Illegittima l’opposizione del terzo pignorato se manca l’interesse

Nell’espropriazione di crediti, il terzo, debitore del debitore esecutato, non è legittimato a far valere l’impignorabilità del bene, attendendo la questione al rapporto tra creditore procedente e debitore esecutato.

Questo è il principio che la Corte di Cassazione ammette nella sentenza n. 3790 del 18 febbraio 2014, in cui emerge che in caso di espropriazione forzata, che si svolge con le forme del pignoramento presso terzi, il terzo pignorato non è il soggetto passivo dell’esecuzione, alla quale non è assoggettato. Il caso. Il Banco di Napoli propone opposizione avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione con la quale era stata disposta l’assegnazione in favore dei creditori esecutanti delle somme dovute dallo stesso Banco di Napoli al debitore Comune di Lettere. Successivamente il tribunale accoglie l’opposizione, revocando l’ordinanza di assegnazione ricorrono dunque in Cassazione i creditori. Non è legittima l’opposizione del terzo che non sia soggetto passivo dell’esecuzione. I giudici di legittimità accolgono il ricorso ritenendo che la Banca ha impropriamente fatto opposizione non essendo debitore esecutato, ma solo terzo pignorato, pertanto mancherebbe l’interesse ex art. 617 c.p.c. relativamente all’ordinanza di assegnazione ammessa a favore dei creditori procedenti. In sostanza, conclude la Corte, nell’espropriazione di crediti, il terzo, debitore del debitore esecutato non è legittimato a far valere l’impignorabilità del bene,in quanto la questione atterrebbe al rapporto tra creditore procedente e debitore esecutato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 dicembre – 18 febbraio 2014, n. 3790 Presidente Finocchiaro – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 617 c.p.c. il S. Paolo Banco di Napoli spa propose opposizione avverso l'ordinanza in data 24.3.2005 del Giudice dell'esecuzione del tribunale di Torre Annunziata sezione distaccata di Gragnano, con la quale, nella procedura di espropriazione presso terzi di R.G.E. n. 205/04, era stata disposta l'assegnazione in favore dei creditori esecutanti A.A.M. ed I.A. , Si. e S. di somme dovute dal terzo S.Paolo - Banco di Napoli spa al debitore Comune di Lettere. Il tribunale, con sentenza del 23.9.2008, emessa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., accolse l'opposizione revocando l'ordinanza di assegnazione. A.A.M. ed I.A. , Si. e S. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste con controricorso il S. Paolo Banco di Napoli s.p.a L'altro intimato Comune di Lettere non ha svolto attività difensiva. Le parti costituite hanno presentato anche memoria. Motivi della decisione Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione con l'applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I. Secondo l'art. 366 bis c.p.c. - introdotto dall'art. 6 del decreto - i motivi di ricorso devono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall'art. 360, n. 1 , 2 , 3 e 4, l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall'art. 360, primo comma, n. 5 , l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Segnatamente, nel caso previsto dall'art. 360 n. 5 c.p.c., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto , che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità S.U. 1.10.2007 n. 20603 Cass. 18.7.2007 n. 16002 . Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l'enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l'inammissibilità - a norma dell'art. 366 bis c.p.c. - del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un'enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo . La funzione propria del quesito di diritto - quindi - è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare da ultimo Cass.7.4.2009 n. 8463 v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433 . Inoltre, l'art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta - ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell'art. 360, primo comma, c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura - come già detto - deve, all'esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione e formalità espressiva va funzionalizzata, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., all'enunciazione del principio di diritto, ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza. Nell'ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 e. p.c.c. il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata , è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso c.d. momento di sintesi - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556 v. anche Cass. 18.11.2011 n. 24255 . I motivi rispettano i requisiti richiesti dall'art. 366 bis c.p.c Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 615 e 611 II co. c.p.c., e art. 159 d.lgs. 267/00. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 81, 100 e 615 c.p.c Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 81, 100, 552 e 611 II comma c.p.c., nonché art. 159 d.lgs. 267/2000. I motivi, intimamente connessi, sono esaminati congiuntamente. Essi sono fondati nei termini e per le ragioni che seguono. L'esistenza di un vincolo di impignorabilità di somme depositate presso il tesoriere di un ente pubblico che siano vincolate a pubbliche finalità - ai sensi delle diverse normative succedutesi nel tempo, quindi anche ai sensi del d.lgs. n. 77 del 1995, come modificato dal d.lgs. n. 336 del 1996 - può costituire oggetto di motivo di opposizione sia all'esecuzione, sia agli atti esecutivi, a seconda della causa petendi e del petitum formulati dall'opponente, anche in relazione alle vicende del processo esecutivo ed al momento in cui l'opposizione è proposta Cass. 23.5.2011 n. 17524 Cass. 13.1.2009 n. 477 v. anche Cass. 4.6.2013 n. 14048 . Più in particolare, è inquadrabile come opposizione agli atti esecutivi l'opposizione proposta da un comune avverso l'ordinanza di assegnazione del credito, con la quale si deduce l'esistenza di un vincolo di impignorabilità per la destinazione delle somme a pubbliche finalità, ai sensi delle normative già richiamate Cass. 20.2.2006 n. 3655 Cass. 11.1.2001 n. 328 Cass. 18.1.2000 n. 496 . Ma, qualora nel processo esecutivo, si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrano o meno le condizioni stabilite dalla legge perché le somme di competenza del comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell'esecuzione non abbia, d'ufficio o su istanza di parte, dichiarato nullo il pignoramento, né si sia ancora addivenuti alla chiusura del processo con l'ordinanza di assegnazione che segna il limite preclusivo dell'opposizione all'esecuzione da ultimo, Cass. 24.2.2011 n. 4505 , il debitore può proporre l'opposizione per impignorabilità, sussumibile nella fattispecie dell'art. 615 c.p.c. Cass. 16.11.2005 n. 23084 . Nel caso in esame, l'opposizione proposta avverso l'ordinanza di assegnazione del credito - come sembra rilevarsi dalla motivazione della sentenza impugnata - era fondata sull'esistenza di un vincolo d'impignorabilità per la destinazione delle somme a pubbliche finalità. Di qui la correttezza della qualificazione data di opposizione agli atti esecutivi. Diversamente, in tema di legittimazione. A proporre l'opposizione agli atti esecutivi, infatti, non è stato il debitore esecutato, ma il San Paolo - Banco di Napoli, terzo pignorato, che non aveva interesse a proporre l'opposizione ex art. 617 c.p.c. relativamente all'ordinanza di assegnazione emessa a favore dei creditori procedenti. Nell'espropriazione forzata, che si svolge con le forme del pignoramento presso terzi, il terzo pignorato non è il soggetto passivo dell'esecuzione, alla quale non è assoggettato. Come tale, non è neppure normalmente legittimato a proporvi opposizione, sotto alcuno dei possibili profili in cui questa può essere articolata. Nell'espropriazione di crediti, il terzo debitore del debitore esecutato non è, quindi, legittimato a far valere l'impignorabilità del bene - neanche sotto il profilo dell'esistenza di vincoli di destinazione, in caso di somme depositate presso istituto di credito tesoriere di un ente pubblico - attenendo la questione al rapporto tra creditore procedente e debitore esecutato il quale ultimo si può avvalere degli appositi rimedi oppositivi previsti per legge Cass. 23.2.2007 n. 4212 Cass. 29.4.2003 n. 6667 . Il giudice del merito ha, quindi, errato nel non rilevare il difetto di interesse a proporre l'opposizione da parte del S. Paolo Banco di Napoli s.p.a Il ricorso è, quindi, accolto e la sentenza è cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., può pronunciare nel merito e dichiarare inammissibile l'opposizione proposta. Le ragioni che hanno condotto all'accoglimento dell'opposizione giustificano la compensazione delle spese del giudizio di merito. Le spese del giudizio di cassazione, invece, seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore dei ricorrenti, sono poste a carico della resistente San Paolo Banco di Napoli spa. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l'opposizione proposta dal San Paolo Banco di Napoli spa. Compensa le spese del giudizio di merito. Condanna la resistente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.