Feto malformato, genitori tenuti all'oscuro. Ma il ginecologo non è responsabile

La richiesta di risarcimento dei danni viene respinta. Madre e padre avrebbero dovuto dimostrare l'intenzione di ricorrere all'aborto anche oltre il limite dei 90 giorni.

Il feto presenta alcune anomalie , e i genitori lo scoprono solo a parto avvenuto, quando, dopo i primi vagiti, la loro bambina manifesta una grave patologia. Esiste la responsabilità del ginecologo per non aver segnalato il problema a tempo debito? E per non aver dato a madre e padre la possibilità di optare per l'interruzione della gravidanza? La risposta è positiva, almeno sulla carta, ma, in questa ottica, è indispensabile - sentenza della Cassazione, numero 18643, Terza Sezione Civile, depositata ieri - che i due genitori diano una dimostrazione concreta sulla determinazione a optare, se fosse stato possibile, per l'aborto nel periodo successivo ai primi 3 mesi di gravidanza. La gioia e poi il dramma. L'attesa che si trasforma in esplosione di felicità per l'arrivo, tanto atteso, di un figlio. Maschio o femmina? La risposta, scontata ma sincera, è L'importante è che stia bene . Ecco perché la gioia può trasformarsi in dramma, in pochi secondi. La triste vicenda riguarda una bambina e i suoi genitori. Che scoprono la grave patologia della figlia solo dopo la nascita, e accusano il ginecologo - che ha seguito la gravidanza della donna - di averli tenuti all'oscuro. Con la conseguente richiesta di risarcimento dei danni. Sia in primo che in secondo grado, però, l'istanza viene respinta, con l'affermazione che nessuna responsabilità potesse essere ascritta, nella specie, al sanitario . Se solo avessimo saputo . Per i genitori, però, la questione non può essere chiusa così. Ecco perché scelgono di affrontare ancora una tappa in questa dolorosa vicenda, presentando ricorso per cassazione e affermando che la bambina è venuta in essere con una condizione di grave menomazione che, se conosciuta tempestivamente, avrebbe potuto essere valutata in vista di una volontaria interruzione di gravidanza . In questa ottica, il ginecologo in base alle indagini ecografiche avrebbe potuto informare i genitori della malformazione , e, quindi, è riscontrabile , secondo i due genitori, una responsabilità del medico . Senza dimenticare, peraltro, il rapporto professionale di natura contrattuale con i coniugi . Alla luce di questi elementi, la richiesta di risarcimento dei danni resta ancora in piedi Decisione sicura? I giudici della Cassazione si ritrovano, quindi, ad affrontare una questione delicatissima. E, in premessa, essi mostrano di condividere la censura mossa alla sentenza impugnata in ordine alla natura della responsabilità del sanitario . Pur tuttavia, il rigetto della domanda avanzata dai genitori è confermato. Dal Palazzaccio arriva, però, anche un'integrazione importante alla sentenza d'Appello. Per i giudici, difatti, i genitori avrebbero dovuto dimostrare la loro intenzione di optare per l'aborto anche una volta superato il limite dei 90 giorni di gravidanza. Da questo punto di vista, bisogna tener presente che l'indagine ecografica rivelatrice del danno alla salute della nascitura avrebbe potuto essere eseguito soltanto al quinto mese . Quindi, i genitori avrebbero dovuto allegare e dimostrare la circostanza per la quale, trascorsi i 90 giorni dal concepimento la donna si sarebbe determinata comunque all'interruzione della gravidanza, dimostrando la ricorrenza dei necessari presupposti .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 giugno - 12 settembre 2011, n. 18643 Presidente Morelli - Relatore Travaglino Svolgimento del processo I coniugi C. e V. P. convennero in giudizio dinanzi al tribunale di S. Maria Capua Vetere il ginecologo G. V., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da lui provocati alla figlia I. conseguenti alla mancata informazione p re-nascita di cui lo stesso si era reso responsabile circa la grave patologia da cui la piccola era risultata affetta. Il giudice di primo grado respinse la domanda, ritenendo, quanto all'istanza risarcitoria proposta dai genitori nella qualità di esercenti potestà, che nessuna responsabilità potesse essere ascritta, nella specie, al sanitario, e, quanto alla domanda proposta in proprio dagli attori, che la stessa fosse ormai prescritta ai sensi dell'art. 2947 c. c La corte di appello di Napoli, investita del gravame proposto dai coniugi P., lo rigettò. La sentenza é stata impugnata dagli appellanti con ricorso per cassazione articolato in 2 motivi. La parte intimata non ha svolto in questa sede attività difensiva. Motivi della decisione Il ricorso è infondato, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta. Con il primo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il motivo si conclude, in ossequio al disposto dell'art. 366 bis c.p.c., con la seguente sintesi del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa e/o insufficiente La corte di appello di Napoli si limita a dire che la malformazione della bambina non può rappresentarsi come la conseguenza di una condotta riferibile al dott. V. ginecologo che aveva seguito la gravidanza della sig.ra M. P. o ad altri. Resta il fatto che la bambina è venuta in essere con una condizione di grave menomazione che, se conosciuta tempestivamente dai genitori, avrebbe potuto essere valutata in vista di una volontaria interruzione di gravidanza . Il ricorrente del tutto ad abundantiam, non essendo la formulazione di un quesito di diritto richiesta dalla norma ex art. 366 bis quando il vizio denunciato appartenga alla species di cui all'art, 360 comma 3 n. 5 c.p.c. formula, a conclusione dell'esposizione del motivo, il seguente quesito di diritto Dica la suprema corte di cassazione se il dott. G. V., in base alle .indagini ecografiche, avrebbe potuto informare correttamente i sigg, P. della malformazione della nascitura. In caso di risposta affermativa al suddetto quesito, dica la suprema corte di cassazione se è riscontrabile una responsabilità del medico che ha avuto la sig M. in gravidanza. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della responsabilità contrattuale. Il motivo - che si conclude con il seguente quesito di diritto dica la Corte se il dott. G. V. ha instaurato un rapporto professionale di natura contrattuale con i coniugi oppure con la sola sig.ra M. P. e . se il risarcimento dei danni richiesto dai coniugi ricada nella prescrizione decennale - è fondato in diritto, ma il suo accoglimento non può condurre alla auspicata riforma della sentenza impugnata. Premessa la con divisibilità della censura mossa alla sentenza oggi impugnata in ordine alla natura della responsabilità del sanitario nel caso di specie, osserva la corte - in tal guisa modificando ed integrando la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo di rigetto della domanda risarcitoria risulta conforme a diritto - che, in limine, è mancato del tutto, da parte degli odierni ricorrenti, l'allegazione e la dimostrazione, sia pur in via presuntiva della circostanza per la quale, trascorsi i 90 giorni dalla data del concepimento sulla premessa che l'indagine ecografica rivelatrice del danno alla salute della nascitura oggi lamentato avrebbe potuto essere eseguito soltanto al quinto mese , la signora P. si sarebbe determinata comunque all'interruzione della gravidanza dimostrando la ricorrenza dei necessari presupposti nonostante il divieto imposto dalla legge quoad tempus. Trattasi di circostanza rilevabile ex officio, la cui rilevazione in questa sede impone, pertanto, il rigetto del ricorso. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio, non avendo la parte intimata svolto alcuna attività difensiva. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso. Nulla spese.