennaio 2010 il proprio debito nei confronti della società L’Ottica s.r.l. fosse insussistente perché le due società, con atto di transazione, autenticato dal notaio il 29 dicembre 2009, avevano risolto le rispettive posizioni di dare-avere. Riguardo al secondo motivo di gravame, la Corte ha affermato che il documento contenente la transazione ben avrebbe potuto essere prodotto nel primo grado di giudizio, essendo stato formato in data precedente la prima udienza, e comunque che non fosse indispensabile ai fini della decisione, sicché ne ha reputato inammissibile la produzione effettuata per la prima volta con l’atto di appello, concludendo per la mancanza di prova in ordine al fatto estintivo del credito pignorato. 2. Contro questa sentenza S.T. RETAIL S.R.L. propone ricorso per cassazione basato su due motivi, illustrati da memoria. L’avv. D.O. resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 164 co. 1 cod. proc. civ., in relazione all’art. 163 co.3 n. 7 cod. proc. civ. mancato avvertimento al convenuto delle decadenze nelle quali incorre ex art. 38 cod. proc. civ. in ipotesi di costituzione oltre il termine di giorni venti prima dell’udienza fissata . La ricorrente, rimasta contumace nel primo grado di giudizio, censura la sentenza di secondo grado che ha rigettato il motivo, identico al presente, col quale l’appellante invocava la dichiarazione di nullità della sentenza e del giudizio di primo grado per nullità dell’atto introduttivo del giudizio perché mancante dell’avvertimento di cui sopra in particolare, l’atto di citazione per accertamento dell’obbligo del terzo, notificato dall’avv. D. in data 2 marzo 2010, risultava privo di detto avvertimento solo con riguardo all’art. 38 cod. proc. civ. -e comunque, come rilevato dal resistente. era stato notificato unitamente al provvedimento del giudice dell’esecuzione, al quale era stata rivolta l’istanza ex art. 548 cod. proc. civ. . 1.1. Il motivo è manifestamente infondato. Va premesso che la vicenda processuale è interamente regolata dagli artt. 548 e 549 cod. proc. civ. nel testo vigente prima delle modifiche apportate sia dalla legge 24 dicembre 2012 n. 228 sia dal decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito nella legge 10 novembre 2014 n. 162. Pertanto, è sufficiente richiamare la giurisprudenza di legittimità riguardante il pignoramento presso terzi e l’introduzione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo formatasi nella vigenza delle norme predette. A queste ultime pur se oramai abrogate è da intendersi perciò riferito quanto appresso. Il pignoramento presso terzi è una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona mediante la dichiarazione positiva e non contestata del terzo pignorato ovvero, in alternativa, mediante la sentenza che accerta l’obbligo del terzo cfr., tra le tante, Cass. n. 2473/09, n. 6666/11 , equipollenti sul piano funzionale, anche se tra loro radicalmente diverse. La richiesta di accertamento dell’obbligo del terzo introduce va un giudizio ordinario di cognizione che si conclude va con una sentenza idonea al giudicato relativamente all’esistenza del diritto di credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato cfr. Cass. S.U. n. 25037/08, nonché, tra le altre, Cass. n. 1949/09 n. 8133/09 n. 10550/09 . L’istanza di introduzione del giudizio di accertamento non può ritenersi implicitamente contenuta nell’atto di pignoramento cfr. Cass. n. 6449/03 e deve essere proposta al giudice dell’esecuzione quando si verifichino i presupposti dell’art. 548 cod. proc. civ. cfr. Cass. n. 12113/13 . Essa pertanto, pur essendo una domanda giudiziale cfr. Cass. n. 1167/99 , assume una forma del tutto peculiare poiché -contrariamente a quanto sostiene la S.T. RETAIL S.r.l. e coerentemente a quanto invece sostiene il resistente avv. D. non si richiede che il creditore istante rediga e notifichi un atto di citazione è sufficiente che l’istanza venga formulata, anche oralmente, all’udienza fissata dal giudice dell’esecuzione per la dichiarazione del terzo, e si considera così validamente proposta nei confronti dei presenti come espressamente affermato nella motivazione della sentenza di questa Corte n. 17349/11, cui si fa rinvio . Quanto alle parti assenti, si è ritenuta sufficiente la notificazione del processo verbale contenente l’istanza del creditore cfr. già Cass. n. 2417/68 e n. 3106/78, nonché Cass. n. 2286/96 . In conclusione, va affermato che, nel vigore degli artt. 548 e 549 cod. proc. civ., precedenti le modifiche apportate sia dalla legge 24 dicembre 2012 n. 228 sia dal decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito nella legge 10 novembre 2014 n. 162, l’accertamento dell’obbligo del terzo, pur svolgendosi come ordinario giudizio di cognizione, segue, senza soluzione di continuità nell’ambito del procedimento, la dichiarazione mancata, negativa o contestata del terzo e necessita per la sua introduzione soltanto di apposita istanza del creditore rivolta al giudice dell’esecuzione, non anche della notificazione di un atto di citazione avente il contenuto di cui all’art. 163 cod. proc. civ 1.2. Nel caso di specie, peraltro, come ha rilevato il giudice di merito e come nota la parte resistente, la società terza pignorata non solo non ha addotto alcun concreto pregiudizio che le sarebbe potuto derivare dal mancato avvertimento che la costituzione tardiva avrebbe potuto comportare la decadenza di cui all’art. 38 cod. proc. civ. relativa alla preclusione dell’eccezione di incompetenza per territorio , ma questa eventualità nemmeno si sarebbe potuta riferire al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Infatti, dopo la modifica apportata all’art. 548 cod. proc. civ. dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, non si pone più alcuna questione relativa all’eventuale riassunzione del giudizio dinanzi al giudice competente per la quale, nel regime precedente, cfr., tra le altre, Cass. n. 2286/96 cit. , in quanto il giudice del tribunale dinanzi al quale è instaurato il processo esecutivo ha competenza funzionale ad accertare il credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato. In conclusione, il primo motivo di ricorso va rigettato. 2. Col secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 345 co. 3 cod. proc. civ. nel testo precedente la novella del D.L. 22 giugno 2012 n. 83 . La ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto reputare che la società -rimasta contumace a causa dell’ asserita invalida vocatio in ius non fosse stata posta in grado di produrre dinanzi al tribunale il documento contenente la prova scritta della transazione intercorsa con la società L’Ottica s.r.l. e quindi avrebbe dovuto ammetterne la produzione in appello. Soggiunge che l’atto di transazione avrebbe dovuto comunque essere considerato indispensabile ai fini del decidere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 345 cod. proc. civ. 2.1. Il motivo è infondato, sotto entrambi i profili. Quanto al primo, l’infondatezza consegue al rigetto del primo motivo di ricorso. Quanto al secondo, va considerato che, come correttamente rilevato dal giudice d’appello, il documento non è stato prodotto per porre rimedio ad un dubbio probatorio , bensì per sopportare con la prova corrispondente la deduzione, fatta per la prima volta in appello, del fatto estintivo del credito pignorato. Attenendo perciò la produzione all’adempimento dell’onere probatorio gravante sulla parte sin dal primo grado del giudizio, relativamente ad un fatto che soltanto la parte avrebbe potuto introdurre e, quindi, provare, va fatta applicazione del principio di diritto secondo cui nel giudizio di appello l’indispensabilità delle nuove prove deve apprezzarsi necessariamente in relazione alla decisione di primo grado e al modo in cui essa si è formata, sicché solo ciò che la decisione afferma a commento delle risultanze istruttorie acquisite deve evidenziare la necessità di un apporto probatorio che, nel contraddittorio in primo grado e nella relativa istruzione, non era apprezzabile come utile e necessario. Ne consegue che, se la formazione della decisione è avvenuta in una situazione nella quale lo sviluppo del contraddittorio e delle deduzioni istruttorie avrebbero consentito alla parte di valersi del mezzo di prova perché funzionale alle sue ragioni, deve escludersi che la prova sia indispensabile, se la decisione si è formata prescindendone, essendo imputabile alla negligenza della parte il non aver introdotto tale prova Cass. n. 7441/11, n. 3709/14 . In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Avuto riguardo al fatto che il ricorso è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’art. 13 del D.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nell’importo complessivo di 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d. P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.