Credito IVA: la cessione con funzione solutoria è revocabile

di Elisa Ceccarelli

di Elisa Ceccarelli * La vicenda. Nel caso in esame, avvenuto nella vigenza della vecchia legge fallimentare, il curatore di una società fallita conveniva in giudizio una banca con la quale quella società intratteneva rapporti di conto corrente per sentir revocare ex art. 67, comma1, n. 2 legge fallimentare, la cessione, intervenuta in data 8 giugno 1995, in favore della convenuta di un credito IVA di lire 204.445.307, in quanto avente finalità esclusivamente solutorie . In quel giudizio la Banca si era difesa sostenendo che quella cessione era stata concordata a garanzia di affidamento contestuale richiestole dalla correntista, la quale già usufruendo sul suo conto, acceso nell'ottobre 1994, di un affidamento per lire 40.000.000, aveva chiesto ed ottenuto nel luglio 1995 un ulteriore fido di lire 200.000.00 sotto forma di anticipo in lire/valuta e che, in ogni caso, la cessione di un credito IVA non avrebbe potuto essere ritenuto anomalo in quanto frequente nella prassi bancaria . Se il credito ha natura solutoria. In primo grado il Tribunale di Trani, in accoglimento della domanda revocatoria, aveva dichiarato l'inefficacia dell'atto e, quindi, aveva condannato la Banca alla restituzione della sorte capitale e degli interessi sentenza confermata dalla Corte di appello di Bari che evidenziò che la cessione era da considerare irrevocabile e pro solvendo nell'ambito di un rapporto debitorio molto più consistente di quel credito ceduto. Inoltre, la Corte territoriale ritenne, da un lato, provata la natura solutoria della cessione e la sua non sussumibilità tra i mezzi normali di pagamento e, d'altro lato, non provata la ignoranza dello stato di insolvenza da parte della Banca, evidenziando come piuttosto sussistessero molteplici elementi di prova della effettiva conoscenza . La Banca decide, quindi, di proporre ricorso per Cassazione affidato a tre motivi. Con il primo censura la sentenza per aver erroneamente affermato la natura solutoria della cessione quando invece avrebbe dovuto essere affermata la natura di garanzia di un affidamento contestuale. Con il secondo motivo censura la sentenza per aver ritenuto anormale l'operazione consista nella cessione di un credito IVA. Ed infatti, per la banca ricorrente nella prassi commerciale e bancaria tale operazione è ormai divenuta usuale, tanto più che il rimborso IVA costituisce oggetto di un diritto soggettivo, completamente disponibile . Con il terzo motivo, infine, contesta l'accertamento compiuto dalla Corte territoriale in ordine all'esistenza dello stato di conoscenza dell'insolvenza della società poi dichiarata fallita. Senonché, la Suprema Corte con la sentenza in esame ritiene i motivi infondati e, quindi, rigetta il ricorso condannando la Banca alle spese di giudizio. Anomala la cessione di credito effettuata in funzione solutoria. Infatti, per la Cassazione la cessione di credito effettuata in funzione solutoria, cioè, per estinguere un debito pecuniario scaduto ed esigibile si caratterizza come anomala rispetto al pagamento effettuato in danaro o con titoli di credito considerati equivalenti . E ciò perché il relativo processo satisfattorio non è usuale - a prescindere dalla maggiore o minore affidabilità della posizione creditoria trasferita - alla stregua delle ordinarie transazioni commerciali. Cessione soggetta a revocatoria fallimentare. Ne deriva per la S.C. che ove non sia stata prevista come mezzo di estinzione contestuale al sorgere del debito così estinto [la cessione] è soggetta a revocatoria fallimentare anche se pattuita contestualmente alla concessione di ulteriore credito ma in presenza di un debito del cedente nei confronti del cessionario . Conoscenza dello stato di insolvenza su chi grava l'onere della prova? Con riferimento, infine, alla prova della conoscenza dello stato di insolvenza della società poi fallita la Corte di cassazione afferma che sarebbe stato onere della Banca dimostrare la sua mancata conoscenza. Più precisamente, anche per evitare una prova di un fatto negativo, sarebbe stato onere della Banca dimostrare circostanze esterne concrete e specifiche, ad essa note, tali da far ritenere ad un soggetto dotato della competenza professionale propria di una Banca che la [società poi fallita] si trovasse [ ] in una situazione di normale esercizio di impresa . * Dottoranda di ricerca in diritto dell'economia nell'Università di Pisa