La manifesta infondatezza della domanda esclude il diritto all’equa riparazione?

La S.C., chiamata a decidere sull’applicazione del diritto all’equa riparazione in un caso di irragionevole durata di un giudizio, ripercorre con un excursus giurisprudenziale i motivi di esclusione da tale diritto, formulando un principio in relazione al caso di manifesta infondatezza della domanda.

Così la sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15643/16, depositata il 27 luglio. Il caso. Un uomo ricorreva presso la Corte d’appello avverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendone la condanna al pagamento dei danni morali derivanti dalla irragionevole durata di un giudizio avente ad oggetto il diniego della pensione privilegiata, iniziato davanti alla Corte dei Conti con ricorso nel 1980 e deciso con sentenza di rigetto depositata nel 2009. Avendo la Corte adita respinto la domanda per manifesta infondatezza della domanda, l’uomo proponeva ricorso per cassazione. I motivi di esclusione del diritto all’equa riparazione. Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione deli artt. 2 e 3 l. n. 89/01, nonché degli artt. 24 e 101 Cost. e degli artt. 6, 13 e 41 CEDU, oltre a vizio di motivazione, per non avere la corte di merito tenuto conto che il diritto all’equa riparazione non è subordinato alla fondatezza delle pretese o delle eccezioni sollevate nel processo presupposto che ha avuto durata irragionevole . L’esame congiunto dei due motivi porta all’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della pronuncia con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello. Infatti, la S.C. rileva che il motivo che ha portato all’esclusione del diritto all’equa riparazione la Corte d’appello è quello della manifesta infondatezza della domanda. Sottolinea però la Corte che i motivi di carattere soggettivo che escludono il diritto all’equa riparazione sorgono a in caso di lite temeraria, che ricorre quando la parte abbia agito in giudizio con la consapevolezza del proprio torto vedi anche Cass. sent. 18592/11 b in caso di causa abusiva, che si ha qualora lo strumento processuale venga utilizzato in maniera distorta per lucrare sugli effetti della mera pendenza della lite vedi Cass n. 7326/15 e c in tutti i casi in cui la situazione processuale del giudizio di riferimento dimostri in positivo che la parte privata non abbia patito quell’effettivo e concreto pregiudizio morale, che è la conseguenza normale della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo Cass. n. 7325/15 . Si aggiunge a tali ipotesi anche il comma 2- quinquies , aggiunto all’art. 2 l. n. 89/01 dall’art. 55, comma 1, lett. a , n. 3, d.l. n. 83/12 convertito in l. n. 134/12, che ha aggiunto talune ulteriori ipotesi di esclusione dell’indennizzo, ma in cui comunque non rientra la manifesta infondatezza della domanda che, ove non qualificata dal requisito di temerarietà o di abusività della lite, costituisce null’altro che il giudizio critico o di verità che la sentenza di merito esprime sulla postulazione contenuta nella domanda stessa.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 22 ottobre 2015 – 27 luglio 2016, n. 15643 Presidente Petitti – Relatore Falaschi Svolgimento del processo G.P. con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Perugia chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dei danni morali derivanti dalla irragionevole durata di un giudizio avente ad oggetto il diniego della pensione privilegiata, di cui al decreto n. 904 del 26.11.1979, iniziato dinnanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania con ricorso del 10 febbraio 1980, deciso con sentenza di rigetto depositata il 31 marzo 2009. L’adita Corte d’appello, respingeva la domanda, ritenendo che il giudizio fosse stato proposto dal ricorrente nella consapevolezza della sua infondatezza, avendo egli dedotto una dipendenza da causa di servizio di patologia, otite, della quale aveva dichiarato egli stesso all’anamnesi di essere affetto già in epoca antecedente all’arruolamento, sicché nessun paterna d’animo il ricorrente poteva aver subito per effetto del protrarsi del giudizio stesso. Per la cassazione di questo decreto il G. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi. Il Ministero dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso. Motivi della decisione La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio. Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 89 del 2001, nonché degli arti 24 e 101 Cost. e degli artt. 6, 13 e 41 della CFDU, oltre a vizio di motivazione, per non avere la corte di merito tenuto conto che il diritto all’equa riparazione non è subordinato alla fondatezza delle pretese o delle eccezioni sollevate nel processo presupposto che ha avuto durata irragionevole. I due motivi giacché censurano la medesima circostanza in fatto, vanno esaminati congiuntamente. Essi sono fondati alla stregua dei rilievi che seguono. Nella giurisprudenza di questa Corte il diritto all’equa riparazione è escluso per ragioni di carattere soggettivo a nel caso di lite temeraria v. fra le tante, Cass. n. 28592 del 2011 Cass. n. 10500 del 2011 e Cass. n. 18780 del 2010 , cioè quando la parte abbia agito o resistito in giudizio con la consapevolezza del proprio torto o sulla base di una prete sa di puro azzardo b nell’ipotesi di causa abusiva cfr. tra le tante, Cass. n. 7326 del 2015 Cass. n. 5299 del 2015 Cass. n. 23373 del 2014 , che ricorre allorché lo strumento processuale sia stato utilizzato in maniera distorta, per lucrare sugli effetti della mera pendenza della lite e c in tutte le ipotesi in cui la specifica situazione processuale del giudizio di riferimento dimostri in positivo, per qualunque ragione, come la parte privata non abbia patito quell’effettivo e concreto pregiudizio d’indole morale, che è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo v. per tutte e da ultimo, Cass. n. 7325 del 2015 . Da ultimo, inoltre, il comma 2-quinquies, aggiunto all’art. 2 della legge n. 89/01 dall’art. 55, comma 1, lett a , n. 3 del D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12, ha previsto, con elencazione da ritenersi non tassativa, talune ulteriori ipotesi di esclusione dell’indennizzo, in presenza delle quali il giudice non dispone di margini d’apprezzamento della fattispecie. Tra queste non rientra quella della manifesta infondatezza della domanda. Pur precisando che nella specie non trova applicazione il dato positivo attuale ratione temporis , i precedenti indirizzi di questa Corte si confermano nel senso che solo se qualificata dal requisito ulteriore di temerarietà o di abusività la domanda manifestamente infondata osta al riconoscimento di un’equa riparazione. La Corte di merito si è allontanata da tale ricostruzione della disciplina, estendendo in difetto di un adeguata previsione normativa o di orientamento giurisprudenziale il divieto d’indennizzo all’ipotesi di manifesta infondatezza della domanda. Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che nel procedere ad un rinnovato esame di merito, pur nella vigenza della originaria disciplina, si atterrà al principio di diritto di seguito esposto in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, l’indennizzo è escluso per ragioni di carattere soggettivo nell’ipotesi di lite temeraria, di causa abusiva o nel caso ricorrano altre ragioni che dimostrino in positivo la concreta assenza di un effettivo pregiudizio d’indole morale. Non vi rientra il caso della manifesta infondatezza della domanda, la quale, ove non qualificata dall’ulteriore requisito di temerarietà o di abusività della lite, costituisce null’altro che il giudizio critico o di verità che la sentenza di merito esprime sulla postulazione contenuta nella domanda stessa . Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell’art. 385, 3 comma c.p.c., anche il regolamento delle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione.