Il tenore di vita nell'assegno divorzile

Il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce l'unico parametro di riferimento ai fini della statuizione sull'assegno divorzile.

Per consolidato orientamento della Corte di cassazione, il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rileva per determinare in astratto il tetto massimo della misura dell'assegno in termini di tendenziale adeguatezza al fine del mantenimento del tenore di vita pregresso , ma, in concreto, quel parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5. Tali criteri condizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono valere anche ad azzerarla. Così la S.C. con l’ordinanza n. 19339/16, depositata il 29 settembre. Il caso. Con ricorso alla Corte di Cassazione il ricorrente impugnava la sentenza della Corte d'appello che aveva confermato l'assegno divorzile alla ex consorte. Il ricorrente onerato sollevava a fronte di detto riconoscimento l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 5, comma 6 della legge divorzio per violazione del principio di ragionevolezza in relazione agli art. 2, 3 e 29 Cost Il ricorrente riteneva infatti che il riconoscimento operato dalla Corte d'appello, effettuato sulla base del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, creasse una sorte di rendita di posizione del coniuge più debole giustificata non dalla necessità di sostegno del richiedente, ma dalla mera disparità economica, contrastando in tal modo con il principio di ragionevolezza in relazione agli articoli della costituzione anzi citati. L’assegno divorzile e il tenore di vita. La Corte di Cassazione ha ritenuto, invece, la questione infondata ed ha sottolineato che la censura basata sull'interpretazione del ricorrente di un ipotizzato diritto vivente, secondo cui nell'interpretazione di diritto vivente l'assegno divorzile deve necessariamente garantire al coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, non trova riscontro nella giurisprudenza del giudice della nomofilachia, secondo la quale, viceversa, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce l'unico parametro di riferimento ai fini della statuizione sull'assegno divorzile. La Corte di Cassazione ha ribadito quindi che, per consolidato orientamento, il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rileva per determinare in astratto il tetto massimo della misura dell'assegno in termini di tendenziale adeguatezza al fine del mantenimento del tenore di vita pregresso , ma, in concreto, detto parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5. Tali criteri condizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono valere anche ad azzerarla. Tanto premesso, La Corte ha quindi rigettato il ricorso che, come detto, muoveva da un'erronea interpretazione della norma denunciata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 giugno – 29 settembre 2016, n. 19339 Presidente Ragonesi – Relatore De Chiara Rilevato che 1. Il Tribunale di Genova dichiarava la cessazione degli oggetti civili tra il signor G.M. e la signora F.T La sentenza disponeva l'affidamento del figlio L. ad entrambi i coniugi, affidava la casa coniugale alla T. e poneva a carico del M. un assegno divorzile di E. 300,00 a favore della moglie e un contributo di mantenimento a favore dei figli P. e L. di E 2.000,00 mensili oltre al 100% delle spese straordinarie. 2. Avverso tale sentenza, proponeva appello il signor M. chiedendo l'esclusione dell'assegno divorzile e la riduzione di quello di mantenimento dei figli ad e 800,00 ciascuno. La Corte d'Appello di Genova accoglieva parzialmente l'appello confermando l'assegno divorzile nella misura indicata dal Tribunale, ma riducendo quello di mantenimento dei figli nella misura richiesta dal ricorrente. 3. G.M. ricorre per Cassazione affidandosi a tre motivi a Eccezione di incostituzionalità dell'art. 5 comma 6 della legge 898/1970 per violazione del principio di ragionevolezza in relazione agli artt. 2, 3 e 29 Cost. b Violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma. 6 legge 898/1970 con riferimento all'art 360 comma I n. 3 c.p. c. . c Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 comma 1 n. 5 c. p. e. 4. F.T. si difende con controricorso. Ritenuto che 5. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente solleva un'eccezione di íncostituzionalita dell'interpretazione che la costante giurisprudenza ha dato dell'art. 5, comma 6 della Legge 898/1970 M. ritiene che si aia creata una sorta di rendita di posizione del coniuge più debole giustificata non dalla necessità di sostegno del richiedente, ma dalla mera disparità economica. Il signor M. ritiene che questo orientamento abbia il solo fine di creare un vincolo economico tra gli ex coniugi e non sia giustificato da interessi o diritti costituzionalmente garantiti, ma al contrario contrasti con il principio di ragionevolezza in relazione agli arti. 2, 3 e 29 della Costituzione. 6. La questione appare infondata alla luce della recente sentenza n. 11/2015 della Corte Costituzionale secondo cui è manifestamente infondata la censura di incostituzionalità alla giurisprudenza di legittimità ricostruita su una pretesa linea interpretativa che qualificherebbe l'assegno divorzile come un mezzo per garantire al coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Infatti secondo la Corte Costituzionale l'ipotizzato diritto vivente non trova riscontro nella giurisprudenza del giudice della nomofilachia, secondo la quale, viceversa, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce l'unica parametro di riferimento ai fini della statuizione sull'assegno divorzile. Per consolidato orientamento della Corte di Cassazione, infatti, il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rileva per determinare in astratto il tetto massimo della misura dell'assegno in termini di tendenziale adeguatezza al fine del mantenimento del tenore di vita progresso , ma, in concreto, quel parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5. Tali criteri condizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono valere anche ad azzerarla. 7. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte d'appello abbia erroneamente applicato l'art. 5 comma 6 della legge sul divorzio pretendendo di ricavare il tenore di vita che i coniugi avevano al momento del matrimonio esclusivamente dal reddito attuale e tenendo conto solo delle disponibilità reddituali della signora T., e non di quelle patrimoniali. 8. Il motivo di ricorso appare infondato, in quanto la Corte d'appello si è limitata ad applicare 'interpretazione giurisprudenziale ormai consolidata secondo cui l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'adeguatezza o meno dei mezzi del coniuge richiedente alla conservazione del tenore di vita precedente. A tal fine, il giudice del merito può tenere conto della situazione reddituale e patrimoniale della famiglia al momento della cessazione della convivenza, quale elemento induttivo da cui desumere, in via presuntiva, il precedente tenore di vita e può, in particolare, in mancanza di prova da parte del richiedente, fare riferimento, quale parametro di valutazione del pregresso stile di vita, alla documentazione attestante i redditi dell'onerato. Caso. sezione I n. 8221 del 7 aprile 2046 e n. 13169 del 16 luglio 20045 9. I1 terzo motivo di ricorso censura la mancata analisi, da parte della Corte d'appello, di fatti rilevanti per il giudizio quali il miglioramento della situazione reddituale della T. che ritrae un reddito di €. 900,00 dalla sua attività lavorativa, la disponibilità della casa coniugale, il godimento di due appartamenti e l'impiego di una collaboratrice domestica. Il motivo appare inammissibile in quanto si riferisce a circostanze che sono già state accertate dal Giudice di secondo grado e che attengono al merito della causa, vagliato volutamente dalla Corte di appello con una motivazione che ha preso in esame i fatti rilevanti ai fini del decidere. 10. Sussistono i presupposti per la discussione del ricorso in camera di consiglio e se il Collegio condividerà la presente relazione per il rigetto del ricorso. La Corte, letta la memoria difensiva della controricorrente, condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna del ricorrente alle spose del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 3.100 euro di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorsa pr-ncipa e, a norma dell'art. 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.