Spetta al convenuto provare che l’atto di disposizione non danneggia il creditore

In tema di azione revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell'azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l'onere di provare l'insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell'azione di revocazione, che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell'eventus damni.

Con la sentenza n. 1902 del 3 febbraio 2015 la Corte di Cassazione, a definizione di una complessa vicenda che presenta anche interessanti profili di diritto successorio, prende posizione sulla ripartizione dell’onere della prova nell’azione revocatoria ordinaria, precisando che spetta al convenuto provare che l’atto di disposizione oggetto di causa non lede il creditore, in ragione della presenza, nel patrimonio del debitore, di altri beni sui quali il primo può soddisfare le proprie pretese. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in esame presenta numerosi profili di interesse, intrecciandosi temi di diritto delle obbligazioni e di diritto delle successioni. Nel caso di specie, per quanto di rilievo in questa sede, si controverteva della possibilità di revocare, ai sensi dell’art. 2901 c.c., una serie di atti dispositivi e ricognitivi a mezzo dei quali era stata assegnato a due soggetti l’intero asse ereditario del defunto e che avrebbero leso, in particolare, proprio i creditori dell’eredità. In primo e secondo grado tale domanda viene accolta, seppur in appello con alcune limitazioni. La Cassazione conferma comunque tale decisione, sul rilievo che il convenuto nell’azione revocatoria non ha offerto la prova che tali atti non risultano pregiudizievoli per i creditori dell’eredità, sussistendo altri beni sui quali i suddetti creditori avrebbero, del pari, potuto rivalersi a tutela dei propri diritti di credito. L’azione revocatoria quando è possibile? Secondo un più che consolidato orientamento giurisprudenziale, alla stregua dell’art. 2901 c.c., l'azione revocatoria ordinaria può essere esercitata in presenza di specifiche condizioni, consistenti nella esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria e il debitore disponente, nella effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell'atto traslativo, e nella ricorrenza, in capo al debitore, ed eventualmente in capo al terzo, della consapevolezza che, con l'atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori. Serve un titolo esecutivo? E’ del pari pacifico che l'eventuale mancanza di un titolo esecutivo o il fatto che tale credito non sia ancora definitivamente accertato in sede giudiziaria non costituisce ostacolo alla proponibilità dell'azione revocatoria ordinaria. I presupposti quando l’atto dispositivo è anteriore al credito. Nel caso in cui l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare l' animus nocendi richiesto dall'art. 2901, comma 1, n. 1, c.c. è sufficiente il mero dolo generico, e cioè la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori, e non è, quindi, necessaria la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore. La prova dell’eventus damni come e perché. Nell'azione revocatoria ordinaria, in particolare, è necessario provare il cosiddetto eventus damni , ovvero il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, che consiste nella insufficienza dei beni del debitore ad offrire la garanzia patrimoniale unitamente all'esistenza del credito, per quanto possa anche essere controverso, e alla consapevolezza del carattere pregiudizievole per il creditore del comportamento attuato, a nulla valendo, invece, le vicende patrimoniali del debitore non collegate direttamente all'atto di disposizione essendo invece rilevante una diminuzione della garanzia patrimoniale intesa come insufficienza dei beni a garantire il soddisfacimento del credito. Contestualità della garanzia e del credito i presupposti per l’azione revocatoria. La contestualità tra prestazioni di garanzia e credito garantito, da cui deriva la presunzione di onerosità prevista dall'art. 2901, comma 2, c.c., sussiste, anche in mancanza di coincidenza temporale, quando il rischio insito nella funzione creditizia è assunto sul presupposto della concessione della garanzia, mentre è esclusa ove la garanzia sopravvenga quando il rischio dell'operazione creditizia sia già in atto. Nel caso, ad esempio, del contratto di factoring, è alla cessione del credito futuro, e non alla venuta ad esistenza del credito ceduto, che occorre far riferimento per accertare la contestualità dell'ipoteca concessa per garantire la restituzione dell'anticipazione erogata dal factor”. Se l’atto dispositivo è successivo al credito. In tale ipotesi, il presupposto soggettivo dell'azione revocatoria, che nell'ipotesi di atto successivo al sorgere del credito è costituito dalla scientia fraudis , può essere dimostrato anche con il ricorso a presunzioni trattandosi di apprezzamento espresso al riguardo dal giudice del merito, lo stesso è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Azione revocatoria solo se viene compromesso l’intero patrimonio del debitore. Il passaggio centrale della sentenza in commento, racchiuso nella massima in epigrafe, si rinviene nell’affermazione del S.C. per il quale l’azione revocatoria è ammissibile soltanto qualora l’atto di disposizione del debitore danneggia del tutto le possibilità per il creditore di soddisfare le proprie pretese spetterà infatti proprio al debitore – convenuto dare atto dell’esistenza di altri beni sui quali il creditore può rivalersi. In un altro caso deciso dalla Cassazione, in particolare, si è affermato che laddove i beni non destinati alla costituzione di un fondo patrimoniali siano sufficienti ad integrare la garanzia patrimoniale del debitore, l'atto di costituzione e di scelta del regime patrimoniale della famiglia non è suscettibile di essere revocato nei confronti del creditore, ai sensi dell'art. 2901 c.c.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 novembre 2014 – 3 febbraio 2015, n. 1902 Presidente Oddo – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - Il giorno omissis veniva a morte V.G.F. ved. A. , residente in vita in omissis , la quale, priva di eredi legittimari, con testamento pubblico 22 maggio 2000 aveva nominato suo erede universale Tirso C.R.R. , formalmente residente in ma di fatto abitante nella indicata dimora della defunta. In data 18 novembre 2002, in accoglimento del ricorso presentato dagli Avv. B.P. e C.P. , creditori dell'eredità in virtù di ordinanze del Tribunale di Milano in data 7-21 maggio 2002 per prestazioni professionali svolte nell'interesse della de cuius , il Tribunale di Chiavari disponeva il sequestro giudiziario di tutte le quote della società D.M.C. Immobiliare a r.l., società proprietaria di villa omissis di cui in vita era unica socia la signora A. , e nominava i custodi nelle persone dell'Avv. G.A. e del Dott. Bo.Al. . Con citazione 4 marzo 2003 i suddetti Avv. B.P. e C.P. promuovevano il giudizio di merito ai sensi dell'art. 669-novies cod. proc. civ. e a tal fine convenivano davanti al Tribunale di Chiavari C.T.R.R. , R.M. , la s.r.l. D.M.C., e la società inglese Ellanby Ltd, chiedendo accertare e dichiarare la nullità, per illiceità e/o per difetto della forma, dell'accordo concluso tra il C. e il R. per la spartizione dei beni caduti nella successione della signora V.F. ved. A. accertare e dichiarare la nullità, per illiceità e/o difetto della causa, dell'atto ricognitivo a rogito Umberto Morello in data 3 ottobre 2002 rep. n. 49493, con il quale, in attuazione del suddetto accordo, il C. ed il R. hanno dichiarato e riconosciuto di essere titolari delle quote della D.M.C. Immobiliare s.r.l. in ragione del 60% e del 40% accertare e dichiarare la nullità, per illiceità e/o difetto della causa, e/o la inopponibilità agli istanti per simulazione, degli atti di conferimento autenticati nelle firme del notaio Morello il 3 e il 4 ottobre 2002 rep. n. 49494 e 49501 e il 17 e il 18 ottobre 2002 rep. n. 49518 e 49521 in subordine e in ogni caso revocare ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. l'accordo concluso tra il C. e il R. e tutti gli atti del notaio Morello sopra menzionati correlativamente emanare anche nei confronti della D.M.C. Immobiliare i provvedimenti relativi alla reintestazione delle quote in capo al C. sul libro soci e presso il registro delle imprese dichiarare tenuti e condannare il C. , il R. e la società Ellanby, in solido fra loro, al risarcimento dei danni. Alla prima udienza, il 3 ottobre 2003, si costituiva in giudizio la D.M.C. Immobiliare s.r.l., rimettendosi a giustizia, e interveniva l'Avv. K.J. , depositando comparsa di intervento litisconsortile ex artt. 105 e 267 cod. proc. civ., con la quale formulava al Tribunale di Chiavari le stesse domande spiegate dagli attori. In tale udienza veniva dichiarata la contumacia del R. e della Ellanby Ltd e, su richiesta degli attori, veniva autorizzata la notificazione dell'atto di citazione al C. ex art. 143 cod. proc. civ Nel frattempo, con provvedimento in data 5 maggio 2004 il Giudice si pronunciava sul ricorso presentato in corso di causa dall'Avv. K. , concedendo a quest'ultimo il sequestro conservativo delle quote sociali della D.M.C. Immobiliare. All'udienza del 23 maggio 2004 si costituivano V.G.D. , Va.Gr.Fe. e V.G.L. , depositando comparsa di costituzione ex art. 105 e 267 cod. proc. civ., chiedendo termine per la notifica ai convenuti contumaci nonché l'estensione a proprio favore dei provvedimenti di sequestro già concessi sui beni mobili e sugli arredi di villa omissis e sulle quote sociali della D.M.C. Immobiliare. Con sentenza n. 109 in data 9 febbraio 2005, il Tribunale di Chiavari revocava ex art. 2901 cod. civ. gli atti ricognitivi stipulati tra il C. e il R. a rogito notaio Morello del 3 ottobre 2002 rep. n. 49494, del 4 ottobre 2002 rep. n. 49501, del 17 ottobre 2002 rep. n. 49518 e del 18 ottobre 2002 rep. n. 49521, condannava la D.M.C. Immobiliare a provvedere alla reintestazione originaria delle quote in capo al C. , condannava la società Ellanby, il C. ed il R. , in solido tra loro, a pagare agli attori i danni conseguenti alla accertata revocatoria, da liquidarsi in separato giudizio, e le spese processuali, e dichiarava inammissibile l'intervento in causa di V.G.D. , Fe. e L. . Con ordinanza in data 10 giugno 2005 il Tribunale di Chiavari disponeva la correzione della sentenza nel senso che dal dispositivo doveva considerarsi eliminata la frase Condanna la D.M.C. Immobiliare a provvedere alla reintestazione originaria delle quote in capo a C.R.T.R. ed aggiunta la seguente frase Conferma ex art. 669-sexies cod. proc. civ. il provvedimento cautelare autorizzato con decreto 12 maggio 2003 di questo Tribunale . 2. - Proponevano separato appello nei confronti della sentenza di primo grado il R. ed il C. . Si costituivano in entrambi i procedimenti la D.M.C. Immobiliare, l'Avv. K. , gli Avv. B. e C. e la Ellanby. Gli Avv. B. e C. e la Ellanby proponevano appello incidentale. Non si costituivano i V.G. . 3. - La Corte d'appello di Genova, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 21 ottobre 2008, ha accolto parzialmente l'appello principale proposto dal R. relativamente e limitatamente al secondo ed al terzo motivo e l'appello principale proposto dal C. relativamente e limitatamente ai motivi sub 2 e 4B , ha accolto parzialmente l'appello incidentale proposto dall'Avv. B. e dall'Avv. C. , ha respinto l'appello incidentale proposto dalla società Ellanby conseguentemente, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Chiavari, ha respinto le domande aventi ad oggetto la dichiarazione di inefficacia dell'atto ricognitivo stipulato tra il R. ed il C. il 3 ottobre 2002 contraddistinto dal n. 49493 di rep. ha dichiarato l'inefficacia della transazione intervenuta tra il R. e il T. , avente ad oggetto la ripartizione tra l'uno e l'altro dei diritti sull'eredità morendo dismessa da V.F. ved. A. , e richiamata come presupposto dell'atto ricognitivo suindicato ha dichiarato la nullità del capo della sentenza, aggiunto con il provvedimento di correzione, avente ad oggetto la conferma del sequestro autorizzato con decreto 12 maggio 2003 ha confermato in ogni restante sua parte la sentenza impugnata ha condannato il R. , il C. e la società Ellanby, in via solidale, al rimborso delle spese di appello. 3.1. - A tale esito la Corte d'appello è giunta preliminarmente rilevando che gli atti disposizione dei quali può essere dichiarata l'inefficacia ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. sono gli atti negoziali mediante i quali il debitore modifica in peius la consistenza del suo patrimonio, o trasferendo ad altri la titolarità di un diritto che gli appartiene, o assumendo un nuovo obbligo verso terzi, costituendo sui propri beni diritti e vincoli a favore di altri. Atto di disposizione non può considerarsi - ha rilevato la Corte - un atto meramente ricognitivo, ossia una semplice dichiarazione di scienza concernente un effetto giuridico già verificatosi in dipendenza di un altro negozio dispositivo, e non produttiva, in se stessa, della costituzione, della modificazione o della estinzione di un rapporto giuridico patrimoniale nel senso di cui all'art. 1321 cod. civ Tale rilevanza lesiva della garanzia offerta ai creditori C. , B. e K. sussiste invece, secondo la Corte d'appello, in ordine a quello che nelle premesse dell'atto ricognitivo è richiamato l'accordo in forza del quale le quote della società D.M.C. Immobiliare s.r.l. devono essere ripartite in ragione del 60% al T.C. e del 40% al R. , risolventesi in una transazione con la quale i suddetti hanno acceduto in ordine ai diritti successori in ipotesi all'uno e all'altro appartenenti e comunque dall'uno e dall'altro rispettivamente vantati sull'asse ereditario morendo dismesso da V.F. ved. A. . Con la predetta transazione, le parti dichiaravano di accordarsi secondo quanto previsto da un testamento della de cuius ricevuto in data 23 gennaio 1998 dal notaio Federico Solimena di Genova, testamento che divideva il patrimonio ereditario in parti eguali tra il R. e il C. , e dichiaravano che le controversie tra loro pendenti erano superate da accordi in forza dei quali le quote della società D.M.C., proprietaria della villa omissis , erano ripartite in ragione del 60% al T.C. e del 40% al R. . La Corte di Genova ha sottolineato che una considerazione non strutturale ma contenutistica di tale atto, avente natura indubbiamente dispositiva dei diritti delle parti transigenti, porta a ritenere che la distribuzione tra due soggetti della titolarità della massa ereditaria nella quale si era concentrata la situazione obbligatoria passiva della defunta la quale, in base al testamento del 22 maggio 2000, risultava appartenente in via totalitaria ed esclusiva al C. , solo apparentemente ha dato luogo a una modificazione potenzialmente utile per i creditori con la duplicazione dei legittimati passivi in ordine alle loro ragioni di credito, ma in realtà si è convertita - in virtù del principio posto dagli artt. 752 e 754 cod. civ. per cui gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti ereditari personalmente in proporzione alle rispettive quote ereditarie - nella limitazione della responsabilità del C. e del R. in misura corrispondente alle quote all'uno e all'altro riconosciute pertinenti . Sottolinea la Corte territoriale che l'ingresso del R. nel novero dei soggetti tenuti al pagamento nei limiti suindicati dei debiti ereditari, mentre certamente espone i creditori dell'eredità al concorso con i creditori personali - presenti e futuri - del R. , non lascia presumere un incremento delle attività patrimoniali suscettibili di escussione. Perciò, in assenza di elementi conoscitivi che consentano di ritenere prevalente l'effetto vantaggioso della estensione della responsabilità ultra vires al R. sull'effetto negativo della riduzione dell'assoggettamento del patrimonio sia del R. che del C. alla garanzia di una parte anziché della totalità dei debiti ereditari rende palese tenuto conto in concreto della complessità della entità oggettiva della situazione debitoria dismessa dalla defunta una situazione rilevante sotto il profilo di una accentuazione della difficoltà di soddisfacimento dei crediti che, in se stessa, giustifica l'esperibilità dell'azione revocatoria . La transazione, peraltro, non potrebbe ritenersi nulla per mancanza di forma scritta, giacché la scrittura è richiesta per tale tipo di contratto soltanto ad probationem , onde la sua assenza non rileva ogniqualvolta, come nel caso in esame, l'esistenza e il contenuto del contratto siano incontroversi e non abbiano bisogno di specifica dimostrazione . Secondo la Corte d'appello, la rilevanza lesiva che legittima l'esperimento e giustifica l'accoglimento dell'azione revocatoria sussiste anche negli atti di conferimento nella Ellamby Ltd delle quote di partecipazione sociale alla D.M.C. Immobiliare. Infatti - ha osservato la Corte del gravame - le quote di partecipazione in una società a responsabilità limitata costituiscono - non diversamente dalle azioni di una società azionaria - beni giuridici dotati di valore economico, suscettibili di essere oggetto di conferimento nel capitale di altra società di capitali, a copertura del valore di azioni da questa emesse, rappresentative della partecipazione assunta dal conferente. Si verifica per tal modo la dismissione di un bene reale - quale che sia la determinazione della entità pecuniaria di esso ai fini del conferimento, e quindi indipendentemente dalla correttezza o meno della sua valutazione - da parte del conferente, il quale consegue la titolarità dei diritti inerenti alla partecipazione nella società conferitaria, e l'acquisizione di tale utilità economica al patrimonio della società stessa. L' eventus damni non è escluso dal fatto che il conferimento sarebbe preordinato alla devoluzione delle quote in un trust disciplinato dal diritto inglese al fine di addivenire, nell'ambito del trust, all'alienazione della villa omissis e alla destinazione del ricavato al pagamento dei debiti ereditari. La Corte d'appello ha ritenuto raggiunta la prova della consapevolezza, nei disponenti, della idoneità lesiva degli atti di conferimento dagli stessi compiuti. Quanto alla posizione della Ellanby Ltd, la Corte d'appello ha escluso che l'atto di disposizione compiuto dal conferente possa essere qualificato come atto a titolo oneroso piuttosto che come atto a titolo gratuito nei confronti della società destinataria dell'incremento patrimoniale. Ma anche ove qualificato a titolo oneroso, secondo la Corte d'appello sussiste la condizione soggettiva delineata nell'art. 2901 cod. civ., giacché la società Ellanby, inizialmente costituita con la praticamente simbolica partecipazione della società Culmead Ltd e della società Rushmead Ltd, entrambe aventi sede nelle omissis e titolari di una sola azione ciascuna, non aveva alcuna ragione di esistere se non quella, espressamente dichiarata dalle parti, di attivare il disegno negoziale concordato e di dare maggiori possibilità alla vendita anche internazionale di villa omissis . 4. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello, notificata in data 23 e 28 gennaio 2009, ha proposto ricorso la società Ellanby Limited, con atto notificato il 24 marzo 2009, sulla base di cinque motivi. Hanno proposto separati ricorsi incidentali il R. ed il C. , il primo con atto notificato il 26 marzo 2009, sulla base di cinque motivi, il secondo con atto notificato il 30 marzo 2009, affidato a quattro mezzi. Ha resistito a tutti e tre i ricorsi il K. , mentre il C. in proprio nonché D.V.V. ved. B. , B.A. e B.F. , nella loro qualità di eredi di B.P. , hanno resistito al solo ricorso in via principale. La D.M.C. Immobiliare ha presentato un controricorso dichiarando di non avere alcun interesse a contrastare i ricorsi, né a sollecitarne l'accoglimento. In prossimità dell'udienza memorie illustrative sono state depositate da Ellanby, da C.R. ed altri e da D.M.C. Immobiliare. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2697 cod. civ. , la società ricorrente in via principale si duole che la Corte d'appello abbia ritenuto che, in presenza di un atto negoziale del debitore astrattamente idoneo a produrre effetti vantaggiosi o svantaggiosi per i creditori, la mancata dimostrazione che in concreto l'atto ha prodotto effetti vantaggiosi comporta necessariamente l'accoglimento della domanda revocatoria sotto il profilo dell'accertamento dell' evsntus damni . Questa statuizione colliderebbe con il principio secondo cui la rilevanza quantitativa e qualitativa dell'atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria. Spettava pertanto a coloro che hanno agito in revocatoria l'onere di provare che dall'accordo transattivo era effettivamente derivato un effetto per loro pregiudizievole. Di qui il quesito se costituisca violazione degli artt. 2901 e 2697 cod. civ. l'accoglimento di una domanda revocatoria nel caso in cui il creditore che agisce in revocatoria non abbia dimostrato che l'atto di disposizione, che ne costituisce l'oggetto e che si profila astrattamente idoneo a produrre effetti vantaggiosi e svantaggiosi, ha effettivamente ed in concreto prodotto un effetto svantaggioso per le sue ragioni creditorie. Il secondo motivo lamenta omessa e/o insufficiente motivazione con riferimento ad un fatto controverso e decisivo della controversia, rappresentato dalla scientia damni in relazione alla transazione. Con il terzo motivo, la Ellanby Ltd denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2253, 2254 e 2342 cod. civ., contestando la riconducibilità dell'atto di conferimento di beni in società alla disciplina degli atti a titolo gratuito. Il quarto motivo del ricorso in via principale denuncia vizio di insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio la scientia damni in capo alla società Ellanby . Il quinto motivo denuncia omessa motivazione in relazione ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio l'accertamento dei presupposti per la condanna di Ellanby al risarcimento del danno . 2. - Con il primo motivo violazione degli artt. 2901 e 2697 cod. civ. il ricorrente in via incidentale R. pone il quesito se costituisca violazione e/o falsa applicazione delle norme contenute negli artt. 2901 e 2697 cod. civ. l'accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria ex art. 2901 cod. civ. per il caso in cui, come nel caso specifico, il creditore che ha promosso l'azione indicata non abbia provato, secondo i principi che regolano la prova nel processo civile, che l'atto pregiudizievole di disposizione, costituente l'oggetto della domanda, in astratto potenzialmente idoneo a produrre effetti, svantaggiosi per il creditore e/o vantaggiosi per il disponente, abbia effettivamente ed in concreto prodotto effetti svantaggiosi per le ragioni di credito del creditore procedente . Il secondo motivo del medesimo ricorso incidentale denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alla sclentia damni in relazione all'atto transattivo tra il R. ed il T. . Con il terzo motivo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2901, 2253, 2254 e 2342 cod. civ. si pone il quesito se costituisca violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2253, 2254 e 2342 cod. civ. l'applicazione ad un atto di conferimento di beni in società della disciplina prevista dal primo comma, n. 1 , dell'art. 2901 cod. civ. per gli atti a titolo gratuito, o se invece, come nel caso di specie, debba applicarsi la disciplina di cui al n. 2 dell'indicato art. 2901 cod. civ. . Il quarto motivo del ricorso in via incidentale denuncia vizio di insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla scientia damni in capo alla società Ellanby. Il quinto motivo denuncia omessa motivazione in relazione ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in ordine ai presupposti per la condanna generica al risarcimento del danno. 3. - Con il primo motivo violazione degli artt. 2901 e 2697 cod. civ. il ricorrente in via incidentale C. pone il quesito se costituisca violazione degli artt. 2901 e 2697 cod. civ. l'accoglimento di una domanda revocatoria di un atto di disposizione, in astratto idoneo a produrre effetti vantaggiosi o svantaggiosi per il creditore, del quale parte attrice non abbia dimostrato l'idoneità in concreto a produrre un effetto svantaggioso per le sue ragioni creditorie. Il secondo motivo del medesimo ricorso incidentale denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alla scientia damni in relazione alla transazione. Con il terzo motivo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2901, 2253, 2254 e 2342 cod. civ. si pone il quesito se costituisca violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2253, 2254 e 2342 cod. civ. ricondurre l'atto di conferimento di beni in società alla disciplina prevista dal primo comma, n. 1 , dell'art. 2901 cod. civ. per gli atti a titolo gratuito. Il quarto motivo del ricorso in via incidentale denuncia vizio di insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla scientia damni in capo alla società Ellanby Ltd. 4. - Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo dei ricorsi incidentali vanno esaminati congiuntamente, in quanto pongono la stessa questione di diritto. Essi sono scrutinabili nel merito - dovendo rigettarsi l'eccezione di inammissibilità sollevata dai controricorrenti C. ed altri - giacché i quesiti di diritto che li accompagnano sono formulati nel rispetto dei criteri dettati dall'art. 366-bis cod. proc. civ., consentendo di individuare la quaestio iuris devoluta all'esame di questa Corte. La censura articolata dalla società ricorrente in via principale e dai ricorrenti in via incidentale è infondata. In tema di azione revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell'azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l'onere di provare l'insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell'azione di revocazione che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell' eventus damni Cass., Sez. I, 24 luglio 2003, n. 11471 Cass., Sez. I, 6 agosto 2004, n. 15257 Cass., Sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19963 Cass., Sez. III, 18 ottobre 2011, n. 21492 . E poiché nella specie ci si trova di fronte ad un atto di transazione con il quale il C. - nominato da V.G.F. ved. A. erede universale con testamento pubblico in data 22 maggio 2000 ai rogiti del notaio Federico Solimena - ha riconosciuto al R. - istituito coerede insieme allo stesso C. dalla de cuius , ma in forza di precedente testamento, ricevuto dal notaio Solimena in data 23 gennaio 1998, e quindi tacitamente revocato, in questa parte, per effetto del testamento posteriore - il 40% delle quote della società, facente parte del compendio ereditario, D.M.C. Immobiliare, società proprietaria della villa omissis di cui in vita era unica socia V.G.F. ved. A. , correttamente la Corte d'appello ha confermato l'accoglimento dell'azione revocatoria. Si è infatti in presenza di un atto che, a fronte della cessione a titolo particolare di beni appartenenti all'eredità in favore di un soggetto che non è erede a causa della prevalenza della disposizione posteriore incompatibile, si risolve in una evidente modifica in peius della consistenza del patrimonio dell'erede universale e, quindi, in una maggiore difficoltà di soddisfacimento dei crediti da parte dei numerosi creditori dell'eredità, in mancanza di prova, che incombeva ai convenuti nell'azione revocatoria, che il patrimonio residuo dell'erede universale C. fosse tale da soddisfare le ragioni di questi ultimi. In questo senso va d'altra parte corretta, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 384 cod. proc. civ., la motivazione della sentenza della Corte d'appello là dove, con riferimento all'atto in questione, pone in comparazione l'effetto vantaggioso della estensione della responsabilità ultra vires al R. con l'effetto negativo della riduzione dell'assoggettamento del patrimonio del C. alla garanzia di una parte anziché della totalità dei debiti ereditari . Quella comparazione - su cui si innesta la censura sviluppata dai ricorrenti, in via principale ed incidentale - muove dalla premessa sia del l'ingresso del R. nel novero dei soggetti tenuti al pagamento [ .] dei debiti eredi tari , sia dell'applicazione, anche a quest'ultimo, in quanto evidentemente ritenuto erede, del principio posto dagli artt. 752 e 754 cod. civ. per cui gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti ereditari personalmente in proporzione alle rispettive quote ereditarie . Si tratta di passaggio motivazionale che, quantunque non incidente sulla correttezza della statuizione finale in punto di accertamento della sussistenza dell' eventus damni e di accoglimento dell'azione revocatoria, si appalesa erroneo. Infatti, l'accordo stipulato tra colui che sia stato istituito erede universale con un testamento posteriore ed il soggetto, non avente la qualità di legittimario pretermesso, che pretenda diritti sull'eredità per essere stato istituito coerede con un testamento anteriore, tacitamente revocato con il successivo testamento, accordo consistente nel riconoscimento in via di transazione della titolarità in capo a quest'ultimo di determinati beni caduti in successione, non rende il soggetto destinatario dell'attribuzione patrimoniale coerede, e neppure fa scattare l'accollo cumulativo ope legis per i debiti ereditari, accollo che è previsto verso i terzi creditori a carico dell'acquirente dell'eredità, ai sensi dell'art. 1546 cod. civ., là dove ci si trovi di fronte ad una vendita del complesso ereditario o di una quota di eredità, per la quale l'art. 1543 cod. civ. prescrive, a prescindere dalla natura dei beni che compongono il patrimonio ereditario, l'onere della forma ad substantiam . Erede, tenuto, in quanto tale, al pagamento verso i creditori dei debiti ereditari, è e rimane il soggetto indicato dal testatore come suo successore nel complesso dei rapporti giuridici già facenti a lui capo e che abbia accettato l'eredità, laddove l'accordo a tacitazione di diritti pretesi da un terzo non è in grado di attribuire a detto terzo la qualità di erede, posto che un tale effetto è materia sottratta alla disponibilità delle parti, non potendo il chiamato disporre della delazione. 4. - Il secondo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, il secondo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale del R. , il secondo ed il quarto motivo del ricorso incidentale del C. sono inammissibili, essendo tutti mancanti di un quesito di sintesi, omologo al quesito di diritto, che valga a circoscrivere puntualmente i limiti delle censure proposte a norma dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. Cass., Sez. Un., 18 ottobre 2012, n. 17838 . Alla stregua della letterale formulazione dell'art. 366-bis cod. proc. civ. - introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dall'art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dall'art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 cfr. art. 58, comma 5, della legge n. 69 del 2009 - questa Corte è ferma nel ritenere che, a seguito della novella del 2006, nel caso previsto dall'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., allorché, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l'illustrazione di cia-scun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo al quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603 . Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente che l'indicazione del fatto controverso e delle ragioni della non adeguatezza della motivazione sia esposta nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, occorrendo a tal fine una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata Cass., Sez. II, 30 gennaio 2013, n. 2219 . 5. - Il terzo motivo del ricorso in via principale e il terzo motivo dell'uno e dell'altro ricorso incidentale sono inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse. Essi infatti attaccano, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge, la statuizione con cui la Corte d'appello ha ricondotto tra gli atti a titolo gratuito il conferimento delle quote di partecipazione alla D.M.C. Immobiliare nella Ellanby Ltd, agli effetti della differenziata disciplina della scientia nel terzo contraente dettata dall'art. 2901 cod. civ Sennonché, la sentenza impugnata si fonda anche su un'altra ratio concorrente ossia sul fatto che, anche a ricondurre il conferimento de quo tra gli atti a titolo oneroso, sussiste in capo alla società Ellanby la condizione soggettiva delineata nell'art. 2901, primo comma, numero 2 , cod. civ Ora, poiché questa seconda ratio decidendi , di per sé idonea a sostenere la sentenza impugnata, è stata male impugnata con un motivo privo del necessario quesito di sintesi , la censura rivolta contro la prima ratio decidendi non può essere scrutinata, trovando applicazione il principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta inammissibilità o infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa Cass., Sez. III, 14 febbraio 2012, n. 2108 . 6. - I ricorsi sono rigettati. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. In particolare, la sola Ellanby è tenuta al rimborso delle spese sostenute dal C. e dagli eredi B. , mentre tutti e tre i ricorrenti, in via principale o incondentale, sono tenuti, in solido tra loro, al rimborso di quelle sostenute dal controricorrente K. . Nessuna statuizione sulle spese va adottata con riguardo alla posizione della controricorrente D.M.C., non avendo essa assunto, rispetto ai ricorsi, una posizione né adesiva né oppositiva. P.Q.M. La Corte cosi provvede rigetta il ricorso principale della società Ellanby Limited rigetta, il ricorso incidentale di R.M. rigetta il ricorso incidentale di C.R.T.R. condanna, la società Ellanby al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti C.R. e D.V.V. ved. B. , B.A. e B.F. , che liquida in complessivi Euro 15.200, di cui Euro 15.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge condanna la società Ellanby, il R. e il C. , in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente K.J. , che liquida in complessivi Euro 15.200, di cui Euro 15.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge dichiara non luogo a provvedere sulle spese in ordine alla posizione della controricorrente D.M.C. Immobiliare s.r.l