Locazione di bene pignorato: la percezione dei canoni spetta al custode

In caso di contratto di locazione stipulato dal proprietario di beni pignorati dopo il pignoramento e senza l’autorizzazione giudiziale, la percezione dei canoni spetta al custode e non al proprietario, il quale era pienamente consapevole degli effetti pregiudizievoli gravanti sul bene acquistato.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 19264 del 29 settembre 2016. Il caso. Una società, dopo aver acquistato un bene pignorato e averlo concesso in locazione, si rivolge all’Autorità Giudiziaria per ottenere il riconoscimento del suo diritto alla percezione del canone, assumendo l’inopponibilità ai creditori della locazione stessa. Respinta la domanda in primo e in secondo grado, si rivolge alla Corte di Cassazione. Legittimazione a percepire i frutti dell’immobile pignorato concesso in locazione. La Suprema Corte è chiamata a risolvere la questione inerente l’individuazione del soggetto a cui spetti la percezione dei canoni in caso di contratto di locazione stipulato dal proprietario di beni pignorati dopo il pignoramento e senza l’autorizzazione giudiziale. In particolare, la ricorrente denuncia la pronuncia di merito nella parte in cui avrebbe trattato alla stregua di frutti civili, di pertinenza della procedura esecutiva, i corrispettivi dovuti dalla conduttrice ad un terzo appunto la ricorrente , in forza di un contratto che, essendo stato stipulato dal debitore esecutato senza autorizzazione del giudice dell’esecuzione, non era idoneo a produrre effetti giuridici nei confronti della massa dei creditori procedenti. Mancata autorizzazione alla stipula del contratto di locazione. Nel respingere il motivo di censura, la Suprema Corte sostiene innanzitutto che non possa dubitarsi del fatto che il canone di locazione costituisca frutto” dell’immobile, essendo se mai oggetto di discussione la spettanza, sotto il profilo soggettivo, del diritto alla relativa percezione. Invero, la conduttrice non può essere costretta ad un doppio corrispettivo per l’occupazione dell’immobile o paga l’indennità di occupazione che ha sì contenuto risarcitorio, ma che comprende in sé anche il corrispettivo del godimento , ovvero paga il canone pattuito. Pertanto – affermano gli Ermellini – poiché la mancata autorizzazione alla stipula del contratto di locazione comporta la inopponibilità dello stesso alla procedura ed essendo il pignoramento anteriore alla disposizione del bene da parte del debitore, è fuori discussione il diritto del custode a percepire, con preferenza rispetto alla ricorrente che, peraltro, non può dirsi terza rispetto alla contesa, essendo successore a titolo particolare del debitore pignorato , i frutti derivanti dall’uso dell’immobile.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 giugno – 29 settembre 2016, n. 19264 Presidente Spirito – Relatore Demarchi Ritenuto in fatto 1. La presente controversia ha ad oggetto la seguente questione giuridica a chi spetti la percezione dei canoni in caso di contratto di locazione stipulato dal proprietario di beni pignorati dopo il pignoramento e senza l’autorizzazione giudiziale. La O. Investments Srl, che ha acquistato il bene dalla debitrice dopo il pignoramento e dopo la concessione del bene in locazione, assume il proprio diritto al corrispettivo della locazione, essendo quest’ultima inopponibile ai creditori ed all’assegnatario . Contro la sentenza di appello, che ha negato il suo diritto alla percezione del canone, propone ricorso per cassazione O. Investments Srl, affidandolo a 4 motivi. 2. La conduttrice Forbici e Fantasia S.r.l. resiste con controricorso ed eccepisce prima di tutto il difetto di integrità del contraddittorio nei confronti della Procedura esecutiva n. 96754-1997, in persona del custode, che è stata parte nei precedenti gradi di giudizio e nei confronti della quale non è stato notificato il ricorso per Cassazione. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di ricorso eccepisce l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, consistenti nel provvedimento pronunciato dal giudice dell’esecuzione il 23 dicembre 2005 in cui si dava atto che, essendo la locazione non opponibile alla procedura, il custode doveva provvedere a richiedere agli occupanti senza titolo una indennità per illegittima occupazione pari all’importo del canone contrattualmente pattuito con il debitore e nella dichiarazione resa dal custode all’udienza del 10 aprile 2007 in cui si ribadiva che il contratto di locazione sottoscritto dalla Forbici e Fantasia S.r.l. non era opponibile alla procedura e che la Forbici e Fantasia S.r.l. era tenuta a corrispondere l’indennità di occupazione . 2. Il motivo è inammissibile. In primo luogo non ne viene argomentata in modo sufficientemente specifico la decisività a tal fine, la ricorrente non si può limitare ad affermare che se la corte avesse preso in esame tali provvedimenti, ne avrebbe tratto la conseguenza del diritto di O. Investments Srl di percepire il canone cfr. pag. 6. Né si argomenta in ordine alla vincolatività dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione nei confronti del giudice di merito. Tantomeno si illustra la rilevanza delle dichiarazioni del custode in ordine a questioni di diritto, sull’efficacia del contratto e sulla natura del canone, la cui soluzione spetta certamente al giudice e non ai testimoni. In secondo luogo, non si riscontra alcuna indicazione specifica in ordine al fatto che tali documenti siano stati oggetto di specifica discussione in corso di causa un conto, infatti, è che tali documenti siano stati prodotti nel giudizio, altro che abbiano formato oggetto di specifica discussione tra le parti. 3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia falsa applicazione degli articoli 820 e 2912 del codice civile laddove la corte ha trattato alla stregua di frutti civili, di pertinenza della procedura esecutiva, i corrispettivi dovuti dalla Forbici e Fantasia S.r.l. ad un terzo O. Investments Srl in forza di un contratto che, essendo stato stipulato dal debitore esecutato senza autorizzazione del giudice dell’esecuzione, non era idoneo a produrre effetti giuridici nei confronti della massa dei creditori procedenti. 4. Il motivo è infondato è priva di fondamento la dedotta violazione dell’articolo 820 del codice civile, atteso che non è revocabile in dubbio che il canone di locazione costituisca frutto dell’immobile, essendo se mai oggetto di discussione la spettanza, sotto il profilo soggettivo, del diritto alla relativa percezione. Peraltro, tra i frutti e le rendite dell’immobile pignorato, cui il pignoramento si estende ai sensi dell’art. 2912 cod. civ., rientrano non solo i canoni di locazione, ma anche il risarcimento del danno dovuto dal conduttore cfr. Sez. 3, Sentenza n. 267 del 07/01/2011, Rv. 616271 , da cui consegue il pieno diritto del custode della procedura ad ottenere il pagamento della indennità di occupazione poiché, nei suoi confronti, l’occupazione dell’immobile deve considerarsi sine titulo . La questione assume rilevanza perché è più che evidente che la Forbici e Fantasia S.r.l. non può essere costretta ad un doppio corrispettivo per l’occupazione dell’immobile pertanto, o paga l’indennità di occupazione che ha sì contenuto risarcitorio, ma che comprende in sé anche il corrispettivo del godimento , ovvero paga il canone pattuito. Di certo non può essere obbligata a pagare due volte per lo stesso titolo inteso come rapporto di godimento del bene . Poiché la mancata autorizzazione alla stipula del contratto di locazione comporta la inopponibilità dello stesso alla procedura ed essendo il pignoramento anteriore alla disposizione del bene da parte del debitore, è fuori discussione il diritto del custode a percepire, con preferenza rispetto alla O. Investments Srl che, peraltro, non può dirsi terza rispetto alla contesa, essendo successore a titolo particolare del debitore pignorato , i frutti derivanti dall’uso dell’immobile, siano essi qualificati come canone , ovvero quale indennità di occupazione . 5. D’altronde, non si comprende quale sarebbe la necessità di tutelare un soggetto che, avente causa da un debitore esecutato, era pienamente consapevole degli effetti pregiudizievoli gravanti sul bene acquistato. 6. Quanto, infine, alla lamentata violazione dell’articolo 2912 del codice civile, non è chiaro in cosa essa consista, essendo la censura priva della necessaria specificità, tanto più che anche le indennità di tipo risarcitorio vengono considerate quali frutti dell’immobile cfr. Sez. 3, Sentenza n. 267 del 07/01/2011, Rv. 616271 . In ogni caso, come si è detto, la corresponsione dell’indennità di occupazione libera l’occupante dal pagamento di ogni ulteriore corrispettivo per il godimento del bene. 7. Con un terzo motivo di ricorso si eccepisce violazione dell’articolo 559 del codice di procedura civile il motivo è palesemente inammissibile per mancanza di specificità, non essendo indicata in modo specifico la errata applicazione che sarebbe stata fatta della norma indicata, ma altresì mancando alcuna indicazione sulla sua decisività ai fini della decisione, avendo la stessa parte ricorrente ritenuto che l’articolo 559 del codice di rito non abbia alcuna rilevanza sul caso in questione. 8. Infine, con un quarto motivo di ricorso si eccepisce violazione dell’articolo 560 del codice di procedura civile, che si riferisce alle modalità della custodia e che sarebbe pertanto rilevante nel caso di specie. Tale motivo di ricorso è inammissibile per gli stessi motivi indicati sub 3 in ogni caso, l’eventuale erronea invocazione di una norma di legge a sostegno della decisione configura piuttosto un vizio di motivazione che, peraltro, è irrilevante laddove, come nel caso di specie, vi siano ulteriori ragioni sufficienti a sopportare le conclusioni raggiunte dal giudice di merito. Ragioni che sono state sufficientemente illustrate con riferimento ai motivi 1 e 2 del ricorso. 9. Occorre, infine, ricordare che questa corte ha già avuto modo di pronunciarsi in un’identica questione di fatto, in cui erano parte la O. Investments Srl e la Cofip Sez. 3, Sentenza n. 8695 del 29/04/2015, Rv. 635262 , escludendo la che il titolare del bene pignorato possa, pur dopo il pignoramento, continuare a riscuotere, come tale, i canoni della locazione del bene pignorato e ciò a prescindere dalla circostanza che la locazione sia o meno opponibile alla procedura. In particolare il potere di amministrazione, conferito al custode dall’art. 65 c.p.c., il divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non con l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione art. 560 c.p.c. , nonché l’interesse del creditore procedente, che potrebbe essere seriamente compromesso sia dalla locazione del bene pignorato donde le cautele apprestate dal cit. art. 560 c.p.c. sia dall’esercizio o dal mancato esercizio da parte del debitore delle azioni che da esse discendono, convergono, tutti, nell’attribuire al solo custode la legittimazione sostanziale a richiedere tanto il pagamento dei canoni, quanto ogni altra azione che scaturisce dai poteri di amministrazione e gestione del bene. In tale prospettiva questa Corte di legittimità ha già avuto modo di precisare che il proprietario-locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode, è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore Invero, dopo il pignoramento, pur permanendo l’identità del soggetto, muta il titolo del possesso da parte del proprietario-locatore e debitore, in quanto ogni sua attività costituisce conseguenza del potere ex art. 559 c.p.c., di amministrazione e gestione del bene pignorato, di cui egli continua ad avere il possesso solo in qualità di organo ausiliario del giudice dell’esecuzione. La tesi, sposata dalla decisione impugnata, in ragione del quale tale ordine concettuale non varrebbe nel caso di locazione non autorizzata - oltre a postulare, senza alcun valido fondamento logico - giuridico, nei confronti dell’occupante del bene un doppio titolo di pagamento, per occupazione sine titulo nei confronti della procedura e per canone di locazione nei confronti del proprietario - locatore, debitore pignorato - mostra tutta la sua criticità solo che si considerino le conseguenze paradossali che essa comporta, e in primis quella di incentivare la stipula di locazioni senza autorizzazione del G.E., posto che in tesi solo in tal caso il proprietario - locatore potrebbe far propri i canoni di locazione. Soprattutto la decisione impugnata valorizza un dato, quello della valenza inter partes della locazione non autorizzata, che potrebbe rilevare solo in caso di sopravvivenza della locazione a seguito dell’estinzione della procedura, prescindendo totalmente dal considerare che, per effetto dello spossessamento, conseguente al pignoramento e dell’effetto estensivo previsto dall’art. 2912 c.c., il debitore esecutato perde vuoi il diritto di gestire e amministrare se non in quanto custode il bene pignorato, vuoi il diritto di far propri i relativi frutti civili. Va, dunque, qui ribadito che anche se la locazione di un bene sottoposto a pignoramento senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, in violazione dell’art. 560 c.p.c., non comporta l’invalidità del contratto, ma solo la sua inopponibilità ai creditori ed all’assegnatario Cass. 13 luglio 1999, n. 7422 Cass., 10 ottobre 1994, n. 8267 , il contratto così concluso non pertiene al locatore-proprietario esecutato, ma al locatore - custode e le azioni che da esso scaturiscono - nella specie per il pagamento dei canoni devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal custode Cass. 14 luglio 2009, n. 16375 . Il dato rilevante non è, infatti, quello su cui la Corte di appello ha fondato la sua decisione e, cioè, che, nella specie, il curatore non sia subentrato nel rapporto di locazione - quanto, piuttosto, quello della titolarità dei poteri di gestione e amministrazione dei beni pignorati e, correlativamente, della titolarità delle azioni che discendono da quel potere, che non è correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale la proprietà del bene e/o il contratto di locazione , bensì ad una relazione con il bene pignorato, qualificata come custodia in forza dell’investitura del giudice . 10. L’infondatezza del ricorso consente di superare l’eccezione processuale relativa al difetto di contraddittorio In applicazione del principio processuale della ragione più liquida - desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. - deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490 . 11. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . P.Q.M . Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso di spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13.