Il d.l. n. 41/2021 e i sostegni ai professionisti

Nemmeno in occasione nella redazione del d.l. “sostegni” alle partite IVA e alle imprese si è riusciti ad emanare norme di chiara e pacifica lettura, che non rendessero necessarie interpretazioni immediatamente successive alla loro pubblicazione, sulle quali non dovessero confrontarsi, come al solito, tutta una serie di commentatori, sempre ammonendo il lettore, per altro, che le possibili sanzioni amministrative e le conseguenze penali sono dietro l’angolo.

Ci si riferisce, in particolare, alla precisazione contenuta a chiusura del quarto comma dell’articolo 1, che, a proposito del calcolo da effettuare per determinare l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi degli anni 2019 e 2020, così dispone “Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell'operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi”. Considerato che la ratio del decreto legge in esame è dichiaratamente quella di “sostenere” le partite IVA e le imprese rispetto al calo di fatturato da queste conseguito nell’anno 2020 rispetto al 2019, per la contrazione di attività causata dalla pandemia ancora in corso, appare evidente che le fatture da prendere in esame per calcolare “correttamente i predetti importi” debbono essere soltanto quelle emesse a fronte di prestazioni di servizi effettuate rispettivamente negli anni 2019 e 2020, a prescindere dalla data di emissione delle relative fatture. Nell’attività professionale è assolutamente ricorrente il caso di fatture emesse a distanza di tempo, a volte dopo molti anni, dalla data di effettuazione della prestazione si pensi al classico caso di fatture emesse a fronte di piani di riparto in procedure concorsuali , o, comunque, in anno diverso da quello della prestazione di servizi si pensi alle attività di consulenza annuali, che di norma vengono fatturate, e pagate, all’inizio dell’anno successivo . Ne deriva una lettura della sopra riportata precisazione contenuta nel quarto comma dell’articolo 1 del d.l. che non dovrebbe dare adito a diverse interpretazioni e a successivi rischi di sanzioni. Eppure non è così, e probabilmente questo è dovuto ad un mancato espresso riferimento, con rinvio, o in deroga, alla vigente normativa fiscale in tema di fatturazione. Non si comprenderebbe altrimenti la numerosa serie di atti e provvedimenti già emessi a chiarimento della portata della norma, riguardo alla quale la Relazione illustrativa allo schema di decreto legge si era limitata a riprodurre il dettato normativo “Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi comma 4 ”. Nel provvedimento del Direttore della Agenzia delle Entrate del 23.3.2021, è specificato che “i criteri per la determinazione dei ricavi/compensi relativi al secondo periodo di imposta antecedente a quello di entrata in vigore del decreto, nonché per la determinazione dell’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi degli anni 2019 e 2020 sono contenuti nelle istruzioni al modello dell’Istanza”. Nelle Istruzioni per la compilazione della istanza di riconoscimento del contributo è precisato che “ai fini della compilazione dei campi riferiti all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi, occorre dapprima determinare l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi realizzati nell’anno 2019 e nell’anno 2020. A tal fine valgono le seguenti indicazioni • devono essere considerate tutte le fatture attive al netto dell’IVA con data di effettuazione dell’operazione compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020”. La Guida della Agenzia delle Entrate alla interpretazione delle norme relative al “contributo sostegni”, pubblicata a fine marzo scorso, aggiunge qualcosa a proposito del contenuto del più volte citato quarto comma dell’articolo 1 del d.l., precisando che per determinare l’ammontare medio mensile del fatturato “occorre far riferimento alla data di effettuazione delle operazioni di cessione dei beni e di prestazione dei servizi. Pertanto, per quanto riguarda le fatture immediate, dovrà essere considerata la data della fattura e, per le fatture differite, occorrerà far riferimento alla data dei DDT cessioni di beni o dei documenti equipollenti prestazioni di servizio richiamati nella fattura. A tal proposito, sono validi i chiarimenti forniti con le circolari numero 15 del 13 giugno 2020 e numero 22 del 21 giugno 2020”. La Circolare 15/E del 13.6.2020 specifica che “la data da prendere a riferimento è quella di effettuazione dell'operazione che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è rispettivamente la data della fattura nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.1.3 “Data” e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data dei DDT o dei documenti equipollenti richiamati in fattura nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.8.2 “DataDDT” . Ad esempio, nel calcolo dell’ammontare del fatturato dei mesi di aprile 2020 e 2019, rilevante per il controllo del requisito della riduzione, andranno escluse le fatture differite emesse nei citati mesi entro il giorno 15 relative ad operazioni effettuate nel corso dei mesi di marzo 2020 e 2019, mentre andranno incluse le fatture differite di aprile 2020 e 2019 emesse entro il 15 maggio 2020 e 2019. Per ragioni di semplificazione e in coerenza con la ratio del contributo a fondo perduto COVID-19, si ritiene che devono essere considerate tutte le fatture attive al netto dell’IVA con data di effettuazione dell’operazione che cade ad aprile nonché le fatture differite emesse nel mese di maggio e relative a operazioni effettuate nel mese di aprile”. Evidentemente, però, non si è ancora giunti ad una completa e definitiva soluzione interpretativa. Residuano ancora dubbi, per alcuni dei quali si è già fatto interprete il CNF con la sua Scheda di analisi delle misure del D.L. a data 31.3.2021, notando che “in sede di applicazione del criterio, l’utilizzo del suddetto criterio di competenza potrebbe creare difficoltà per i professionisti. Si pensi, a mero titolo di esempio i al caso in cui l’avvocato abbia percepito nel 2019 onorari per una prestazione resa nel 2018 parrebbe che tale compenso non vada considerato nell’anno 2019, così riducendo il fatturato dell’anno cui rapportare quello dell’annata pandemica 2020 ii all’ulteriore ipotesi in cui l’onorario percepito dall’avvocato nel 2019 afferisca a più attività prestate nel corso degli anni ad un medesimo cliente”. Inoltre i primi commenti al D.L. attestano ugualmente una perdurante incertezza sulla lettura della norma in esame, visto che alcuni interpreti continuano a fare comunque riferimento alla data di emissione della fattura per prestazione di servizi, che, come detto, spesso non coincide con la data della prestazione resa, né è chiaro quali debbano essere “i documenti equipollenti richiamati nella fattura” la descrizione della attività prestata non è sufficiente? . Appare quindi evidente la necessità che la portata della norma di cui trattasi, inserita in un contesto di oggettiva e dichiarata massima urgenza, venga meglio individuata dal legislatore in sede di conversione, senza lasciare margini di dubbio, magari anche precisando che, in deroga a quanto previsto nella vigente normativa fiscale, il fatturato cui fare riferimento ai fini del confronto tra le annualità 2019 e 2020 è soltanto quello prodotto dalla attività svolta, rispettivamente, nel 2019 e nel 2020, a prescindere dal fatturato dichiarato ai fini IVA per questi due anni. Ciò consentirebbe di non doverci soltanto riferire a precedenti o successive circolari o ad altri provvedimenti della Agenzia delle Entrate la tanto sbandierata lotta alla cd. “burocrazia” e per ridurre il contenzioso deve partire dalla chiarezza delle norme, in specie di quelle che si rivolgono ad una platea così estesa e bisognosa di certezze.