Bilancio demografico e previdenza

Confondere un tramonto con una non ancora raggiunta pienezza di un nuovo giorno è l’addebito maggiore della letteratura che identifica la crisi del welfare state con fenomeni di carattere fiscale, o con il dissolversi di blocchi tra forze sociali egemoni. Riproporre il welfare state quale traguardo ancora da realizzare è tema di indagine che sembra meritevole di essere più approfonditamente esplorato F. Caffè 1986 .

L’aumento della popolazione anziana rispetto alla popolazione in età attiva ha implicazioni economiche molto vaste. L’incremento della spesa per la protezione sociale a favore degli anziani costituisce la maggiore conseguenza di tale tendenza e rappresenta, a sua volta, il principale fattore di pressione sugli equilibri di sostenibilità del bilancio previdenziale Tendenze demografiche e spesa pensionistica un’analisi territoriale, di Luca Bianchi, Carmela Squarcio, Donatella Tuzi . Come più volte evidenziato, il Paese è nel pieno di un processo di invecchiamento della popolazione particolarmente significativo nei decenni a venire. La prima importante valutazione è che dal punto di vista della dimensione numerica assoluta la popolazione andrà progressivamente incontro a una riduzione. Rispetto agli oltre 60 milioni di residenti odierni si prevede che, sulla base dello scenario mediano delle ultime previsioni demografiche effettuate dall’Istat, la popolazione possa scendere a 59,3 milioni entro il 2040 e a 53,8 milioni entro il 2065 base 1.1.2018 . La prevalente motivazione di tale tendenza consiste nel fatto che, come ormai accade già da diversi anni, il volume complessivo delle nascite attese non riuscirebbe a compensare il volume dei decessi attesi. Questi ultimi, proprio per le migliori condizioni di sopravvivenza che è ragionevole ipotizzare la speranza di vita alla nascita prevista nel 2065 è superiore agli 86 anni per gli uomini e ai 90 anni per le donne , sono infatti destinati ad aumentare di anno in anno, sulla scorta del fatto che per un crescente contingente di individui sarà possibile sopravvivere fino ad età estremamente avanzate. Al contrario, le nascite, pur ipotizzando un parziale recupero di fecondità in linea con le medie europee attuali, fino cioè ad almeno 1,54 figli per donna nel 2065, non potranno risollevarsi in modo significativo rispetto ai livelli attuali 435 mila nati nel 2019 secondo le ultime stime . Alla bassa fecondità si associa, infatti, anche un fattore di carattere strutturale il contingente di donne in età feconda tenderà gradualmente a diminuire. Del resto, anche il contributo della dinamica migratoria, per quanto prevista positiva e pari in media a oltre 165 mila unità aggiuntive annue, riuscirà solo in parte ad arginare il declino demografico del Paese sul piano numerico. La seconda e più importante valutazione riguarda la sostenibilità di un Paese che vedrà ulteriormente invecchiata la sua popolazione, visto che l’età media è destinata a crescere dagli attuali 45 anni a oltre 50 nel 2065. I rapporti intergenerazionali sono così destinati ad alterarsi e ciò trova conferma anche nell’analisi evolutiva per classi di età della popolazione. Anche se i giovani fino a 14 anni di età, che oggi costituiscono il 13% della popolazione totale, riusciranno a mantenersi intorno al 12% nel 2065, gli individui in età attiva 15-64 anni subiranno, al contrario, un calo considerevole, pari a 9 punti percentuali dal 64% a meno del 55% . Contestualmente, la popolazione di 65 anni e più vedrà crescere la sua consistenza di più di dieci punti percentuali dall’attuale 23% ad oltre il 33% . Il vistoso calo percentuale atteso della parte economicamente vitale della popolazione, a vantaggio di quella ultrasessantacinquenne, evidenzia come parte del processo di invecchiamento in divenire sia spiegato dal transito delle coorti del baby boom nati nel periodo 1960-75 dalla tarda età attiva 45-60 anni , in cui si collocano oggi, all’età senile 65 e più , in cui si riverseranno domani. In particolare, si prevede un picco di invecchiamento che colpirà l’Italia nel 2045-50, quando si riscontrerà una quota di ultrasessantacinquenni già in quella fase superiore al 33% audizione Istat a Cnel 4 marzo 2020 . L’ISTAT ha pubblicato i primi riscontri e riflessioni sul bilancio demografico del 2020 con le ricadute del COVID-19. Si prospetta per il 2020 un totale di 726.000 decessi su base annua che corrispondono ad una media giornaliera di 1.990 casi con un aumento di 223 unità rispetto al quinquennio precedente che si allinea al dato ufficiale delle circa 200 persone mediamente decedute ogni giorno in corso d’anno per Covid-19. Assistiamo altresì ad un calo della natalità, i cui dati sono ancora provvisori e ad una consistente riduzione dei matrimoni segnalati per il 2020 in circa 85.000 a fronte dei 170.000 nei primi 10 mesi del 2019 e dei 182.000 nello stesso intervallo del 2018. Nell’ avvocatura italiana le cose non vanno meglio dato che abbiamo avuto circa 11.000 ammalati di COVID con 24 avvocati deceduti e 5 familiari, secondo i dati fornitimi cortesemente da Cassa Forense. Secondo quando riferito dal Direttore Generale di Cassa Forense nel 2050, e quindi fra 29 anni, il rapporto tra iscritti attivi e pensionati sarà di 1 1 che in previdenza, vigendo il sistema di finanziamento a ripartizione, è un dato molto negativo. Oggi il fondamentale rapporto tra attivi e pensionati si porta a 1,4505, miglior risultato degli ultimi 22 anni per l’INPS in Cassa Forense si attesta al 8,5. Alla data del 31.12.2019 erano in corso di erogazione circa 30.000 trattamenti previdenziali con un importo annuo medio di 28.015 euro quasi il 50% dei trattamenti è rappresentato da pensioni di vecchiaia, per la maggior parte erogate a professionisti di sesso maschile, di importo annuo medio pari a 39.172 euro. Le pensioni di anzianità sono un numero abbastanza contenuto, pari a 1.461 trattamenti, a riprova del fatto che, a causa della necessità di cancellarsi dall’albo per poter accedere a questo trattamento, gli avvocati considerano il pensionamento per anzianità una modalità di uscire dallo stato di attività ancora poco utilizzato. I pensionati in cumulo sono coloro che hanno avuto accesso al pensionamento riunificando periodi contributivi presso la Cassa Forense e presso altri enti previdenziali, il numero è molto contenuto perché trattasi di una modalità di pensionamento del tutto nuova ma l’importo della quota a carico della Cassa non è di trascurabile entità. I pensionati che hanno invece avuto diritto a una pensione calcolata con il criterio contributivo, perché non avevano maturato un numero di anni di anzianità di iscrizione e contribuzione utile per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria, sono circa 1.741 con un importo medio annuo molto basso, di poco superiore a 5.300 euro, a causa del criterio di calcolo basato sui contributi versati, più penalizzante del criterio retributivo con cui vengono calcolati gli altri trattamenti. Le pensioni ai superstiti indirette e reversibilità superano le 10.000 unità con un importo medio di circa 16.000 euro per le indirette e 19.000 per le reversibilità, la maggior pare erogate a vedove degli avvocati deceduti Giovanna Biancofiore attuario interno di CF . Ricordo ai miei lettori l’enorme accesso al cd. reddito di ultima istanza ”, finanziato dal Governo tramite le Casse di Previdenza dei professionisti, che ha visto la presentazione di oltre 144.000 domande, di cui quasi 138.000 di avvocati con redditi sotto i 35.000 euro. Va anche sottolineata la larga partecipazione ai bandi straordinari messi in campo dalla Cassa che ha utilizzato, nella seconda metà del 2020, tutte le risorse disponibili per l’assistenza in un momento di particolare difficoltà per l’Avvocatura. Il rapporto tra pensionati e lavoratori è fondamentale per la sostenibilità del sistema pensionistico. Come abbiamo spiegato in passato, infatti, in Italia vige un sistema a ripartizione”, per cui sono i lavoratori attualmente in attività a pagare le pensioni che vengono oggi erogate non è che il pensionato incassi quanto lui stesso ha versato nel corso della propria vita, come se avesse un conto personale e separato presso Cassa Forense. In Cassa Forense si sta studiando una riforma del sistema, direi che va accelerata e portata a realizzazione al più presto perché visionando il bilancio preventivo 2021, pubblicato sul sito istituzionale di Cassa Forense, ci si può facilmente rendere conto della situazione. Sui numeri c’è poco da scherzare 1 + 1 fa 2 mentre 1 vale 1 è una follia eversiva come ha ben scritto Vito Gamberale. E’ di oggi la notizia che l’art. 1, comma 20 della legge 30/12/2020, n. 178 legge di bilancio 2021 , infatti, ha istituito un fondo speciale per l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi iscritti all’INPS e dai professionisti iscritti alle Casse che abbiano percepito un reddito complessivo inferiore ad € 50.000,00 per l’anno di imposta 2019 ed abbiano subito un calo del fatturato di almeno il 33% nel 2020. Il successivo comma 21 prevede che tale norma sia resa operativa con uno o più Decreti del Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’Economia, da adottare entro 60 giorni. Il Decreto dovrà anche definire il limite di spesa destinato alle Casse rispetto a quello destinato all’INPS. Si tratta, di fatto, di una sorta di fiscalizzazione di oneri sociali , disposta dal legislatore con modalità e limiti che dovranno essere chiariti dal D.M. attuativo entro la fine di febbraio. Nelle more, l’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro ha chiesto all’Adeppuna serie di dati circa il numero degli iscritti potenzialmente interessati da tale normativa e il gettito di contributi atteso, anche al fine di acquisire ogni elemento utile per l’elaborazione di una proposta normativa che, modificando la previsione di cui all’art. 1, comma 20, della legge 30/12/2020, n. 178, introduca l’esonero totale dei contributi previdenziali” per gli iscritti alle Casse con reddito 2019 al di sotto dei 50.000 euro e con calo di fatturato di almeno il 33% nel 2020. L’ Adepp ha adempiuto a tale richiesta con una nota in cui si evidenzia che un simile provvedimento riguarderebbe circa 950.000 iscritti di cui 188.000 avvocati e potrebbe avere un impatto economico di circa 2,3 miliardi di euro di cui 633 milioni solo per Cassa Forense , ben superiore allo stanziamento previsto, di un miliardo, che dovrebbe riguardare anche gli autonomi iscritti all’INPS. Ovviamente l’ Adepp ha anche specificato che i dati trasmessi non tengono conto del numero dei soggetti che hanno registrato un calo del fatturato pari almeno al 33% rispetto al valore dichiarato nell’anno precedente, in quanto tale elemento non è in possesso dei singoli Enti di previdenza poiché sarà rilevato nel corso del corrente anno, in sede di dichiarazione dei redditi. Inoltre, andrà chiarita l’applicabilità della normativa ai nuovi iscritti, ai pensionati attivi, nonché a coloro che hanno percepito, nel periodo d’imposta 2019, un reddito pari a zero DG di Cassa Forense su CFNEWS .