IRAP: è soggetta anche la società semplice senza dipendenti o cespiti ingenti

Il requisito della autonoma organizzazione dell’attività non è richiesto in relazione alle società.

Ad affermarlo le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7371/16 depositata il 14 aprile. Il caso. Una società semplice presenta istanza di rimborso dell’IRAP versata per i periodi di imposta dal 1998 al 2003 avendo esercitato l’attività di amministrazione condominiale senza l’ausilio di personale dipendente e/o di ingenti cespiti. I Giudici di merito accolgono il successivo ricorso della società contribuente limitatamente ad alcune annualità. In particolare la Commissione Tributaria Regionale sostiene che la sussistenza delle circostanze idonee a integrare il presupposto dell’IRAP deve essere riscontrata attraverso un’analisi economica e qualitativa dell’attività esercitata, potendo esistere attività autonome svolte in assenza di organizzazione di capitali e lavoro altrui . In sede di legittimità viene rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la questione se, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2 e 3, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, debba essere sottoposto ad IRAP il valore aggiunto prodotto nel territorio regionale da attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria, ed in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti non sussistente una autonoma organizzazione” dei fattori produttivi Cass., sez. VI civ. – T, 25 febbraio 2015 ord. , n. 3870 . Nella sentenza n. 7371 del 2016 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi, ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma dell’art. 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni – essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege , in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione . In applicazione di tale principio di diritto il Collegio cassa la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente e compensa le spese dell’intero giudizio. Il presupposto dell’IRAP per le società semplici. L’art. 2, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 definisce il presupposto dell’IRAP come l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi , stabilendo in particolare che l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta comma 1 . A sua volta l’art. 3, comma 1, lett. c , d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 inserisce tra i soggetti passivi dell’IRAP le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell’articolo 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all’articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico . Il requisito della autonoma organizzazione” non è richiesto per le società. Alla luce di tale disciplina le Sezioni Unite della Corte di Cassazione osservano che il requisito della autonoma organizzazione dell’attività non è richiesto in relazione alle società. A questa affermazione segue una elencazione di pronunce ove la Suprema Corte nel recente passato ha esaminato alcune fattispecie concrete riconducibili alla medesima disciplina, vale a dire - l’ordinanza n. 16784 del 2010 e la sentenza n. 25313 del 2014, ove si legge che l’esercizio in forma associata di una professione liberale – nella specie, dottore commercialista e avvocato – presupposto dell’imposta, prescindendosi completamente dal requisito dell’autonoma organizzazione - la sentenza n. 25315 del 2014, nella quale si statuisce che l’esercizio in forma associata, per il tramite di una società in nome collettivo, dell’attività di agente di commercio esclude la necessità di accertare la sussistenza di un’autonoma organizzazione. L’accertamento in concreto dell’autonoma organizzazione è comunque necessario? Il Collegio rileva altresì che in altre occasioni la giurisprudenza di legittimità, dopo aver ribadito che l’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, ha però precisato che la fattispecie può non essere soggetta ad imposizione nel caso in cui il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati cfr. Cass., sez. trib., 11 giugno 2007, n. 13570 . Viene anche citato un precedente nel quale l’IRAP è stata ritenuta applicabile ai tassisti organizzati in società cooperativa, in ragione delle specifiche modalità di esercizio dell’attività, integrata dall’apporto qualificante della predetta stabile struttura societaria, che assicura al singolo tassista, in via tipica e costante, continuità di lavoro, migliori condizioni economico-professionali, centralizzazione della raccolta pubblicitaria, assistenza amministrativa e fiscale Cass., sez. trib, n. 21326/2013 . Osservazioni. In chiusura di questa rassegna di giurisprudenza le Sezioni Unite della Corte di Cassazione enunciano il principio di diritto già riportato supra e, in sua applicazione, ribaltano l’esito dei giudizi di merito. A prima lettura la pronuncia appare – oltre che insufficientemente motivata – anche fondata su basi incerte se dalla disamina della giurisprudenza di legittimità richiamata in motivazione sembrerebbero invece emergere elementi idonei a sostenere una presunzione legale relativa cfr. in particolare Cass., sez. trib., 11 giugno 2007 , dal principio di diritto parrebbe potersi trarre argomenti a favore della configurabilità di una presunzione legale assoluta quando l’attività è esercitata dalle società [] essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege , in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione . Nel primo caso la società contribuente conserva la possibilità di fornire la prova contraria, giacché l’elenco dei soggetti passivi di cui all’art. 3, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – ove le società semplici sono annoverate – entra in gioco soltanto dopo che sia stata accertata in concreto la sussistenza del presupposto di imposta di cui all’art. 2, d.lgs. 15 dicembre 1997, mentre nel secondo può reagire soltanto contestando la legittimità costituzionale della disciplina per sua irragionevolezza.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 6 ottobre 2015 – 14 aprile 2016, n. 7371 Presidente Rovelli – Relatore Greco Svolgimento del processo L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, accogliendone solo parzialmente l’appello, ha riconosciuto il diritto della società semplice Studio Pilla, svolgente attività di amministratore condominiale, al rimborso dell’imposta regionale sulle attività produttive versata per gli anni dal 1998 al 2002, e non anche per il 2003, il cui importo di euro 609 era stato portato in compensazione l’anno successivo. Il giudice d’appello, infatti, premesso che l’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, stabilisce al primo periodo che presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi , e rilevato che ai sensi del secondo periodo l’attività esercitata dalle società e dagli enti è da considerare in ogni caso presupposto d’imposta , ha ritenuto che nella specie la sussistenza delle circostanze che legittimano l’applicazione del tributo deve essere riscontrata attraverso un’analisi economica e qualitativa dell’attività esercitata, potendo esistere attività autonome svolte in assenza di organizzazione di capitali e lavoro altrui, che a parere di questa Commissione sussiste in questo caso, in quanto il contribuente ha sufficientemente provato e documentato nel ricorso introduttivo tale assenza, avendo esercitato la propria attività autonoma in via quasi esclusivamente personale, senza l’ausilio di personale dipendente e/o di ingenti cespiti , sicché manca il presupposto impositivo previsto dall’art. 2 del d.lgs. 446/97 . La società contribuente resiste con controricorso. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., l’amministrazione ricorrente censura la decisione per aver ravvisato l’insussistenza dell’autonoma organizzazione in presenza di un’attività svolta in forma associata/societaria, care ammesso dalla stessa contribuente, laddove non solo l’attività svolta in forma associata rientrerebbe nella fattispecie impositiva, ma in ogni caso la struttura tipica degli studi associati renderebbe evidente l’esistenza di un’organizzazione di mezzi e persone volta al raggiungimento di uno scopo, e quindi la piena assoggettabilità alla norma con il secondo motivo, formulato in via subordinata, denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata omesso di considerare, e non aver motivato la ragione di tale omissione, il fatto decisivo che la contribuente svolgesse attività in forma societaria/associata. Fissato per la discussione, a seguito di ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile, nell’articolazione della quinta sezione - tributaria ord. 3870/2015 , il ricorso è stato rimesso a queste Sezioni unite per l’esame di questione di massima di particolare importanza. Motivi della decisione Viene rimessa alle Sezioni unite di questa Corte la questione se, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 446 del 1997, debba essere sottoposto ad IRAP il valore aggiunto prodotto nel territorio regionale da attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria, ed in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti non sussistente una autonoma organizzazione dei fattori produttivi . Osserva il Collegio che il d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’imposta regionale sulle attività produttive, stabilisce all’art. 2, primo periodo, che presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. A tenore del secondo periodo dell’art. 2 costituisce in ogni caso presupposto d’imposta l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato . Il requisito della autonoma organizzazione dell’attività non è quindi richiesto in relazione all’attività delle società e degli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, in quanto l’attività esercitata da tali soggetti, a mente del secondo periodo dello stesso art. 2, costituisce in ogni caso presupposto d’imposta. Il successivo art. 3, rendendo esplicito il catalogo dei soggetti passivi dell’imposta - che sono coloro che esercitano una o più delle attività di cui all’art. 2 -, in particolare individua espressamente, alla lett. c del come 1, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate a norma ai fini delle imposte sui redditi dell’art. 5, comma 3, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, vale a dire le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni di cui al successivo art. 49 Redditi di lavoro autonomo , nella vecchia numerazione, dello stesso d.P.R. n. 917 del 1996. In questo senso la sezione tributaria si è espressa con Cass. n. 16784 del 2010, in relazione all’esercizio in forma associata della professione di dottore commercialista, individuando la ratio della previsione in esame nel fatto che l’attività esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce pertanto ex lege presupposto d’imposta con Cass. n 25313 del 2014, in relazione all’esercizio in forma associata della professione forense con Cass. n. 25315 del 2014, che chiaramente afferma che l’esercizio in forma associata, per il tramite di una società in nome collettivo, dell’attività di agente di commercio esclude la necessità di accertare la sussistenza di un’autonoma organizzazione . Ad analoghe conclusioni giungeva la sezione con il più risalente orientamento rappresentato da Cass. n. 13570 del 2007, n. 17136 del 2008, n. 24058 del 2009 e n. 1575 del 2014 che, pur a fronte della drastica formula impiegata dal legislatore - costituisce in ogni caso presupposto d’imposta -, tuttavia è andata pronunciandosi nel senso che l’esercizio in forma associata di una professione liberale era circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di struttura e mezzi . Un siffatto indirizzo non sembra dare adeguato rilievo al fatto che la prova contraria può avere qui ad oggetto non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa. Dall’accertamento in concreto dell’autonoma organizzazione non si è ritenuta dispensata Cass. n. 21326 del 2013 - richiamata nell’ordinanza interlocutoria -, che, pur consapevole che solo l’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del detto art. 2, ha nondimeno ritenuto applicabile l’imposta a numerosi tassisti organizzati in società cooperativa, in ragione delle specifiche modalità di esercizio dell’attività, integrata dall’apporto qualificante della predetta stabile struttura societaria, che assicura al singolo tassista, in via tipica e costante, continuità di lavoro, migliori condizioni economico-professionali, centralizzazione della raccolta pubblicitaria, assistenza amministrativa e fiscale ma ciò, sembra di capire, in ragione della formulazione dei motivi del ricorso, uno dei quali non aveva dato conto della descritta sussistenza, in capo ai tassisti, di una posizione contrattuale ed organizzativa collegata in modo essenziale - già ai fini di censirne l’intrinseca modalità di effettuazione - con i plurimi servizi della cooperativa di cui essi sono soci, dunque in una funzione collaborativa ben censita come contributo determinante per la produzione globale lorda del reddito dei contribuenti . Alla luce delle considerazioni che precedono, può affermarsi pertanto il seguente principio di diritto presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma dell’art. 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni - essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege , in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione . La decisione impugnata si pone in contrasto il principio di diritto enunciato. Il primo motivo del ricorso deve essere perciò accolto, assorbito l’esame del secondo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente. La non univocità dei precedenti giurisprudenziali sul punto giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio. Non sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte di cassazione, a sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio. Non sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.