Tabelle millesimali errate: via libera all'azione per indebito arricchimento contro chi non paga le spese

di Donato Palombella

di Donato Palombella * Il Condominio che intende far valere le proprie ragioni contro il singolo condomino che si è avvalso di un errore nelle tabelle millesimali per non concorrere alle spese, può intraprendere l'azione di indebito arricchimento. L'azione per la revisione delle tabelle millesimali non ha effetto retroattivo l'eventuale pronuncia positiva, pertanto, si risolverebbe in un nulla di fatto. A stabilirlo è stata la terza sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5690 resa il 4 febbraio e depositata in cancelleria il successivo 10 marzo 2011 disponibile tra i documenti correlati . Il fatto. Il Condominio delibera l'esecuzione di alcuni lavori di manutenzione straordinaria senza accorgersi che le tabelle millesimali - poste a base dei conteggi per la ripartizione delle spese - contengono un errore. Così un fortunato condomino resta addirittura escluso dalla partecipazione alle spese comuni e, facendo affidamento sull'errore, crede di farla franca. Chiusi i conti il Condominio, avvedutosi del problemino in cui è incorso, decide di recuperare la quota del condomino escluso. In linea di principio, sarebbero esperibili due alternative. Procedere alla revisione delle tabelle millesimali e/o promuovere l'azione di indebito arricchimento nei confronti del condomino recalcitrante. Revisione delle tabelle millesimali effetti dell'azione di revisione. L'articolo 69 disp. att. cod. civ. prevede che le tabelle millesimali possano essere rivedute o modificate, anche nell'interesse di un solo condomino, quando vi sia un errore ovvero nell'ipotesi in cui, a seguito delle mutate condizioni di una parte dell'edificio, il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano risulti notevolmente alterato. Occorre peraltro tener presente che l'azione diretta a far accertare la erroneità delle tabelle millesimali, nel caso in cui le spese siano già state deliberate dall'Assemblea del Condominio come accaduto nel caso in esame , non comporterebbe alcun elemento a favore del Condominio. Non solo sarebbe necessario correre l'area del giudizio ma, quel che è peggio, occorrerebbe attendere i tempi necessari per arrivare ad una sentenza definitiva e attendere che sulla stessa scenda il giudicato. E vi è di più. La sentenza che accerta l'erroneità delle tabelle millesimali ed accoglie la domanda di revisione delle stesse, infatti, ha natura costitutiva e non dichiarativa con la conseguenza che gli effetti della sentenza, quand'anche favorevole per il Condominio, non avrebbero alcun effetto retroattivo. Questa strada potrebbe essere percorribile solo nell'ipotesi in cui non ci sia una urgenza nell'eseguire i lavori. In tal caso il Condominio potrebbe utilmente proporre azione per la revisione delle tabelle millesimali ed attendere i tempi tecnici necessari per ottenere una pronuncia favorevole. A questo punto, ottenute delle tabelle corrispondenti alla situazione reale delle singole proprietà, l'Assemblea potrebbe deliberare l'esecuzione dei lavori ripartendo le spese in base alla nuova ripartizione delle spese. Ovviamente sarebbe percorribile una strada diversa e certamente più ragionevole. L'Assemblea del Condominio potrebbe deliberare di addivenire ad una nuova definizione delle proprietà millesimali affidando ad un tecnico la redazione delle nuove tabelle millesimali. E' altrettanto ovvio che, in materia di condominio, raggiungere un compromesso onorevole e condiviso da tutti i partecipanti alla comunione è solo una pia illusione. Fortunatamente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 agosto 2010 n. 18477 pubblicata su D& G del 7 settembre 2010 , ha effettuato un cambio di rotta epocale ritenendo sufficiente che la delibera assembleare che decide di procedere alla modifica dei valori millesimali possa essere assunta con la maggioranza qualificata dei condomini prevista dall'art. 1136 c.c., comma 2. Di conseguenza, non è più necessaria l'unanimità dei consensi. L'azione di indebito arricchimento. Passiamo al caso in esame. Il Condominio si accorge dell'errore contenuto nelle tabelle millesimali quando è ormai troppo tardi per procedere alla revisione i lavori sono già stati deliberati dall'Assemblea del Condominio! In tale ipotesi, l'unica strada per ottenere la partecipazione alle spese da parte del condomino escluso dalla ripartizione a causa dell'errore contenuto nelle tabelle, rimarrebbe quella di promuovere un'azione di indebito arricchimento ex art. 2041 cod. civ. . La norma impone a chi si è arricchito senza giusta causa, a danno di un terzo, di indennizzarlo - nei limiti dell'arricchimento - per la diminuzione patrimoniale subita. Ed è proprio ciò che è accaduto nel caso in esame. A causa dell'errore, il condomino escluso ha ottenuto un ingiusto risparmio mentre, per converso, la posizione di tutti gli altri condomini è stata ingiustamente aggravata. La Cassazione, con la sentenza in commento, ha ritenuto esperibile l'azione di indebito arricchimento prevista dall'art .2041 cod. civ. per ripristinare l'equilibrio tra tutti i partecipanti alla comunione. ? Giurista d'impresa

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 febbraio - 10 marzo 2011, n. 5690 Presidente Trifone - Relatore Filadoro Svolgimento del processo Con sentenza 16-27 settembre 2005, la Corte di appello di Roma rigettava l'appello principale proposto dalla società immobiliare Romana servizi s.r.l. avverso la decisione del Tribunale di Velletri n. 46 del 2004 che aveva condannato la società a rimborsare al Condominio, di via OMISSIS , la somma liquidata al condomino M.L., a titolo di risarcimento del danno subito dal proprio appartamento, in seguito a copiose infiltrazioni di acqua provenienti dal muro esterno dell'edificio . Ad avviso del Tribunale, la società - costituendosi in giudizio - aveva eccepito in primo grado la prescrizione della azione proposta dal Condominio, con riferimento al termine di cui all'art. 1667 c.c. due anni dal giorno della consegna dell'opera . Il Tribunale aveva qualificato l'azione proposta dal Condominio quale azione di responsabilità del committente nei confronti dell'appaltatore rigettando la eccezione di prescrizione biennale, di cui all'art. 1667 c.c., prevista in caso di difformità e vizi dell'opera. Rilevavano i giudici di appello che la società immobiliare Romana servizi non aveva contestato la qualificazione dell'azione data dal Tribunale, sostenendo tuttavia che - fermo restando il divieto di porre a base della decisione fatti diversi da quelli dedotti dalle parti - il primo giudice avrebbe dovuto individuare di ufficio il tipo di prescrizione concretamente applicabile quello, più breve di un anno dalla denuncia, di cui all'art. 1669 c.c. relativo alla rovina e difetti gravi dell'immobile . I giudici di appello rilevavano che la comparsa di costituzione della società immobiliare Romana servizi in primo grado non conteneva, in fatto, specifiche indicazioni dalle quali potesse desumersi chiaramente la intenzione della società di volersi avvalere del più breve termine di prescrizione, ed in particolare di quello previsto dall'art. 1669 c.c Una diversa valutazione operata, di ufficio, dal giudice avrebbe comportato, conseguentemente, una violazione del principio del contraddittorio. Inoltre la eccezione di prescrizione, sollevata questa volta - ai sensi dell'art. 1669 c.c. in appello, doveva considerarsi preclusa dal divieto di nuove eccezioni di cui all'art. 345 c.p.c. riguardando circostanze non indicate nel giudizio di primo grado. Per queste ragioni la Corte territoriale rigettava l'appello principale della immobiliare Romana servizi. Quanto all'appello incidentale proposto dal Condominio nei confronti del L., il primo giudice aveva rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto relativa al pagamento di somme dovute e non versate, in relazione ai lavori di ristrutturazione dell'immobile sul rilievo che le tabelle millesimali non contemplavano la quota del L. e che le nuove tabelle non potevano trovare applicazione con riguardo a spese che risultavano già deliberate e affrontate dal Condominio in base alle vecchie tabelle. Le argomentazioni del primo giudice non tenevano conto del fatto che sussistevano tutti i presupposti per l'esercizio dell'azione di indebito arricchimento, in mancanza di un titolo specifico sul quale potesse fondarsi la azione contrattuale. In effetti, il L. aveva ingiustamente conseguito, in danno del Condominio, un risparmio di spesa, integralmente sostenuta, causa il suddetto errore nella composizione delle tabelle millesimali, dagli altri condomini. Pertanto, in considerazione della validità della delibera di ripartizione delle spese effettuata n conformità delle vecchie tabelle, il Condominio non aveva altro rimedio per conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito che quello di esperire l'azione di indebito arricchimento. Nessuna contestazione era stata sollevata dal L. in ordine al risparmio di spesa, indicata dal Condominio in Euro 12.541,12, somma sulla quale dovevano decorrere interessi e rivalutazione dalla data dell'esborso, trattandosi di debito di valore da liquidarsi alla stregua dei valori monetari in atto al momento della pronuncia. Per queste ragioni, la Corte territoriale accoglieva integralmente l'appello incidentale proposto dal Condominio. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il L. con due distinti motivi. Resiste con controricorso il Condominio. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 2041 c.c Il giudice di secondo grado aveva ritenuto di accogliere l'appello incidentale del Condominio, ritenendo che tale tipo di azione trovasse fondamento, oltre che nella mancanza di una causa giustificatrice dell'arricchimento da parte del L. in danno del Condominio, nella mancanza di un titolo specifico sul quale potesse essere fondata la azione contrattuale. Nel caso di specie difettavano tutti i requisiti previsti per l'azione di indebito arricchimento. Mancavano, nel caso di specie sia la residualità della azione che la unicità del fatto che si realizza quando vi sia uno stretto nesso di causalità tra fatto ed arricchimento, da un lato, e depauperamento, dall'altro . Mancava, inoltre, il requisito della generalità, essendosi in presenza di una espressa pattuizione contrattuale e di un conseguente titolo giuridico tale da giustificare la modificazione patrimoniale la proprietà del L. non era ricompresa nell'elenco delle unità immobiliari, redatto ai fini del risarcimento dei danni di guerra, quando la costruzione dell'appartamento del ricorrente non era stato realizzato . In presenza delle valide tabelle millesimali, doveva escludersi che il L. avesse conseguito un indebito arricchimento. Ai fini della ammissibilità dell'azione di indebito arricchimento, occorre la presenza di alcuni requisiti, tutti assenti nel caso di specie. Occorre uno stretto nesso di causalità ed immediatezza tra fatto ed arricchimento e depauperamento. Le opere di ristrutturazione dell'intero immobile erano state effettuate senza alcuna contestazione ed erano state regolarmente pagate da tutti i condomini in base alla ripartizione delle spese effettuata deliberata. La divergenza tra i valori reali dei piani o delle porzioni di piano di un edificio condominiale rapportati al medesimo e le tabelle millesimali non determina nullità delle tabelle o delle delibere fondate sulle medesime, potendone giustificare la sola revisione, ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., ad opera della assemblea condominiale ovvero dell'autorità giudiziaria. Il Condominio avrebbe potuto, pertanto, evitare quella ripartizione delle spese, chiedendo, sin dall'origine, una modifica e/o una revisione delle tabelle, in tal modo evitando l'indebito arricchimento da parte di un singolo condomino. Infine, mancava uno stretto nesso di interdipendenza necessaria tra l'arricchimento del L. e la corrispondente diminuzione patrimoniale del Condominio. Con il secondo motivo il ricorrente deduce omissione, carenza e/o insufficienza della motivazione. I giudici di appello, con motivazione del tutto insufficiente, avevano dapprima affermato che le argomentazioni svolte dal Tribunale in ordine alla irretroattività delle modifica delle tabelle erano esatte e, quindi, contraddittoriamente avevano accolto la domanda di arricchimento senza causa. Osserva il Collegio I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono infondati. Correttamente la Corte territoriale ha affermato che nel caso di specie il Condominio non aveva altro rimedio se non quello di proporre una domanda di arricchimento senza causa per ottenere l'indennizzo della diminuzione patrimoniale subita nei limiti dell'arricchimento . Nessuna questione è stata sollevata dal ricorrente in ordine alla legittimazione attiva dell'amministratore del Condominio ed alla necessità di eventuale autorizzazione dell'assemblea a promuovere l'azione contro il singolo condomino. Sfugge a qualsiasi censura la osservazione conclusiva contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale nel caso di specie sussisteva anche il requisito previsto dall'art. 2042 c.c. e cioè la mancanza di un titolo specifico sul quale potesse essere fondata l'azione contrattuale. Come esattamente ha posto in evidenza la sentenza impugnata, la azione di indebito arricchimento trovava, nel caso di specie, il proprio fondamento nella assenza di una causa giustificatrice dell'arricchimento di un soggetto a danno di un altro. Pur essendo possibile una richiesta di revisione di tabelle, in sede giudiziaria, in mancanza di apposita delibera dell'assemblea dei condomini per la quale la giurisprudenza prevalente di questa Corte, fino alla decisione delle Sezioni Unite 9 agosto 2010 n. 18477, richiedeva il consenso di tutti i condomini deve riconoscersi che una modifica delle stesse non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva ed anzi avrebbe potuto produrre effetti solo dal momento del passaggio in giudicato della decisione. Pertanto, nessuna contraddizione è possibile ravvisare nella motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha accolto la domanda di arricchimento senza causa, pur dopo aver riconosciuto che una modifica delle tabelle millesimali, in ogni caso, non avrebbe potuto avere efficacia retroattiva. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, la sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall'art. 69 disp. att. cod. civ., non ha natura dichiarativa ma costitutiva,avendo la stessa funzione dell'accordo raggiunto all'unanimità dai condomini, con la conseguenza che l'efficacia di tale sentenza, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, inizia a decorrere solo dal passaggio in giudicato Cass. 8 settembre 1994 n. 7696 . In base a tale considerazioni, non può condividersi la tesi sostenuta dal ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, secondo la quale. una volta esclusa la retroattività della modifica delle vecchie tabelle, i giudici di appello avrebbero dovuto rigettare la domanda di arricchimento senza giusta causa. Né può ritenersi che, nel caso di specie, vi fosse state inerzia del Condominio, poiché i condomini avevano agito giudizialmente per ottenere la revisione delle tabelle condominiali, una volta accertato che la unità immobiliare del L. ra completamente esclusa dalle tabelle millesimali che non contemplavano la sua quota . La modifica delle tabelle di ripartizione delle spese, come già rilevato, non poteva avere efficacia retroattiva con la ovvia conseguenza che la unica azione esperibile, da parte dei condomini e, per essi, dell'amministratore del condominio, era appunto quella di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c Tra l'altro, neppure l'inerzia del Condominio o dei condomini avrebbe potuto condurre ad escludere il fondamento della azione di indebito arricchimento ovvero a ridurre l'entità dell'indennizzo dovuto, non essendo applicabile nel caso di specie la disposizione di cui all'art. 1227 c.c. relativa al concorso del fatto colposo del creditore legge 23 luglio 2003 n. 11454 . A tal proposito, questa Corte ritiene di ribadire il principio, già fissato con la propria precedente sentenza n. 23 luglio 2003 n. 11454 e 2484 del 20 marzo 1997, secondo cui, in tema di ingiustificato arricchimento, una volta accertata l'unicità del fatto da cui derivano la locupletazione di un soggetto e la correlativa diminuzione patrimoniale di un altro, e l'assenza di una causa idonea a giustificarle, la semplice inerzia dell'impoverito, ancorché riconducibile a difetto di diligenza nella specie nemmeno specificamente indicata, per come emerge dalla sentenza di appello, dall'odierno ricorrente in sede di appello nel ridurre la portata della subita diminuzione patrimoniale, ove ciò gli sia possibile, non esonera l'arricchito dall'obbligo di indennizzare la controparte né diminuisce l'entità dell'indennizzo dovuto, non trovando applicazione in materia di arricchimento, per la diversità dei rispettivi presupposti, la norma dettata, in tema di risarcimento del danno, dall'art. 1227 c.c., che impone al danneggiato di attivarsi per evitare le conseguenze ulteriori del fatto dannoso. Da ultimo, va rilevato che la sentenza impugnata ha dato atto che la misura dell'indennizzo, corrispondente al risparmio di spesa conseguita dal L., non è stata specificamente contestata da quest'ultimo. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200.00 duemiladuecento/00 , di cui Euro 2.000,00 duemila/00 per