Errore nella trascrizione del fallimento nei pubblici registri e tutela dell'affidamento dei terzi

di Giulia Milizia

di Giulia Milizia * L'ordinanza del Tribunale di Mantova sez. II civ. n. 09/11, emessa lo scorso 3 gennaio, analizza una peculiare ipotesi di applicazione degli artt. 17 e 44 L.F. Il caso. Alcuni anni fa una società di persone era dichiarata fallita così come tutti i suoi soci illimitatamente responsabili. Malgrado ciò uno di essi, in aperta violazione dell'art. 44 L.F., continuava ad esercitare l'attività imprenditoriale con una sua ditta individuale, incassava i pagamenti ed emetteva fatture. Un'azienda aveva saldato parzialmente il proprio debito con quest'ultimo, così che il curatore fallimentare ricorreva in giudizio per riscuotere l'intera somma dovuta perché il pagamento effettuato al socio era inefficacie per il fallimento. Si costituiva, perciò, eccependo l'inapplicabilità alla fattispecie dell'art. 44 L.F. e, di conseguenza, appellandosi alla sua buona fede, ribadiva che nulla era dovuto al fallimento, poiché aveva già refuso il socio. Rilevava come la competente camera di commercio avesse omesso di trascrivere ed annotare la dichiarazione del fallimento anche nell'apposito Registro dell'imprese dei soci illimitatamente responsabili . Invero ciò era stato fatto solo oltre due anni dopo ed evidenziava che il debito in oggetto era sopravvenuto dopo il fallimento. Ergo gli errori del servizio Cerved non le potevano essere contestati. Questo è un servizio, rectius un sistema decisionale , molto diffuso ed usato da banche, camere di commercio e similia, volto a fornire in un unico documento tutte le informazioni pubbliche su un'impresa sì da valutarne l'affidabilità. La decisione. Il tribunale ha dichiarato che l'art. 17 L.F. determina una presunzione generale di conoscenza del fallimento, resa nota tramite apposite e plurime forme di pubblicità. Ovviamente se viene meno tale divulgazione questo onere decade e nulla potrà essere rimproverato al terzo incolpevole. Rileva, anzi, la possibile esperibilità di un'azione di responsabilità contro la camera di commercio per le sue omissioni chè avevano tratto in errore il debitore. Questi aveva fatto una regolare visura tramite il suddetto servizio, ma nulla era risultato circa l'impossibilità del creditore di svolgere l'attività imprenditoriale. Aveva agito in buona fede perché lo credeva ancora in bonis, perciò il suo errore era scusabile per il principio del legittimo affidamento. In conclusione, nulla può essere opposto al terzo che incolpevolmente non era a conoscenza del fallimento per la sua mancata notorietà dovuta ad errori od ad omissioni commessi dai soggetti tenuti a pubblicizzare tale dato. Essi, anzi, potranno essere chiamati, in un autonomo giudizio, a rispondere della loro negligenza ed a rifondere gli eventuali danni. * Praticante avvocato e conciliatore iscritta alla camera di Conciliazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Grosseto.