È revocabile l’atto pregiudizievole anche se il credito era solo eventuale

Sia l’azione revocatoria ordinaria che la c.d. revocatoria risarcitoria” possono essere proposte non solo da chi al momento dell’atto dispositivo era già titolare di un credito certo ed esigibile, ma anche da chi era titolare di un credito contestato o litigioso.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2477/15, depositata il 10 febbraio. Il caso. Al Tribunale di Milano veniva chiesto di pronunciarsi in merito all’azione revocatoria, ex art. 2901 c.c., proposta da una società che risultava creditrice, nei confronti del convenuto e di altra società anch’essa convenuta, in forza di una sentenza di condanna risalente al 2006, pronunciata ai sensi dell’art. 2034 c.c Il debitore infatti, pochi giorni dopo la notifica di citazione in giudizio, avvenuta il 13 novembre 2002, aveva provveduto ad alienare, con scrittura privata autenticata in data 14 marzo 2003, una serie di immobili alla società convenuta, con la cui amministratrice intratteneva da tempo rapporti professionali e personali. Il Tribunale ha accolto la domanda della parte creditrice con sentenza confermata anche in secondo grado. Avverso la pronuncia d’appello ricorre la società convenuta. La proponibilità della revocatoria anche se il credito è eventuale”. La ricorrente lamenta con ricorso in Cassazione violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. in considerazione dell’errore commesso dai giudici di merito nell’aver ritenuto che l’atto di disposizione degli immobili fosse intervenuto successivamente al sorgere del credito. Il motivo non è fondato. I giudici di merito hanno correttamente ritenuto che il credito doveva ritenersi sorto al momento dell’inizio del giudizio di responsabilità nei confronti del debitore, il cui decreto di citazione risale al novembre 2002. L’art. 2901 c.c. accoglie infatti una nozione ampia di credito, comprensiva sia della ragione che dell’aspettativa, con conseguente irrilevanza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità. Anche il credito eventuale, in quanto oggetto di cognizione in un giudizio pendente, è dunque idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore, condizione necessaria per l’esperimento dell’azione revocatoria. La Corte afferma in conclusione che sia l’azione revocatoria ordinaria che la c.d. revocatoria risarcitoria” possono essere proposte non solo da chi al momento dell’atto dispositivo era già titolare di un credito certo ed esigibile, ma anche da chi era titolare di un credito contestato o litigioso. In quest’ultima ipotesi, nel momento in cui l’accertamento definitivo del credito avvenga in sede giudiziale successivamente alla stipulazione di un atto dispositivo pregiudizievole per il creditore, quest’ultimo può ottenerne la revocazione provando unicamente la scientia fraudis ” del terzo e non anche il consilium fraudis ”. Ne consegue che, nel caso concreto, risalendo l’atto di alienazione degli immobili al mese di marzo del 2003, secondo quanto risulta dall’atto notarile, ed essendo iniziato il giudizio per l’accertamento del credito nel novembre 2002, la revocatoria ha ad oggetto un credito anteriore all’atto di disposizione pregiudizievole per le ragioni creditorie, in riferimento al quale l’attore doveva dimostrare esclusivamente la consapevolezza da parte del terzo della portata lesiva dell’atto rispetto al proprio credito. La Corte territoriale ha correttamente applicato i principi esposti in sede di legittimità, argomentando adeguatamente la concessione dell’azione revocatoria. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 ottobre 2014 – 10 febbraio 2015, numero 2477 Presidente Amatucci – Relatore Armano Svolgimento del processo La società M. H. s.p.a ha proposto davanti al tribunale di Milano azione revocatoria ex articolo 2901 c.c. nei confronti di F. G. e della società B. C. s.r.l. La società M. ha esposto di essere creditrice di F. G. della somma di euro 357. 291,37 in forza di una sentenza di condanna ex articolo 2034 c.c., pubblicata il 2 ottobre 2006 , la cui citazione introduttiva era stata notificata il 13 novembre 2002 di aver scoperto che il G., poco dopo la notifica della citazione, con scrittura autenticata da notaio in datai 14 marzo 2003 , aveva alienato una serie di immobili di sua proprietà in favore della B. C. Srl , società con cui lo stesso debitore aveva intrattenuto rapporti in precedenza , amministrata dalla signora C. M., legata allo stesso da pregressi rapporti societari e personali che la B. C. Srl aveva già alienato a terzi gli immobili siti Milano, per cui l'azione revocatoria era proposta limitatamente gli agli immobili situati nel comune di Canale. Nella contumacia dei convenuti il tribunale di Milano ha accolto la domanda. La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano, con decisione del 18 novembre 2011. Avverso detta decisione propone ricorso la società B. C. con due motivi. Resiste la società M. H. s.p.a Motivi della decisione 1.Col primo motivo di ricorso si denunzia violazione falsa applicazione dell'articolo 2901 comma 1°numero 2 c.c. e omessa considerazione di un punto decisivo della controversia. Sostiene la società ricorrente che i giudici di merito erroneamente hanno ritenuto che il credito della M. fosse anteriore alla vendita degli immobili da parte dei G. . Invece il credito doveva ritenersi sorto posteriormente alla vendita degli immobili , al momento in cui era stata accolta l'azione di responsabilità ex articolo 2034 c.c, e pertanto in tale caso era necessario dimostrare la partecipazione dell'acquirente alla dolosa preordinazione. 2.Il motivo è infondato. La Corte d'appello ha correttamente ritenuto che il credito doveva ritenersi sorto al momento dell'inizio del giudizio di responsabilità nei confronti del G., nel rispetto dei principi affermati da questa Corte di legittimità in materia di credito litigioso. L'articolo 2901 cod. civ. ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità. Ne consegue che anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare - sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito - l'insorgere della qualità di creditore che abilita all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria avverso l'atto di disposizione compiuto dal debitore Cass.sent.numero 1893 del 09/02/2012 Cass.Sez.Unite sent.N. 9440 del 2004 . Sia l'azione revocatoria ordinaria, sia la c.d. revocatoria risarcitoria e cioè la domanda volta ad ottenere la condanna al risarcimento del terzo che, dopo avere acquistato un bene dal debitore altrui, lo abbia rivenduto a terzi, sottraendolo così all'azione revocatoria possono essere proposte non solo da chi al momento dell'atto dispositivo era già titolare di un credito certo ed esigibile, ma anche dal titolare di un credito contestato o litigioso. Ne consegue chei in quest'ultima ipotesi, quand'anche l'accertamento definitivo del credito avvenga in sede giudiziale successivamente alla stipula dell'atto pregiudizievole per il creditore, quest'ultimo per ottenere l'accoglimento della propria domanda revocatoria deve provare unicamente la scientia fraudis del terzo anche mediante presunzioni e non anche il consilium fraudis . Cass.sent. numero 1968 del 27/01/2009 . 3.Di conseguenza essendo il giudizio per l'accertamento dei credito nei confronto del G. iniziato il 13 novembre 2002 e la vendita degli immobili avvenuta il 14 marzo 2003, la revocatoria aveva ad oggetto un credito anteriore all'atto di disposizione, per cui era onere del creditore provare solo la consapevolezza da parte del terzo dell'idoneità dell'atto a recare pregiudizio alle ragioni del creditore. 4. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2901 comma 1 c.c. e degli articoli 2697 e 2729 c.c. e insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio. La ricorrente censura l'accertamento dell'esistenza dell'elemento psicologico del terzo effettuato dalla corte d'appello sulla base di indizi e presunzioni privi dei requisiti di cui all'articolo 2729c.c. 5.Il motivo è infondato Deve osservarsi che l'apprezzamento dei giudice del merito circa l'esistenza degli elementi assunti a fonte della presunzione, la loro rispondenza ai requisiti di idoneità, gravità e concordanza richiesti dalla legge e circa lo stesso ricorso a tale mezzo di prova non è sindacabile in sede di legittimità, qualora la motivazione adottata, come nella specie, appaia logicamente coerente, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni. cfr Cass. 8300/08, 26841/08 . Riguardo alla sussistenza dell'elemento soggettivo, vale a dire la consapevolezza dei pregiudizio da parte del debitore e dei terzo, la Corte di merito ha fondato le ragioni del suo convincimento su molteplici elementi, quali gli stretti rapporti tra il venditore e la società acquirente, in quanto è documentatamente provato che la società B. C. nel febbraio 2003 aveva assegnato a F. G. un incarico all'interno della sua compagine sociale, per poi revocarlo in data 25 febbraio 2003, contestualmente alla nomina della signora M. quale proprio nuovo amministratore la circostanza che poco dopo la M. in tale veste partecipò alla compravendita il fatto che successivamente , in data 29 giugno 2005,11 G. riprese l'incarico di amministratore della B. C. che il G. e la M. erano coinvolti, a vario titolo, anche per il tramite di soggetti loro collegati, in altre società comuni le particolari modalità dei pagamento dei prezzo. 6.Alla stregua di tali considerazioni, che peraltro riproducono solo parzialmente gli argomenti svolti dai giudici di secondo grado, risulta che la Corte territoriale, contrariamente alla tesi della ricorrente, ha argomentato adeguatamente sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione. Nè d'altra parte il motivo del ricorso in esame è riuscito ad individuare effettivi vizi logici nel percorso argomentativo dell'impugnata decisione ed è appena il caso di osservare che il controllo di sufficienza e di logicità della motivazione - consentito al Giudice di legittimità - non permette ne' una rivalutazione delle risultanze processuali ne' una diversa opzione interpretativa. Le spese del giudizio seguono la soccombenza P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso al condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 18.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge.