L’ordinanza del Tribunale di Milano del 29 ottobre scorso è significativa e rappresentativa delle potenzialità della mediazione delegata uscita rafforzata dalle modifiche apportate dal decreto del Fare al d.lgs. 28/2010.
Ed infatti, nel caso di mediazione delegata non siamo più in presenza di un mero invito a presentare una domanda di mediazione che il giudice può rivolgere alle parti, ma di un obbligo che rende il tentativo di mediazione una condizione di procedibilità della domanda giudiziaria. Mediazione delegata destinata ad operare sia in primo grado che in appello, ma soprattutto con riferimento sia a controversie per le quali è già previsto il tentativo di mediazione e magari è stato già inutilmente esperito sia a controversie come quella in discussione davanti al Tribunale di Milano per le quali la legge non ha previsto la condizione di procedibilità di cui al comma 1-bis d.lgs. 28/2010. Nel caso di specie è pendente in grado di appello un processo di opposizione al precetto promossa dal ex coniuge che contestava all’altro di avergli addebitato alcune voci di mantenimento in realtà non dovute. La valutazione di opportunità. Orbene, secondo il Tribunale di Milano vi sarebbe un’evidente opportunità di una soluzione conciliativa della lite. Ed infatti, da una parte «la controversia involge due parti legate da pregresso rapporto affettivo [peraltro] destinato a proiettarsi nel tempo, in quanto i litiganti, non più coniugi, sono tuttavia ancora genitori». Dall’altra parte, poi, l’opportunità del tentativo di mediazione viene tratta da precedenti specifici di accordi stragiudiziali intercorsi tra le parti. Ed infatti, il giudice valorizza in tal senso la circostanza che «in passato, i genitori sono stati in grado di pervenire ad accordi v. ricorso congiunto per la fase del divorzio hanno, dunque, rivelato la capacità di confrontarsi e di adottare soluzioni condivise». Il valore della controversia. Ma quello che, forse, ha pesato di più al fine dell’emanazione dell’ordinanza credo sia una valutazione assolutamente corretta fatta dal giudice. Ed infatti, nell’ordinanza si legge che è «evidente [uno] iato tra il diritto fatto valere guardando al valore del credito secondo la prospettazione attorea e lo strumento azionato per tutelarlo due gradi di giudizio ». Ma v’è di più. Nel mentre le parti discutono di un precetto, è stato notificato un ulteriore precetto un sintomo di ciò, che non sempre lo strumento giudiziario è «inidoneo a prevenire ulteriore contenzioso» I due sintomi, inquadrati nel contesto di riferimento e, cioè, quello familiare sembrano aver indotto forse non a torto il giudice a pensare che il contenzioso possa esprimere una mancanza di comunicazione delle parti che è opportuno affrontare e risolvere sul modello abstit iniuria verbis di una ‘terapia di coppia’. In altri e più chiari termini sembrano addirittura essere prevalenti gli aspetti di contrasto emotivo piuttosto che giudiziario. Ecco perché il giudice osserva che «tenuto conto del peso effettivo della controversia, in termini monetari, lo stesso creditore avrebbe potuto anteporre alla scelta sposata in via diretta sistema di risoluzione pubblico delle controversie , l’opportunità di un sistema di risoluzione alternativo della controversia es. mediazione familiare mediazione civile diritto collaborativo etc. e riservare, dunque, il percorso giurisdizionale solo alla res litigiosa residuata all’esito del fallimento delle procedure di confronto amichevole». Un confronto amichevole che se ben facilitato da un mediatore esperto nel nostro caso il mediatore civile e commerciale di cui al d.lgs. 28/2010 avrebbe ricomposto il dissidio sostanziale tra le parti prevenendo così le ulteriori iniziative giudiziarie. E ciò anche grazie alla constatazione che «i mediatori ben potrebbero estendere la «trattativa rectius mediazione » ai crediti maturati successivamente alla instaurazione dell’odierna lite e non fatti valere in questo processo, così essendo evidente che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza di appello potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale”». Applicazione ai processi pendenti. Secondo il Tribunale di Milano, poi, la mediazione delegata, così come ridisegnata dal d.l. 69/2013 conv. con modif. dalla l. 98/2013 rappresenta «una nuova facoltà squisitamente processuale» e, quindi, è una norma applicabile ai procedimenti pendenti. Derogabilità della competenza territoriale. Da ultimo deve essere segnato anche un aspetto molto importante perché molto dibattuto in questo periodo e, cioè, quello della derogabilità della competenza territoriale dell’organismo di mediazione introdotta dal d.l. 69/2013. Secondo il Tribunale di Milano, in maniera del tutto condivisibile, «è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo». Se quell’accordo, però, in un modo prima o in occasione della presentazione della domanda di mediazione o nell’altro aderendo all’invito rivolto dalla controparte non si raggiunge «la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti».
Tribunale di Milano, sez. IX Civile, ordinanza 29 ottobre 2013 Estense Giuseppe Buffone Mediazione delle controversie civili e commerciali – Mediazione disposta dal Giudice cd. mediazione ex Officio – Applicabilità ai processi pendenti – Sussiste – Valutazione di mediabilità - Elementi articolo 5 d.lgs. 28/2010 La legge 9 agosto 2013 numero 98 di conversione del d.l. 21 giugno 2013 numero 69 , riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lgs. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice anche di appello di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione cd. mediazione ex officio . Si tratta di un addentellato normativo che inscrive, in seno ai poteri discrezionali del magistrato, una nuova facoltà squisitamente processuale trattasi, conseguentemente, di una norma applicabile ai procedimenti pendenti. Peraltro, il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria articolo 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010 e, per l’effetto, può ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto. Giova, peraltro, ricordare come i mediatori ben potrebbero estendere la «trattativa rectius mediazione » ai fatti emersi successivamente alla instaurazione della lite e non fatti valere nel processo, così essendo evidente che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza conclusiva del procedimento civile potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale. Mediazione delle controversie civili e commerciali – Mediazione disposta dal Giudice cd. mediazione ex Officio – Competenza territoriale – Derogabilità - Sussiste articolo 5 d.lgs. 28/2010 Anche per le mediazioni attivate su disposizione del giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato articolo 4 comma III d.lgs. 28/2010 la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti. Osserva Il Tribunale di Milano, con sentenza numero 12958/2010, ha dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio celebrato da e declaratoria intervenuta su ricorso congiunto delle parti con cui, per quanto qui interessa, i genitori hanno concordato il mantenimento dei due figli minori in complessivi euro 300,00 mensili. In data 30 dicembre 2011, la ha notificato all’odierno appellato atto di precetto per euro 1.485,50 quale differenza tra il mantenimento dovuto sino a quella data – euro 3.300,00 - e la minor somma versata oltre le spese per la procedura giudiziale seguita e, così, per complessivi euro 1.810,68. Con atto di citazione dell’1 febbraio 2012, il debitore intimato ha presentato opposizione alle somme oggetto di precetto, avversato dall’attrice sostanziale. Il giudice di pace adito, con sentenza numero 103.044, depositata in Cancelleria in data 6 marzo 2013, ha accolto solo parzialmente l’opposizione e riconosciuto alla un saldo a credito di euro 324,50, condannandola alle spese del processo, per euro 450,00 per compenso professionale ed euro 77,00 per spese nel corso del procedimento di primo grado, peraltro, l’opponente versava spontaneamente alla opposta la somma di euro 665,00 che veniva accettata a titolo di mero acconto . Il giudice di pace ha quantificato il credito spettante alla parte opposta in complessivi euro 990,50 così riducendo l’importo del precetto , decurtando dal titolo azionato taluni spese giudicate non dovute ad es. ticket sanitari spese per vestiario etc . Con l’atto di appello introduttivo del processo, la chiede la riforma della decisione impugnata. Reputa il Tribunale che sussista l’evidente opportunità di una soluzione conciliativa della lite. In primo luogo, la controversia involge due parti legate da pregresso rapporto affettivo rapporto destinato a proiettarsi nel tempo, in quanto i litiganti, non più coniugi, sono tuttavia ancora genitori quanto, inoltre, dovrebbe indurre le parti stesse ad agire tenendo sempre fermo e presente l’interesse «preminente» dei figli minori, che meglio è preservato ove gli stessi non diventino – seppur indirettamente – oggetto di procedure giudiziali anche là dove le suddette procedure abbiano ad oggetto diritti disponibili – come nel caso di specie recupero di un credito - che, però si ricollegano, intimamente, alla vita biologica del nucleo familiare . L’opportunità di un tentativo di conciliazione è pur resa evidente dal fatto che, in passato, i genitori sono stati in grado di pervenire ad accordi v. ricorso congiunto per la fase del divorzio hanno, dunque, rivelato la capacità di confrontarsi e di adottare soluzioni condivise. Vi è, poi, da segnalare come lo strumento giudiziale – almeno in questa fattispecie – si sia rivelato inidoneo a prevenire ulteriore contenzioso risulta ad acta che la odierna appellante ha già notificato all’appellato un altro atto di precetto. Va, infine, rivelato come – sempre guardando all’odierna fattispecie – vi sia un evidente iato tra il diritto fatto valere guardando al valore del credito secondo la prospettazione attorea e lo strumento azionato per tutelarlo due gradi di giudizio , nel senso che, tenuto conto del peso effettivo della controversia, in termini monetari, lo stesso creditore avrebbe potuto anteporre alla scelta sposata in via diretta sistema di risoluzione pubblico delle controversie , l’opportunità di un sistema di risoluzione alternativo della controversia es. mediazione familiare mediazione civile diritto collaborativo etc. e riservare, dunque, il percorso giurisdizionale solo alla res litigiosa residuata all’esito del fallimento delle procedure di confronto amichevole. Per i motivi sopra esposti, il Tribunale stima necessario un percorso di mediazione in favore delle parti. Come noto, la legge 9 agosto 2013 numero 98 di conversione del d.l. 21 giugno 2013 numero 69 , riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lgs. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice anche di appello di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione cd. mediazione ex officio . Si tratta di un addentellato normativo che inscrive, in seno ai poteri discrezionali del magistrato, una nuova facoltà squisitamente processuale trattasi, conseguentemente, di una norma applicabile ai procedimenti pendenti e, dunque, anche all’odierna lite. Peraltro, il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria articolo 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010 e, per l’effetto, può ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto. Giova, peraltro, ricordare come i mediatori ben potrebbero estendere la «trattativa rectius mediazione » ai crediti maturati successivamente alla instaurazione dell’odierna lite e non fatti valere in questo processo, così essendo evidente che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza di appello potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale. Va ricordato alle parti che, per effetto della mediazione ex officio, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale nel caso in esame, dunque, l’onere della instaurazione della procedura mediativa grava sull’appellante. Anche per le mediazioni attivate su disposizione del giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato articolo 4 comma III d.lgs. 28/2010 la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Si segnala anche che l’onere posto a carico dell’appellante – di attivarsi per introdurre il procedimento di mediazione – non esclude che la domanda possa essere presentata anche dall’appellato in quel caso, al cospetto eventuale di più domande di mediazione, la mediazione deve essere svolta, come noto, dinanzi all’organismo adito per primo, purché territorialmente competente articolo 4 comma III cit. . La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti. P.Q.M. Letto ed applicato l’articolo 5, comma II, d.lgs. 4 marzo 2010 numero 28, viste le modifiche introdotte dal D.L. 21 giugno 2013, numero 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, numero 98 Dispone l’esperimento del procedimento di mediazione avvisando le parti che, per l’effetto, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Fissa nuova udienza in data 18 marzo 2014, ore 10.00 assegnando alle parti il termine di quindici giorni dalla notifica dell’odierna ordinanza, per la presentazione della domanda di mediazione da depositarsi nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia v. articolo 4, comma I, dlgs 28/10 . Manda alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite