Giudizio tributario: il cittadino non ha diritto a nessun indennizzo

Il contribuente che attende a lungo un giudizio di carattere tributario non ha diritto ad ottenere nessuna equa riparazione e meno che la controversia non riguardi sanzioni fiscali.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4282 del 3 marzo 2015, ha stabilito che il contribuente, che rimane in attesa per molto tempo dell’esito di un giudizio di carattere tributario, non ha diritto all’equa riparazione nella tutela della cd. legge Pinto rientra solo la controversia sulle sanzioni fiscali. Il fatto. La vicenda analizzata dalla Corte di Cassazione vede coinvolti un contribuente contro il Ministero delle Finanze, difeso dall’Avvocatura dello Stato. Nel febbraio del 2013 un contribuente proponeva opposizione innanzi alla Corte d’appello avverso il decreto col quale era stata respinta la sua domanda di equo indennizzo, per l’eccessiva durata di un processo svoltosi davanti alla Commissione Tributaria di primo e di secondo grado e alla Commissione Tributaria Centrale, per il rimborso di ritenute fiscali operate sull’indennità di buonuscita. Con decreto del novembre 2013, la Corte d’appello rigettava l’opposizione e ai sensi dell’art. 5- quater legge n. 89/01, e applicava al ricorrente la sanzione di € 1.000,00 per la manifesta infondatezza dell’opposizione. La Corte distrettuale osservava, richiamandosi alla giurisprudenza di merito, che la domanda di rimborso oggetto del contenzioso tributario non si basava sull’allegazione di un mero errore di calcolo, ma riguardava l’esattezza, o meno, della tassazione. Avverso la sentenza sfavorevole, il contribuente si è rivolto in Cassazione. Rimborso di ritenute fiscali indebitamente operate? Nel ricorso in Cassazione il contribuente osserva che vi era stata una evidente violazione e falsa applicazione dell’art. 2, legge n. 89/01 sostiene, in particolare, che il giudizio presupposto aveva ad oggetto non una pretesa impositiva dell’amministrazione ma il rimborso di ritenute fiscali indebitamente operate, e dunque una pretesa di natura privatistica, cui si applicano le norme citate. Il contribuente censura, inoltre, il presupposto che la Corte di appello abbia ritenuto manifestamente infondata la pretesa indennitaria, ancorché sia tutt’altro che pacifica e scontata la soluzione della questione riguardante l’applicabilità della legge n. 89/01, alle controversie aventi ad oggetto il rimborso di somme versate dal contribuente al Fisco. Va ricordato che la legge Pinto nasce come ricorso straordinario in appello qualora un procedimento giudiziario ecceda i termine di durata ragionevole di un processo secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo CEDU . L'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, riconosce ad ogni persona il diritto a vedere la sua causa esaminata e decisa entro un lasso di tempo ragionevole, come componente del diritto ad un equo processo. Il ricorso per il risarcimento da ingiusto processo può essere richiesto usufruendo l'assistenza del gratuito patrocinio, in presenza dei requisiti reddituali di legge. Equa riparazione non applicabile ai giudizi in materia tributaria involgenti la potestà impositiva dello Stato. I giudici di legittimità osservano che, in base ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la disciplina dell’equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, quale introdotta dagli artt. 2 e ss. della legge n. 89/2001, non è applicabile ai giudizi in materia tributaria involgenti la potestà impositiva dello Stato, stante l’estraneità e irriducibilità di tali vertenze al quadro di riferimento delle liti in materia civile, cui ha riguardo la citata norma pattizia. Tale conclusione deriva dal valore conformativo, in termini di diritto vivente, che riveste la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, relativamente alla definizione e delimitazione della portata applicativa della fattispecie disciplinata dalla norma europea art. 6 par. 1 cit. , sicché la simmetria tra i due piani interno ed internazionale di tutela dei diritti dell’uomo - coessenziale all’attuazione del principio di sussidiarietà che deve ricondurli a sistema - si realizza conformando la fattispecie violata, alla quale è ricollegata l’equa riparazione di cui alla legge n. 89/2001, a quella disegnata dalla norma comunitaria di riferimento, come in concreto quest’ultima vive attraverso l’esegesi della Corte di Strasburgo . La Cassazione afferma che, poiché la CEDU contempla all’art. 6 due aree di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, quella civile e quella penale, e prevede all’art. 1 del Protocollo addizionale che la protezione della proprietà non pregiudica il diritto degli Stati di applicare la disciplina necessaria ad assicurare il pagamento delle imposte o di altri tributi, l’equa riparazione prevista dalla legge nazionale per le violazione dell’art. 6, paragrafo 1 CEDU, non è riferibile ai casi di durata irragionevole di controversie che involgano l’esistenza e l’esercizio della potestà impositiva dello Stato. Non è, infatti, la natura pecuniaria delle obbligazioni a rendere sempre e comunque applicabile il richiamato art. 6 della Convenzione, ma solo il carattere civile delle stesse, cui si contrappongono le obbligazioni di natura pubblicistica, le quali derivino dall’applicazione di tributi o traggano in ogni caso origine da doveri pubblici, onde la conclusione secondo cui, rientrando la materia fiscale ancora nel nocciolo duro delle prerogative attinenti alla sovranità statale ed essendo sotto questo profilo tuttora dominante la qualifica pubblicistica del rapporto obbligatorio di imposta tra Stato sovrano e contribuente , il contenzioso tributario non rientra nell’ambito dei diritti e delle obbligazioni di carattere civile, malgrado gli effetti patrimoniali che esso necessariamente produce nei confronti dei contribuenti. Esistono le eccezioni Osserva la Corte di Cassazione che vi fanno eccezione le cause a riguardanti sanzioni tributarie assimilabili a sanzioni penali per il loro carattere afflittivo, che sia a tal punto significativo da farle apparire alternative a una sanzione penale ovvero a una sanzione che, in caso di mancato adempimento, sia commutabile in una misura detentiva b che pur essendo riservate alla giurisdizione tributaria sono riferibili alla materia civile”, in quanto riguardanti pretese del contribuente che non investano la determinazione del tributo ma solo aspetti consequenziali, ovvero le richieste di rimborso di somme, rifluenti nell’area delle obbligazioni privatistiche. Tra queste ultime non rientrano le controversie riguardanti il rimborso di imposte che il privato ritenga indebitamente trattenute, poiché il relativo diritto non è accertato secondo i principi di diritto civile sulla ripetizione di indebito, ma in base all’esistenza o meno del potere impositivo. Conclusioni. Nel caso in esame, il giudizio presupposto aveva ad oggetto non già la controversia circa i modi e i termini della ripetizione di un indebito altrimenti già accertato fra le parti, ma il diritto del ricorrente a ottenere il rimborso di una ritenuta fiscale che assumeva essere stata indebitamente operata sull’indennità di buonuscita. I giudici di legittimità evidenziano che è del tutto irrilevante che l’azione fosse diretta alla condanna dell’amministrazione finanziaria a restituire l’importo trattenuto, piuttosto che al solo accertamento negativo di una pretesa tributaria non ancora realizzata. Nell’un caso come nell’altro, l’oggetto del contendere era costituito dalla fondatezza, o meno, dell’imposizione e dunque riguardava un rapporto obbligatorio interamente disciplinato da norme di diritto pubblico, con conseguente sottrazione della controversia alla materia civile di cui all’art. 6, paragrafo 1 CEDU. Per la Cassazione l’applicazione della sanzione processuale di cui all’art. 5- quater , della legge n. 89/01 esprime l’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità se non per l’ipotesi di eccedenza tecnica rispetto alle condizioni di legge inammissibilità o manifesta infondatezza il ricorso va dunque respinto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 26 novembre 2014 – 3 marzo 2015, n. 4282 Presidente Petitti – Relatore Manna In fatto Con ricorso ex articolo 5-ter legge 89/01 del 22.3.2013 F.C. proponeva opposizione innanzi alla Corte d'appello di Perugia avverso il decreto col quale era stata respinta la sua domanda di equo indennizzo per l'eccessiva durata di un processo svoltosi davanti alla Commissione tributaria di primo e di secondo grado di Rieti e alla Commissione tributaria centrale, sezione di Roma, per il rimborso di ritenute fiscali operate sull'indennità di buonuscita. Resisteva il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il quale eccepiva la nullità dell'opposizione per omessa notifica del ricorso e del decreto di rigetto, e nel merito ne chiedeva la reiezione attesa la natura propriamente tributaria della controversia. Con decreto del 6.9.2013 la Corte d'appello rigettava l'opposizione e ai sensi dell'articolo 5-quater legge n. 89/01 applicava al ricorrente la sanzione di Euro 1.000,00 per la manifesta infondatezza dell'opposizione. Esclusa la necessità di notifica del ricorso e del decreto di rigetto poiché ai sensi del 2 comma dell'articolo 5-ter legge citata all'atto d'opposizione si applica l'articolo 125 c.p.c. , la Corte distrettuale osservava, richiamandosi a giurisprudenza di questa Corte, che la domanda di rimborso oggetto del contenzioso tributario presupposto non si basava sull'allegazione di un mero errore di calcolo, ma riguardava l'esattezza o meno della tassazione. Per la cassazione di tale decreto ricorre F.C. , in base a tre motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Ministero dell'Economia e delle Finanze. Motivi della decisione 1. - Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 legge n. 89/01 e dell'articolo 6 CEDU. Sostiene parte ricorrente che il giudizio presupposto aveva ad oggetto non una pretesa impositiva dell'amministrazione ma il rimborso di ritenute fiscali indebitamente operate, e dunque una pretesa di natura privatistica, cui si applicano le norme citate. 2. - Il secondo ed il terzo motivo lamentano - sotto il profilo, rispettivamente, dell'omessa motivazione su di un punto decisivo in relazione all'articolo 360 n. 4 c.p.c. , e della violazione e falsa applicazione dell'articolo 5-quater legge n. 89/01 - che la Corte territoriale abbia ritenuto manifestamente infondata la pretesa indennitaria, ancorché sia tutt'altro che pacifica e scontata la soluzione della questione riguardante l'applicabilità della legge n. 89/01 alle controversie aventi ad oggetto il rimborso di somme versate dal contribuente al fisco. 3. - Il primo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro interconnessione, sono infondati. In base alla costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina dell'equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, quale introdotta dagli artt. 2 e ss. della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è applicabile ai giudizi in materia tributaria involgenti la potestà impositiva dello Stato, stante l'estraneità e irriducibilità di tali vertenze al quadro di riferimento delle liti in materia civile, cui ha riguardo la citata norma pattizia Cass. nn. 15604/06, 8035/06, 21651/05, 21404/05, 17139/04 e 11350/04 . Tale conclusione deriva dal valore conformativo, in termini di diritto vivente, che riveste la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, relativamente alla definizione e delimitazione della portata applicativa della fattispecie disciplinata dalla norma Europea articolo 6 par. 1 cit. , sicché la simmetria tra i due piani interno ed internazionale di tutela dei diritti dell'uomo - coessenziale all'attuazione del principio di sussidiarietà che deve ricondurli a sistema - si realizza. conformando la fattispecie violata, alla quale è ricollegata l'equa riparazione di cui alla legge 89/2001, a quella disegnata dalla norma comunitaria di riferimento, come in concreto quest'ultima vive attraverso l'esegesi della Corte di Strasburgo così, in motivazione, Cass. n. 21404/05 . E poiché la Convenzione EDU contempla all'articolo 6 due aree di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, quella civile e quella penale, e prevede all'articolo 1 del Protocollo addizionale che la protezione della proprietà non pregiudica il diritto degli Stati di applicare la disciplina necessaria ad assicurare il pagamento delle imposte o di altri tributi, l'equa riparazione prevista dalla legge nazionale per le violazione dell'articolo 6, paragrafo 1 CEDU non è riferibile ai casi di durata irragionevole di controversie che involgano l'esistenza e l'esercizio della potestà impositiva dello Stato. Non è, infatti, la natura pecuniaria delle obbligazioni a rendere sempre e comunque applicabile il richiamato articolo 6 della Convenzione, ma solo il carattere civile delle stesse, cui si contrappongono le obbligazioni di natura pubblicistica, le quali derivino dall'applicazione di tributi o traggano in ogni caso origine da doveri pubblici, onde la conclusione secondo cui, rientrando la materia fiscale ancora nel nocciolo duro delle prerogative attinenti alla sovranità statale ed essendo sotto questo profilo tuttora dominante la qualifica pubblicistica del rapporto obbligatorio di imposta tra Stato sovrano e contribuente , il contenzioso tributario non rientra nell'ambito dei diritti e delle obbligazioni di carattere civile, malgrado gli effetti patrimoniali che esso necessariamente produce nei confronti dei contribuenti sentenza del 12 luglio 2001, Ferrazzini contro Italia v. anche, le sentenze 23 luglio 2002, Janosevic contro Svezia, e 23 novembre 2006, Jussila contro Finlandia . Vi fanno eccezione le cause riguardanti sanzioni tributarie assimilabili a sanzioni penali per il loro carattere afflittivo v. Cass. n. 510/14 , che sia a tal punto significativo da farle apparire alternative a una sanzione penale ovvero a una sanzione che, in caso di mancato adempimento, sia commutabile in una misura detentiva Cass. n. 13322/12 e quelle che pur essendo riservate alla giurisdizione tributaria sono riferibili alla materia civile , in quanto riguardanti pretese del contribuente che non investano la determinazione del tributo ma solo aspetti consequenziali v. Cass. n. 19367/08, che esemplifica richiamando il giudizio di ottemperanza ad un giudicato tributario ex articolo 70 del d.lgs. n. 546 del 1992 o quello vertente sull'individuazione del titolare di un credito di imposta non contestato nella sua esistenza conforme, Cass. n. 3270/11 , ovvero le richieste di rimborso di somme, rifluenti nell'area delle obbligazioni privatistiche. Tra queste ultime non rientrano le controversie riguardanti il rimborso di imposte che il privato ritenga indebitamente trattenute, poiché il relativo diritto non è accertato secondo i principi di diritto civile sulla ripetizione di indebito, ma in base all'esistenza o meno del potere impositivo cfr. Cass. nn. 2371/11,13657/07 e 21403/05 . 3.1. - Nella specie, il giudizio presupposto aveva ad oggetto non già la controversia circa i modi e i termini della ripetizione di un indebito altrimenti già accertato fra le parti, ma il diritto dell'odierno ricorrente a ottenere il rimborso di una ritenuta fiscale che assumeva essere stata indebitamente operata sull'indennità di buonuscita. Ciò posto, è del tutto irrilevante che l'azione fosse diretta alla condanna dell'amministrazione finanziaria a restituire l'importo trattenuto, piuttosto che al solo accertamento negativo di una pretesa tributaria non ancora realizzata. Nell'un caso come nell'altro, l'oggetto del contendere era costituito dalla fondatezza o meno dell'imposizione e dunque riguardava un rapporto obbligatorio interamente disciplinato da norme di diritto pubblico, con conseguente sottrazione della controversia alla materia civile di cui all'articolo 6, paragrafo 1 CEDU. 4. - L'applicazione della sanzione processuale di cui all'articolo 5-quater legge n. 89/01 - e con ciò si passa ad esaminare il secondo motivo - esprime l'esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità se non per l'ipotesi di eccedenza tecnica rispetto alle condizioni di legge inammissibilità o manifesta infondatezza . 4.1. - Condizioni la cu ricorrenza nella specie, invece, deriva dall'illustrata estraneità della materia tributaria all'ambito applicativo dell'articolo 6 CEDU. 5. - Il ricorso va dunque respinto. 6. - La relativa novità della domanda analogo caso è stato deciso solo dalla recente Cass. n. 22872/14, allo stato non massimata costituisce eccezionale ragione per compensare integralmente le spese. 7. - Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'articolo 1, comma 17 legge n. 228/12. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.