La ragionevole durata non è un parametro fisso: bisogna valutare la complessità del processo

Ci sono degli standards di durata media ragionevole per ogni fase del processo, ma la particolare complessità del singolo procedimento può giustificare una dilatazione dei tempi.

In tema di equa riparazione, anche se ci sono degli standard di durata media ragionevole del processo, quando questo si sia articolato in vari gradi e fasi occorre considerare l'intero svolgimento e tutti gli elementi che possono influire sulla complessità del caso, rendendo giustificabile una maggiore durata dell'intero procedimento. È il principio espresso dalla sentenza n. 14534 della Corte di Cassazione, depositata il 4 luglio scorso. La fattispecie. Un magistrato ordinario chiedeva l'equa riparazione per la durata non ragionevole di un procedimento disciplinare cui era stato sottoposto. La Corte d'Appello di Roma, però, rigettava la domanda, considerando che, data la complessità del procedimento, la sua durata doveva ritenersi congrua. Il magistrato proponeva ricorso per cassazione avverso quella decisione. La durata ragionevole non è determinabile in modo univoco. Il Collegio, nel confermare la pronuncia dei giudici di merito, richiama un principio ormai consolidato, in base al quale, in tema di equa riparazione, la durata ragionevole di un processo non può essere stabilita secondo un giudizio rigido e predeterminato pur essendo possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, è necessario avere riguardo all'intero svolgimento del processo stesso, valutando complessivamente come si è articolato, in fasi e gradi, e sommando globalmente tutte le durate. Occorre considerare la complessità del singolo processo. La suddetta valutazione, poi, non può prescindere da una considerazione analitica di quegli elementi che possono aver contribuito ad accrescere la complessità del caso e, quindi, ad allungare la durata del procedimento, senza che ciò comporti automaticamente la violazione del principio di ragionevolezza è il caso, ad esempio, in cui il procedimento si sia articolato in più fasi, di merito e di legittimità, compreso un rinvio ad altra sezione di merito per una nuova valutazione o, ancora, in cui vi siano state sospensioni del procedimento, in attesa di una sentenza penale o di una pronuncia della Consulta su una questione di legittimità, come è avvenuto nel caso di specie. Non c'è stata violazione del principio di ragionevole durata. La S.C. osserva, in proposito, che i giudici di merito non si sono sottratti alla necessità di compiere una valutazione di sintesi dell'intera durata del procedimento e che, anzi, hanno espresso un giudizio di congruità, sulla base delle date dell'effettiva scansione per fasi e gradi, della sospensione determinata dalla definizione del processo penale e dalla rimessione alla Corte Costituzionale, nonché del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione per ben due volte proposto dall'incolpato . In considerazione di queste valutazioni, non risultano violati i parametri normativi di ragionevole durata del processo e, pertanto, il ricorso viene rigettato.