Anche la T.I.A. è un credito privilegiato

La T.I.A. può definirsi una mera variante della T.A.R.S.U. . Pertanto, avendo natura tributaria, deve essere ammessa al fallimento come credito privilegiato.

Il caso. La società incaricata per la gestione e la riscossione della Tariffa di igiene ambientale T.I.A. proponeva opposizione allo stato passivo di una società in fallimento, lamentando che la sua istanza era stata erroneamente accolta parzialmente, con esclusione del privilegio. Il Tribunale di Arezzo adito, però, rigettava l’opposizione e la società interessata, quindi, si rivolge alla Corte di Cassazione. La T.I.A. è un tributo? Allora va riconosciuto il privilegio. La società ricorrente sostiene che il privilegio generale ex art. 2752, comma 3, c.c. deve applicarsi ad ogni tributo corrispondente per caratteristiche e finalità a quelli indicati nel Testo Unico sulla finanza locale r.d. 1175/1931 , quindi anche alla T.I.A Infatti, se non dovesse ritenersi la T.I.A. di natura tributaria, si escluderebbe il riconoscimento di tale privilegio, applicabile ai soli crediti per tributi. Gli Ermellini, in tal senso - confermando quanto l’orientamento prevalente della stessa Corte ha più volte affermato - sostiene che la T.I.A. rientra nell’ambito di quelle entrate pubbliche, definibili tasse di scopo, che mirano a fronteggiare una spesa di carattere generale ripartendone l’onere sulle categorie sociali che da questa traggono vantaggio o che comunque determinano l’esigenza per la mano pubblica di provvedere SSUU 3151/2008 . La T.I.A.? Una variante della alla T.A.R.S.U In sostanza, non si tratta – precisa la S.C. – del corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, bensì di una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso l’imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, beneficio . Infatti, sia la Corte Costituzionale ord. nn. 238/09 e 64/10 , che le Sezioni Unite della Cassazione ord. N. 14903/10 , hanno definito la T.I.A. una mera variante della T.A.R.S.U., della quale conserva la qualifica di tributo propria di quest’ultima . Le norme civili che stabiliscono i privilegi devono applicarsi in maniera estensiva. Secondo il Collegio, infatti, il privilegio previsto dall’art. 2752, comma 3, c.c. deve essere riconosciuto anche ai crediti relativi ai tributi locali, quali la T.I.A., l’I.C.I. e l’IRAP. Pertanto, il ricorso viene accolto e, decidendo nel merito, la S.C. riconosce il privilegio al credito insinuato dalla società ricorrente al passivo del fallimento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 novembre 2011 – 17 febbraio 2012, numero 2320 Presidente Fioretti – Relatore Scaldaferri Svolgimento del processo 1. La Quadrifoglio Servizi Ambientali Area Fiorentina s.p.a., incaricata per la gestione e la riscossione della Tariffa di igiene ambientale T.I.A. nel territorio comunale di riferimento, proponeva opposizione allo stato passivo del Fallimento Gestione Servizi Turistici s.r.l. Deduceva che la sua istanza di ammissione al passivo, in via privilegiata a norma del l’articolo 2752 comma 3 cod.civ., del credito di complessivi Euro 13.794,14 relativo alle due semestralità 2007 ed alla prima semestralità del 2008 della T.I.A. era stata erroneamente accolta solo parzialmente, con esclusione del privilegio. 2. Con decreto depositato il 9 dicembre 2008, il Tribunale di Arezzo ha rigettato l'opposizione, osservando a che le Sezioni Unite della Cassazione, con ordinanza numero 3274/2006, avevano incidentalmente escluso la natura tributaria della T.I.A. b che inoltre il riferimento, contenuto nella norma del codice civile indicata dall'istante, ai crediti per imposte, tasse e tributi dei Comuni e delle Provincie previsti dalla legge per la finanza locale non può estendersi alla legislazione in generale sulla finanza locale c che quindi, in difetto di espressa previsione normativa, il privilegio dedotto non può essere riconosciuto. 3. Avverso tale provvedimento la Quadrifoglio Servizi Ambientali Area Fiorentina s.p.a. ha proposto ricorso a questa Corte ex articolo 99 l.fall. come modificato dal D.Lgs.numero 169/2007 , formulando cinque motivi. Resiste con controricorso la Curatela del Fallimento Gestione Servizi Turistici s.r.l. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Motivi della decisione 1. Dall'esposizione che precede, tratta dal ricorso in esame, emerge chiaramente come tale atto introduttivo contenga l'esposizione sommaria dei fatti della causa richiesta dall'articolo 366 comma 1 numero 3 cod.proc.civ., sì che priva di fondamento è l'eccezione di inammissibilità, per difetto di tale elemento, formulata in controricorso. 2. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2752 cod.civ. e degli articoli 12 e 14 disp. sulla legge in generale nonché vizio di motivazione. Sostiene che il privilegio generale previsto dall'articolo 2752 comma 3 cod.civ. non deve applicarsi solo ai tributi espressamente previsti dal T.U. numero 1175/1931 ma anche, in generale, ad ogni tributo corrispondente per caratteristiche e finalità a quelli indicati in tale Testo Unico, e quindi anche alla T.I.A., istituita con l'articolo 49 D.Lgs. numero 22/1997 poi sostituito con l'articolo 238 D.Lgs.numero 152/2006 , avente caratteristiche e finalità corrispondenti a quelle della tassa smaltimento rifiuti prevista dall'articolo 268 del T.U. numero 1175. 2.1 La medesima violazione delle suindicate norme di legge viene prospettata, nel secondo, terzo e quarto motivo, anche sotto altri concorrenti profili. Si sostiene che dall'assenza, nell'articolo 2752 comma 3 c.c., di una precisa indicazione degli estremi di identificazione del testo legislativo di riferimento si evince che a tale riferimento alla legge per la finanza locale deve attribuirsi un significato di rinvio non ad una specifica legge istitutiva della singola imposta ma in generale alla legislazione sui tributi locali, e dunque anche alle successive normative che abbiano imposto tributi per i quali la potestà impositiva rientri nelle materie previste dal citato Testo Unico. Ciò rientrerebbe nell'ambito della interpretazione estensiva delle norme, non già in quello di una non consentita applicazione analogica della disciplina codicistica sui privilegi. 2.2 Con il quinto motivo la ricorrente critica la affermazione secondo la quale la T.I.A. non avrebbe natura di tributo, evidenziando come, al contrario, essa partecipi dei caratteri che sono da sempre attribuiti alla tassa, in sostanziale continuità con la tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani T.A.R.S.U. e sostenendo che ciò trova rispondenza nel disposto dell'articolo 2 comma 2 D.Lgs. numero 546/1992 come modificato dall’articolo 3 bis legge numero 248/2005, che ha attribuito alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tale pretesa impositiva. Deduce anche che una diversa interpretazione di tali norme e degli articoli 2752 c.c. e 49 D.Lgs. numero 22/1997, che escludesse la natura tributaria della T.I.A. e la possibilità di interpretazione estensiva dell'articolo 2752 c.c., sarebbe in contrasto con gli articoli 3, 23 e 119 della Costituzione. 3. Il ricorso è fondato. 4. Occorre innanzitutto esaminare la questione, specificamente trattata nel quinto motivo, relativa alla natura giuridica della tariffa di igiene ambientale questione pregiudiziale, perché ove dovesse ritenersi la natura non tributaria del credito in esame dovrebbe senz'altro escludersi il riconoscimento del privilegio previsto dall’articolo 2752 comma 3 cod.civ., che si applica ai soli crediti per tributi. L'orientamento ormai largamente prevalente di questa Corte è nel senso che la T.I.A. continui a rivestire natura tributaria cfr. S.U. numero 3151/2008 Sez.5 numero 17526/2007 Sez. 1 numero 5297/2009 , rientri cioè - analogamente ai contributi consortili o al canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue - nell'ambito di quelle entrate pubbliche, definibili tasse di scopo, che mirano a fronteggiare una spesa di carattere generale ripartendone l'onere sulle categorie sociali che da questa traggono vantaggio o che comunque determinano l'esigenza per la mano pubblica di provvedere. Elemento fondamentale di ricognizione di tale collocazione sistematica è rappresentato alla luce dei principi indicati da Cass. S.U. nnumero 123/07 e 8956/07 dall'esclusione di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione dalla quale scaturisce l'onere suddetto ed il beneficio che il singolo ne riceve la T.I.A. non trova fondamento in alcun intervento o atto volontario del privato, essendo ad essa assoggettati tutti coloro che occupano o conducono immobili esistenti nelle zone del territorio comunale, a prescindere dal conferimento dei rifiuti al servizio pubblico conferimento che peraltro secondo il Regolamento approvato con D.P.R. numero 158/1999 assume rilevanza, ai soli fini della determinazione della quota di partecipazione alla spesa complessiva del servizio di igiene ambientale - comprendente anche i costi dei servizi relativi ai rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche -, non già in relazione alla quantità di rifiuti effettivamente conferita dal cittadino bensì alla produzione media comunale pro-capite. Non si tratta insomma del corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, bensì di una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull'area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, beneficio non è dato quindi individuare nella T.I.A. caratteri sostanziali di diversità rispetto alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani interni originariamente prevista dagli articoli 268 e ss. del citato T.U.numero 1175/1931, poi modificata dal D.P.R. numero 915/1982 e compiutamente riordinata dal D.Lgs. numero 507/1993 , che pure è stata soppressa dalla stessa norma, l'articolo 49 D.Lgs. numero 22/1997 poi a sua volta sostituito dal D.Lgs. numero 152/2006 , che ha istituito la Tariffa. In tal senso, la T.I.A. è stata definita sia dalla Corte Costituzionale ord. nnumero 238/09 e 64/10 sia dalle Sezioni Unite di questa Corte ord. numero 14903/10 una mera variante della T.A.R.S.U., della quale conserva la qualifica di tributo propria di quest'ultima e per questo motivo sono state ritenute infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma articolo 3 bis D.L.numero 203/2005, modificante l'articolo 2 comma 2 D.Lgs.numero 546/1992 che ha significativamente attribuito alla giurisdizione tributaria le controversie in materia di T.I.A., Né argomento contrario può trarsi dal disposto della tabella A allegata al D.P.R.numero 633/1972, che al numero 127 sexiesdecies, introdotto con D.L. numero 557/1993 convertito in legge numero 133/1994, prevede l'assoggettamento ad I.V.A. delle prestazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti sia urbani che speciali. Questa Corte ha invero già evidenziato numero 5297/09 come l'assoggettamento ad I.V.A. dell'importo corrisposto per lo smaltimento dei rifiuti - così come la eventuale natura privatistica del soggetto che gestisce il servizio - prescinde dalla natura tributaria o meno di tale onere, come dimostra il fatto che tale previsione normativa è stata introdotta quando era ancora in vigore la T.A.R.S.U., la cui natura tributaria è sempre stata indiscussa. 5. Posto quindi che di tributo si tratta, va evidenziato come anche la interpretazione dell'articolo 2752 comma 3 cod. civ. prospettata nel provvedimento impugnato - secondo cui la natura eccezionale delle norme codicistiche in materia di privilegi impedirebbe, in difetto di previsione espressa, il riconoscimento al credito in questione della causa di prelazione risulti in contrasto con l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte. La quale ha più volte, sia a sezioni unite che a sezioni semplici cfr. ex multis S.U. numero 11930/10 Sez. 1 numero 17202/11 numero 25242/10 numero 4861/10 numero 5297/09 , affermato come a le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi possano essere oggetto non già di applicazione analogica bensì di interpretazione estensiva, che sia cioè diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva anche oltre il limite apparentemente segnato dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l'intenzione del legislatore e la causa del credito che, ai sensi dell'articolo 2745 cod.civ., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio b il privilegio previsto dall'articolo 2752 comma 3 debba quindi essere riconosciuto anche ai crediti relativi a tributi locali la T.I.A., l'I.C.I., l'I.R.A.P. anche per il periodo anteriore alla modifica di cui al D.L. numero 159/2007 non compresi tra quelli contemplati dal R.D. numero 1175/1931 contenente il Testo Unico sulla finanza locale, atteso che la norma codicistica, con l'espressione legge per la finanza locale in luogo della precisa individuazione della predetta fonte normativa, intese rinviare non già ad una legge specifica istitutiva della singola imposta bensì all'atto astrattamente generatore dell'imposizione nella sua lata accezione, onde consentire l'aggregazione successiva di norme ulteriori in ragione della materia considerata, e ciò in conformità con la finalità del privilegio in questione, costantemente indicata da dottrina e giurisprudenza nel l'assicurare effettivamente agli enti locali la provvista dei mezzi economici necessari per l'adempimento dei loro compiti istituzionali e quindi ravvisabile indifferentemente sia in riferimento ai crediti per tributi previsti dal T.U. del 1931, sia per quelli per tributi istituiti da leggi successive. 6. Alla stregua di tali principi, che il collegio condivide pienamente, si impone l'accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione del decreto impugnato quindi, sussistendo le condizioni di cui all'articolo 384 cod.proc.civ., la causa può essere decisa nel merito con il riconoscimento del privilegio ex articolo 2752 comma 3 cod.civ. al credito insinuato dalla società ricorrente al passivo del fallimento. 7. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell'intero giudizio, tenuto conto della non univocità, all'epoca, degli orientamenti giurisprudenziali in materia. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, riconosce al credito della ricorrente il privilegio di cui all'articolo 2752 comma 3 cod.civ. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.