Con la negazione della servitù, non c’è alcun mutamento concreto: la consorte, comproprietaria, non è litisconsorte necessaria

L’esistenza di un impedimento al passaggio non rileva ai fini della determinazione della necessità del litisconsorzio, anche se la corte territoriale ha ritenuto persistente il diritto all’uso del cortile condominiale, poiché questa rilevazione non costituisce un puntello logico essenziale per la decisione di merito, negatoria della necessità di litisconsorzio.

Così si è espressa la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6027, depositata l’11 marzo 2013. Domanda negatoria servitutis. Un condominio chiama in giudizio il proprietario di un immobile commerciale sito al piano terra dell’edificio. In tale immobile un terzo locatario conduce un bar. Il condominio vuole che venga accertata e dichiarata l’inesistenza di qualunque servitù di passaggio in favore di detto locale , sul cortile condominiale. Il Tribunale accoglie la domanda. La comproprietaria è sua consorte, ma non litisconsorte. La Corte d’Appello, nel rigettare il ricorso contro tale sentenza, specifica che non è fondata la censura circa la nullità processuale dovuta alla mancata chiamata in causa della comproprietaria del locale, moglie del convenuto. Specifica infatti che la donna non può essere considerata litisconsorte necessaria, poiché la domanda negatoria servitutis non è idonea a determinare un mutamento dello stato di fatto dei luoghi , tale da incidere sul diritto dominicale della comproprietaria. La Corte, negando la servitù, ricorda che però permane un diritto all’uso del cortile. Il condominio ha messo dei paletti, ma l’affermazione del diritto d’uso non è decisiva. Il proprietario ricorre per cassazione, sostenendo che il condominio ha apposto dei paletti che gli impedirebbero l’uso del cortile, da cui discende un mutamento del luogo e la conseguente necessità di un litisconsorzio anche della comproprietaria. La Corte reputa infondato tale motivo di ricorso. La sentenza di primo grado non ha adottato alcun provvedimento incisivo in senso ripristinatorio o demolitivo. La precisazione circa il diritto all’uso fatta dalla corte territoriale, non costituisce in alcun modo puntello logico essenziale alla già di per sé condivisibile decisione , circa la mancanza di necessità di litisconsorzio con la comproprietaria.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2 ordinanza 4 dicembre 2012 – 11 marzo 2013, n. 6027 Presidente Goldoni – Relatore Bianchini Osserva in fatto Il Condominio omissis , citò G S. , proprietario di un locale commerciale posto al piano terreno dello stabile condominiale, innanzi al Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Maglie, affinché fosse accertata e dichiarata l'inesistenza di qualunque servitù di passaggio in favore di detto locale - condotto in locazione da terzi sotto la denominazione di . Nella resistenza dello S. l'adito Tribunale accolse la domanda la Corte di Appello di Lecce, pronunziando sentenza n. 259/2011, respinse il gravame del predetto, compensando le spese del grado. La Corte del merito argomentò la propria decisione osservando - per i punti che avranno ancora un rilievo in sede di legittimità a - che non era fondata la censura di nullità della sentenza per omessa citazione della consorte dell'appellante, comproprietaria dei locali, in quanto la domanda - da qualificarsi come negatoria servitutis - non era idonea a determinare un mutamento dello stato di fatto dei luoghi tale dunque da incidere sul diritto dominicale della predetta e quindi costei non poteva dirsi litisconsorte necessaria b — che la sentenza di primo grado, nell'accertare l'inesistenza della servitù di passaggio, sul cortile condominiale, non aveva anche statuito un divieto dell'uso del medesimo - da parte dell'appellante - a condizione che fosse conforme alla sua destinazione per mera chiarificazione del dictum giudiziale, tale legittimo utilizzo andava riaffermato, ferma dunque restando la portata precettiva del dispositivo della sentenza del primo giudice. Per la cassazione di tale decisione lo S. ha proposto ricorso, affidandolo a quattro motivi il Condominio ha risposto con controricorso. Rileva in diritto I — Con il primo motivo parte ricorrente denunzia la violazione o la falsa applicazione dell'art. 102 cpc per la omessa chiamata in giudizio della consorte, Paola Pranzo, ritenendola litisconsorte necessaria, siccome comproprietaria del locale commerciale costituente, secondo l'originaria prospettazione, il fondo dominante in favore del quale si sarebbe esercitata la servitù di passaggio sul cortile condominiale contesta parte ricorrente l'argomentazione - riportata nella descrizione del fatto che precede - adottata dalla Corte del merito per respingere l'analogo motivo di appello, prendendo spunto, da un lato, dalla precisazione - che formerà oggetto del terzo motivo di ricorso - contenuta nella gravata decisione, in merito alla ribadita persistenza di un diritto all'utilizzo del cortile comune, dall'altro dalla constatazione che di fatto il Condominio aveva precluso, con l'apposizione di paletti, lo stesso uso che la Corte aveva inteso ribadire, così nei fatti incidendo proprio sul presupposto che, accedendo alla interpretazione di legittimità fatta propria dalla Corte di Appello, avrebbe consentito di rinvenire la necessità della presenza in causa del comproprietario. I/a — È convincimento del relatore che sia il primo che il terzo motivo — in parte qua - siano infondati dal momento che il giudice di primo grado accolse una negatoria servitutis ma non adottò alcun provvedimento che avrebbe inciso — in senso ripristinatorio o demolitivo - su una preesistente realtà di fatto la precisazione dunque che la Corte distrettuale ritenne di aggiungere alle proprie argomentazioni - in merito alla persistenza del diritto all'uso della cosa comune che all'evidenza parte ricorrente accomuna, logicamente quanto indebitamente, al contenuto della servitù non costituiva puntello logico essenziale alla già di per sé condivisibile decisione II — Con il secondo motivo parte ricorrente assume la violazione o falsa applicazione degli artt. 1062 e 1117 cod. civ. nonché degli artt. 817 e 1158 cod. civ. nonché il vizio di omessa e contraddittoria motivazione, in cui la Corte di Appello sarebbe incorsa non considerando che dall'analisi del titolo di provenienza sarebbe emersa la costituzione dell'indicata servitù per destinazione del padre di famiglia e che comunque a tale approdo si sarebbe dovuti giungere anche solo in considerazione del nesso pertinenziale tra cortile e locale commerciale con esclusione degli appartamenti sovrastanti, pur ricompresi nel condominio . II/a - Anche il mezzo in esame appare manifestamente infondato, da un lato, perché, censurandosi l'interpretazione del titolo di acquisto al fine di rinvenire la costituzione di una servitù in re aliena, non si è addotta la violazione delle norme di ermeneutica negoziale, unico strumento per contestare in sede di legittimità la ricostruzione della volontà contrattuale dall'altro perché non è specificato, nel motivo, in qual modo il giudice dell'impugnazione avrebbe mal delineato i confini applicativi del concetto di pertinenza — da cui il vizio di violazione di legge — come neppure perché lo stesso giudicante avrebbe falsamente ricondotto la fattispecie concreta in quella astratta — da cui il vizio di sussunzione o falsa applicazione-, limitandosi parte ricorrente a sovrapporre una propria ed acritica ricostruzione della realtà processuale a quella correttamente adottata dal giudice dell'appello la censura infine è carente di sviluppo argomentativo in merito al pur dedotto vizio di motivazione II/b - Del tutto nuovo — eppertanto inammissibile — è il prospettato acquisto per usucapione dell'indicata servitù — cfr. fol 21 del ricorso. III — Con la seconda parte del terzo motivo viene denunziata la violazione dell'art. 91 cpc, assumendosi l'esorbitanza della condanna al pagamento delle spese di primo grado e propugnandosi la estensione alle stesse della compensazione operata in grado di appello tale censura è inammissibile essendo mancato un motivo di gravame sul punto. IV — Se le suesposte argomentazioni verranno ritenute condivisibili, sussistono i presupposti a che il ricorso venga trattato in camera di consiglio per quivi esser dichiarato manifestamente infondato. Il Collegio condivide le conclusioni descritte nella relazione, contro le quali parte ricorrente non ha formulato rilievi critici. Il ricorso va dunque rigettato con vittoria di spese in favore del Condominio contro ricorrente, liquidate come indicato in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200/00 per esborsi, oltre IVA e CAP.