Il diritto al tempo libero non esiste: è pura immaginazione

Escluso il risarcimento dei danni per la perdita del tempo libero subita da un avvocato, che aveva perso 4 ore per farsi riattivare la linea adsl a causa delle informazioni sbagliate fornite dall'operatore telefonico.

Escluso il risarcimento dei danni per la perdita del tempo libero subita da un avvocato, che aveva perso 4 ore per farsi riattivare la linea adsl a causa delle informazioni sbagliate fornite dall'operatore telefonico il diritto al tempo libero non esiste. Si è così espressa la Terza sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9422 del 27 aprile. La fattispecie. Un avvocato, che aveva perso quattro ore per farsi riattivare la linea adsl di Telecom a causa delle informazioni sbagliate fornite dall'operatore telefonico, chiedeva il risarcimento dei danni per la perdita del tempo libero. Il Tribunale prima, la Corte d'appello poi e giudici di legittimità da ultimo rigettavano la domanda, riconoscendo solo il diritto al risarcimento dei danni subiti per l'illegittima sospensione delle linee telefoniche urbane e per le errate informazioni ricevute. I diritti inviolabili fondano la persona umana. In particolare, la Suprema Corte afferma i diritti inviolabili sono quei diritti o interessi che l'ordinamento riconosce, garantisce e tutela con efficacia erga omnes, perché fondanti la persona umana, che presenta una sua dignità, la quale fa da presupposto ineludibile per il loro esercizio e la loro attuazione. Il tempo libero non è un diritto fondamentale. Non solo la Costituzione italiana, ma anche la Convenzione Europea sui diritti dell'uomo, il Trattato di Lisbona con la Carta di Nizza, la Carta sociale Europea non consentono di ritenere il diritto al tempo libero come diritto fondamentale dell'uomo e, nella sola prospettiva costituzionale, come diritto costituzionalmente protetto, e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l'impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione . Si tratta di un'opzione rimessa al singolo individuo. Questa sua caratterizzazione di autonoma opzionalità lo distingue dai diritti inviolabili, che sono, per natura, diritti irretrattabili della persona, perché ne fondano la giuridica esistenza sia dal punto di vista della identità individuale che della sua relazionalità sociale. Ma non basta. Il diritto a vivere felici e contenti come il diritto al tempo libero è pura utopia. La Suprema Corte ricorda anche che i fastidi della vita quotidiana integrano solo un attentato a diritti immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità in definitiva, il diritto ad essere e vivere felici . In questi casi, se manca un'espressa previsione legislativa, la lesione di un tale immaginario diritto non è fonte di responsabilità risarcitoria. Fantasioso, tra l'altro, anche il conteggio operato dall'avvocato le quattro ore perse avrebbero dovuto essergli liquidate come un'ora di lavoro maggiorata del 40% dello straordinario. Niente risarcimento per le ore perse a risolvere i guasti telefonici. In conclusione, per gli Ermellini va escluso il risarcimento per un problema che si manifesta con preoccupante frequenza nella vita quotidiana, per cui gli utenti sono costretti a trascorrere ore a stare in coda, per un periodo di tempo tale da diventare causa primaria della oggettiva insufficienza di ogni giornata ad adempiere alle proprie incombenze lavorative .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 marzo 27 aprile 2011, numero 9422 Presidente Filadoro Relatore Uccella Svolgimento del processo Con sentenza del 3 marzo 2005 il Tribunale di Milano in parziale accoglimento della domanda proposta da S.N.M. volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguiti della illegittima sospensione di linee telefoniche urbane dal 19 settembre al 21 settembre 2001 nonché per le errate informazioni fornite dal tecnico Telecom sull'operatività della nuova linea ADSL Smart, con conseguenti interventi sostitutivi, condannava la Telecom al risarcimento degli stessi, escludendo il preteso danno per perdita del tempo libero, trattandosi, argomentava il Tribunale,di un bene la cui lesione non era suscettibile di valutazione economica e che non rientrava nel novero dei danni risarcibili perché non si verteva in ipotesi di valori della persona dalla valenza costituzionale. Su gravame dello S. la Corte di appello di Milano il 29 febbraio 2008 confermava la sentenza. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione lo S., affidandosi ad un unico motivo. Resiste con controricorso la Telecom. Motivi della decisione Con l'unico motivo insufficiente ed incongrua motivazione art. 360 numero 5 c.p.c. il ricorrente si duole che erroneamente il giudice dell'appello non avrebbe riconosciuto in capo a lui il diritto al tempo libero come vero e proprio diritto soggettivo, non riconducibile ai diritti della personalità tutelai dagli artt. 2 e 3 Cost. e non dotati di autonoma caratterizzazione, anche perché, esaminando la domanda dell'attore, in parte qua, il giudice avrebbe rinvenuto,, erroneamente, a suo avviso, una contraddizione, in quanto il criterio risarcitorio a tal fine si sarebbe basato sul valore dell'ora di lavoro maggiorato del 40%. Questa, in estrema sintesi, la doglianza, con la quale si censura la sentenza anche per non avere determinato il danno secondo il disposto dell'art. 1226 c.c In punto di fatto, la richiesta di risarcimento per perdita del tempo libero riguarda la perdita di quattro ore di tempo libero da calcolare come ore di straordinario. Osserva il Collegio che il motivo non merita accoglimento. Al riguardo, va posto in rilievo che i diritti inviolabili dalla valenza costituzionale sono quelli non solo positivizzati, ma anche che emergono dai documenti sovranazionali, quali interpretati dai giudici nella loro attività ermeneutica. Si tratta di diritti o interessi che l'ordinamento non solo riconosce, ma garantisce e tutela con efficacia erga omnes, proprio perché fondanti la persona umana, che presenta una sua dignità, la quale fa da presupposto ineludibile per il loro esercizio e la loro attuazione. Ciò posto, la normativa costituzionale da un iato, le norme della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo, lo stesso Trattato di Lisbona con l'allegata e giuridicamente vincolante Carta di Nizza, la Carta sociale Europea aggiornata nel 1999, dall'altro, non consentono di ritenere il diritto al tempo libero come diritto fondamentale dell'uomo e, nella sola prospettiva costituzionale, come diritto costituzionalmente protetto e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l'impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione. Questa sua caratterizzazione di autonoma opzionalità lo distingue dai diritti inviolabili, che sono, di per sé, eccetto i limiti posti dalle leggi, che, comunque con essi si devono confrontare, pena la loro disapplicazione, diritti irretrattabili della persona,, perché ne fondano la giuridica esistenza sia dal punto di vista della identità individuale che della sua relazionalità sociale. Lo stesso inserimento nella Carta di Nizza dei diritti ricavati dalle Carte sociali adottate nell'ambito dell'Unione Europea e del Consiglio d'Europa da tenere presenti anche dall'interprete interno, per l'apertura internazionalistica del nostro sistema non prevede tra i diritti tutelati il diritto al tempo libero , mentre rafforza il tempo impiegato nel lavoro, peraltro già oggetto di specifica tutela costituzionale. Ciò posto in linea di pura teoria del diritto, va affermato che il richiamo all'autorevole sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte S.U. numero 26972/08 non appare conferente per il caso di specie, anzi la decisione sembra rafforzativa della sentenza impugnata. Infatti, sulla base delle argomentazioni svolte negli ultimi tempi dalla dottrina e dalla giurisprudenza, le Sezioni Unite riconoscono la tutela risarcitoria, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente ed, aggiunge questo Collegio, internazionalmente riconosciuta e qualificata. Invero, nella motivazione, le Sezioni Unite escludono ogni risarcibilità proprio per quello che il ricorrente definisce un problema che si manifesta con preoccupante frequenza nella vita quotidiana, per cui gli utenti sono costretti a trascorrere ore a stare in coda, tanto che sta assurgendo a causa primaria della oggettiva insufficienza di ogni giornata ad adempiere alle proprie incombenze lavorative p.7 ricorso . Infatti, il ricorrente invoca i fastidi della vita quotidiana che, per le Sezioni Unite integrano solo un attentato a diritti immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità in definitiva, il diritto ad essere e vivere felici. In questi casi, se non prevista dalla legge, la lesione di un tale immaginario diritto non è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale. Quanto sopra osservato rende irrilevante l'assunto del ricorrente circa l'obbligo del giudice del merito di applicare l'art. 1226 c.c. assunto, peraltro, infondato, perché, come rileva la resistente, il ricorrente non ha neppure allegato e provato il danno eventualmente subito nelle quattro ore in cui non ha potuto godere, a suo dire, del c.d. diritto al tempo libero v. S.U. numero 26972 cit. ed anche nel ricorso non allega alcuna circostanza dell'effettivo danno. Del resto, osserva il Collegio che la domanda del ricorrente si presenta contraddittoria. Infatti, egli ha chiesto di determinare il danno sulla base del criterio dell'ora lavorativa maggiorata del 40%. E su questo, corretta è la risposta dei giudice dell'appello, il quale qualifica la domanda come eventuale richiesta di perdita di chances, peraltro, mai oggetto di contraddittorio tra le parti. Su questo capo della sentenza è suggestiva, dal punto di vista dialettico, la censura del ricorrente, con la quale egli evidenzia che tale richiesta fu fatta solo per valorizzare le ore del tempo libero, applicando la stessa maggiorazione prevista per le ore straordinarie. Infatti, è evidente che l'eventuale risarcibilità del tempo libero non può nemmeno analogicamente essere riferita al valore delle ore di lavoro straordinario, per la contraddizione tra il suo elemento caratterizzante la libertà da ogni occupazione retribuita e l'incremento patrimoniale voluto dal soggetto con il sottoporsi alle ore di lavoro straordinarie v.p. 8 sentenza impugnata . Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 600 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.