L’avvocato non iscritto a Cassa Forense è obbligato alla gestione separata INPS? La parola alla Consulta

Il Tribunale di Catania, sezione lavoro, con l’ordinanza del 1° febbraio 2021 ha deciso di sollevare due questioni di costituzionalità in via gradata tra di loro relative alla delicata e discussa questione prima della riforma forense dell’obbligo dell’avvocato sotto-soglia non iscritto a Cassa forense di iscriversi alla gestione separata INPS.

La prima questione è quella che ha ad oggetto l’art. all’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, come interpretato dall’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011, nella parte in cui prevede, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volumi di affari ex art. 22 l. 576/1980, l’obbligo di iscrizione presso la gestione separata INPS. La seconda questione – subordinata alla prima - è quella che ad oggetto lo stesso art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 nella parte in cui non prevede che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volumi di affari ex art. 22 l. 576/1980, decorra per i periodi successivi alla sua entrata in vigore. Operazione Poseidone. Tutto parte da lontano con quella che è conosciuta e, soprattutto, molto criticata e oggetto di atti di sindacato ispettivo e proposte di legge come Operazione Poseidone” e cioè l’attività avviata dall’INPS nel 2010 volta ad accertare i crediti contributivi relativi ai soggetti iscritti alla Gestione Separata in qualità di liberi professionisti. Gli accertamenti e le conseguenti iscrizioni d’ufficio come quelle oggetto dei ricorsi davanti al Tribunale di Catania facevano seguito al controllo delle banche dati Inps con le informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate che aveva evidenziato la mancata contribuzione alla Gestione separata da parte dei soggetti che pure avevano dichiarato redditi provenienti da attività di arti e professioni. Nei casi affrontati dal Tribunale di Catania i ricorrenti erano tutti avvocati cui l’INPS aveva intimato il pagamento di contributi richiesti ai sensi dell’art. 2, co. 26, l. 335/1995 gestione separata per il periodo di competenza relativo all’anno 2010 in quanto prima della legge n. 247 del 2012 era possibile pur iscritti all’Albo degli avvocati non erano iscritti alla Cassa Forense avevano versato il solo contributo integrativo . In quei casi, secondo l’INPS ricorreva il presupposto previsto dalla legge per assoggettare a contribuzione il reddito prodotto rientrando i soggetti nell’ambito di quelli che svolgono attività che, pur prevedendo l’iscrizione ad un albo, non siano tenuti al versamento dei contributi c.d. soggettivi ai corrispondenti enti di previdenza . La normativa ante 2012 relativi agli avvocati Orbene, prima della riforma operata dalla legge n. 247 del 2012 l’art. 22 della legge n. 576 del 1980 prevedeva l’iscrizione alla Cassa di previdenza forense – a cui si ricollega l’obbligo del pagamento del contributo soggettivo previsto dall’art. 10 – come obbligatoria solo per gli avvocati e procuratori che esercitano la libera professione con carattere di continuità, ai sensi dell'art. 2 della L. 22 luglio 1975, n. 319 ferma restando la facoltatività per chi non avesse raggiunto quei limiti . Più in particolare – ricorda il Tribunale – quell’obbligo di iscrizione sorge quando l'interessato abbia raggiunto il minimo di reddito o il minimo di volume di affari, di natura professionale, fissati dal comitato dei delegati per l'accertamento dell'esercizio continuativo della professione . e la gestione separata INPS. Se questo era il quadro normativo – diciamo così dal lato della disciplina della previdenza forense – per gli avvocati non iscritti alla Cassa avrebbero dovuto trovare applicazione le norme sulla gestione separata dell’art. 2, co. 26, l. 335/1995, come incise dalla norma di interpretazione autentica prevista dall’art. 18, co. 12, D.L. 6 luglio 2011 n. 98”. Secondo la legge di interpretazione autentica del 2011 l'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11. Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d , del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103. Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 . Il Tribunale ricorda poi il diritto vivente formato sulla disciplina sebbene la formula letterale della disposizione [del 1995] sembrasse escludere la categoria degli avvocati dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata trattandosi di professionisti iscritti in albi, tenuti a versare – anche in caso di mancata iscrizione alla Cassa forense – il contributo integrativo al proprio ente previdenziale di riferimento , tra il 2017 e il 2018, la Suprema Corte è progressivamente intervenuta nella materia, dapprima con riguardo alle categorie degli ingegneri ed architetti titolari di rapporto di impiego per i quali sussisteva un divieto di iscrizione alla propria cassa di riferimento , poi con riferimento alla categoria degli avvocati iscritti in altri enti di previdenza, successivamente anche con riguardo agli avvocati del libero foro non iscritti in alcun ente di previdenza, per i quali non operava alcun divieto di iscrizione nella Cassa di previdenza forense . Orbene, per il Tribunale di Catania la legge di interpretazione autentica sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 3 Cost. poiché appare evidente l’antinomia prodotta dalla norma impugnata, l’oggettiva incoerenza del sistema normativo che essa provoca, l’irrazionalità normativa di una previsione che impone all’avvocato l’obbligo di iscrizione in un separato ente previdenziale proprio quando e nella misura in cui il suo stesso ordinamento previdenziale, in base a disposizioni di legge, esclude un tale onere nei confronti della sua stessa cassa di categoria . Peraltro – aggiunge il Tribunale – l’effetto sarebbe quello di creare una scomposizione a sua volta del tutto insensata poiché l’obbligo di contribuzione richiesto in favore della gestione separata deriva dall’esercizio della medesima attività – quella forense – a cui si rapporta l’obbligo del contributo integrativo ex art. 11 l. 576/1980 in favore della Cassa forense, l’ente a cui l’ordinamento ha sempre devoluto l’esclusiva competenza della gestione dei rapporti previdenziali della categoria . Interpretazione autentica innovativa In ogni caso, secondo il Tribunale la norma di interpretazione autentica sarebbe incostituzionale perché in quanto nella parte in cui assoggetta all’obbligo di iscrizione alla gestione separata gli avvocati c.d. sotto-soglia” che non vi erano soggetti secondo il precedente diritto vivente è innovativa e quindi la sua naturale efficacia retroattiva contrasterebbe con il principio del legittimo affidamento. e a contenzioso in corso - Ma secondo il Tribunale vi sarebbe anche un ulteriore profilo di illegittimità. Ed infatti, la legge del 2011 interviene in un momento in cui già si era aperto il contenzioso a seguito della c.d. operazione Poseidone e, quindi, avrebbe alterato la parità delle parti andando ad incidere su un contenzioso già aperto a favore di una delle parti in causa e, cioè, l’INPS .

Tribunale di Catania, sez. Lavoro, ordinanza 1 febbraio 2021 Giudice Fiorentino 1. Premessa. Le parti attrici, avvocati del libero foro non tenuti all’iscrizione alla Cassa di previdenza forense per motivi reddituali ex articolo 22, L. 576/1980, hanno avversato gli atti impugnati emessi dall’INPS, con i quali l’Istituto ha intimato loro il pagamento di contributi richiesti ai sensi dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995 gestione separata per il periodo di competenza relativo all’anno 2010. In particolare, l’Avv. Gi. Lu. DI MA. ha agito contro l’avviso del 22 giugno 2016, con il quale l’INPS, in ragione del reddito imponibile di Euro.4111 maturato da essa ricorrente nel 2010 quale avvocato, le ha comunicato l’iscrizione d’ufficio alla gestione separata con decorrenza dal 1 gennaio 2010 e l’ammontare degli importi conseguentemente pretesi per tale annualità, pari a complessivi Euro.1920,70 di cui Euro.1098,46 a titolo di contributi ed Euro.822,24 a titolo di sanzioni . Ha dedotto 1 l’insussistenza dei presupposti per l’iscrizione alla gestione separata ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995, tenuto conto che la norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, confermerebbe che i professionisti iscritti in albi, che abbiano peraltro adempiuto al pagamento del contributo integrativo ex articolo 11, L. 576/1980, non possono essere iscritti presso la gestione separata che, pertanto, la pretesa dell’INPS nei suoi riguardi è indebita, essendo essa opponente avvocato iscritto all’albo degli avvocati dal 2009 ed in regola con il pagamento del contributo integrativo ex articolo 11 L. 576/1980 in favore della Cassa forense 2 in subordine, la prescrizione dei crediti 3 in ulteriore subordine, l’illegittimità dell’avviso opposto per difetto dei requisiti fondamentali dell’atto amministrativo, in violazione degli artt. 21-septies L. 241/1990, 24 e 97 Cost., poiché il detto atto, non preceduto dalla comunicazione di avvio dell’inizio del procedimento, non recherebbe l’indicazione del responsabile del procedimento, dell’ufficio ove è possibile prendere visione degli atti, del termine e dell’autorità per la proposizione di eventuali ricorsi, né conterrebbe l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione dell’Istituto. L’Avv. Vi. AL., invece, ha agito contro l’avviso di addebito numero omissis , notificato il 04.12.2019, con il quale l’INPS, in ragione del reddito imponibile di Euro.5655 maturato da esso ricorrente nel 2010 quale avvocato, gli ha intimato il pagamento in favore della gestione separata della somma di Euro.2.743,35 di cui Euro.1511 a titolo di contributi ed Euro.1131,06 a titolo di sanzioni . Ha dedotto l’illegittimità dell’avviso di addebito, evidenziando che lo stesso 1 è stato notificato mezzo PEC, come allegato in formato pdf, non sottoscritto con firma digitale 2 è relativo a somme prescritte ex articolo 3, co. 9, L. 335/1995 3 sarebbe stato emesso dopo che l’ente previdenziale sarebbe decaduto dall’iscrizione al ruolo ex articolo 25, L. 46/1999 4 erroneamente richiede somme a titolo di contributi, posto che non sarebbe stata superata la soglia reddituale minima fissata in Euro.5000, al di sotto della quale non opererebbe l’iscrizione alla gestione separata. In entrambi i giudizi si è costituito l’INPS, il quale, nel merito, ha sostenuto l’infondatezza dei ricorsi. Al riguardo, ha allegato che, nell’ambito dell’operazione di verifica denominata Poseidone”, iniziata nel corso del 2009, ha proceduto ad iscrivere d’ufficio alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, L. 335/1995, a decorrere dal 01.01.2004, i soggetti che avevano dichiarato redditi nel quadro RE del Mod. Unico PF per il relativo anno d’imposta, in assenza di contribuzione alla suddetta gestione. Ha evidenziato che l’interpretazione sostenuta dalle parti ricorrenti risulta contrastare con l’articolo 18 comma 12 D.L. 98/2011 conv. in L. 111/2011 . Tale disposizione, secondo l’Istituto, avrebbe individuato con chiarezza le due categorie di lavoratori autonomi soggetti all’iscrizione alla gestione separata INPS, ovverosia a i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione in albi, e che pertanto siano carenti anche di un Ente preposto alla realizzazione di una copertura previdenziale b i soggetti che svolgono attività che, pur prevedendo l’iscrizione ad un albo, non siano tenuti al versamento dei contributi c.d. soggettivi ai corrispondenti enti di previdenza. L’INPS, quindi, ha osservato che le parti ricorrenti, in quanto regolarmente iscritte all’albo professionale degli avvocati e non assoggettate all’obbligo del pagamento della contribuzione soggettiva, sono state legittimamente iscritte alla gestione separata. Ha, quindi, chiesto 1 l’accertamento della legittimità degli atti impugnati, con la loro conferma, ovverosia l’accertamento della legittimità dell’iscrizione disposta d’ufficio alla gestione separata delle parti ricorrenti e del conseguente credito vantato da esso istituto 2 in subordine ed in ogni modo, l’accertamento dell’obbligo contributivo gravante sulle parti ricorrenti, come quantificato negli atti impugnati, con condanna degli stessi al pagamento di quanto dovuto. Nel corso del processo, le parti sono state invitate a discutere dei possibili dubbi di costituzionalità della normativa riguardante la gestione separata dell’INPS. All’udienza del 23.12.2020, veniva acquisita nota informativa dalla Cassa di previdenza forense che evidenziava, per quanto qui di interesse, che, nel regime previgente alla L. 247/2012, l’avvocato che non avesse maturato redditi pari o superiori a quelli previsti dall’articolo 22, L. 576/1980, e che dunque non incorreva nell’obbligo di iscrizione, poteva cionondimeno facoltativamente iscriversi a detto ente, a domanda. A scioglimento della riserva assunta in entrambi i procedimenti, previa loro riunione, si ritiene che gli stessi non possano essere decisi senza lo scrutinio di costituzionalità, in via principale, dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nella parte in cui prevede l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995 a carico degli avvocati del libero foro, non obbligati all’iscrizione alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volumi di affari ex articolo 22 L. 576/1980, ovvero, in via subordinata, dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nella parte in cui non prevede che il predetto obbligo di iscrizione decorra, in ogni modo, solo per i periodi successivi alla sua entrata in vigore. In ordine alla possibilità del giudice rimettente di prospettare in termini gradatamente sequenziali, e quindi subordinati, i possibili esiti dello scrutinio di costituzionalità, si rinvia alla giurisprudenza costituzionale ex multis, C. Cost. 27 luglio 2018, numero 175 10 luglio 2019, numero 170 2. Rilevanza. Appare necessario procedere, innanzitutto, alla disamina delle questioni pregiudiziali e preliminari e del quadro normativo e giurisprudenziale applicabile. 2.1. Disamina delle questioni pregiudiziali e preliminari. Nessuno dei motivi di difesa, sia delle parti attrici, sia dell’INPS, diversi da quelli inerenti all’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 2, co. 26, L. 335/1995, 18, co. 12, D.L. 98/2011, appaiono assorbenti ed in grado di risolvere i riuniti processi indipendentemente dalle questioni di costituzionalità che vengono sollevate, la cui verifica appare, pertanto, indispensabile per la decisione. Per quanto concerne il ricorso promosso dall’Avv. DI MA. G.L., appare innanzitutto infondato il motivo sub 2 , relativo all’eccezione di prescrizione. Ed invero, pur aderendo questo ufficio all’orientamento di legittimità secondo cui la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo versamento in tal senso, si rinvia a quanto già statuito da Cass. Sez. lav. 31 ottobre 2018, numero 27950 , si rileva che, nel caso di specie, la prescrizione è stata utilmente interrotta dall’INPS attraverso la notifica dell’atto opposto, avvenuta per come è pacifico il 4 luglio 2016, prima dello spirare del termine di prescrizione quinquennale ex articolo 3, co. 9, L. 335/1995. Occorre, sul punto, ricordare che, per l’anno di imposta 2010, il versamento del saldo era fissato al 6 luglio 2011 come previsto dall’articolo 1 del D.P.C.M. 12 maggio 2011, recante il Differimento, per l'anno 2011, di termini di effettuazione dei versamenti dovuti dai contribuenti, nonché dei termini previsti dagli articoli 16 e 17 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, numero 64, relativi agli adempimenti delle dichiarazioni modello 730/2011” Gazzetta Ufficiale numero 111 del 14 maggio 2011 , con conseguente slittamento del termine per la maturazione della prescrizione al 6 luglio 2016. Appare parimenti infondato anche il motivo dedotto sub 3 , relativo alla presunta illegittimità dell’atto opposto per vizi dell’atto amministrativo, posto che l’atto gravato è un mero avviso bonario, si limita a comunicare alla parte ricorrente la sua iscrizione presso la gestione separata, con l’invito a corrispondere quanto dovuto, e non riveste quindi i connotati del provvedimento amministrativo. Non si ravvisano motivi formali, pertanto, per invalidare la nota gravata, i cui eventuali vizi, peraltro, non farebbero venir meno l’obbligo del giudice di verificare la sussistenza del fondamento credito contributivo, analogamente ai casi in cui sia ravvisata l’invalidità formale del ruolo sul punto, tra le tante, Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 23-01-2020, numero 1558, più ampiamente infra , atteso che l’azione intrapresa dalla parte ricorrente deve qualificarsi come azione di accertamento negativo del credito vantato dall’ente previdenziale. L’INPS del resto, nelle proprie conclusioni, in subordine rispetto alla domanda di accertamento della legittimità degli atti opposti, ha chiesto l’accertamento dell’obbligo contributivo e la condanna della parte al pagamento dei contributi richiesti, e ciò – in forza della già citata giurisprudenza di legittimità – evidenzia la sussistenza dell’obbligo del giudice di pronunziarsi in merito, indipendentemente dalla validità formale dell’atto. Il rimanente motivo dedotto sub 1 , relativo ai presupposti fattuali e normativi per l’iscrizione alla gestione separata ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995, presuppone la soluzione delle questioni di costituzionalità, posto che, come si dirà ampiamente nel prosieguo, parte ricorrente risulta aver esercitato abitualmente la professione di avvocato, senza essere iscritta alla Cassa forense per motivi reddituali, e la pacifica giurisprudenza di legittimità ritiene in tal caso applicabile la normativa in questione. Appaiono inidonee ad assorbire le questioni di costituzionalità proposte anche le eccezioni formulate in seno al ricorso promosso dall’Avv.to AL. V., rubricate ai motivi 1 , 2 , 3 , 4 del ricorso. I motivi sub 1 e 3 , attinenti all’asserito difetto di validità formale del titolo mancata sottoscrizione digitale dell’avviso di addebito in quanto notificato quale allegato PEC in formato pdf, non sottoscritto digitalmente decadenza ex articolo 25 D.Lgs. 46/1999 , appaiono innanzitutto tardivi, in quanto qualificabili, a differenza degli altri, come motivi di opposizione agli atti esecutivi”, recando censure di carattere formale del titolo o del processo di notificazione dello stesso, che non riguardano il suo fondamento. Il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi è di venti giorni, come previsto dall’articolo 617 c.p.c., quest’ultimo richiamato dall’articolo 29 decreto legislativo 26 febbraio 1999 numero 46, secondo cui le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie” 1. Nel caso di specie, il ricorso, depositato il 13.1.2020, è stato proposto oltre il 20. giorno dalla notifica dell’atto opposto, avvenuta mezzo PEC il 4.12.2019, come già evidenziato nell’ordinanza emessa nel corso del processo il 29.5.2020. Va, in secondo luogo, evidenziato che, anche in caso di loro ammissibilità e fondatezza, i dedotti vizi formali non farebbero venir meno l’obbligo del giudice di accertare la sussistenza dell’obbligo contributivo, alla stregua dei principi evidenziati dalla giurisprudenza della Suprema Corte già citata di cui adesso si riportano alcuni brani motivazionali , secondo cui la ritenuta illegittimità del procedimento d'iscrizione a ruolo non esime il giudice dall'accertamento, nel merito, della fondatezza dell'obbligo di pagamento dei premi e/o contributi v., da ultimo, Cass. numero 12025 del 2019 e i precedenti ivi richiamati ”, e ciò poiché un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine di decadenza previsto ai fini dell'iscrizione a ruolo comporta soltanto l'impossibilità, per l'istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fa decadere dal diritto di chiedere l'accertamento, in sede giudiziaria, dell'esistenza e dell'ammontare del proprio credito”, ricorrendo i medesimi principi che governano l’opposizione al decreto ingiuntivo C. Cass. Sez. lav. Ord., 23-01-2020, numero 1558 . Anche nel caso di specie, peraltro, l’INPS, nelle proprie conclusioni, ha chiesto non solo la conferma degli atti opposti, ma anche, in via subordinata, l’accertamento del credito contributivo reclamato, indipendentemente dalla legittimità formale degli atti. Ciò impone la verifica della sussistenza del fondamento del detto credito, avendo, peraltro, la Corte evidenziato che l'opposizione contro la cartella esattoriale di pagamento emessa per la riscossione di contributi previdenziali dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti e obblighi inerenti al rapporto contributivo, con la conseguenza che, per essere oggetto del giudizio l'obbligazione contributiva, nell'an e nel quantum, l'ente previdenziale convenuto può limitarsi a chiedere il rigetto dell'opposizione o chiedere anche la condanna dell'opponente al pagamento del credito di cui alla cartella, in quest'ultimo caso senza che ne risulti mutata la domanda v., per tutte, Cass. numero 3486 del 2016 e successive conformi , così come se all'esito del giudizio di opposizione il credito contributivo accertato risulti in misura inferiore a quella azionata dall'istituto, il giudice dovrà non già accogliere sic et simpliciter l'opposizione, ma condannare l'opponente a pagare la minor somma” C. Cass. Sez. lav. Ord., 23-01-2020, numero 1558 cit. . Tali principi appaiono applicabili anche in relazione al denunziato vizio della mancata sottoscrizione digitale dell’avviso opposto, in quanto notificato mezzo PEC, come mero allegato in pdf non sottoscritto digitalmente, dato che l’invalidità dedotta non può far venir meno l’obbligo contributivo ed il dovere del giudice di procedere al relativo accertamento. Del resto, il motivo appare anche infondato, tenuto conto della giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso” Cass. civ. Sez. V Ord., 27/11/2019, numero 30948 . La stessa Corte di legittimità ha anche evidenziato che il difetto di sottoscrizione del titolo notificato ruolo o cartella esattoriale non incide sulla sua validità Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 03/10/2016, numero 19761 . I motivi sub 1 e 3 appaiono quindi inidonei ad assorbire le questioni proposte. Il motivo dedotto al numero 2 , attinente alla prescrizione, sia pur tempestivamente dedotto poiché qualificabile come motivo di opposizione al ruolo” ex articolo 24, co. 5, D.Lgs. 46/1999, e proposto entro il 40. giorno utile come già precisato, il ricorso è stato depositato telematicamente il 13.1.2020, mentre la notifica PEC dell’avviso di addebito è avvenuta il 4.12.2019 , appare infondato. In base ai principi sopra richiamati Cass. Sez. lav. 31 ottobre 2018, numero 27950 cit. ed al termine di scadenza del pagamento dei contributi per l’anno 2010, fissato dall’articolo 1 del D.P.C.M. 12 maggio 2011 al 6 luglio 2011, si rileva che la prescrizione quinquennale ex articolo 3, co. 9, L. 335/1995, decorrente dalla suddetta data del 6 luglio 2011, è stata utilmente interrotta dall’INPS con la notifica dall’avviso bonario ricevuto dal ricorrente – come risulta dagli atti – in data 1 luglio 2016. La notifica dell’avviso di addebito del 4.12.2019, dunque, è intervenuta prima dello spirare del successivo termine di prescrizione. Infine, appare infondato già in punto di fatto anche il motivo dedotto al numero 4 , attinente al mancato superamento della soglia reddituale pari ad Euro5000 ed alla presunta inapplicabilità in tal caso della normativa sulla gestione separata anch’esso qualificabile come opposizione al ruolo e, dunque, da ritenersi tempestivo per le medesime ragioni già espresse con riferimento al motivo sub 2 . Ed invero, dagli atti si rileva che parte ricorrente, per il periodo di competenza anno 2010 , ha maturato un reddito imponibile superiore a detta soglia, pari ad Euro. 5655 cfr. documentazione prodotta da INPS . Inoltre, a fronte dell’iscrizione d’ufficio alla gestione separata, motivata dall’esercizio abituale di arti e professioni, non ha contestato il carattere abituale dell’esercizio della propria professione. Non ha, dunque, dedotto di aver esercitato la professione solo occasionalmente. Il requisito dello svolgimento abituale della professione, pertanto, può ritenersi un dato pacifico e non posto in discussione. Alla luce di quanto premesso, appare evidente che anche nel giudizio promosso dall’Avv. AL., al fine di verificare la legittimità della richiesta formulata dall’Istituto sia con la notifica dell’avviso di addebito, sia con le conclusioni poste in rassegna nell’atto di costituzione laddove si richiede espressamente l’accertamento della legittimità dell’atto impugnato, nonché del fondamento dell’obbligo contributivo posto a carico di parte ricorrente , risulta indispensabile verificare la costituzionalità delle norme impugnate con la presente ordinanza. Vanno, infine, rigettate le richieste ed eccezioni preliminari, per lo più di mero stile, sollevate dall’INPS. Quanto al procedimento promosso dall’Avv. DI MA., si rilevano innanzitutto le richieste di verifica della giurisdizione e della competenza, nonché di accertamento della eventuale nullità e/o inesistenza della notifica”. Tali richieste sono infondate, posto che la domanda, vertendo in materia di contributi previdenziali richiesti a lavoratori liberi professionisti, derivanti dall'applicazione di norme riguardanti forme di previdenza e assistenza obbligatorie, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro ex articolo 442 c.p.c. ex multis, Cass. sez. lav. 18 marzo 2002, numero 1821 S.U. 4 marzo 1988 numero 2264 e, risiedendo parte ricorrente in Piedimonte Etneo CT , comune del circondario di questo Ufficio, è stata proposta innanzi all’ufficio territorialmente competente, ai sensi dell’articolo 444, 1. co., c.p.c Risulta, poi, dagli atti la rituale notifica del ricorso cfr. fascicolo telematico parte ricorrente, deposito del 23.4.2018 , sicché anche la richiesta a tal fine formulata dall’INPS – del resto costituitosi tempestivamente, con ampie ed articolate difese – appare del tutto priva di ragione. Si rileva, inoltre, che il ricorso non è stato mai delegato, per la sua trattazione o decisione, ad alcuno dei magistrati onorari in servizio presso questo Ufficio, sicché è priva di interesse e rilevanza anche l’istanza di verifica delle ipotesi di astensione ex articolo 51 c.p.c. formulata dall’INPS, nell’ipotesi di delega a GOT”, in ordine alla insussistenza delle ipotesi di astensione di cui all’articolo 51 CPC, anche in relazione a quanto disposto dal D.Lgs. numero 116/2017 in ordine alla tutela previdenziale ed assistenziale dei Magistrati onorari”. Si dà atto, infine, dell’infondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dall’INPS poiché ex articolo 1, comma 415, L. 311/2004, le modalità di recupero del credito, nonché le azioni cautelari o conservative successive alla notificazione della cartella esattoriale e/o dell’avviso di addebito, sono di esclusiva competenza del Concessionario”. Nel caso di specie, infatti, il ricorso riguarda l’avviso bonario notificato dall’INPS anteriormente alla notifica dell’avviso di addebito, e non già atti cautelari o esecutivi successivi a quest’ultimo del concessionario sussiste pertanto la piena ed esclusiva legittimazione passiva dell’Istituto in merito all’accertamento della sussistenza dell’obbligo contributivo ex multis, Cass. sez. lav. 12 maggio 2008 numero 11687 . Quanto al procedimento promosso dall’Avv. AL., si ribadiscono i rilievi già formulati in merito alle analoghe richieste preliminari formulate dall’Istituto in punto di giurisdizione, competenza e notifica, eventuale ipotesi di astensione ex articolo 51 c.p.c. del giudice onorario, posto che il ricorso, per i motivi già esposti e considerando che parte ricorrente è residente in Catania, è proposto innanzi a giudice avente giurisdizione e competente ai sensi degli artt. 442, 444, 1. c., c.p.c Inoltre, anche il ricorso in scrutinio è stato ritualmente notificato, come da documentazione prodotta telematicamente in data 26.5.2020, e la sua trattazione non è stata mai delegata al giudice onorario. Si rileva, ancora, l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso, nella parte in cui è qualificabile come opposizione al ruolo ex articolo 24, co. 5, D.Lgs. 46/1999, posto che la notifica mezzo PEC dell’atto opposto è stata effettuata il 4.12.2019 ed il ricorso è stato depositato telematicamente il 13.1.2020, 40. ed ultimo giorno utile la data del 14.1.2020, indicata dall’INPS nella propria memoria di costituzione a sostegno dell’eccezione, riguarda l’adempimento di cancelleria dell’iscrizione al ruolo avvenuta un giorno dopo il deposito e non può pertanto incidere ai fini della tempestività. Risulta, dunque, rispettato il termine previsto dall’articolo 24, co. 5, D.Lgs. 46/1999, secondo cui, contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore”. Per completezza, va poi rilevato che il pregresso tentativo di notifica per mezzo di raccomandata A/R non risulta andato a buon fine, come risulta dalla stessa PEC inviata dall’Istituto alla parte attrice il 4.12.2019, ove si dà atto che si trasmette in allegato, con valore di notifica, l’avviso di addebito di cui all’oggetto, formato il 9.12.2017, precedentemente inviato tramite raccomandata a/r risultata non consegnata” v. allegati al ricorso introduttivo, sub notif.pdf” . In conclusione, nessuna delle difese spiegate dalle parti è idonea a consentire la decisione dei giudizi indipendentemente dalle questioni di costituzionalità che si sollevano con la presente ordinanza. 2.2. Ricostruzione normativa e giurisprudenziale. Al fine di dimostrare la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni, appare utile effettuare una breve ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale. Nel periodo di competenza dei contributi richiesti dall’INPS anno 2010 , il regime previdenziale forense risulta regolato dalle disposizioni della L. 576/1980, recante le norme sulla Riforma del sistema previdenziale forense” in G.U. del 27 settembre 1980, numero 266 , per come temporalmente applicabili e vigenti prima dell’entrata in vigore dell’articolo 21, co. 8, L. 31 dicembre 2012, numero 247 in Gazz. Uff., 18 gennaio 2013, numero 15 , recante la Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense” con la quale è stato stabilito che l’iscrizione all’albo degli avvocati implica la contestuale iscrizione alla cassa di previdenza forense . Dal complesso delle disposizioni ratione temporis applicabili della L. 576/1980 e, in particolare, dall’articolo 22 della stessa, si evince che l’iscrizione alla Cassa di previdenza forense – a cui si ricollega l’obbligo del pagamento del contributo soggettivo previsto dall’articolo 10 – è obbligatoria solo per gli avvocati e procuratori che esercitano la libera professione con carattere di continuità, ai sensi dell'articolo 2 della L. 22 luglio 1975, numero 319” articolo 22, co. 1 . L’obbligo di iscrizione, in particolare, sorge quando l'interessato abbia raggiunto il minimo di reddito o il minimo di volume di affari, di natura professionale, fissati dal comitato dei delegati per l'accertamento dell'esercizio continuativo della professione” articolo 22, comma 2 2. In caso di infrazione, l’interessato, che non abbia proposto domanda nei termini fissati, viene iscritto d’ufficio dalla Giunta esecutiva, secondo quanto previsto dall’articolo 22, co. 2, L. 576 cit La legge assegna espressamente al Comitato dei delegati il compito di provvedere periodicamente ogni cinque anni ad adeguare, se necessario, i criteri per accertare l'esercizio della libera professione ai sensi dell'articolo 2, primo comma, della L. 22 luglio 1975, numero 319” articolo 22, co. 3 ed esclude che possano iscriversi alla Cassa di previdenza gli avvocati e i procuratori che, quali iscritti agli elenchi speciali, esercitano la professione nell'ambito di un rapporto di impiego” articolo 22, co. 5 . L’articolo 22, co. 6, stabilisce poi che L'iscrizione alla Cassa è facoltativa per i praticanti abilitati al patrocinio”. In assenza di un espresso divieto, deve ritenersi del pari consentita l’iscrizione facoltativa degli avvocati che non raggiungano le soglie di reddito o di volume d’affari previste ai fini dell’iscrizione obbligatoria. In tal senso, si pone anche l’informativa giunta con nota della Cassa di previdenza forense del 23 dicembre 2020, prot. 504628, acquisita telematicamente in pari data ed in atti, secondo cui prima dell’entrata in vigore del regolamento di attuazione dell’articolo 21, commi 8 e 9, L. 247/2012 l’iscrizione alla Cassa era facoltativa e, a domanda, nei casi in cui il professionista non raggiungesse una soglia minima di reddito o di volume d’affari IVA, di natura professionale, fissati dal comitato dei delegati per l’accertamento dell’esercizio continuativo della professione”. In tale quadro ordinamentale, gli avvocati iscritti alla Cassa di previdenza o che sono obbligati all’iscrizione devono corrispondere il contributo soggettivo previsto e regolato dall’articolo 10 l. 576 cit. Il contributo soggettivo obbligatorio a carico di ogni iscritto alla Cassa e di ogni iscritto agli albi professionali tenuto all'iscrizione è pari” , mentre il contributo integrativo previsto e regolato dall’articolo 11 viene posto a carico di tutti gli iscritti agli albi di avvocato”, nonché a carico dei praticanti avvocati iscritti alla Cassa”. L’ordinamento previdenziale forense, pertanto, esonera espressamente gli avvocati non iscritti alla Cassa di previdenza, e che non incorrono nell’obbligo di iscrizione, dall’obbligo di pagamento di contributi diversi da quello integrativo di cui all’articolo 11. Il pagamento del contributo soggettivo e l’iscrizione alla cassa assumono rilevanza ai fini del riconoscimento delle prestazioni previste dalla L. 576/1980, nei termini specificati dagli artt. 2, 3, 4, 5 della L. cit. pensione di vecchiaia, anzianità, inabilità, invalidità . Il pagamento del contributo integrativo, da parte degli avvocati non iscritti alla Cassa, assume rilevanza mutualistica ai sensi dell’articolo 9 L. 576/1980, che prevede che I provvedimenti assistenziali previsti dalla vigente legislazione possono essere adottati, oltre che a favore degli iscritti alla Cassa e dei loro familiari, a favore degli avvocati e procuratori che abbiano contribuito o contribuiscano alla Cassa ai sensi dell'articolo 11, e dei loro familiari, nonché degli iscritti agli elenchi speciali di cui all'articolo 3, quarto comma, lettera b , della L. 27 novembre 1933, numero 1578 e loro familiari”. Nel sistema in esame e sopra sinteticamente descritto, assume un ruolo di oggettivo rilievo l’ente previdenziale forense, rappresentato originariamente dall’Ente di Previdenza in favore degli avvocati e procuratori di cui alla L. 13 aprile 1933 numero 406 ed oggi dalla Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati, istituita con l. 8 gennaio 1952, numero 6. L’articolo 1 della predetta L. 6 del 1952, in particolare, espressamente prevede che E' istituita la Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori allo scopo di provvedere a trattamenti di previdenza e di assistenza. La Cassa, con sede in Roma, ha personalità giuridica di diritto pubblico”. La Cassa è stata successivamente oggetto del processo di privatizzazione sancito dal D.Lgs. 30 giugno 1994 numero 509 articolo 1, co. 1 e 2 All. A al D.Lgs. 509/94 , a seguito del quale ha assunto la natura di fondazione con personalità giuridica di diritto privato, per quanto sottoposta alla vigilanza dello Stato e al controllo della Corte dei conti articolo 3 , mantenendo cionondimeno i suoi scopi, atteso che l’articolo 1, co. 3, del D.Lgs. 509 cit., ha previsto che Gli enti trasformati continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti”. La Cassa forense, quindi, ha continuato a svolgere la funzione di ente previdenziale per la categoria degli avvocati, rientrando nell’autonomia regolamentare della Cassa – espressamente conferita per legge – il compito di individuare il corretto dimensionamento dei contributi nel modo più adeguato per raggiungere la finalità di solidarietà mutualistica che l’ordinamento le assegna in tal senso, C. cost., 30 marzo 2018, numero 67 . In tale contesto normativo, che è quello vigente nel periodo che rileva nel presente procedimento anno 2010 , si pone l’applicabilità agli avvocati delle norme sulla gestione separata dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, come incise dalla norma di interpretazione autentica prevista dall’articolo 18, co. 12, D.L. 6 luglio 2011 numero 98 in Gazz. Uff., 6 luglio, numero 155 , convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, numero 111 in Gazz. Uff., 16 luglio, numero 164 , recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”. L’articolo 2, comma 26, l. 8 agosto 1995 numero 335, in particolare, prevede che a decorrere dal 1. gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, numero 917 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a , dell'articolo 49 del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui all'articolo 36 della legge 11 giugno 1971, numero 426. Sono esclusi dall'obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività”. Tale norma, prima dell’intervento di interpretazione di cui all’articolo 18, comma 12, D.L. 98/2011, non appariva riferibile alla categoria degli avvocati, posto che quest’ultima fruiva, sotto il profilo previdenziale, del regime, degli obblighi e delle prestazioni previste dalla L. 576/1980, nonché di un ente espressamente deputato alla gestione dei relativi rapporti, quale è, come visto, la Cassa di previdenza forense. Tale conclusione risultava confermata dall’ulteriore previsione dell’articolo 2, co. 25, L. 335/1995, riferita ai professionisti iscritti in albi non dotati di un proprio ente previdenziale, nonché dalla giurisprudenza di legittimità formatasi prima del D.L. 98/2011, la quale sul punto evidenziava che le disposizioni di cui ai commi 25 e 26 della L. 335/1995 erano state introdotte per assicurare una tutela previdenziale a categorie che in precedenza erano prive di un ente a tal fine istituito e che la gestione separata ex articolo 2, co. 26, L. 335 cit. non era applicabile ai professionisti iscritti in albi, sia pur privi di copertura assicurativa. In particolare, veniva chiarito dalla Corte di Cassazione che i professionisti iscritti ad albi o elenchi non sono iscritti nella gestione di cui alla L. numero 335 del 1995, articolo 2, comma 26, ma nella gestione di cui al comma 25 del citato articolo 2. Va infatti rammentato che, nel complessivo piano di estensione della tutela previdenziale a categorie che in precedenza ne erano prive, la L. numero 335 del 1995 ha agito con due diverse disposizioni da un lato, con l'articolo 2, comma 25, ha delegato il Governo ad emanare norme volte ad assicurare la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione in appositi albi o elenchi. Si trattava, in questo caso, di regolamentare quei liberi professionisti per i quali esisteva un ente deputato alla tenuta degli albi, ma che non avevano, a differenza di altre categorie, una apposita cassa di previdenza e che erano quindi privi di tutela previdenziale. In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs. 10 febbraio 1996, numero 103, che ha demandato proprio agli enti abilitati alla tenuta degli albi di scegliere se partecipare ad un ente pluricategoriale ovvero se costituire un ente di categoria per gestire l'assicurazione di detti professionisti D.Lgs. numero 103 del 1996, articolo 2 . Pertanto per i professionisti iscritti all'albo, ossia per i professionisti stricto sensu secondo la dizione usata dall'Istituto ricorrente, il soggetto deputato nella gestione della tutela previdenziale obbligatoria, viene scelto dall'organo professionale competente e non è certo la gestione separata presso l'Inps, che invece è prevista, dal successivo comma 26, per quei lavoratori autonomi che svolgono attività professionale per la quale non è prevista l'iscrizione in albi o in elenchi e che quindi non hanno alcun ente deputato alla relativa tenuta che possa decidere sulla forma di gestione della tutela previdenziale” Cass. Civ. sez. lav. 16 febbraio 2007 numero 3622 conf. 13218/2008 . Il quadro giuridico è mutato a seguito dell’introduzione dell’articolo 18, comma 12, del D.L. 98/2011 e del diritto vivente formatosi nella materia. L’articolo 18, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011 numero 98, conv. in L. legge 15 luglio 2011, numero 111, ha previsto invero che L'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11. Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d , del decreto legislativo 10 febbraio 1996, numero 103. Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge numero 335 del 1995”. Sebbene la formula letterale della disposizione sembrasse escludere la categoria degli avvocati dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata trattandosi di professionisti iscritti in albi, tenuti a versare – anche in caso di mancata iscrizione alla Cassa forense – il contributo integrativo al proprio ente previdenziale di riferimento 3, tra il 2017 e il 2018, la Suprema Corte è progressivamente intervenuta nella materia, dapprima con riguardo alle categorie degli ingegneri ed architetti titolari di rapporto di impiego per i quali sussisteva un divieto di iscrizione alla propria cassa di riferimento , poi con riferimento alla categoria degli avvocati iscritti in altri enti di previdenza, successivamente anche con riguardo agli avvocati del libero foro non iscritti in alcun ente di previdenza, per i quali non operava alcun divieto di iscrizione nella Cassa di previdenza forense. Sin dalle prime pronunce che hanno riguardato la categoria degli avvocati, la Corte, relativamente a contributi richiesti dall’INPS per periodi anteriori all’entrata in vigore del D.L. 98/2011, e con principi aventi portata generale, ha ritenuto che l'unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata che può inibire la forza espansiva della norma di chiusura contenuta nella L. numero 335 del 1995, articolo 2, comma 26, come chiarita dal D.L. numero 98 del 2011, articolo 18, comma 12, non può che essere quella correlata ad un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale” C. Cass. Sez. lav. 12 dicembre 2018 numero 32167, C.A c INPS . La Corte, in particolare, sempre con riferimento all’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, ha rimarcato che tale disposizione ha inteso chiarire quali liberi professionisti siano tenuti alla iscrizione alla gestione separata”, ritenendo che anche gli avvocati iscritti in albi vi siano assoggettati, laddove non siano iscritti alla cassa di previdenza forense ed abbiano quindi adempiuto al pagamento del solo contributo integrativo. Ha, invero, rilevato che la contribuzione integrativa, in quanto non correlata all'obbligo di iscrizione alla cassa professionale, ed a prescindere dalla individuazione della funzione assolta all'interno del sistema di finanziamento delle attività demandate alla cassa professionale, non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell'invalidità e della morte in favore dei superstiti per cui non può essere rilevante ai fini di escludere l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l'INPS” Cass. 32167/2018, cit. . La Corte, quindi, ha precisato che, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa ex artt. 35 e 38 Cost., l'unico versamento contributivo rilevante ai fini dell'esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. I Giudici di legittimità, a conferma del suesposto indirizzo, hanno escluso che l’uso della congiunzione ovvero”, presente nell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, possa avere una mera funzione esplicativa anziché disgiuntiva, tale da escludere dall’obbligo di iscrizione i soggetti che esercitano una attività professionale per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione agli albi professionali, indipendentemente da ogni ulteriore obbligo di natura contributiva, quest’ultimo nel senso sopra chiarito. L’orientamento in esame è stato confermato dalle successive pronunce Cass. civ. Sez. lavoro, 17/12/2018, numero 32608, I.N.P.S. c. I.D Cass. civ. Sez. lavoro, 11/01/2019, numero 519, I.N.P.S. c. L.C. anche relative agli avvocati del libero foro non aventi altre forme di impiego, non iscritti in altre forme di previdenza, ma solo all’albo di categoria e per questo tenuti al pagamento del solo contributo integrativo C. Cass., sez. VI, 10 gennaio 2020 numero 317, INPS c D.R. sez. VI, 10 gennaio 2020, numero 318, INPS c G.A. sez. VI, 17 gennaio 2020, numero 1000 M.C. c INPS sez. VI, 17 novembre 2020, numero 26021, INPS c C.M.A. . In tal senso, è stato specificato che Gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell'abitualità, non hanno - secondo la disciplina vigente ratione temporis, antecedente l'introduzione dell'automatismo della iscrizione - l'obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all'albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l'INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui alla l numero 335 del 1995, articolo 2, comma 26, secondo cui l'unico versamento contributivo rilevante ai fini dell'esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale detto principio va esteso anche al caso che viene qui in rilievo dell'avvocato non iscritto alla Cassa Forense alla quale versa il contributo integrativo obbligatorio previsto dal Regolamento della Cassa per il solo fatto di essere iscritto all'Albo Forense” C. Cass., sez. VI, 10 gennaio 2020 numero 317 VI, 10 gennaio 2020, numero 318, cit. . Si è, dunque, precisato che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata viene meno solo se il reddito prodotto dall'attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento Cass. numero 3799 cit. ” Cass., sez. VI, 17 novembre 2020, numero 26021, INPS c C.M.A. . A tale indirizzo si è ormai conformata la giurisprudenza di merito tra le tante, Corte appello Brescia sez. lav., 21/09/2020, numero 137 Tribunale Catania sez. lav., 03/03/2020, numero 974 C. Appello di Catania, sez. lav., 17/6/2019 numero 677 . Alla stregua del conforme indirizzo della Suprema Corte, dunque, deve ritenersi che l’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011 va interpretato nel senso che per soggetti tenuti all’iscrizione alla gestione separata di cui all’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, si intendono sia i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali o elenchi, sia i soggetti che ancorché esercenti attività che richiedono l’iscrizione in albi o elenchi non sono sottoposti all’obbligo di versamento del contributo c.d. soggettivo in quanto non iscritti ad alcun ente di gestione, essendo irrilevante il mero versamento dell’eventuale contribuzione integrativa alla cassa previdenziale di categoria. Pertanto, alla luce di tale dato, anche gli avvocati che non incorrano nell’obbligo di iscrizione alla Cassa di previdenza forense, per aver maturato redditi o volumi d’affari sotto le soglie ex articolo 22 L. 576/1980, devono essere iscritti alla gestione separata ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995. Dati gli effetti retroattivi” dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, quale norma di interpretazione dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, è pacifico che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata operi anche per i periodi anteriori all’entrata in vigore dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011 cit., come nei casi esaminati dalla Suprema Corte si considerino, ad es., quelli scrutinati da Cass. 32167/2018, 32608/2018, 519/2019, riguardanti contributi richiesti dall’INPS per l’anno 2005 . 2.3. Incidenza delle questioni nel caso concreto. Sussiste la rilevanza concreta ed attuale delle questioni poste. Le odierne parti ricorrenti sono, come anticipato, avvocati del libero foro. Come si evince dagli atti, non contestano il carattere abituale dell’attività professionale esercitata, del resto comprovata dall’iscrizione all’albo, dal possesso di una partita IVA e della predisposizione di un’organizzazione, sia pur minima, per lo svolgimento dell’attività. Nel 2010, periodo di competenza degli oneri di iscrizione e contribuzione richiesti dall’INPS con gli atti opposti, non risultavano iscritte alla Cassa forense, in quanto pacificamente non obbligate in ragione dei parametri economici realizzati, sotto le soglie richiamate dall’articolo 22, L. 576/1980 come anticipato, in base alla delibera del Comitato dei delegati del 28 settembre 2007, le soglie minime previste per il 2010 ex articolo 22 L. 576/1980 ai fini dell’obbligo di iscrizione erano di Euro.10.000,00 di reddito professionale netto o Euro.15.000,00 di volume di affari . Hanno, pertanto, versato, alla Cassa di previdenza forense, solo il contributo integrativo ex articolo 11, L. 576/1980. Alla luce del quadro giurisprudenziale sopra descritto, ad esse appare pienamente applicabile l’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, per come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, e dunque l’obbligo di iscrizione alla gestione separata, tenuto conto che la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto operante tale vincolo anche nei riguardi dell'avvocato non iscritto alla Cassa Forense alla quale versa il contributo integrativo obbligatorio previsto dal Regolamento della Cassa per il solo fatto di essere iscritto all'Albo Forense” C. Cass., sez. VI, 10 gennaio 2020 numero 317, INPS c D.R. VI, 10 gennaio 2020, numero 318, INPS c G.A. . La circostanza che la ricorrente Avv. DI MA. abbia prodotto, nell’anno in considerazione, un reddito poco al di sotto di Euro.5000, non esclude, nel caso di specie, l’applicabilità della disciplina in esame, posto che, come si è detto, risulta dato pacifico che parte opponente ha svolto l’attività professionale con carattere di abitualità. Non appare, al riguardo, rilevante il dato normativo costituito dall’articolo 44, co. 2, D.L. 269/2003, secondo cui A decorrere dal 1. gennaio 2004 i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, numero 114, sono iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad Euro 5.000”. Tale disposizione, infatti, fa riferimento, oltre che agli incaricati alle vendite a domicilio, all’attività di lavoro autonomo occasionale, e non può dunque applicarsi agli avvocati che svolgano la professione con carattere di abitualità. Ed invero, il limite reddituale ivi previsto, di Euro.5000, non serve per qualificare il lavoro come occasionale, ma per individuare il momento a partire dal quale anche il lavoratore autonomo occasionale è tenuto all’iscrizione alla gestione separata. Come è noto, il lavoro autonomo occasionale è un’attività autonoma, esercitata senza alcun vincolo di subordinazione o di coordinamento che però non richiede l'apertura della partita IVA, perché è svolta in modo saltuario per pochi giorni durante l’anno ed è priva dei requisiti dell'organizzazione e della professionalità. Secondo la giurisprudenza che si è allineata all’indirizzo espresso dalla Suprema Corte, invece, l’iscrizione della ricorrente all’albo professionale – requisito indispensabile per l’esercizio della professione come previsto dall’articolo 2 c.1 della L. 576/1980 – e l’apertura della partita IVA che costituisce adempimento richiesto a chi intraprende un’attività di lavoro autonomo a titolo di professione abituale come si ricava dal combinato disposto degli articoli 35, co. 1, del D.P.R. 633/72 e 5, co. 1, dello stesso D.P.R. , provano in via presuntiva l’abitualità dello svolgimento dell’attività professionale. Pertanto, a fronte di tali elementi, era onere della ricorrente allegare e documentare circostanze specifiche atte a superare la prova presuntiva dell’abitualità dell’esercizio della professione, onere nella specie non assolto” C. Appello Catania, sez. lav., 17/6/2019, numero 677, INPS c P.S. . Nel caso di specie, quindi, essendo pacifico il requisito dell’abitualità anche con riguardo all’attività esercitata all’Avv. DI MA., deve ritenersi applicabile l’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011. Per quanto riguarda il ricorrente Avv. AL., l’applicabilità dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, è vieppiù pacifica, dato che, non solo non vi è contestazione sui requisiti di abitualità richiesti, ma il reddito percepito è anche superiore all’importo di Euro.5000 essendo pari ad Euro.5655 , sicché in alcun modo può richiamarsi, in suo favore, il disposto di cui all’articolo 44, co. 2, D.L. 269/2003. Infine, in sede di ricostruzione normativa e giurisprudenziale, si è dato atto degli effetti retroattivi dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, quale norma di interpretazione dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, il che rende operante l’obbligo di iscrizione alla gestione separata anche per i periodi anteriori alla sua entrata in vigore. Ciò consente all’INPS di agire, come fatto nei riguardi delle odierne parti ricorrenti, per il recupero dei contributi relativi a periodi di competenza pregressi. Da quanto premesso, si comprende la rilevanza della questione di costituzionalità principale, relativa all’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, per come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011 infra § 3, sub A . Ove, infatti, tale disposizione venisse dichiarata illegittima, per come richiesto, gli odierni ricorsi verrebbero certamente accolti. L’incostituzionalità della normativa in esame, infatti, farebbe venir meno la fonte da cui trae fondamento l’obbligo di iscrizione delle parti ricorrenti alla gestione separata dell’INPS e, conseguentemente, il credito contributivo reclamato a tale titolo. L’antinomia prodotta dalla norma impugnata, rispetto alle previsioni dell’ordinamento previdenziale forense di cui alla L. 576/1980, verrebbe, quindi, eliminata, con conseguente pacifica ed esclusiva applicazione dell’articolo 22, L. 576/1980. Del pari, laddove non venisse reputata preliminare e fondata la prima questione, appare rilevante anche quella sollevata in via subordinata, in relazione all’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011 infra § 3, sub B . Come già esposto e come si vedrà in punto di non manifesta infondatezza, solo dopo l’introduzione dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011 e la successiva elaborazione giurisprudenziale, è stato affermato l’obbligo di iscrizione presso la gestione separata per gli avvocati esonerati dall’iscrizione alla cassa di previdenza forense, ex articolo 22 L. 576/1980. Precedentemente, l’assetto normativo e giurisprudenziale era, invece, nel senso di escludere chiaramente un tale onere. Laddove, pertanto, tale norma venisse dichiara illegittima, nella parte in cui esplica effetti retroattivi, e dunque nella misura in cui non prevede che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli avvocati possa decorrere solo dalla sua entrata in vigore, le domande attoree verrebbero parimenti accolte. Ed invero, in tal caso, fino all’entrata in vigore dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, verrebbe meno il fondamento normativo dell’obbligo di iscrizione delle parti ricorrenti nella gestione separata, con conseguente insussistenza dei crediti richiesti dall’INPS con riguardo all’anno 2010. Per converso, laddove le questioni poste non venissero accolte e venisse pienamente confermato l’assetto normativo attuale, i ricorsi dovrebbero essere rigettati nel merito, risultando ormai acquisito nell’interpretazione giurisprudenziale il principio secondo cui i contributi richiesti dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, ai fini dell’esonero dall’iscrizione dalla gestione separata, non sono quelli integrativi ex articolo 11 L. 576/1980, ma quelli soggettivi, ex articolo 10 l. 576 cit., che presuppongono l’iscrizione alla cassa di previdenza forense. 3. Non manifesta infondatezza. A Art. 2, co. 26, L. 335/1995, come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011. Violazione dell’articolo 3 Cost. per irragionevolezza, illogicità ed incoerenza del sistema normativo. Richiamata la ricostruzione normativa e giurisprudenziale che precede supra, § 2.2. , sussiste il dubbio che l’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, come interpretato a seguito dell’introduzione dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, sia viziato sotto i profili di irragionevolezza, illogicità, incoerenza che esso provoca nel sistema normativo, in violazione dell’articolo 3 Cost., e ciò, in specie, nella parte in cui prevede l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume d’affari ex articolo 22 L. 576/1980. Come visto, per la materia ed i periodi che rilevano nel presente processo obblighi previdenziali inerenti ai redditi prodotti nel 2010 per l’esercizio dell’attività forense , il sistema previdenziale forense risulta regolato dalla L. 576/1980, la quale gradua gli obblighi di natura contributiva e previdenziale, sostanzialmente prevedendo che solo gli avvocati che abbiano raggiunto determinate soglie di reddito o di volume d’affari incorrano nell’obbligo di iscrizione alla cassa di previdenza e, quindi, nell’obbligo di pagamento del contributo soggettivo ex articolo 10 L. 576/1980 e disponendo conseguentemente che gli altri, al di sotto di tali soglie, siano onerati a pagare solo il contributo integrativo ex articolo 11 l. 576 cit., senza obbligo di iscrizione. Tale sistema non impedisce agli avvocati del libero foro che non raggiungano le soglie previste dall’articolo 22 L. 576/1980 di iscriversi, a domanda, alla Cassa forense e di avere, dunque, una piena copertura assicurativa, ma rimette tale scelta al professionista. Sul punto, si rinvia alla ricostruzione normativa sopra effettuata e si richiama la nota informativa ivi citata della Cassa forense numero prot. 504628 del 23.12.2020, acquisita telematicamente in pari data ed in atti, che conferma tale assetto4. La legge 576/1980 costituisce lex specialis dell’ordinamento previdenziale forense e, perciò, non può ritenersi implicitamente abrogata, neppure parzialmente, da quelle norme, come l’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, che, ancorché successive, non riguardano espressamente tale sistema. Quest’ultimo, del resto, ha mantenuto nel tempo la propria specialità, come comprova l’entrata in vigore della L. 247/2012, con la quale, peraltro, è stata confermata l’esclusività del ruolo svolto nella materia dall’ente previdenziale forense v. artt. 21, co. 8 e 9, L. 247, cit. 5. Stando così le cose, l’articolo 2, comma 26, L. 335/1995, per come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nella parte oggetto della presente questione, appare introdurre un elemento di oggettiva incoerenza normativa, che rende la norma illogica, irrazionale e dunque irragionevole, in violazione dell’articolo 3 Cost Da un canto, invero, l’ordinamento, con la lex specialis destinata alla previdenza forense, riconosce al professionista – che, per lo svolgimento dell’attività di avvocato, non maturi redditi considerevoli, rimanendo sotto le soglie ex articolo 22 L. 576/1980 – la facoltà di iscriversi alla propria cassa di previdenza lo assoggetta al solo obbligo del pagamento del contributo integrativo ex articolo 11 l. 576 cit. lo esonera da ogni ulteriore onere di iscrizione e contribuzione riconosce, quindi, all’autonomia regolamentare della Cassa forense il compito di individuare i criteri in forza dei quali assoggettare l’attività forense agli obblighi di iscrizione e di contribuzione ed a dimensionare gli stessi secondo le finalità solidaristico-mutualistiche C. cost., 30 marzo 2018, numero 67 , in funzione delle previste prestazioni previdenziali ed assistenziali artt. 1 e ss. L. 576/1980 per gli avvocati non iscritti alla cassa, articolo 9 L. 576/1980 . Dall’altra parte, invece, con la disposizione impugnata, prevede del tutto contraddittoriamente che, laddove i criteri della Cassa, in applicazione dell’autonomia regolamentare che le è riconosciuta dalla legge, esonerino l’avvocato dagli obblighi di iscrizione e contribuzione testé descritti, si attivino allora a carico del detto professionista ulteriori e ben distinti oneri previdenziali, quali l’iscrizione alla gestione separata ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995 e l’obbligo di pagamento dei relativi contributi parametrati al reddito, peraltro con ritenute diverse e più esose rispetto a quelle previste dall’articolo 10 L. 576/1980. E tutto ciò in favore di una gestione previdenziale, quale è quella separata” dell’INPS, avulsa da quella forense e che non sorge affatto per assicurare una tutela previdenziale alla categoria degli avvocati. Appare evidente l’antinomia prodotta dalla norma impugnata, l’oggettiva incoerenza del sistema normativo che essa provoca, l’irrazionalità normativa di una previsione che impone all’avvocato l’obbligo di iscrizione in un separato ente previdenziale proprio quando e nella misura in cui il suo stesso ordinamento previdenziale, in base a disposizioni di legge, esclude un tale onere nei confronti della sua stessa cassa di categoria. Trattasi, verosimilmente, di un effetto non voluto dal legislatore dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, come sembra desumersi dalla lettura dei lavori preparatori si fa riferimento alla relazione al disegno di legge di conversione numero 2814/2011, alla pag. 29 e cionondimeno prodottosi nel diritto vivente, che contrasta, tuttavia, con riguardo alla categoria professionale degli avvocati sottosoglia ex articolo 22 L. 576/1980, contro ogni principio di razionalità normativa6. Laddove, invero, il legislatore avesse voluto estendere anche a tali professionisti l’obbligo di iscrizione ad un ente previdenziale – come difatti è accaduto, per i periodi successivi a quelli che rilevano nella presente causa, con l’articolo 21, co. 8, L. 247/2012 – esso lo avrebbe fatto agendo sullo stesso sistema previdenziale forense ad es., modificando l’articolo 22 L. 576/1980 , mantenendone così unitarietà e coerenza. Con la disposizione in esame, invece, non solo è stato introdotto un onere che si rivela del tutto incompatibile con il regime delineato dalla lex specialis articolo 22 L. 576/1980 , ma si è pervenuti anche all’illogico risultato di disgregare irragionevolmente il regime previdenziale dell’avvocato sotto soglia ex articolo 22 L. 576/1980, creando un farraginoso frazionamento degli enti a cui lo stesso deve rapportarsi alla cassa forense per il pagamento del contributo integrativo ex articolo 11 L. 576/1980 e per la fruizione di eventuali prestazioni assistenziali articolo 9 L. 576 cit. all’INPS per il pagamento dei contributi ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995. Tale scomposizione appare del tutto insensata poiché l’obbligo di contribuzione richiesto in favore della gestione separata deriva dall’esercizio della medesima attività – quella forense – a cui si rapporta l’obbligo del contributo integrativo ex articolo 11 L. 576/1980 in favore della Cassa forense, l’ente a cui l’ordinamento ha sempre devoluto l’esclusiva competenza della gestione dei rapporti previdenziali della categoria. Non appaiono quindi applicabili, al caso di specie, i principi affermati dalla Suprema Corte in materia di duplicità delle iscrizioni in distinte gestioni previdenziali, in ragione della duplicità dell’attività esercitata, posto che, nel caso in scrutinio, rileva un’unica attività, quale è quella forense, che risulta già disciplinata dalla L. 576/1980 secondo un ordinamento speciale ed unitario, che la norma impugnata, concepita per altre categorie di lavoratori, mira invece irragionevolmente a mettere in discussione ed a disarticolare. L’effetto disfacente che la norma produce, peraltro, pone l’avvocato, che non raggiunga le soglie previste dall’articolo 22 L. 576/1980 e che per questo, non essendo iscritto alla cassa forense, venga assoggettato alla gestione separata , in una condizione previdenziale irrazionalmente diversa ed anche deteriore rispetto a quella dell’avvocato che le abbia raggiunte e che sia perciò obbligato all’iscrizione alla cassa forense , non consentendogli di acquisire automaticamente presso la propria cassa di categoria i requisiti di iscrizione e contribuzione derivanti dall’esercizio dell’attività forense, previsti dagli artt. 1 e ss. L. 576/1980, per la fruizione delle prestazioni previdenziali ivi regolate in favore degli avvocati. Ed infatti, la contribuzione versata alla gestione separata dell’INPS non viene riversata alla Cassa di previdenza forense e, dunque, non viene ivi accredita all’avvocato, né in vario modo destinata – benché applicata su redditi derivanti dall’esercizio della professione forense – all’Ente deputato per legge ad assicurare gli scopi mutualistici-solidaristici per la categoria. D’altra parte, l’utilità della contribuzione versata dall’avvocato alla gestione separata INPS, in vista di possibili prestazioni a carico della stessa, appare davvero limitata, se non improbabile, non solo per la esiguità del gettito contributivo, in quanto basato su redditi marginali quali sono quelli sotto le soglie ex articolo 22 L. 576/1980, ma anche per l’estrema esiguità del periodo contributivo maturabile presso la detta gestione separata. Si consideri, a tal riguardo, che l’operazione Poseidone”, con la quale l’INPS ha iniziato a procedere all’iscrizione alla gestione separata degli avvocati sotto soglia ex articolo 22 L. 576/1980, è iniziata nel 2009 e cessata con l’entrata in vigore della L. 247/2012, in forza della quale è venuto meno l’esonero dall’iscrizione alla cassa di previdenza forense per ragioni economiche. Le odierne parti opponenti, ad esempio, sono state iscritte d’ufficio alla gestione separata a decorrere dal 2010 e, a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 21, co. 8, L. 247/2012, continuando a svolgere l’attività forense, sono incorse nell’obbligo di iscrizione nella Cassa forense, con conseguente preclusione dell’INPS di mantenere la loro iscrizione alla gestione separata. Sicché la contribuzione non coperta da prescrizione, richiedibile e richiesta dall’INPS per la gestione separata, a carico degli avvocati, rimane circoscritta ad un limitato arco temporale molto spesso pari soltanto a qualche anno , quasi sempre insufficiente per poter generare la maturazione di requisiti di legge utili ai fini di eventuali prestazioni previdenziali a carico della stessa gestione. Del resto, anche considerando la possibilità per il professionista di chiedere, al sussistere dei presupposti, la ricongiunzione della contribuzione versata a favore della gestione separata presso l’ente di categoria, tale operazione non potrebbe avvenire senza ulteriori aggravi, sia di tipo procedurale, sia di carattere economico. E non si comprende davvero il motivo per il quale, se anche l’avvocato sotto soglia ex articolo 22 L. 576/1980 debba essere sottoposto a contribuzione con obbligo di iscrizione ad un ente di previdenza, ciò non avvenga con l’iscrizione presso il proprio ente di categoria, anziché presso la gestione separata dell’INPS. La norma impugnata, dunque, non solo appare incoerente, ma obiettivamente irragionevole, poiché, nel porsi in rapporto di chiara inconciliabilità con l’articolo 22, L. 576/1980, genera il risultato di assoggettare le fasce di professionisti più deboli e con minori capacità reddituali – quali sono gli avvocati esonerati dall’obbligo di iscrizione ex articolo 22 L. 576/1980 – ad un regime previdenziale sui generis, frammentario, disorganico, neppure in grado di garantire una copertura assicurativa certa o utile, o comunque, al più, in grado di riconoscerne una immotivatamente diversa rispetto a quella goduta dagli avvocati iscritti alla Cassa forense, la cui contribuzione viene, invece, automaticamente riversata alla Cassa di categoria, con l’automatica e certa maturazione dei requisiti di iscrizione e contribuzione presso l’ente previdenziale deputato per legge ad erogare le relative prestazioni, senza ulteriori aggravi. Tutto ciò non appare giustificabile neppure attraverso il richiamo al principio di universalizzazione delle tutele ex articolo 38 Cost., posto che tale principio viene applicato dalla stessa Suprema Corte partendo dal presupposto che determinate categorie non possano avere una copertura assicurativa, per la mancanza di un ente previdenziale a ciò preposto ovvero per la presenza di espresse preclusioni che ne impediscono l’iscrizione si pensi, ad esempio, all’ipotesi già menzionata degli ingegneri che esercitano l’attività professionale essendo contemporaneamente titolari di un distinto rapporto di lavoro dipendente, per i quali vige il divieto di iscrizione presso l’ente di categoria sul punto, si rinvia a quanto affermato dalla Suprema Corte a partire dalla pronuncia 18 dicembre 2017, numero 30344 cfr. anche articolo 7 Inarcassa, consultabile presso il sito istituzionale www.inarcassa.it/site/home/iscrizione/condizioni-per-liscrizione-obbligatoria.html 7. Nell’ipotesi in scrutinio, invece, all’avvocato del libero foro sotto soglia ex articolo 22 L. 576/1980 non è preclusa la facoltà di iscrizione alla propria Cassa di previdenza forense, potendo l’avvocato accedere alla piena tutela assicurativa presso il predetto ente di gestione, a domanda si rinvia alla nota pervenuta da Cassa forense numero prot. 504628 del 23.12.2020 cit Sul punto, del resto, va osservato che il regime previsto dall’articolo 22 L. 576/1980 di escludere dall’obbligo – e non già dalla facoltà – di iscrizione gli avvocati che abbiano prodotto redditi o volumi d’affari al di sotto delle soglie previste non è volto a negare una tutela assicurativa o a mettere in discussione i principi costituzionali che regolano la materia previdenziale, quanto a riconoscere – secondo la valutazione del legislatore – un regime di maggior favore nei riguardi degli avvocati che non abbiano potuto produrre redditi o volume d’affari apprezzabili e, dunque, che non abbiano maturato un’effettiva capacità di concorrere, anche sotto il profilo solidaristico, al sistema previdenziale forense si considerino, ad es., i modesti redditi prodotti dalle odierne parti ricorrenti, indicati in premessa . E, d’altro canto, va ribadito che quando il legislatore ha ritenuto di eliminare le aree di esonero dall’obbligo di iscrizione all’ente di previdenza forense, stabilendo per tutti gli avvocati iscritti in albi l’obbligo di iscrizione, come avvenuto con l’articolo 21, co. 8, L. 247/2012, esso lo ha fatto espressamente, confermando al tempo stesso, tuttavia, l’unicità della gestione affidata alla Cassa di previdenza. Ciò, peraltro, senza escludere che i regolamenti della stessa Cassa forense potessero riconoscere trattamenti di maggior favore o regimi di esenzione dall’obbligazione contributiva nei riguardi degli avvocati che versassero in determinate condizioni v. articolo 21, co. 9, L. 247/2012 . Quanto premesso, dunque, porta a concludere che la norma impugnata, come interpretata a seguito dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, sia irragionevole ed illogica, contrasti con i principi di razionalità normativa e di coerenza del sistema e si ponga in contrasto con l’articolo 3 Cost B Art. 18, co. 12, D.L. 98/2011. Violazione dell’articolo 3 Cost., per irragionevolezza e lesione del legittimo affidamento generato dall’articolo 22 L. 576/1980 violazione dell’articolo 117, co. 1, Cost., in relazione all’articolo 6 CEDU. Si dubita della costituzionalità dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nella parte in cui esplica effetti retroattivi, non prevedendo che l’obbligo di iscrizione nella gestione separata, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volumi di affari ex articolo 22 L. 576/1980, decorra dalla sua entrata in vigore, e ciò per possibile violazione dell’articolo 3 e 117, co.1, Cost., quest’ultimo in relazione all’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, numero 848 CEDU . I L’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, conv. in L. legge 15 luglio 2011, numero 111, prevede che L'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11. Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d , del decreto legislativo 10 febbraio 1996, numero 103. Sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge numero 335 del 1995”. Come già anticipato, a seguito di tale disposizione e del diritto vivente formatosi nella materia a partire dal 2018, è stato riconosciuto l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS nei riguardi degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza in quanto con reddito o volume d’affari sotto le soglie previste dall’articolo 22 L. 576/1980. Prima, la Suprema Corte di Cassazione, alla luce del chiaro dato normativo costituito dai commi 25 e 26 dell’articolo 2 della L. 335/1995, aveva espressamente escluso l’applicabilità della gestione separata ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995 ai professionisti iscritti in albi, anche se privi di un ente di previdenza Cass. Civ. sez. lav. 16 febbraio 2007 numero 3622 conf. 13218/2008 cit. , dovendosi conseguentemente escludere, a fortiori, che tale gestione potesse riguardare gli avvocati iscritti in albi, dotati da sempre di un ente previdenziale. Gli effetti retroattivi dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, quale norma di interpretazione, non sono in discussione, dato che è pacifico che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, dopo l’introduzione della predetta norma di interpretazione, è stato accertato per periodi anteriori alla sua entrata in vigore si considerino, ad es., i casi già citati ed esaminati da Cass. 32167/2018, 32608/2018, 519/2019, tutti riguardanti contributi richiesti dall’INPS per l’anno 2005. Anche nell’odierno giudizio, la disposizione in esame è stata invocata dall’INPS per giustificare la fondatezza dell’iscrizione d’ufficio nella gestione separata disposta con riguardo alle parti ricorrenti e delle conseguenti pretese contributive azionate nei riguardi delle stesse, in relazione ad un periodo di competenza, quale è il 2010, anteriore all’entrata in vigore della norma. Proprio il riconosciuto effetto retroattivo della disposizione, derivante dalla sua natura di norma di interpretazione dell’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, pone il dubbio che la riguarda sotto i citati profili dell’irragionevolezza e della lesione del legittimo affidamento, ex articolo 3 Cost., e ciò alla luce dei medesimi criteri richiamati dalla giurisprudenza costituzionale ex multis, C. cost. 12 luglio 2019 numero 174 . La norma, invero, senza che sussistano interessi imperativi di carattere generale, nel decretare l’applicabilità degli obblighi di iscrizione e contribuzione ex articolo 2, co. 26, L. 335/1995 anche per i periodi anteriori alla sua entrata in vigore, incide retroattivamente ed irragionevolmente sulla condizione giuridica ed economica degli avvocati, ledendone il legittimo affidamento in ordine al regime previdenziale e contributivo ad essi applicabile, per come desumibile dal sistema delineato dalla normativa ad essi dedicata e costituita dall’articolo 22 L. 576/1980. Tale disciplina, come si è più volte ricordato, stabilisce che solo gli avvocati iscritti in albi che raggiungano determinate soglie di reddito o di volume d’affari , fissate periodicamente dal comitato dei delegati, siano obbligati all’iscrizione all’ente di previdenza e siano assoggettati ad ulteriori contributi, oltre quello integrativo ex articolo 11 L. 576/1980, e che dunque coloro che non superino le sopraddette soglie siano tenuti a corrispondere solo il pagamento del citato contributo integrativo. L’impianto della legge 576/1980, prima dell’entrata in vigore della disposizione dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011 e del successivo diritto vivente, sviluppatosi, peraltro e come detto, solo dal 2018 in poi, ha quindi generato nei detti professionisti la più che legittima convinzione di non dover essere sottoposti ad alcun ulteriore onere previdenziale e di poter scegliere se iscriversi alla propria cassa di previdenza o meno. La norma prevista dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nel rendere applicabili agli avvocati gli obblighi sulla gestione separata anche per i periodi pregressi alla sua introduzione, lede, quindi, il loro legittimo affidamento, incidendo retroattivamente sulla loro condizione giuridica e patrimoniale, attraverso oneri ed imposizioni originariamente non previsti, rispetto ai quali i diretti interessati non hanno potuto effettuare alcuna preliminare valutazione o scelta ad es., di non esercitare la professione – o di non esercitarla a determinate condizioni – perché ritenuta eccessivamente onerosa ovvero di richiedere, a tal punto, l’iscrizione facoltativa alla cassa forense, onde evitare la frammentazione del proprio regime previdenziale, come sopra descritto § 3, sub A , etc. . Tale lesione avviene, quindi, in forza di una sorta di tassazione” retroattiva, che nel caso di specie, peraltro, colpisce le fasce più deboli della categoria, poiché produttive di redditi marginali, che vengono così ulteriormente gravate si consideri, ad es., il caso della ricorrente Di Ma., avvocato dal 2009 e con un reddito imponibile nel 2010 di Euro.4111, che risulta notevolmente inciso dall’importo richiesto per dall’INPS con l’atto opposto, pari ad Euro.1920,70 di cui Euro.1098,46 a titolo di contributi ed Euro.822,24 a titolo di sanzioni . La stessa Corte di Cassazione ha riconosciuto tali caratteristiche, nella misura in cui ha affermato che più che un contributo destinato ad integrare un settore previdenzialmente scoperto, i conferimenti alla gestione separata hanno piuttosto il sapore di una tassa aggiuntiva su determinati tipi di reddito, con il duplice scopo di fare cassa” e di costituire un deterrente economico all’abuso di tali forme di lavoro” Cass. sez. lav. 32167/2018, § 8, pag. 5, che richiama S.U. 3240/2010 . Nel caso in esame, tuttavia, l’applicazione della norma agli avvocati esonerati dall’iscrizione alla propria cassa ex articolo 22 L. 576/1980 determina l’irragionevole conseguenza di assoggettare a tale tassazione”, retroattivamente, anche quei professionisti che non avevano certamente inteso eludere i propri obblighi contributivi, effettuando le prescritte dichiarazioni dei redditi come riconosciuto dall’INPS, che in forza delle medesime dichiarazioni ha potuto procedere alla loro iscrizione d’ufficio alla gestione separata e facendo affidamento sul regime ad essi espressamente riconosciuto dall’articolo 22 L. 576/1980. E del resto, gli stessi lavori preparatori della legge di conversione del D.L. 98/2011, con riguardo all’articolo 18, co. 12, non sembravano preludere alla soluzione poi adottata dal diritto vivente rispetto agli avvocati iscritti in albi, esonerati all’iscrizione ex articolo 22 L. 576/1980. Si richiama, in merito, quanto già evidenziato sul contenuto della relazione al disegno di legge di conversione del D.L. 98/2011, numero 2814/2011, pag. 29 e si rinvia, in particolare, alla nota sub 6 del presente provvedimento. Non sussistono, peraltro, quei presupposti che, secondo la stessa giurisprudenza costituzionale, possono consentire un giudizio di legittimità costituzionale della norma, nella parte in cui esplica effetti retroattivi. Innanzitutto, non sussistono motivi imperativi di carattere generale. Al riguardo, si rileva lo scarso gettito contributivo che la disposizione impugnata appare destinata a produrre, dato che vengono coinvolti solo gli avvocati che hanno prodotto redditi molto bassi, quali sono quelli al di sotto delle soglie ex articolo 22 l. 576 cit., e peraltro per un periodo di tempo molto limitato dall’inizio dell’operazione Poseidone” all’entrata in vigore dell’articolo 21, co. 8, L. 247/2012 . In ogni modo, come è stato più volte rimarcato dalla giurisprudenza, la mera esigenza di un maggior gettito contributivo non costituisce un preminente interesse di carattere generale idoneo a giustificare l’incisione retroattiva di posizioni giuridiche consolidate. La mancanza di un preminente interesse generale e l’irragionevolezza della norma, nella misura in cui dispone anche per il passato, appaiono desumibili anche dalla particolare distanza temporale che corre tra l’epoca di emanazione della norma interpretata 1995 e quella di approvazione della norma interpretatrice 2011 . Inoltre, non appaiono sussistere quelle specifiche condizioni che la stessa Corte costituzionale ha più volte richiamato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, e che possono consentire di considerare ragionevole l’intervento retroattivo, ovverosia la sussistenza di ragioni storiche epocali, la necessità di porre rimedio ad un’imperfezione tecnica della legge interpretata, ristabilendo un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore, la necessità di riaffermare l’intento originale del Parlamento, la sussistenza di manifeste sperequazioni determinate da istituti extra ordinem di eccezionale favore, profili di illegittimità costituzionale dalla disciplina anteriore interpretata da ultimo, C. cost. 12 luglio 2019, numero 174, cit. . Anzi, va ulteriormente ribadito come l’interpretazione autentica in esame abbia una valenza sostanzialmente innovativa, atteso che l’applicazione della norma interpretata dell’articolo 2, comma 26, L. 335/1995, alla luce della sua esegesi anche sistematica con il comma 25 dello stesso articolo, appariva chiaramente preclusa agli avvocati del libero foro, in quanto professionisti iscritti in albi dotati di un proprio ente di gestione previdenziale, come in generale a tutti i professionisti comunque iscritti in albi in tal senso, prima del D.L. 98/2011, Cass. Civ. sez. lav. 16 febbraio 2007 numero 3622 conf. 13218/2008, cit. . La norma in scrutinio, pertanto, appare incidere irragionevolmente sulla posizione giuridica degli avvocati, addossando retroattivamente oneri previdenziali non previsti dalla legislazione anteriore e, dunque, incidendo negativamente sulla condizione patrimoniale degli stessi, senza che sussistano motivi che possano giustificare una siffatta lesione del legittimo affidamento, dei principi di certezza del diritto e dei diritti acquisiti. La giurisprudenza della Corte costituzionale, sul tema, ha più volte ricordato che negli ambiti diversi da quello del settore penale il legislatore, se è pur libero di emanare disposizioni retroattive, anche di interpretazione autentica, incontra il limite nell’adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza, che presuppone un puntuale bilanciamento tra le ragioni che hanno motivato la previsione della norma retroattiva e i valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente lesi dall’efficacia a ritroso della norma adottata, specificando che i limiti posti alle leggi con efficacia retroattiva si correlano alla salvaguardia dei principi costituzionali dell’eguaglianza e della ragionevolezza, alla tutela del legittimo affidamento, alla coerenza e alla certezza dell’ordinamento giuridico, al rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario” C. Cost., 12 luglio 2019 numero 174, cit. . II Infine, per completezza, appare doveroso evidenziare come la norma in esame presenti un ulteriore elemento di possibile contrasto con i parametri costituzionali invocati. Come ha evidenziato l’INPS nelle proprie memorie di costituzione, la posizione di conflitto tra l’Istituto e la categoria dei professionisti non iscritti alla gestione separata – tra cui, gli avvocati non iscritti alla cassa forense, per mancato raggiungimento delle soglie previste dall’articolo 22 L. 576/1980 – è sorta nel 2009, allorquando l’INPS, a fronte della mancata iscrizione di detti professionisti alla gestione separata, ha ritenuto di iscriverli d’ufficio e di procedere al recupero degli importi ritenuti spettanti c.d. operazione Poseidone . All’epoca della comparsa di tale posizione di conflitto, la giurisprudenza di legittimità aveva già chiaramente escluso l’applicabilità della gestione separata per i professionisti iscritti in albi ex multis, Cass. Civ. sez. lav. 16 febbraio 2007 numero 3622 13218/2008 cit. . Appare pertanto oggettivo che, con l’intervento del legislatore, avvenuto con la formulazione dell’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, è stata introdotta una norma che ha alterato la parità delle armi” nell’ambito di un contenzioso già chiaramente delineatosi tra l’INPS e i professionisti, ribaltando l’orientamento dapprima espresso dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. La norma in esame, pertanto, nella parte in cui non prevede che gli obblighi di iscrizione previsti dalla norma interpretata articolo 2, co. 26, L. 335/1995 possano decorrere solo dalla entrata in vigore della norma interpretatrice, appare collidere non solo con l’articolo 3 Cost., ma anche con i principi di cui all’articolo 6 CEDU, per come richiamati dall’articolo 117, co. 1, Cost., posto che essa incide in favore dell’INPS, con effetti retroattivi, su di un contenzioso già in atto al momento della sua emanazione e rispetto al quale sussisteva un indirizzo della Suprema Corte di Cassazione opposto a quello poi seguito dal legislatore. 4 Interpretazioni costituzionalmente orientate. Esclusione. Tenuto conto del quadro giurisprudenziale evidenziato in sede di ricostruzione normativa, che consente di individuare un orientamento univoco e stabile della Suprema Corte in ordine all’applicabilità della disciplina di cui all’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, alla categoria degli avvocati che non abbiano raggiunto le soglie previste ex articolo 22 L. 576/1980, appare vano ogni tentativo di procedere secondo interpretazioni costituzionalmente orientate. Al riguardo, si richiama, peraltro, l’indirizzo più volte espresso dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo - se è pur libero di non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi, essendo la vivenza della norma una vicenda per definizione aperta, ancor più quando si tratti di adeguarne il significato a precetti costituzionali - ha alternativamente la facoltà di assumere l'interpretazione censurata in termini di diritto vivente e di richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilità con parametri costituzionali sentenze numero 191 del 2013, numero 258 e numero 117 del 2012 e numero 91 del 2004 ” C. cost. 24 ottobre 2014 numero 242 . P.Q.M. visti gli artt. 134 Cost. e 23 l. 11.3.53 numero 87 visti gli artt. 3, 117, co. 1 Cost., in relazione all’articolo 6 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, numero 848 CEDU ritenuto, in relazione alle suddette disposizioni, non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale relative A in via principale, all’articolo 2, co. 26, L. 335/1995, come interpretato dall’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nella parte in cui prevede, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volumi di affari ex articolo 22 L. 576/1980, l’obbligo di iscrizione presso la gestione separata INPS B in subordine, all’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, nella parte in cui non prevede che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volumi di affari ex articolo 22 L. 576/1980, decorra per i periodi successivi alla sua entrata in vigore ritenuta la questione rilevante, per le argomentazioni indicate in parte motiva SOSPENDE il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ORDINA che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Così deciso, in Catania, 1 febbraio 2021 1 Norma applicabile anche all’opposizione all’avviso di addebito ai sensi dell’articolo 30, comma 14, D.L. 31/5/2010 2010 , numero 78 in Suppl. ordinario numero 114 alla G. U., 31/5/2010, numero 125 , convertito, con mod., in legge 30/7/2010, numero 122, secondo cui Ai fini della procedura di riscossione di cui al presente articolo, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all'INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall'avviso di addebito contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per il recupero agli agenti della riscossione”. 2 In base alla delibera del Comitato dei delegati del 28 settembre 2007, le soglie minime ex articolo 22 L. 576/1980 ai fini dell’obbligo di iscrizione previste per il 2010 erano di Euro.10.000,00 di reddito professionale netto o Euro.15.000,00 di volume di affari. 3 In tal senso, sembra deporre anche la relazione al disegno di legge di conversione numero 2814/2011, alla pag. 29, consultabile in http //www.senato.it/bgt/pdf/s2814-1.pdf. su cui più ampiamente infra, nota sub 6 . 4 Per comodità di lettura, si riporta la nota in questione, nella parte di interesse, secondo cui prima dell’entrata in vigore del regolamento di attuazione dell’articolo 21, commi 8 e 9, L. 247/2012, l’iscrizione alla Cassa era facoltativa e, a domanda, nei casi in cui il professionista non raggiungesse una soglia minima di reddito o di volume d’affari IVA, di natura professionale, fissati dal comitato dei delegati per l’accertamento dell’esercizio continuativo della professione”. 5 Ai sensi dell’articolo 21, co. 8, L. 247/2012, invero, è stato previsto che l'iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense” e, ai sensi dell’articolo 21, co. 9, che La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con proprio regolamento, determina, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i minimi contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di parametri reddituali, eventuali condizioni temporanee di esenzione o di diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l'eventuale applicazione del regime contributivo”. 6 La relazione al disegno di legge numero 2814 cit. è consultabile in http //www.senato.it/bgt/pdf/s2814-1.pdf. La stessa, proprio in merito all’articolo 18, co. 12, D.L. 98/2011, sembra giustificare la sua introduzione in relazione al fenomeno dell’elusione contributiva favorita da disposizioni statutarie e regolamentari di alcuni enti” previdenziali, relativamente all’attività professionale esercitata dopo la pensione”, e non già all’esonero per motivi reddituali previsto da specifiche norme di legge dell’ordinamento previdenziale forense, come l’articolo 22 L. 576/1980. La relazione, inoltre, sembra escludere dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata coloro che svolgono un’attività il cui esercizio presuppone l’iscrizione ad appositi albi o elenchi. Essa, invero, illustra che Il comma 12 riguarda la contribuzione in tutti i casi di svolgimento dell’attività professionale. Le vigenti disposizioni statutarie e Nota sub 6, segue dalla pagina precedente regolamentari di alcuni enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi numero 509/1994 e numero 103/1996, approvati dai vigilanti Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, hanno previsto la possibilità, su base volontaria, di proseguire l’esercizio della attività professionale una volta liquidato il trattamento pensionistico, senza essere tenuti al versamento della contribuzione ordinaria. Tali previsioni si sono rivelate non coerenti con il principio di carattere generale in base al quale i redditi prodotti devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale, per cui l’INPS nell’ambito di una vasta operazione finalizzata a contrastare l’evasione ed elusione contributiva, ha ritenuto di contestare in tali ipotesi il mancato versamento della contribuzione presso la propria gestione separata, di cui all’articolo 2, co. 26, della l. 8 agosto 1995 numero 335”. Specifica, quindi, che la norma in esame intende offrire quindi una soluzione alla questione, da una parte, imponendo per il futuro l’obbligo per i citati enti previdenziali di diritto privato di prevedere negli statuti e nei regolamenti l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione in tutti i casi di svolgimento dell’attività professionale ossia, anche una volta maturato il trattamento pensionistico e, dall’altra, precisando che sono soggetti all’iscrizione presso la gestione separata INPS coloro che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi, salvo diversa previsione legislativa”. 7 Anche con riguardo alla categoria forense, la Cassazione, nel confermare i principi espressi con riguardo agli ingegneri, sembra presupporre l’impossibilità del professionista con redditi sotto le soglie ex articolo 22 L. 576/1980 di iscriversi alla Cassa forense si consideri, in proposito, quanto affermato da Cass. 32167/2018 cit., al paragrafo 7, secondo cui Giova ricordare, con riguardo al caso di specie, che per l'iscrizione alla Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense, al tempo in cui si colloca la fattispecie, occorrevano due requisiti l'iscrizione all'albo professionale e l'esercizio della professione con carattere di continuità. Non potevano usufruire della previdenza forense coloro che esercitavano la libera professione in modo occasionale pur rimanendo iscritti all'albo professionale. L'obbligo di iscriversi alla Cassa Forense, con conseguente obbligo di contribuzione nei limiti fissati dal Comitato dei Delegati della Cassa, conseguiva al raggiungimento, nel corso dell'anno, di un reddito netto e di un volume di affari Iva superiore ai limiti determinati, anno per anno, sempre dal Comitato dei Delegati”.