La liquidazione delle spese di lite a titolo di compensi professionali non può essere inferiore al minimo legale

In tema di liquidazione delle spese processuali, nelle controversie in materia di accertamento di violazioni del codice della strada devono ritenersi applicabili le tariffe forensi vigenti in relazione ai criteri tabellari ordinariamente previsti, senza considerare il limite stabilito nell’ultimo comma dell’articolo 91 c.p.c

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 27306/20, depositata il 30 novembre. Il Giudice di Pace di Roma accoglieva l’opposizione dell’attuale ricorrente contro un verbale di accertamento emesso nei suoi confronti con cui le veniva irrogata una sanzione amministrativa pari ad euro 54,88 e condannava la parte convenuta alla rifusione delle spese di lite da distrarsi in favore del difensore, pari ad euro 90,00. La ricorrente impugna la decisione dinanzi al Tribunale di Roma, lamentando l’illegittimità della quantificazione delle spese giudiziali, doglianza rigettata dal Giudice che al contempo compensava le spese del grado. La stessa, allora, propone ricorso per cassazione, contestando la legittimità della suddetta quantificazione delle spese processuali a titolo di spese professionali, poiché essa era inferiore ad euro 132,50 inoltre, secondo quanto sostenuto dalla ricorrente, il Giudice non avrebbe tenuto contro, tra le altre cose, del rimborso del contributo unificato. I Giudici di legittimità dichiarano parzialmente fondato il motivo di ricorso prospettato dalla ricorrente, chiarendo in via preliminare che in materia di liquidazione delle spese di giudizio, il limite del valore della domanda ex articolo 91 c.p.c. opera solo nelle liti devolute alla giurisdizione equitativa del giudice di pace, e non anche in quelle di opposizione a ordinanza-ingiunzione ovvero al verbale di accertamento di violazioni del codice della strada come nel caso in oggetto , le quali esigono il giudizio secondo diritto. Da ciò consegue che nel caso di specie dovevano ritenersi applicabili le vigenti tariffe forensi relativamente ai criteri tabellari ordinariamente previsti, senza considerare il limite oggetto dell’ultimo comma dell’articolo 91 c.p.c Ciò posto, la Corte dichiara illegittima la conferma del Tribunale circa la decurtazione dell’importo dovuto a titolo di spese di giudizio nell’ammontare di 90 euro, in quanto, pur avendo il Giudice riconosciuto che, applicando la riduzione del 50%, il minimo dei compensi liquidabili non avrebbe potuto essere inferiore a 132,50 euro, ha comunque ritenuto legittimo l’importo liquidato dal Giudice di primo grado. Quanto, invece, all’omesso riconoscimento espresso del rimborso del contributo unificato, gli Ermellini ribadiscono che si tratta di un accessorio applicabile ipso iure, rappresentando un’obbligazione ex lege di importo predeterminato che grava sulla parte soccombente per via della condanna alle spese, conseguendone che il giudice non è tenuto a liquidarne l’ammontare in modo autonomo. Dunque, tenuto conto che alla ricorrente sarebbe spettato il riconoscimento di una somma almeno non inferiore al minimo legale, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso entro tale limite.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 ottobre – 30 novembre 2020, numero 27306 Presidente Gorjan – Relatore Carrato Rilevato in fatto 1. La sig.ra M.L. proponeva appello avverso la sentenza numero 29828/2014 del Giudice di pace di Roma, con cui era stata accolta l’opposizione formulata avverso un verbale di accertamento elevato nei suoi confronti il 27 settembre 2013 in relazione alla violazione prevista dal D.Lgs. numero 285 del 1992, articolo 157, comma 6, c.d. C.d.S. del 1992 , per la quale era stata irrogata la sanzione amministrativa del pagamento di Euro 54,88, con la condanna della parte convenuta Roma Capitale alla rifusione delle spese processuali, liquidate in Euro 90,00 complessivi, da distrarsi in favore del difensore antistatario. Decidendo sul predetto appello, con il quale la M. aveva lamentato l’illegittimità della quantificazione delle spese giudiziali siccome liquidate in violazione delle tariffe professionali applicabili, il Tribunale di Roma, nella costituzione della parte appellata, con sentenza numero 22486/2015 depositata il 4 novembre 2015 , rigettava il gravame, dichiarando compensate le spese del grado. A fondamento della decisione adottata il Tribunale capitolino rilevava che, in effetti, l’importo delle spese giudiziali riconosciuto dal giudice di primo grado, nella misura di Euro 90,00, era congruo rispetto ai parametri medi desumibili dal D.M. numero 55 del 2014, ammontando, peraltro, a quasi il doppio del valore della controversia come prima indicato . 2. Avverso la citata sentenza di appello ha formulato ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la M.L. , resistito con controricorso dall’intimata Roma Capitale. La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c Considerato in diritto 1. Con il formulato motivo la ricorrente ha denunciato - ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - la violazione o falsa applicazione dell’articolo 91 disp. att. c.p.c., comma 1, articolo 92 disp. att. c.p.c., comma 2, articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 2, articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4 , articolo 111 Cost., del D.M. numero 55 del 2014 e della L. 31 dicembre 2012, numero 247. Con questa censura la difesa della M. lamenta che, con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Roma non avrebbe potuto ritenere legittima la liquidazione, a titoli di compensi professionali, pur computandola con l’abbattimento del 50%, operata dal giudice di primo grado per una somma - in applicazione dei criteri tabellari ratione temporis vigenti - inferiore ad Euro 132,50 rispetto ad un importo pieno per Euro 265,00 , oltre alle spese documentate, all’iva, al cap e al rimborso forfettario nella misura del 15%, nonché al rimborso per il contributo unificato, di cui pure non era stato tenuto conto nella gravata pronuncia. 2. Rileva il collegio che il riportato motivo è parzialmente fondato nei termini di cui in appresso. Occorre preliminarmente evidenziare che, in tema di liquidazione delle spese giudiziali, il limite del valore della domanda, sancito dall’articolo 91 c.p.c., u.c., opera soltanto nelle controversie devolute alla giurisdizione equitativa del giudice di pace e non si applica, quindi, nelle controversie di opposizione a ordinanza-ingiunzione o a verbale di accertamento di violazioni del codice della strada come quella a cui si riferisce il presente ricorso , le quali, pur se di competenza del giudice di pace e di valore non superiore ai millecento Euro, esigono il giudizio secondo diritto, ciò che giustifica la difesa tecnica e fa apparire ragionevole sul piano costituzionale l’esclusione del limite di liquidazione cfr. Cass. numero 9556/2014 e Cass. numero 369/2017 . Per tale ragione ne consegue che, nel caso di specie, avrebbero dovuto essere legittimamente applicabili le vigenti tariffe forensi in relazione ai criteri tabellari ordinariamente previsti, senza tener conto del limite stabilito dall’articolo 91 codice di rito, citato u.c Chiarito ciò, il proposto motivo è da ritenersi fondato con riferimento alla dedotta illegittimità della conferma - con l’impugnata sentenza - della decurtazione dell’importo dovuto a titolo di spese giudiziali, in favore della M. , nell’ammontare di Euro 90,00, poiché, pur avendo il Tribunale riconosciuto che, applicando la riduzione del 50%, il minimo dei compensi liquidabili - con riferimento al valore della controversia e alle voci tabellari applicabili coincidenti tra quelle indicate nella stessa sentenza del Tribunale e quelle riportate in ricorso - non avrebbe potuto essere inferiore ad Euro 132,50, ha ritenuto ugualmente legittimo l’importo quantificato dal giudice di pace in Euro 90,00, e, quindi, al di sotto del minimo legale dal quale, infatti, non avrebbe potuto prescindere lo stesso giudice di primo grado, una volta manifestata la sua volontà di voler computare un abbattimento nell’ordine del 50%, senza potersi attribuire alcuna rilevanza al valore della domanda per Euro 54,88, non applicandosi - per quanto precedentemente rimarcato - il disposto dell’ultimo comma dell’articolo 91 c.p.c. . Quindi il Tribunale, in questi termini, avrebbe dovuto accogliere l’appello e alla somma dei compensi da determinare correttamente almeno nel minimo legale in applicazione dei criteri tabellari previsti, avuto riguardo alle attività difensive espletate, sì sarebbero dovuti aggiungere gli accessori dovuti ex lege . Con riferimento, invece, all’omesso riconoscimento espresso del rimborso per contributo unificato, occorre osservare che - di regola - esso costituisce un accessorio che si applica ipso iure , ragion per cui non c’è bisogno di una statuizione esplicita nel provvedimento decisorio, risultando evidente che, nel caso di specie, l’importo liquidato a titolo di compensi - ancorché illegittimamente - nella ridotta misura di Euro 90,00 non poteva affatto ritenersi comprensivo dell’esborso della somma a titolo di contributo unificato per l’iscrizione a ruolo della causa, non emergendo, peraltro, alcuna esplicitazione in proposito dalla motivazione dell’impugnata sentenza. Sulla scorta di tale presupposto va, altresì, ribadito, in via generale, il pacifico principio secondo cui il contributo unificato atti giudiziari, di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13 rappresenta un’obbligazione ex lege di importo predeterminato, gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, con la conseguenza che il giudice non è tenuto a liquidarne autonomamente il relativo ammontare cfr. Cass. numero 21207/2013, Cass. numero 18828/2015, Cass. numero 15320/2017 e, da ultimo, Cass. numero 18529/2019 , sicché il beneficiario della condanna alle spese può azionare quest’ultima quale titolo esecutivo anche per la ripetizione delle somme da lui documentate o documentabili come in concreto sborsate per adempiere quell’obbligazione ex lege , in relazione al processo cui si riferisce la complessiva condanna alle spese in danno della controparte v. Cass. numero 23830/2015 . 3. In definitiva, in accoglimento parziale del ricorso, va riconosciuto che alla ricorrente sarebbe quantomeno spettato, quale legittimo importo minimo dovuto per i compensi giudiziali di primo grado, una somma computata, per l’appunto, nel limite più basso di quelle previste dalla tariffa professionale non inferiore ad Euro 132,50 oltre accessori dovuti per legge , mentre non occorreva una pronuncia espressa per il diritto al rimborso del contributo unificato versato, includendosi nelle spese giudiziali ex lege . Ne deriva la cassazione dell’impugnata sentenza, con il rinvio della causa, in relazione alla parte del motivo accolto, al Tribunale monocratico di Roma, in persona di altro magistrato, che, oltre a rideterminare il compenso effettivamente dovuto in conseguenza dell’accoglimento per quanto di ragione della esaminata censura, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale monocratico di Roma, in persona di altro magistrato.