Gli Ermellini fanno un ripasso in materia di concessione esattoriale

In materia di concessione esattoriale, il concessionario diventa titolare di un’attività pubblica, ovvero appartenente alla PA, dal momento che la potestà impositiva è, per definizione, appannaggio dello Stato. Il d.P.R. n. 43/1988 ha ampliato l’area delle funzioni di riscossione coattiva demandate ai concessionari, oltre ad aver consentito, ex art. 68, ai concessionari di ottenere anche la funzione di procedere alla riscossione coattiva dei tributi locali .

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3449/2016, depositata il 22 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione allo stato passivo fallimentare di una s.r.l., proposta dal Comune, rilevando la natura tributaria, e dunque privilegiata ai sensi dell’art. 2752 c.c. crediti per tributi diretti dello Stato , del credito dell’ente locale verso la concessionaria della riscossione dei tributi. Il giudice di prime cure, infatti, argomentava che le somme riscosse dal concessionario fossero oggetto di credito tributario, da parte dell’ente impositore, anche ove ancora nella disponibilità del concessionario, dal momento che tale detenzione risultava connessa all’interesse della PA. Avverso la suddetta pronuncia, la soccombente s.r.l. ricorreva per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 2752 c.c., 12 interpretazione della legge e 14 applicazione delle leggi eccezionali e penali disp. gen. e 2749 c.c. estensione del privilegio . In particolare, la ricorrente contestava al giudice di merito di aver applicato analogicamente l’art. 2752 c.c., contravvenendo a quanto previsto dall’art. 14 disp. gen., ignorando la natura contrattuale dell’obbligazione del concessionario. Incardinazione del concessionario nell’apparato della PA concedente. La Suprema Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale, già affermato dal Supremo Collegio in materia di opere pubbliche, secondo cui, in relazione al rapporto costituitosi tra il concedente ed il concessionario, non si può ritenere configurabile un rapporto di mandato. Gli Ermellini hanno, inoltre, sottolineato come, anche a parere della dottrina più autorevole, i provvedimenti concessori, in quanto concernenti dei beni della vita, non possono essere oggetto di atti di autonomia privata, poiché riservati a pubblici poteri . Il Collegio ha, poi, chiarito che, in relazione alle concessioni di funzioni , è più forte l’incardinazione del privato nella pubblica amministrazione, e che le suddette potrebbero essere ricondotte alla tipologia della concessione di pubblico servizio in senso soggettivo , in quanto in tali ipotesi l’ente pubblico è, per legge, titolare di funzioni, che sono conferite ad un imprenditore esterno, il quale diventa parte, con riferimento ai profili soggettivi, di una struttura amministrativa. La Suprema Corte ha rilevato che l’ipotesi sopra prospettata trova riscontro anche nella concessione esattoriale, in cui il concessionario diventa titolare di un’attività pubblica, ovvero appartenente alla PA, dal momento che la potestà impositiva è, per definizione, appannaggio dello Stato. Il d.P.R. n. 43/1988, hanno peraltro evidenziato i Giudici del Palazzaccio, ha ampliato l’area delle funzioni di riscossione coattiva demandate ai concessionari, oltre ad aver consentito, ex art. 68, ai concessionari di ottenere anche la funzione di procedere alla riscossione coattiva dei tributi locali . Gli Ermellini hanno, quindi, sottolineato che quanto incassato dal concessionario rimane connesso alla finalità pubblicistica dei tributi ed il credito, ai medesimi corrispondente, per quanto già riscosso dai contribuenti, costituisce oggetto di ammissione al passivo in via privilegiata, secondo il disposto dell’art. 2752 c.c Il Collegio ha chiosato, ribadendo il principio di diritto per cui il privilegio generale sui mobili, per quanto riguarda l’IRAP, deve essere riconosciuto anche per il periodo antecedente alla intervenuta modifica dell’art. 2752, primo comma, cod. civ., che ha esteso il privilegio a tale credito, ad opera dell’art. 39 del d.l. 1° ottobre 2007, n. 159, conv. Con modif. nella legge 29 novembre 2007, n. 222 . Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, sentenza 18 gennaio – 22 febbraio 2016, n. 3449 Presidente Dogliotti – Relatore Genovese Svolgimento del processo e motivi della decisone Rilevato che il Tribunale di Roma, ha accolto l'opposizione allo stato passivo fallimentare della Nettuno Servizi srl in A. S. proposta dal Comune di Nettuno ed ha stabilito che il credito dell'ente locale verso la concessionaria della riscossione dei propri tributi, in relazione alle somme riscosse dai contribuenti, ha natura tributaria e, pertanto, privilegiata ai sensi dell'art. 2752 c.c. che, secondo il Tribunale, le somme riscosse dal concessionario formerebbero oggetto di un credito tributario da parte dell'ente impositore quand'anche tali somme siano ancora in disponibilità del concessionario, trattandosi di una detenzione nell'interesse della P.A., per il tempo strettamente necessario a completare l'iter amministrativo di rimborso all'Amministrazione destinataria di quell'importo, che non inciderebbe sulla natura del credito che, inoltre, quanto agli interessi essi andavano ammessi, nella misura convenzionalmente pattuita, come interessi moratori ed esclusione di quelli legali , dal dì del dovuto sino alla data della verifica che, avverso tale decisione la soccombente A. S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con il quale lamenta violazioni di legge gli arti. 2752 c.c. e 12 e 14 disp. gen., e l'art. 2749, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c che il Comune resiste con controricorso. Considerato che, con il primo dei due mezzi di ricorso Violazione e falsa applicazione degli 2752 c.c. e 12 e 14 disp. gen , la ricorrente ha censurato la decisione del Tribunale in quanto avrebbe fatto applicazione analogica della norma contenuta nell'art. 2752 c.c., non consentita dalla previsione dell'art. 14 disp. gen., in quanto - in mancanza di una specifica norma di legge e di una apposita disciplina contrattuale, idonea a garantire l'ente locale dal caso dell'insolvenza del concessionario -, avrebbe dimenticato che l'obbligazione del concessionario avrebbe natura contrattuale essendo la risultante finale di operazioni di rendicontazione del quantum dell'imposta, avente natura privilegiata, delle sanzioni, che tale natura non avrebbero, e degli interessi, aventi tale natura solo entro certi limiti temporali, al netto del corrispettivo gio spettante al concessionario, come pattuito negozialmente che, pertant , in tal modo, il debito tributario si verrebbe a confondere con il patrimonio del concessionario e renderebbe impossibile la conservazione di una diversità di disciplina rispetto alle singole voci che compongono il debito fiscale che con il secondo motivo Violazione e falsa applicazione dell'art. 2749 c.c. , la ricorrente ha censurato la decisione del Tribunale in quanto avrebbe violato il diritto vivente riferimento a Cass. n. 16084 del 2012 ammettendo il credito da interessi convenzionali e moratori, interamente in privilegio che il primo motivo non ha pregio in quanto, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, rsia ure in materia di opere pubbliche Sez. 1, Sentenza n. 4214 del 2012 on riguardo al rapporto che s'instaura tra il concedente ed il concessionario, non è configurabile un rapporto di mandato che, infatti, come insegna la dottrina più autorevole, i provvedimenti concessori hanno ad oggetto interessi a beni della vita che non possono formare oggetto degli atti di autonomia privata, in quanto sono riservati a pubblici poteri che l'incardinazione del privato nell'amministrazione è più intensa con riguardo alle concessioni di funzioni che, in senso lato, potrebbero ricondursi alla figura della concessione di pubblico servizio in senso soggettivo , dal momento che - in tali casi - ci si trova dinanzi a funzioni di cui l'ente pubblico è titolare per legge e per cui viene conferita la titolarità ad un imprenditore esterno il quale diviene un elemento che compone, per i profili soggettivi, una struttura amministrativa ,'com'è proprio il caso della concessione esattoriale ove, com'è stato detto, il concessionario diviene titolare di un'attività pubblica, nel senso di appartenente all'ente pubblico essendo la potestà impositiva una potestà connessa alla potestà sovrana, quindi per definizione spettante allo Stato sicché, in questi casi, in sostanza, si verifica una sorta di incardinazione del concessionario nell'apparato amministrativo dell'amministrazione concedente che, peraltro, la riforma della riscossione, attuata con il d.P.R. n. 43/1988, ha ampiamente dilatato la sfera delle funzioni di riscossione coattiva demandate ai concessionari e consentito art. 68 ai concessionari di ottenere anche la funzione di procedere alla riscossione coattiva dei tributi locali, onde la riforma attuata con il menzionato d.P.R. n. 43/1988 ha segnato il passaggio dal sistema esattoriale al sistema dei concessionari che, ancor oggi, l'esazione continua ad espletarsi sempre tramite l'affidamento del compito ad un concessionario in forza di un atto amministrativo avente natura di concessione, a cui sono stati attribuiti finanche poteri investigativi e di autotutela esecutiva, al punto che la riscossione delle entrate oggi - secondo una acuta dottrina - si situerebbe nella fase di applicazione della norma tributaria che, pertanto, non può essere accolta la tesi del ricorrente secondo cui quanto riscosso dal concessionario delle imposte comunali si sarebbe disperso nell'attivo patrimoniale della società e, perciò, avrebbe perso quei caratteri propri dell'entrata fiscale, per divenire un provento privo di riferimento alla causa del suo pagamento che, infatti, come sopra sinteticamente riportato, il rapporto tra l'ente impositore ed il concessionario non è un rapporto privatistico di mandato, ma un rapporto concessorio, articolato sulle scansioni delle potestà di diritto pubblico perché finalizzato a riscuotere i tributi, con l'obbligo di riversarli all'ente impositore, detratto l'aggio convenuto che, di conseguenza, quanto incassato resta ancorato alla finalità pubblicistica cui i tributi sono funzionali, onde il credito ad essi corrispondenti, per quanto già riscosso dai contribuenti, legittimante forma oggetto di ammissione al passivo in via privilegiata, ai sensi dell'art. 2752 c.c. che, a tal specifico proposito, questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenze nn. 4861 del 2010, 11417 del 2012, 26125 del 2013 ha già affermato il principio di diritto secondo cui Il privilegio generale sui mobili, per quanto riguarda l'IRAP, deve essere riconosciuto anche per il periodo antecedente alla intervenuta modifica dell'art. 2752, primo comma, cod. civ., che ha esteso il privilegio a tale credito, ad opera dell'art. 39 del d.l. 1 ° ottobre 2007, n. 159, cony. con modiff nella legge 29 novembre 2007, n. 222, dovendosi ritenere la previsione del privilegio implicitamente inclusa in tale norma, in forza di una consentita interpretazione estensiva della stessa, come confermato dall'art. 23, comma 37, del d. l. del 6 luglio 2011, n. 98, cony. con modiff nella legge 15 luglio 2011, n. 111. , cui questo Collegio intende dare continuità, in quanto pienamente condiviso, anche in questa sede che il secondo mezzo di ricorso è, invece, inammissibile sia perché tardivamente proposto nella comparsa conclusionale, in sede di opposizione allo stato passivo sia perché neppure autosufficiente, in quanto privo dei termini completi dell'estensione del censurato provvedimento di ammissione restando insufficiente quanto riportato alla fine della p. 12 del ricorso per cassazione che la novità della questione principale oggetto del ricorso giustifica la compensazione delle spese processuali che, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Respinge il ricorso e compensa le spese processuali di questo grado. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater,del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.