Appello o ricorso in cassazione per le sentenze che decidono le opposizioni all’esecuzione? Dipende dalla data di pubblicazione

Per le sentenze che abbiano deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate successivamente all’1 marzo 2006 e fino al 4 luglio 2009, non è ammissibile l’appello ma solo il ricorso per cassazione, in forza dell’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., introdotto dalla l. n. 52/2006. Tale ultimo inciso è stato soppresso dalla l. n. 69/2009, per cui le sentenze pubblicate successivamente al 4 luglio 2009 tornano ad essere appellabili.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 20886 del 15 ottobre 2015. Il caso. Una società proponeva appello avverso una sentenza resa all’esito di un giudizio di opposizione all’esecuzione. La Corte d’appello adita dichiarava inammissibile l’impugnazione in quanto si trattava di sentenza non impugnabile ai sensi dell’art. 616, ultimo inciso, c.p.c., nel testo risultante dopo la modifica apportata dalla l. n. 52/2006 e prima dell’abrogazione ad opera della l. n. 69/2009. La società si rivolgeva, quindi, alla Corte di Cassazione. Il regime di impugnazione nel testo originario dell’art. 615 c.p.c La ricorrente censura la pronuncia sul presupposto che la Corte territoriale non avrebbe considerato la diversa disciplina, stabilita dal combinato disposto della norma dell’art. 616 con quella dell’art. 615 c.p.c., riguardante il regime di impugnazione delle sentenze pronunciate rispettivamente ai sensi del primo comma dell’art. 615 c.p.c. che disciplina le opposizioni prima dell’inizio dell’esecuzione e del secondo comma della medesima norma che invece disciplina le opposizioni successive all’inizio dell’esecuzione . A giudizio della ricorrente, le sentenze pronunciate ai sensi del primo comma sarebbero appellabili anche se pubblicate dopo il 1° marzo 2006, mentre quelle pronunciate ai sensi del secondo comma dovrebbero ritenersi non impugnabili se pubblicate dopo detta data. Ebbene, nel giudicare infondato il motivo di censura, i Giudici di legittimità osservano innanzitutto che l’appellabilità delle sentenze pronunciate a conclusione dei giudizi di opposizione c.d. pre-esecutiva è stata ritenuta nel vigore del testo originario del codice di rito, poiché, nulla disponendo l’art. 615 c.p.c., si è sempre reputato operante il regime ordinario di impugnabilità delle sentenze conclusive dei giudizi ordinari di cognizione. Le modifiche introdotte dalla l. n. 52/2006. In seguito, la l. n. 52/2006 ha aggiunto all’art. 616 c.p.c. un inciso per il quale la causa di opposizione all’esecuzione è decisa con sentenza non impugnabile , ponendo così il problema del coordinamento di tale norma – destinata, in sé e per sé, a disciplinare soltanto le opposizioni introdotte dopo l’inizio dell’esecuzione – con la norma del precedente art. 615, comma 1, c.p.c. Secondo una prima interpretazione, la sentenza conclusiva dell’opposizione preventiva continuava ad essere appellabile anche se pubblicata dopo il 1° marzo 2006 data di entrata in vigore della l. n. 52/2006 , mentre era divenuta non impugnabile solo la sentenza conclusiva dell’opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c. perché, a sua volta, disciplinata dall’art. 616 c.p.c. . A tale tesi, si contrapponeva l’interpretazione che sosteneva l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, non quindi dell’appello, anche per le sentenze conclusive dei giudizi ex art. 615, comma 1, c.p.c. quale è quello di specie, così accedendo ad una lettura costituzionalmente orientata funzionale ad evitare disparità di trattamento tra sentenze di norma destinate a risolvere controversie di analoga portata. L’interpretazione della norma seguita dalla Corte di Cassazione. Il secondo orientamento richiamato è stato quello maggiormente seguito dai Giudici di legittimità, in precedenti analoghi. Non trovando ragioni per discostarsi dall’interpretazione ritenuta più conforme a Costituzione, la Suprema Corte ne ribadisce la validità, reputando quindi corretta la dichiarazione di inammissibilità dell’appello di cui alla sentenza impugnata. Nel caso di specie, trova quindi applicazione il principio – già affermato in sede di legittimità – per cui ai fini dell’individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione le sentenze che abbiano deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006 restano esclusivamente appellabili per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l’appello, in forza dell’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., introdotto dalla l. n. 52/2006, con la conseguenza dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio 2009, e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., ai sensi dell’art. 49, comma 2, l. n. 69/2009.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 luglio – 15 ottobre 2015, n. 20886 Presidente Salmè – Relatore Barreca Fatto e diritto 1. Con la decisione ora impugnata la Corte d'Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da RECREB srl in liquidazione avverso la sentenza del Tribunale di Sassari pubblicata in data 26 maggio 2008, poiché, essendo stata pronunciata in un giudizio di opposizione all'esecuzione, si trattava di sentenza non impugnabile ai sensi dell'art. 616, ultimo inciso, cod. proc. civ., nel testo risultante dopo la modifica apportata dalla legge n. 52 del 2006 e prima dell'abrogazione ad opera della legge n. 69 del 2009. Il ricorso per cassazione è svolto con un solo motivo. L'intimato M.C. non si difende. 2. Con l'unico motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 616 cod. proc. civ. e vizio di motivazione perché la Corte d'Appello non avrebbe considerato la diversa disciplina, stabilita dal combinato disposto della norma dell'art. 616 con quella dell'art. 615 cod. proc. civ., riguardante il regime di impugnazione delle sentenze pronunciate rispettivamente ai sensi del primo comma da ritenersi appellabili anche se pubblicate dopo il 1° marzo 2006 ed ai sensi del secondo comma dell'art. 615 cod. proc. civ. da ritenersi invece non impugnabili se pubblicate dopo detta data . I1 motivo non è fondato. 2.1. L'appellabilità delle sentenze pronunciate a conclusione dei giudizi di opposizione c.d. pre-esecutiva è stata ritenuta nel vigore del testo originario del codice di rito, poiché, nulla disponendo l'art. 615 cod. proc. civ., si è sempre reputato operante il regime ordinario di impugnabilità delle sentenze conclusive dei giudizi ordinari di cognizione, quale è quello in oggetto. Dopo la modifica dell'art. 616 cod. proc. civ., ad opera dell'art. 14 della legge n. 52 del 2006, che vi ha aggiunto un ultimo inciso per il quale la causa di opposizione all'esecuzione è decisa con sentenza non impugnabile , si pose un problema di coordinamento di tale norma -destinata, in sé e per sé, a disciplinare soltanto le opposizioni introdotte dopo l'inizio dell'esecuzione e, quindi, coerentemente, anche soltanto le sentenze conclusive di tali giudizi con la norma del precedente articolo 615, comma primo, cod. proc. civ. all'interpretazione strettamente letterale, sostenuta da una parte degli interpreti, per la quale la sentenza conclusiva dell'opposizione preventiva continuava ad essere appellabile anche se pubblicata dopo il 1° marzo 2006 data di entrata in vigore della legge n. 52 del 2006 , mentre era divenuta non impugnabile soltanto la sentenza conclusiva dell'opposizione ex art. 615, comma secondo, cod. proc. civ. perché, a sua volta, disciplinata dall'art. 616 cod. proc. civ. si contrappose l'interpretazione che sosteneva l'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, non quindi dell'appello, anche per le sentenze conclusive dei giudizi ex art. 615, comma primo, cod. proc. civ. quale è quello di specie, così accedendo ad una lettura costituzionalmente orientata funzionale ad evitare disparità di trattamento tra sentenze di norma destinate a risolvere controversie di analoga portata. Quest'ultimo orientamento è stato seguito da questa Corte Suprema, in precedenti analoghi al presente, oramai numerosi, rispetto ai quali il principio è stato affermato esplicitamente cfr. Cass. n. 14179/08, nonché Cass. ord. n. 9591/11 ovvero comunque presupposto cfr., tra le tante, Cass. ord. n. 3688/11 . Non vi sono ragioni per discostarsi dall'interpretazione ritenuta più conforme a Costituzione, che qui si intende ribadire. Pertanto, è da ritenersi corretta la dichiarazione di inammissibilità dell'appello di cui alla sentenza impugnata, che ha fatto dichiaratamente applicazione dell'anzidetto orientamento di legittimità. 2.2. Quanto all'argomento basato sull'art. 185 disp. att. cod. proc. civ. , di cui è detto in ricorso, è sufficiente osservare che quest'ultima norma disciplina la fase dinanzi al giudice dell'esecuzione del giudizio di opposizione all'esecuzione, che il legislatore ha configurato come giudizio c.d. bifasico. La seconda fase di questo giudizio si svolge secondo le norme del rito ordinario di cognizione, come rilevato in oramai numerosissimi precedenti di legittimità quanto meno a far data da Cass. n. 22033/11 . Pertanto, la norma appena richiamata non consente di pervenire a conclusioni differenti da quelle sopra raggiunte, dal momento che disciplina una fase diversa da quella destinata a concludersi con la sentenza di cui all'art. 616 cod. proc. civ. Solo in riferimento a questa seconda fase, introdotta con atto di citazione, ai sensi dell'art. 615, comma secondo, cod. proc. civ. e regolata dalle norme del rito ordinario di cognizione, così come il giudizio introdotto con atto di citazione ai sensi dell'art. 615, comma primo, cod. proc. civ. si è posta la questione -sopra illustrata di evitare trattamenti differenziati per giudizi di analoga portata. E siffatta questione è stata, appunto, oramai risolta con l'affermazione, anche per i giudizi di opposizione c.d. a precetto, del principio, per il quale Ai fini dell'individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione. Pertanto, le sentenze che abbiano deciso opposizioni all'esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente appellabili per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l'appello, in forza dell'ultimo periodo dell'art. 616 cod. proc. civ., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell'esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio 2009, e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l'ultimo periodo dell'art. 616 cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 49, secondo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69. Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ. Cass. ord. n. 17321/11 . In conclusione, il ricorso va rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché l'intimato non si è difeso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.