I tempi processuali vengono definiti “colà dove si puote ciò che si vuole”, oppure nello studio del difensore, che ha il potere di scandire alcuni passaggi e il dovere di farlo in modo leale, pena la condanna per lite temeraria e non solo .
Il buon uso del processo si misura anche sulla durata per questo lo Stato viene chiamato a risarcire i ritardi che gli possono essere imputati. Altre volte, le scadenze sono nella disponibilità delle parti, che vanno dissuase da comportamenti dilatori come strategia difensiva, nient’affatto commendevole. Per fortuna, il sistema ha degli anticorpi ai quali potersi affida-re, come vedremo. Fissare la prima udienza molto in là nel tempo è un fatto apparentemente innocuo, ma in verità cela un’evidente erosione del bene della celerità del giudizio, che in questo caso viene intaccato ancor prima che si avvii il confronto concreto tra le parti, in tribunale. La tesi citare a distanza irragionevolmente lunga integra una responsabilità aggravata, ex articolo 96 c.p.c. più comunemente lite temeraria , è contegno delle parti da valutare ex articolo 116, comma 2, c.p.c., ed è parametro del quale il giudice può avvalersi nell’applicazione degli articolo 88 e 92 c.p.c., con riguardo allo scrutinio anche sulla lealtà delle parti in sede di condanna alle spese. Un bel guaio, insomma. Un quadro così articolato non è riscontrato da prassi giurisprudenziali consolidate a dirla tutta, è un inedito, costruito su emergenze particolari e concrete. Provvedimenti giurisprudenziali abbastanza recenti descrivono e confermano un meccanismo sanzionatorio per la fissazione dell’udienza troppo in là nel tempo l’operare di strumenti di dissuasione ad hoc è sufficiente a configurare una condotta illegittima diversamente nessuno avrebbe pensato a una reazione lato sensu punitiva , al meno sotto il tipo dell’abuso del processo. Il tempo, in verità, è anzitutto un diritto, e resta prevalentemente tale i tre mesi della querela, per esempio, definiscono uno spazio di libertà è prerogativa incomprimibile fino a quando viene amministrato senza intaccare la macchina del processo e i diritti altrui compressi dal suo decorso. “Oltre il quando”, l’uso si trasfigura in abuso. Buon uso e correttezza nell’occhiello, lealtà , definiscono una traccia segnata in materia di opposizione a decreto ingiuntivo la spiegazione è facile qui, il contenzioso nasce da un provvedimento fast che non è pensabile contrastare con un giudizio slow. Chi abusa del tempo incorre in responsabilità aggravata lo scrivono Tribunale di Napoli, sez. II, 11 marzo 2016, numero 3214, con riferimento alla fissazione dell’udienza a cinque mesi dalla citazione la sentenza è così massimata «La pretestuosità dell'opposizione a decreto ingiuntivo ed il fine palesemente dilatorio della stessa, evincibile non solo dalla genericità delle eccezioni sollevate in citazione ma anche dalla fissazione della prima udienza a considerevole distanza di tempo dalla noti-fica dell'atto danno ragione della condanna dell'opponente ai sensi dell'articolo 96 ultimo comma c.p.c.» Tribunale di Milano, sez. IV, 4 dicembre 2012, con riferimento a quasi quattro mesi in parte motiva, par. 5 Tribunale di Milano, sez. IV, 5 marzo 2013, con riferimento a sei me-si in parte motiva . Nulla di incomprensibile l’udienza troppo in là nel tempo stona, già solo a parlarne, come un “ci vediamo” detto per cortesia e senza alcun impegno. Al contempo, il contesto del decreto ingiuntivo è peculiare i ruoli delle parti, come si suol di-re, si invertono l’attore non avanza una pretesa ma contesta una richiesta dalla quale viene attinto così, è ben possibile che voglia allontanare il processo, per non adempiere al comando più lontana è la sentenza più lo sono gli effetti della possibile conferma del decreto opposto non è detto può accadere che l’opponente voglia affrettare i tempi, ove quel comando sia esecutivo, affinché sia la sentenza a liberarlo dall’obbligo di adempiere. In altri termini, un decreto inoffensivo induce a temporeggiare, mentre un decreto che fa male induce a richiedere una rapida sentenza per caducare il provvedimento. Il contesto descritto non è una monade con evidente sincronismo, la fase cautelare dell’opposizione all’esecuzione si conclude con un’ordinanza che segue mutatis mutandis la logica del decreto ingiuntivo in questo caso, si apre la strada a un giudizio di merito non necessario e non incombente l’opponente ben può trarre giovamento dall’allontanare il pro-cesso se la procedura è sospesa, l’esecutato può avere interesse ad avviare la fase di cogni-zione senza alcuna urgenza, e può persino aver interesse a non avviarla affatto nessun dubbio che l’opponente sconfitto nella richiesta di sospensione voglia un’accelerazione della fase del merito, al fine di recuperare in sede di merito una chance di vittoria finale . In sintesi, la prima udienza in chiave cronologica può assurgere a prima udienza in chiave gerarchica, come misura dell’approccio al processo. Tra le banalità che molti dicono e pochi praticano, il processo è tra le parti, non delle parti. La dimensione pubblicistica definisce parametri confliggenti con un utilitarismo spicciolo. Forse per questo la fissazione dell’udienza in un futuro lontano merita una sanzione. Sicuramente, a mio avviso, la tensione nel processo tra spazi di anarchia e autoritarismi del giudice è l’effetto di un incompiuto bilanciamento degli interessi. Il rimedio è la costruzione di argini normativi a possibili scantonamenti. La disamina degli interventi sanzionatori di certo ex articolo 96, 116, 88 e 92 c.p.c. è solo all’inizio.