No all'esdebitazione per il fallito ostruzionista

L'imprenditore fallito, che ha tenuto comportamenti volti a ostacolare o ritardare la procedura concorsuale, non può richiedere la liberazione dei debiti residui.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11279/11 del 23 maggio, ribadisce che non può essere concesso il beneficio della liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori insoddisfatti al fallito che abbia tenuto un comportamento volto a ritardare lo svolgimento della procedura concorsuale. Il caso. Il Tribunale di Rimini rigettava l'istanza di ammissione al beneficio di esdebitazione ex art. 142 L.F. proposta da una coppia di soci dichiarati falliti, ritenendo che gli istanti avevano tenuto una condotta volta a ritardare e ostacolare lo svolgimento della procedura. La Corte d'Appello confermava la decisione di I grado e i due soci proponevano ricorso per cassazione. Per l'esdebitazione sono richiesti dei requisiti. Il Collegio, nel confermare la decisione dei giudici di merito, richiama l'art. 142 L.F., in base al quale il fallito che voglia essere ammesso al beneficio della liberazione dei debiti residui non deve aver in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura . Precisa, inoltre, che la portata di tale norma deve intendersi in senso ampio, poiché ricomprende tutti quei comportamenti antigiuridici che abbiano determinato una irragionevole durata del fallimento, e che al termine ritardare va equiparato ostacolare . Condotte antigiuridiche precludono l'ammissione al beneficio. La Cassazione, come già avevano fatto i giudici di merito, ha ravvisato nei comportamenti tenuti dai falliti una serie di fatti ostativi alla concessione del beneficio in oggetto. No ad azioni giudiziarie pretestuose. In particolare, i ricorrenti hanno presentato un reclamo ex art. 26 L.F. avverso il decreto di trasferimento degli immobili acquisiti al fallimento, così avviando un procedimento che si è rivelato poi pretestuoso e destituito di fondamento circostanza, questa, che concorre a rivelare l'intenzione di ritardare lo svolgimento della procedura. No ad atti di disposizione del patrimonio discutibili. Indicativa della stessa finalità dilatoria, e quindi antigiuridica, è l'ulteriore circostanza che i ricorrenti, pur consapevoli dello stato di crisi irreversibile in cui versava la loro impresa, anziché chiedere il fallimento hanno affittato al figlio l'azienda e gli immobili di proprietà, concordando canoni del tutto inadeguati, senza tener conto del dovere, imposto agli imprenditori, di astenersi dal compiere tutti quegli atti che possono in qualche modo ritardare o pregiudicare la liquidazione dei beni dell'impresa . La condanna per bancarotta fraudolenta è un precedente significativo. Infine, il Collegio precisa che la sentenza, emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. per il reato di bancarotta fraudolenta a carico dei due soci, se anche non può avere efficacia nel giudicato del processo civile, costituisce pur sempre un utile indizio sulla condotta, anche passata, tenuta dai ricorrenti. Il beneficio di ammissione all'esdebitazione, pertanto, non può essere concesso nel caso in esame e il ricorso viene, quindi, rigettato.