Il creditore può pignorare solo il saldo positivo del conto corrente bancario del debitore

In tema di pignoramento di somme nella disponibilità del debitore, in quanto affluite sul suo conto corrente bancario, il pignoramento può interessare esclusivamente il saldo positivo del conto medesimo e non i singoli versamenti, in quanto il pignoramento non risolve il contratto di conto corrente con la banca.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6393/15 depositata il 30 marzo. Il caso. Nell’ambito di un giudizio volto all’accertamento dell’obbligo del terzo, a seguito di pignoramento presso terzi – nello specifico, una banca - e della mancata comparizione di quest’ultima a rendere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c., la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza del giudice di prime cure rigettando la domanda attorea. La sentenza viene impugnata dai creditori che avevano eseguito il pignoramento delle somme risultanti sul conto corrente del debitore, aperto presso la banca convenuta in giudizio, dolendosi per violazione di legge e incongrua e contraddittoria motivazione. La disponibilità delle somme risultanti dal conto corrente. I giudici di legittimità argomentano la propria decisione specificando che in tema di conto corrente l’art. 1830 c.c. dispone che se il creditore del correntista ha sequestrato o pignorato l’eventuale saldo del conto spettante al suo debitore, l’altro correntista non può con nuove rimesse pregiudicare le ragioni del creditore. Non rientrano nel concetto di nuove rimesse quelle eseguite in ragione di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento. La disposizione appena citata trova applicazione con esclusivo riferimento al conto corrente ordinario nel quale le reciproche rimesse sono inesigibili ed indisponibili fino alla chiusura del conto medesimo l’art. 1823 c.c. stabilisce infatti che il saldo è esigibile alla scadenza stabilita . In tema di conto corrente bancario invece il correntista ha la possibilità di disporre delle somme risultanti a suo credito in qualsiasi momento, in quanto esula dall’applicazione dell’art. 1823 c.c Conto corrente ordinario e conto corrente bancario. La medesima limitazione, dettata dall’art. 1830 c.c., può essere rinvenuta in via interpretativa. Il conto corrente bancario crea infatti un rapporto giuridico unitario che non può essere scisso dal terzo creditore per beneficiare delle sole poste positive. Di conseguenza, il creditore ha la possibilità di procede al pignoramento di somme nella diretta disponibilità del debitore, ma una volta che esse siano confluite nel conto corrente bancario del medesimo, il pignoramento può riguardare solo il saldo positivo e non i singoli versamenti, in quanto il pignoramento non risolve il contratto di conto corrente. Ove invece il saldo sia negativo, gli eventuali versamenti sul conto che intervengano successivamente al pignoramento sono irrilevanti, in quanto aventi carattere meramente ripristinatorio della provvista, non sussistendo alcun obbligo restitutorio a carico della banca nei confronti del titolare del conto. L’art. 543 c.c. secondo il quale il pignoramento produce i suoi effetti con riferimento al terzo pignorato, tra cui l’inopponibilità al creditore pignorante di una qualsiasi fattispecie estintiva sopravvenuta, non opera ove il saldo del conto corrente sia costantemente negativo. Risulta in conclusione corretta la statuizione dei giudici di merito che hanno escluso l’applicabilità dell’art. 547 c.c. posto il costante saldo negativo del conto corrente del debitore e considerato che i versamenti successivi erano diretti alla mera riduzione dello scoperto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 dicembre 2014 – 30 marzo 2015, n. 6393 Presidente Salmè – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo A.A. e P.C. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi avverso la sentenza della Corte d'Appello di Palermo del 15.12.2010 che - in un giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, a seguito di pignoramento presso terzi nei confronti della Banca San Francesco Credito Cooperativo di Canicattì e della mancata comparizione a rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. di quest'ultima - ha rigettato l'appello confermando la sentenza di rigetto della domanda di accertamento da parte del primo giudice. Resiste con controricorso illustrato da memoria la Banca San Francesco - Credito Cooperativo - Società Cooperativa a r.l Motivi della decisione Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge artt. 543, 546, 549, 551, 552 c.p.c. e 1830 c.c Con il secondo motivo si denuncia motivazione incongrua, contraddittoria ed insufficiente. Con il terzo motivo si denuncia violazione art. 615 e 611, 629, 631 e 543 e segg. c.p.c. motivazione contraddittoria ed incongrua . I tre motivi, intimamente connessi, sono esaminati congiuntamente. Essi non sono fondati per le ragioni e nei termini che seguono. In tema di conto corrente l'art. 1830, comma 1, c.c. dispone che se il creditore di un correntista ha sequestrato o pignorato l'eventuale saldo del conto spettante al suo debitore, l'altro correntista non può con nuove rimesse pregiudicare le ragioni del creditore. Non si considerano nuove rimesse quelle fatte in dipendenza di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento . Questa norma non è direttamente applicabile al conto corrente bancario per non essere richiamata dall'art. 1857 c.c Ciò è dovuto al fatto che mentre, nel conto corrente ordinario le reciproche rimesse sono inesigibili ed indisponibili fino alla chiusura del conto il saldo del quale è esigibile alla scadenza stabilita art. 1823 c.c. , in quello bancario, invece, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito ne deriva, quindi, che la norma dell'art. 1823 c.c. non si applica a tali operazioni Cass. 25.2.1999 n. 1638 Cass. 17.7.1997 n. 6558 . Peraltro, alla stessa limitazione - dettata dall'art. 1830 c.c. in tema di conto corrente bancario -, con riferimento alla pignorabilità e di sequestrabilità si perviene in via interpretativa. Un tale conto, infatti, da luogo ad un rapporto giuridico unitario, che il terzo creditore non può scindere per beneficiare delle sole poste attive del proprio debitore, trascurando, invece, quelle negative. Mentre, dunque, il creditore ben può direttamente pignorare somme che siano nella diretta disponibilità del proprio debitore, una volta che esse siano, invece, affluite sul conto corrente bancario il pignoramento può riguardare il solo eventuale saldo positivo, ma non i singoli versamenti e ciò perché il pignoramento non risolve il contratto di conto corrente così anche Cass. 25.2.1999 n. 1638 . Ora, nel caso in esame, entrambi i giudici del merito hanno accertato - con valutazione non censurabile in sede di legittimità appartenendo un tale accertamento di fatto agli stessi - che Il saldo del conto è stato costantemente negativo nel lungo periodo compreso tra il pignoramento ed 30 settembre 2000 come esposto e i vari versamenti hanno comportato la mera riduzione dello scoperto . Si ricorda che si tratta di un conto corrente affidato, con la conseguenza della irrilevanza degli eventuali versamenti successivi al pignoramento che, finalizzati a ridurre o ad estinguere il saldo debitore, hanno soltanto carattere ripristinatorio della provvista, senza obblighi restitutori a carico della banca nei confronti del titolare del conto. La conseguenza è ovvia. Il carattere negativo costante del saldo di conto corrente esclude, quindi, l'applicabilità della norma di cui all'art. 543 c.c. per il quale il pignoramento produce i suoi effetti, tra i quali - con riferimento al terzo pignorato - l'inopponibilità rispetto al creditore pignorante di una qualsiasi fattispecie estintiva sopravvenuta ma tutto ciò a patto che, alla data della notificazione del pignoramento, il conto corrente presenti un saldo attivo. Ciò che vuoi dire che si tratti di un pignoramento positivo. Corretta quindi, sul punto, la statuizione di merito. Non diversamente, prive di pregio si presentano le censure evidenziate con il secondo motivo con riferimento alla mancata ammissione di una c.t.u. contabile al fine di verificare le movimentazioni del conto corrente. Da un lato, infatti le precedenti conclusioni tolgono rilevanza alla censura. Dall'altro, si sottolinea, ancora una volta, che la consulenza tecnica non è un mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze come tale è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Né della sua mancata ammissione il giudice del merito deve dare conto - peraltro nel caso non risulta essere mai stata richiesta - rientrando piuttosto nel potere discrezionale dello stesso giudice disporla o meno fra le tante Cass. 13.3.2009 n. 6155 . Gli ulteriori rilievi involgono tutti questioni - come denunciato in particolare con il terzo motivo che fa leva sul presunto vincolo di indisponibilità nascente dall'eseguito pignoramento, non tenuto in debito conto - da un lato, sottratte alla censurabilità in sede di legittimità e, dall'altro, ininfluenti per le conclusioni già raggiunte. Conclusivamente il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico solidale dei ricorrenti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.