Sull'applicazione delle tabelle di Milano la Cassazione avanza in ordine sparso

di Renato Savoia

di Renato Savoia * Non più tardi di due mesi fa avevamo salutato con favore l'intervento della Cassazione numero 12408/11 e numero 14402/11 che sembrava aver sposato con convinzione l'applicabilità su tutto il territorio nazionale della tabella di risarcimento in uso presso il Tribunale di Milano. Se è arrivata, nel frattempo, una ulteriore conferma da parte della Terza Sezione della Cassazione Civile con la sentenza numero 17879, depositata il 31 agosto, occorre però anche segnalare una, sempre recente, decisione in senso contrario, ovvero la numero 16866 pubblicata il 2 agosto , emessa dalla Sezione Lavoro. A dirla tutta, visto che nelle due ultime sentenze citate non si fanno riferimenti incrociati alle altre ultime pronunce, onestamente all'interprete sorge il dubbio che le diverse sezioni della Cassazione funzionino a compartimenti stagni . Se così fosse, una maggiore coordinazione sarebbe, davvero!, auspicabile. Se, invece, si tratta effettivamente di differenti orientamenti, allora è il caso che la questione venga rimessa quanto prima alle Sezioni Unite, affinché si giunga ad un unico orientamento. Il primo orientamento, sentenza 16866/11 il Giudice deve motivare la scelta di usare tabelle di un altro ufficio giudiziario. Naturalmente negli atti processuali è normale che non si trovino riferimenti alle recentissime sentenze della Cassazione. Meno che non si trovino anche nella motivazione, se non altro per discostarsene motivatamente. Il caso è quello dell'applicazione della tabella di Firenze, fatta dalla Corte d'Appello, in riforma della sentenza del Tribunale di Siena che invece aveva applicato la tabella di Milano. La Sezione Lavoro, premessa la rituale affermazione sull'applicabilità dei criteri standardizzati alias tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale, ancorché non rientrino nelle nozioni di fatto di comune esperienza, né risultano recepite in norme di diritto e semprechè altra formula tralatizia , alla fine, il giudice territoriale si ricordi di personalizzare il danno, afferma poi che il giudice territoriale non ha bisogno di motivare l'uso delle tabelle normalmente utilizzate presso tale ufficio, mentre laddove decida di dissociarsene scegliendo di adottare altre tabelle nel caso di specie quelle di Milano deve dare ragione della diversa scelta . E la mancata motivazione della diversa scelta, alla fine, è la giustificazione adottata per non applicare nel caso di specie le tabelle di Milano. Non si tiene conto della necessità di utilizzare un criterio nazionale uniforme. Come si può leggere nella motivazione della sentenza, non una riga è spesa per confutare l'argomentazione della necessità di avere un criterio uniforme su tutto il territorio nazionale. Insomma una sentenza che, come già detto sopra, non tiene in benché minimo conto le recenti pronunce della Terza Sezione il che non contribuisce ad aiutare l'interprete e tutti coloro, avvocati e giudici in primis, che si trovano con il problema concreto di quale tabella applicare, con il rischio quindi di un esponenziale incremento della conflittualità. Il secondo orientamento, sentenza 17879/11. Conforme alle precedenti pronunce. La seconda sentenza, di segno opposto rispetto alla Sezione Lavoro e, quindi, nel solco invece delle già citate numero 12408/11 e numero 14402/11, prende spunto da una vicenda processuale in primo grado presso il Tribunale di Siracusa e poi alla corte d'Appello di Catania. Tabelle milanesi come parametro di valutazione da utilizzare per garantire parità di tratttamento. Nella motivazione, quasi a voler confermare l'impressione che si stia tentando da parte della Terza Sezione di creare un orientamento, si fa espresso riferimento alla precedente sentenza numero 12408/11 per poi affermare, relativamente alle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, questa Corte ha riconosciuto il rango di parametri di valutazione da utilizzare, pur con gli opportuni adattamenti al caso concreto, in difetto di previsioni normative, al fine di assicurare parità di trattamento nella liquidazione del danno non patrimoniale . Quindi in netto contrasto con quanto affermato dalla Sezione Lavoro. Come detto, il contrasto andrà risolto, e possibilmente in tempi rapidi. Cosa si chiede con la formula risarcimento del danno . Un altro spunto di interesse della sentenza numero 17879/11 è dato dal terzo motivo di appello formulato dalla Compagnia Assicurativa, relativamente alla formulazione della domanda introduttiva. Ebbene, sul punto la Cassazione conferma che la richiesta di risarcimento del danno deve intendersi riferita a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta . Eventuali voci specifiche hanno meramente valore esemplificativo, a meno che la specificazione si presti ad essere ragionevolmente intesa come volontà di escludere dal petitum le voci non menzionate . A questo punto, evidentemente, il problema sarà poi nell'interpretare quel ragionevolmente intesa , e sarà compito dei giudici territoriali. Nel dubbio, l'avvocato farà meglio a non dimenticarsi le voci di danno, o almeno ad utilizzare formule di chiusura che salvaguardino il suo cliente. * Avvocato Sullo stesso argomento leggi anche - Per il risarcimento del danno non patrimoniale Milano sempre più nazionale, di Renato Savoia, DirittoeGiustizi@ 2 luglio 2011 - Risarcimento danni tabelle milanesi erga omnes, di Giampaolo Di Marco, DirittoeGiustizi@ 11 giugno 2011