La Cassazione non bada ai fatti

L'errore di fatto che può legittimare la revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione deve riguardare gli atti interni, cioè quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio e deve avere quindi carattere autonomo, nel senso di incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza medesima.

Se, invece, l’errore di fatto sulla cui base si chiede la revocazione è stato causa determinante di una sentenza pronunciata in grado di appello o in unico grado in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati dal Giudice del merito, la parte danneggiata è tenuta a proporre impugnazione ex artt. 395, n. 4 e 398 c.p.c. contro tale decisione, non essendole di contro consentito addurre tale errore in un momento successivo Corte di Cassazione, sentenza n. 18251/16, depositata il 16 settembre . Giusto processo, ma con i giusti strumenti. La Corte di Appello di Catanzaro rigettava la domanda avanzata da una donna nei confronti del Ministero della Giustizia con ricorso ai sensi della L. 24 marzo 2001, 1989 c.d. Legge Pinto sulla ragionevole durata dei processi . La ricorrente chiedeva alla Corte il risarcimento dei danni patiti a causa della irragionevole durata di un procedimento civile instaurato avanti al Tribunale di Locri con citazione del 14 settembre 1985 e definito solo con sentenza del 15 novembre 2011. La Corte di Appello motivava il proprio rigetto evidenziando come la sentenza oggetto della doglianza della ricorrente fosse in realtà passato in giudicato per difetto di impugnazione, avendo parte ricorrente depositato il proprio atto introduttivo ex Legge Pinto ben oltre il termine semestrale ivi previsto. Relata di notifica o biglietto di cancelleria? La ricorrente impugnava avanti alla Corte di Cassazione la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro enucleando tre motivi di impugnazione. Il primo – e più rilevante – riguardava l’asserita violazione di norme di diritto da parte dei Giudici territoriali. Secondo la ricostruzione della ricorrente, difatti, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto la relata di notifica apposta alla sentenza di primo grado ascrivibile alla parte vittoriosa ai sensi dell’art. 285 c.p.c. e non, invece, alla comunicazione di avvenuto deposito da parte della cancelleria. I Giudici della Corte di Cassazione, tuttavia, rigettavano il ricorso, evidenziando come la relata di notifica apposta in calce alla sentenza non potesse ritenersi riferibile alla comunicazione di deposito ex art. 133 c.p.c., in quanto tale adempimento è notoriamente effettuato con biglietto di cancelleria e, dunque, non possa essere lecito nutrire alcun dubbio sul fatto che la relata in questione fosse riferibile all’attività di controparte ex art. 285 c.p.c L’autonomia degli errori di fatto. Contro la decisione della Corte di Cassazione la donna proponeva ricorso per revocazione ai sensi degli artt. 395, n. 4 e 391 bis c.p.c., in quanto, a suo dire, la sentenza sarebbe effetto di un errore di fatto risultante dagli atti e dalla documentazione di causa, che smentirebbe evidentemente le conclusioni cui i Giudici sono pervenuti in entrambi i gradi di giudizio. Rigettando anche il ricorso per revocazione, la Corte di Cassazione ha evidenziato come tale supposto errore di fatto non rientrasse nel raggio di operatività dell’art. 395, n. 4, c.p.c. in quanto, in primo luogo, esso, per poter legittimare la revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione debba avere carattere autonomo, nel senso di incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza medesima. Qualora, in caso contrario, l’errore di fatto sulla cui base si chiede detta revocazione è stato determinato in un grado di appello – o in un unico grado – in relazione ad atti o documenti che sono stati o che avrebbero dovuto essere esaminati al Giudice di merito, la parte danneggiata è tenuta a proporre ricorso ex artt. 395, n. 4 e 398 c.p.c. contro tale ultima decisione, non essendo consentito addurre tale errore in un momento successivo.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 luglio - 16 settembre 2016, n. 18251 Presidente Migliucci – Relatore Giusti Fatto e Diritto Ritenuto che con decreto del 15 maggio 2013, la Corte d’appello di Catanzaro dichiarava inammissibile la domanda ex lege 24 marzo 2001, n. 89, proposta da L.M.A. con ricorso del 7 settembre 2012 per l’irragionevole durata di una causa civile instaurata innanzi al Tribunale di Locri con citazione del 14 settembre 1985 e definita con sentenza del 15 novembre 2011. A base della decisione, la Corte d’appello poneva la circostanza che detta sentenza era stata notificata al difensore della L. il 6 dicembre 2011, e di conseguenza era passata in giudicato, in difetto d’impugnazione, il 5 gennaio 2012 il che, a sua volta, comportava che il termine semestrale di cui all’art. 4 della legge n. 89 del 2001 era scaduto il 5 luglio 2012, per cui il ricorso doveva ritenersi tardivo che per la cassazione di tale decreto L.M.A. proponeva ricorso, affidato a tre motivi, illustrati con memoria che il Ministero della giustizia resisteva con controricorso che con sentenza n. 9922/2015, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 14 maggio 2015, la VI-2 Sezione civile di questa Corte ha rigettato il ricorso e condannato la parte ricorrente alle spese che per quanto qui ancora rileva, con il primo motivo del ricorso per cassazione era stata dedotta la violazione di norme di diritto, in quanto la relata di notifica apposta in calce alla sentenza emessa nel giudizio presupposto non doveva riferirsi alla notificazione effettuata dalla parte vittoriosa ai sensi dell’art. 285 cod. proc. civ., ma alla comunicazione di cancelleria dell’avvenuto deposito della sentenza stessa. Del resto, osservava parte ricorrente, le controparti della L. , avendo ricevuto comunicazione del deposito della sentenza il 12 e il 13 dicembre 2011, non avrebbero potuto notificare la sentenza che in data successiva che la Corte di cassazione ha giudicato infondato il motivo, così motivando La relata di notifica apposta in calce alla sentenza resa a definizione del giudizio presupposto non può riferirsi alla comunicazione del deposito della sentenza, effettuata dalla cancelleria ai sensi dell’art. 133 cod. proc. civ Tale adempimento è effettuato con semplice biglietto di cancelleria consegnato a mani ovvero notificato dall’ufficiale giudiziario contenente il dispositivo della sentenza, mentre nel caso in esame è stata notificata la copia della sentenza stessa e dunque nessun dubbio è lecito nutrire sul fatto che si tratti dell’attività di parte prevista dall’art. 285 cod. proc. civ. allo scopo di far decorrere il termine breve d’impugnazione di cui all’art. 325 cod. proc. civ. che avverso la detta sentenza la L. ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi degli artt. 395, n. 4, e 391-bis cod. proc. civ., con atto notificato il 9 luglio 2015 che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso che, ad avviso della ricorrente, la sentenza della Corte di cassazione è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa, essendo fondata sulla supposizione che la relata di notifica apposta in calce alla sentenza resa a definizione del giudizio presupposto non può riferirsi alla comunicazione del deposito della sentenza, effettuata dalla cancelleria ai sensi dell’art. 133 cod. proc. civ. . Secondo la ricorrente, la verità di quanto addotto a motivazione del rigetto del ricorso è incontestabilmente esclusa dalle alligazioni al fascicolo di legittimità, ove vi è l’originale del biglietto di cancelleria dal quale è stata estratta la copia che trovasi sul retro dell’ultima pagina della sentenza allegata al fascicolo di primo grado a seguito dell’opera di copia effettuata in sede di formazione del fascicolo di parte dinanzi alla Corte d’appello, ed erroneamente valutata prima dalla stessa Corte d’appello di Catanzaro che si è pronunciata per l’inammissibilità del ricorso e dopo dalla Suprema Corte la quale ha rigettato il ricorso per cessazione . che il consigliere designato ha depositato, in data 18 aprile 2016, la seguente relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ. Il ricorso per revocazione appare al relatore inammissibile. Innanzitutto, la domanda di revocazione non contiene l’esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta dall’art. 366, n. 3 , cod. proc. civ. La stessa lettura del motivo non riesce a colmare la lacuna ed anzi evidenzia la difficoltà di comprendere, dal testo del solo ricorso per revocazione, l’esatto svolgersi della vicenda cfr. Cass., Sez. Un., 6 luglio 2015, n. 13863 . In ogni caso, il supposto errore di fatto non rientra nel raggio di operatività dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 391-bis cod. proc. civ. E ciò per un duplice ordine di concorrenti ragioni a perché l’errore di fatto che può legittimare la revocazione della sentenza della Cassazione deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza medesima se, invece, l’errore di fatto, sulla cui base si chiede detta revocazione, è stato causa determinante della decisione pronunciata in grado di appello o in unico grado, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati dal giudice del merito, la parte danneggiata è tenuta a proporre impugnazione ex art. 395, n. 4, e 398 cod. proc. civ. contro la predetta decisione, non essendole di contro consentito addurre tale errore in un momento successivo Cass., Sez. II, 20 maggio 2002, n. 7334 . Nella specie, con il ricorso per revocazione avverso la sentenza della Corte di cassazione la ricorrente pretende di ravvisare un errore revocatorio nella erronea percezione, da parte della stessa Corte, di elementi di fatto - concernenti la comunicazione ad opera della cancelleria, e non la notificazione ad istanza di parte, della sentenza del 15 novembre 2011 del Tribunale di Locri - che sarebbero stati parimenti fraintesi dalla Corte d’appello di Catanzaro nella decisione di inammissibilità del ricorso per equa riparazione b perché l’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso o accertato in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato Cass., Sez. lav., 29 ottobre 2010, n. 22171 . Nella specie, l’ipotizzato errore cade invece su un punto controverso, perché la deduzione che la relata di notifica apposta in calce alla sentenza emessa nel giudizio presupposto non si riferiva alla notificazione effettuata dalla parte vittoriosa, costituiva oggetto proprio della materia controversa devoluta alla Corte di cassazione con il primo motivo di ricorso, resistito dal Ministero della giustizia con controricorso. Il ricorso può essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi dichiarato inammissibile che la relazione ex art. 380-bis e il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio sono stati notificati al difensore della parte ricorrente che la ricorrente ha depositato una memoria in prossimità della camera di consiglio. Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ. che i rilievi critici contenuti nella memoria non colgono nel segno che il ricorso per revocazione è inammissibile perché - come esposto nella relazione - il denunciato errore non ricade nell’ambito del vizio revocatorio la supposta erronea valutazione circa la riferibilità della relata di notificazione della sentenza alla notificazione effettuata dalla parte vittoriosa è stata compiuta, per espressa affermazione della stessa ricorrente, dalla Corte d’appello di Catanzaro, e costituiva un punto controverso, rappresentando l’oggetto della censura veicolata con il ricorso per cassazione proposto dalla parte interessata contro il decreto della Corte d’appello che, in altri termini, si deduce come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione compiuta dalla Corte di cassazione, investita di uno specifico motivo di ricorso proprio sul se la relata di notificazione apposta in calce alla sentenza emessa nel giudizio presupposto fosse o meno riferibile alla notificazione effettuata dalla parte che, pertanto, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile, perché in realtà con esso si censurano un vizio di ragionamento ed un errore di giudizio in cui sarebbe assuntivamente incorsa la Corte di legittimità che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato Ministero svolto attività difensiva in questa sede che poiché risulta dagli atti che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al comma 1-quater all’art. 13 del testo unico approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 . P.Q.M . La Corte dichiara il ricorso inammissibile.