La valutazione mark to market in previdenza

Le turbolenze di questi giorni sui mercati finanziari mondiali mi hanno portato ad una serie di considerazioni che vorrei proporvi.

Le Casse di Previdenza sono investitori di lungo periodo pero’ promettono ogni giorno di pagare pensioni alla scadenza. Le pensioni sono reali e non virtuali e quindi ritengo che in previdenza si debba sempre ragionare con una valutazione mark to market. Che cosa significa? Per un giurista e non un economista la definizione la ricavo dalla borsa italiana per la quale La procedura del marking to market consiste in un calcolo giornaliero dei profitti e delle perdite associati alle posizioni su strumenti derivati aperte dagli operatori. Sulla base di tale procedura la CC& amp G effettua una compensazione tra profitti e perdite relativi al conto di ogni partecipante, con corrispondente versamento dei margini. La controparte che ha subìto una perdita si vede addebitare tale perdita sul conto aperto presso la CC& amp G. Questa somma è automaticamente accreditata alla controparte, che ha registrato un profitto. Qualora, nel caso di perdite, l’ammontare scenda al di sotto del margine di mantenimento, la CC& amp G richiede il reintegro di tale margine. A meno che l’operatore non chiuda la propria posizione, profitti e perdite sono potenziali, soggetti alle variazioni delle quotazioni e sono liquidati solo alla scadenza del contratto. Riporto uno studio interessante che ne descrive, in pratica, la sua applicazione Paolo Francesco Bruno, Partner, La Scala Società tra Avvocati, Team Contenzioso Finanziario Corte d’Appello di Milano, 5 novembre 2019, n. 4389 – Pres. Rel. Meroni Ciò che rappresenta nel panorama Giurisprudenziale un elemento sul quale è ancora vivo il dibattito, sebbene come vedremo esistenti anche recenti interventi della Suprema Corte, è l’interpretazione del mark to market o costo di sostituzione del contratto derivato ed il suo ruolo all’interno del contratto medesimo, nella valutazione di meritevolezza di tutela dello stesso. Volendo qui sintenticamente riassumere la posizione della Corte di Legittimità, in merito alla natura del costo di sostituzione, non possiamo non ricordare come la stessa Suprema Corte affermi che il mark to market non esprime un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata [così Cass. Pen. Sez. II, 21-12-2011, n. 47421 [1] conformi Cass. Civ., Sez. II, 11-5-2016, n. 9644 e Cass. Civ., Sez. II, 8-7-2016, n. 14059 [2]. Alcuna Dottrina [3], in relazione proprio alla necessità intepretativa del mark to market ed al fine di consentire un corretto esame della questione, ha posto sotto esame la distinzione tra prezzo” e valore” del contratto derivato, solitamente utilizzati come sinonimi. In particolare, è stato sottolineato come Il pricing è il processo attraverso il quale vengono stabiliti i termini contrattuali, cioè il processo di definizione del tasso, dei parametri, delle durate e delle periodicità che servono alle parti per determinare le loro obbligazioni di pagamento. La valuation, invece, è il processo di determinazione del valore del contratto, del mark-to-market, cioè a dire il processo di valutazione di prestazioni e controprestazioni contrattualmente stabilite e definite. In particolare la valuation entra in gioco nel calcolo del valore dei flussi di cassa che un derivato è atteso generare una volta stabiliti i termini contrattuali e tale valore è misurato con metodologie universalmente riconosciute che vanno dal c.d. discounted cash flow per i derivati più semplici alla Montecarlo simulation per i più complessi, passando per la Black & amp Scholes per le opzioni . Valore di mercato” e prezzo” sono due concetti che non possono essere confusi il primo non è un elemento del contratto, né serve a determinare l’alea del contratto, mentre il secondo è indispensabile elemento del contratto senza il quale non si riesce a determinare l’oggetto del contratto e l’alea nel caso in cui sia il contratto aleatorio ”. Orbene, premesso ciò e venendo in nuce alla questione oggetto di esame da parte della Corte d’Appello di Milano, per la statuizione di rigetto della censura in merito alla nullità del contratto derivato per mancanza di determinabilità del mark to market, passa attraverso un complesso iter argomentativo che sintetizza gli argomenti di cui sopra. Il Collegio d’Appello - recuperando una espressione che prima facie si ricorda in una recente decisione del Tribunale di Milano [4] - afferma inizialmente che A prescindere dal carattere essenziale o meno della clausola, che introduce il mark to market cioè l’obbligazione di pagamento, per il caso di cessazione anticipata del rapporto, di una determinata somma a carico di una delle parti in favore dell’altra, a seconda degli scenari probabilistici esistenti in quel momento sull’andamento complessivo del rapporto fino alla sua scadenza naturale , si evidenzia che ai sensi degli art. 1418, 1419 e 1346 c.c. la nullità della clausola sussiste, quando l’istituto introdotto non è determinato né determinabile”. La locuzione a prescindere utilizzata non a caso dal Giudice d’appello deve essere valutata attentamente all’interno del contesto decisionale e, a parere dello scrivente, porta con sé una autonoma ratio decidendi, per la quale si assume il carattere non essenziale” dello stesso. Il subordinato ragionamento interessa tuttavia la questione dal punto di vista giuridico rispetto alla determinabilità del mark to market e, qui, la valutazione compiuta volgendosi è esplicitata in termini chiari riconoscendosi che esso trattandosi di un valore che varia nel corso della durata del rapporto, in quanto dipende da scenari probabilistici futuri e quindi anch’essi variabili con il decorso del tempo, non può essere determinato nel suo ammontare al momento della conclusione del contratto, nel quale devono però essere indicati gli elementi che ne consentano la determinazione in un qualunque momento futuro in altre parole è necessario che, in qualunque momento dovesse cessare, prima della sua scadenza naturale, il rapporto instaurato tra le parti con il contratto interest rate swap, sia oggettivamente possibile determinare il valore economico del mark to market”. La Corte d’Appello riprende poi l’accertamento svolto dal Consulente Tecnico nella propria relazione laddove afferma che In entrambi i casi sono desumibili con certezza gli elementi necessari per calcolare il MtM, prova ne sia che entrambi i CTP e il CTU hanno potuto calcolare il MtM, giungendo peraltro a valori di MtM tra loro allineati” il consulente ha altresì indicato, nelle schede n. 1 e 2 dell’allegato A , gli elementi, desumibili dai due contratti, che consentivano la determinazione del mark to market infine il consulente ha osservato di non aver mai visto un contratto derivato che specifichi i criteri o i modelli matematici idonei a quantificare il MtM. Ciò vale anche nel caso dei due contratti oggetto di analisi. Inoltre, il CTU osserva che, sebbene nella prassi, soprattutto per taluni prodotti relativamente semplici, alcuni modelli/criteri siano più utilizzati di altri, è consuetudine che ciascun operatore utilizzi i modelli/criteri che ritiene più adatti. La maggior parte degli intermediari finanziari e diversi consulenti indipendenti utilizzano peraltro modelli proprietari, ovvero costruiti in autonomia, spesso mediante significativi investimenti. Ciò è premesso per dire che, sotto il profilo tecnico, la questione che riguarda l’esplicitazione nel contratto dei criteri di calcolo semplicemente non si pone”. Ebbene, tornando a quanto sopra riferito da parte della Dottrina, con riferimento alla distinzione tra valore di mercato” e prezzo”, si deve ricordare che il primo è misurato con metodologie universalmente riconosciute che vanno dal c.d. discounted cash flow per i derivati più semplici alla Montecarlo simulation per i più complessi e, infine, la Black & amp Scholes per le opzioni . La determinabilità del mark to market è, quindi, offerta dall’utilizzo di tali metodologie di calcolo. In conclusione, volendo provare a sintetizzare quanto sopra riportato, possiamo dire che non siamo dinnanzi ad una formula di calcolo” dell’oggetto del contratto, ma semmai dinnanzi ad una metodologia di valutazione del valore del contratto ad un determinato momento, che tutte le parti sono in grado di apprezzare. [1] Il mark to market non esprime affatto un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata”, essendo influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari”. [2] Mark to market è un’espressione che designa - in larga approssimazione - un metodo di valutazione delle attività finanziarie, che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante il ricorso a indici d’aggiornamento monetario. Esso consiste nell’attribuire a dette attività il valore che esse avrebbero in caso di rinegoziazione del contratto o di scioglimento del rapporto prima della sua scadenza naturale. Il mark to market è detto anche costo di sostituzione, perchè corrisponde al prezzo, dettato dal mercato in un dato momento storico, che i terzi sarebbero disposti a sostenere per subentrare nel contratto stesso. Si legge in Cass. penale n. 47421/11 che il mark to market non esprime affatto un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata. Il valore del mark to market, infatti, è influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari, dovendosi poi attrarre nell’ambito dei relativi parametri di determinazione anche l’up to front erogato e l’utile per la banca” []il costo di sostituzione degli strumenti finanziari derivati ed equiparati non è un vero e proprio prezzo di mercato concreto ed attuale, ma una grandezza monetaria teorica che è calcolata per l’ipotesi in cui il contratto cessi prima della sua scadenza naturale. Essa tiene conto anche di fattori ulteriori, quali, ad esempio, i costi da sostenere, la maggiore o minore volatilità del prodotto e l’up-front, vale a dire l’eventuale flusso di cassa dal portafoglio finanziario strutturato che viene regolato al momento della conclusione dell’operazione in derivati” così lo definisce l’art. 1, comma 3, lett. i del Regolamento concernente i contratti relativi agli strumenti finanziari derivati sottoscritti da regioni ed enti locali, ai sensi del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 62, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133 , così come modificato e integrato dalla L. 22 dicembre 2008, n. 203, art. 3, comma 1”. [3] Così Caputo Nassetti, Funzione di copertura parziale di uno swap di pagamenti e mancanza della formula di calcolo del mark-to-market, in Giurisprudenza commerciale, 2017 [4] Tale circostanza costituisce ragione più liquida di rigetto della domanda attorea siccome manifestamente e documentalmente infondata e ciò a prescindere dall’effettiva possibilità di individuare il mark to market come oggetto del contratto di IRS”e, la motivazione precedente così si formava A norma dell’art. 1346 c.c. l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile. Il solo fatto che il mark to market sia specificamente indicato nel contratto di IRS titolo delle domande attoree rende irrilevante la mancata indicazione del modello per il suo calcolo la determinabilità dell’oggetto del contratto è prevista, dall’art. 1346 c.c. come alternativa rispetto alla determinazione dello stesso, con la conseguenza che, non essendo contestata dall’attrice la correttezza della determinazione del mark to market del derivato titolo delle proprie domande, la sua espressa enunciazione rende tale parametro del tutto determinato” così Tribunale di Milano, 14-2-2018, n. 1599 . Sempre piu’ attuale il mio scritto del 2017 che vale la pena di rileggere. PREVIDENZA 01 GIUGNO 2017 La valutazione mark to market del patrimonio delle Casse di previdenza di Paolo Rosa – Avvocato Chi più chi meno, le Casse di previdenza dei professionisti hanno immobilizzazioni finanziarie. In bilancio sono iscritte al costo di acquisto, eventualmente ridotto da svalutazioni conseguenti a diminuzione di valore ritenute durevoli tenuto conto della tipologia delle partecipazioni detenute. Le Casse di previdenza redigono bilanci civilistici, che non consentono il calcolo dei rendimenti a valori di mercato, a differenza di quanto avviene nei fondi pensione negoziali. Nei portafogli delle Casse di trovano sia asset liquidi che illiquidi, tra i quali gli immobili. Per questi ultimi, specie se detenuti direttamente, non c'è un vero valore di mercato, ma solo una perizia. Non essendoci una norma specifica come per i fondi immobiliari, che sono tenuti a pubblicare un NAV su base semestrale , nel corso del tempo ogni Cassa ha discrezionalmente deciso se e quando procedere a rivalutazioni o svalutazioni dei beni reali. Per uscire da questa selva bisognerebbe, come suggerito anche da Covip, portare le Casse ad affiancare al bilancio civilistico una valutazione mark-to-market degli attivi al 31 dicembre di ogni anno, ovviamente adottando regole uniformi dettate dalla stessa Covip. Che cosa significa mark to market? È un’espressione gergale inglese utilizzata per identificare la regola contabile che valuta attività e passività di un’impresa o di un intermediario finanziario al prezzo di mercato. È una metodologia, alternativa a quella classica della valutazione al costo o al valore storico, che si è largamente diffusa alla fine del ventesimo secolo, in collegamento con le sempre più sofisticate applicazioni di metodi quantitativi alla finanza. Il successo e la trasparenza di tale procedura ne incoraggiarono l’estensione alla valutazione di attività e passività di società quotate, e di intermediari finanziari a vocazione internazionale anche se non quotati, secondo protocolli definiti e accettati, o resi obbligatori da autorità di controllo e supervisione e da agenzie di certificazione, come per esempio, negli Stati Uniti, la GAAP General Accepted Accounting Principles . Si veda mark to market in dizionario di economia e finanza . La Cassazione penale si è occupata della definizione del mark to market” con le sentenze n. 47421/2011 e 14059/2016 affermando testualmente che mark to market è un’espressione che designa – in larga approssimazione – un metodo di valutazione delle attività finanziarie, che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante il ricorso a indici d’aggiornamento monetario il mark to market è detto anche costo di sostituzione, perché corrisponde al prezzo, dettato dal mercato in un dato momento storico, che i terzi sarebbero disposti a sostenere per subentrare nel contratto stesso . Per la Corte di Cassazione il mark to market non è un vero e proprio prezzo di mercato concreto e attuale, ma una grandezza monetaria teorica che è calcolata per l’ipotesi in cui il contratto cessi prima della sua scadenza naturale. Per i titoli quotati, la valutazione mark to market, è facile, per gli immobili occorrerà ricorrere ad esperti dipendenti certificati, mentre per i titoli non quotati si produrranno valori mark to market utilizzando modelli matematici validati. Da anni è ormai pronto per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale lo schema di decreto per gli investimenti delle Casse di previdenza dei liberi professionisti. Ma tale decreto non arriva in Gazzetta Ufficiale, e quindi non viene pubblicato, per l’avversità delle Casse di previdenza non su questo aspetto ma per le gare ad evidenza pubblica imposte dall’ANAC di Raffaele Cantone. Non a caso l’art. 6 di tale decreto riguarda il prospetto informativo a valori correnti e così recita l’ente approva annualmente, secondo gli stessi termini relativi al bilancio di esercizio, un prospetto recante l’esposizione delle attività detenute determinate a valori correnti. Il prospetto riporta anche indicazioni sul valore attuale netto delle passività connesse alle prestazioni istituzionali dell’Ente, calcolato secondo criteri coerenti con quelli posti a fondamento della valutazione a valori correnti delle attività detenute e comunque precisando tutte le ipotesi di lavoro utilizzate in detto computo. Il prospetto è trasmesso ai Ministeri Vigilanti e alla Covip entro 20 giorni dalla sua approvazione. Entro lo stesso termine, l’Ente provvede alla pubblicazione del prospetto sul proprio sito internet. La cosa davvero singolare è che la valutazione mark to market degli attivi è ritenuta valida ed efficace anche dalle stesse Casse di previdenza le quali, tramite ADEPP, alla fine del 2016, hanno sottoscritto il codice di autoregolamentazione in materia di investimenti il quale all’art. 10 – prospetto informativo a valori correnti - così recita l’ente approva annualmente, secondo gli stessi termini relativi al bilancio d’esercizio, un prospetto recante l’esposizione delle attività detenute determinate a valori correnti. Il prospetto è trasmesso ai Ministeri Vigilanti e alla Covip entro 20 giorni dalla sua approvazione. Entro lo stesso termine, l’ente provvede alla pubblicazione del prospetto sul proprio sito internet. Ma le Casse non vi hanno dato ancora applicazione interpretando in maniera estensiva l’art. 12 del medesimo codice di autoregolamentazione per il quale Gli enti si adeguano, ove necessario, entro 18 mesi alle disposizioni di cui al presente codice, salvo le specifiche deroghe previste dal paragrafo successivo . A me pare che il prospetto informativo a valori correnti non abbia necessità di alcun rinvio di 18 mesi ma possa trovare immediata applicazione proprio per le finalità che lo hanno suggerito. Esatta valutazione sia degli attivi. Ora gli iscritti alle varie Casse di previdenza dei professionisti, obbligati per legge ad esserlo, credo abbiano tutto il diritto di conoscere l’esatta valutazione sia degli attivi, in termini di valutazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, sia dei passivi, in termini di promesse pensionistiche fatte. La trasparenza passa attraverso la valutazione mark to market del patrimonio, la valutazione del debito previdenziale latente e la sua pubblicazione nell’esclusivo interesse degli iscritti. La cosa singolare, e che lascia alquanto perplessi, è che la stampa specializzata, ad ogni pubblicazione dei bilanci consuntivi, esalta l’avanzo di amministrazione senza porsi il problema della valutazione mark to market del patrimonio. Vigilantibus iura succurrunt, non dormientibus! CREDO CHE IOGNI VALUTAZIONE IN PREVIDENZA DEBBA ESSERE FATTA CON RIGOROSA APPLICAZIONE DEL MARK TO MARKET proprio perche’ si promettono pensioni reali e non virtuali. Trento 14 marzo 2020. Avv.paolo rosa” Negli ultimi anni l’età media di coloro che svolgono la professione forense, e non sono ancora pensionati, è aumentata di circa 3 anni ed è passata da 42 anni del 2007 a 45 del 2017. Vedremo il trend in aumento anche negli anni successivi. Secondo l’interpretazione economica del ciclo di vita, l’inizio del pensionamento dovrebbe coincidere con il massimo di ricchezza accumulata e con l’inizio della fase di decumulazione, ossia del risparmio negativo. A quel momento, molti rischi sono alle spalle o, come si dice, molti giochi sono fatti, in particolare per quanto riguarda il reddito da lavoro e la ricchezza accumulata con il risparmio. Il rischio di longevità è misurabile anche se, inevitabilmente, in modo impreciso. Le proiezioni della speranza di vita non sono tecnicamente difficili, ma non riescono, per esempio, a tenere in adeguato conto i progressi della medicina sotto forma della riduzione della mortalità a tutte le età. Il differenziale di mortalità tra gli individui di una stessa generazione rappresenta il rischio individuale di morire prima o dopo l’età media della generazione. Il rischio di longevità non è totalmente assicurabile. Elsa Fornero, Chi ha paura delle riforme, Università Bocconi Editore, maggio 2018 . La facoltà di giurisprudenza è in crisi, in dieci anni le matricole sono quasi dimezzate. Dal 2006 al 2018 fonte MIUR il numero totale degli iscritti a giurisprudenza è diminuito di ben 53.000 unità. È evidente che la progressione geometrica del numero degli iscritti, se ha inciso negativamente sulla qualità e sulla professionalità, ha rappresentato un vantaggio per l’Ente di previdenza. Da qualche anno il PIL dell’avvocatura ristagna e questo trend credo sia destinato a dilungarsi nel tempo stante la gravità della situazione economico finanziaria di questi anni e nella crisi sostanziale della domanda di giustizia nel suo complesso. Oggi però analizzando l’ultimo bilancio tecnico di Cassa Forense, chiuso al 31.12.2017, sappiamo con certezza statistico-matematica, che i saldi previdenziali, ovvero le differenze tra contributi in entrata e prestazioni in uscita, si mostrano negativi dal 2042 al 2062 e cioè per 20 anni. Per ovviare a questo saldo previdenziale negativo il management è costretto a ricercare sui mercati finanziari un rendimento maggiore confidando nello spread e nella generosità dei mercati. Di questi giorni, con le borse mondiali in forte ribasso, appare ancor più un azzardo perché si opera su una provvista costituita da contribuzione previdenziale obbligatoria di primo pilastro la cui finalità è quella di garantire pensioni. Questo il quadro che un legislatore previdenziale lungimirante dovrebbe avere ben chiaro per raddrizzare la barca prima che sia troppo tardi. A mio giudizio, a fronte di tutti i dati macroeconomici, le opzioni sono due e non tre. Confluire in un’unica Cassa di previdenza ed assistenza per tutti i professionisti italiani così da poter affrontare le crisi demografiche e reddituali, anche attraverso un ingente risparmio di spese, oppure rientrare in INPS il che significa recuperare la garanzia finale dello Stato alla quale, con la privatizzazione del 1994/95, si è volutamente rinunciato. Tertium non datur! Come scrive la prof. Elsa Fornero nell’opera citata, che tutti dovrebbero leggere, un buon sistema previdenziale deve avere la capacità di svolgere efficacemente un ruolo di riduzione delle diseguaglianze entro le generazioni. Sebbene la previdenza non abbia uno specifico mandato ad eliminare le diseguaglianze e sia preferibile affidare la redistribuzione alla tassazione progressiva dei redditi e delle ricchezze e non a un sistema finanziato con aliquote proporzionali, ragioni di equità sociale richiedono tuttavia che il sistema previdenziale svolga normalmente un ruolo di promozione dell’equità. E questo vale, a maggior ragione, se si pensa che il sistema previdenziale consente di redistribuire risorse riferite non già all’anno ma all’intero ciclo di vita. L’universalismo del sistema previdenziale e la sua vocazione equitativa permettono, in un contesto di giustizia sociale, di assicurare chi nasce con una limitata capacità di generare reddito, per disabilità o per condizioni sociali svantaggiose. Per favorire la giusta direzione della redistribuzione, è però molto importante - continua sempre la prof. Elsa Fornero - che il sistema possegga un’altra caratteristica la trasparenza perché l’opacità delle regole facilita la creazione di privilegi mentre la trasparenza è generalmente associata a criteri di equità. Nella stessa direzione della trasparenza opera anche l’uniformità delle regole la frammentazione dei regimi è in genere premessa per favoritismi e ingiustizie, oltre che causa di sprechi di risorse e duplicazioni di costi per contro, regole uniformi sono compatibili con eccezioni motivate da equità e non dall’obiettivo, squisitamente ma non nobilmente politico, di favorire alcune categorie perché considerate più vicine al potere oppure ritenute elettoralmente conquistabili. La segmentazione dei regimi pensionistici tende inoltre a generare rincorse sociali e comportamenti opportunistici, che mirano alla separazione e all’autonomia fino a che la gestione è in avanzo, per poi pretendere l’entrata nel regime generale quando si manifestano perdite strutturali, secondo la pratica, purtroppo diffusa in Italia, di tenersi i guadagni / privilegi per socializzare le perdite. Ogni uno ci faccia una attenta analisi con lungimiranza cercando di vedere nei numeri, e non nella palla di vetro che in previdenza non esiste, ciò che potrebbe ragionevolmente accadere in un futuro prossimo. Io vengo considerato un antisistema ma solo perché scoperchio i numeri, soprattutto quelli negativi, e li analizzo con lungimiranza. Agli stati generali della previdenza, slittati a maggio 2020, di cosa vogliamo parlare? Col cd. welfare attivo non si va da alcuna parte in previdenza.