Compenso avvocato: la rilevanza probatoria della prova testimoniale per dimostrare la gratuità dell’incarico

Incorre in errore la sentenza della Corte d’Appello per non aver considerato che il fatto che la testimonianza resa dall’avvocato a terzi e relativa al fatto che le prestazioni offerte in favore dell’assistito erano del tutto gratuite non riguardasse fatti oggettivi ma le dichiarazioni di una delle parti non si traduceva automaticamente in causa di inammissibilità della prova stessa, poiché viene in considerazione solo ai fini del corretto utilizzo dei parametri di valutazione dei mezzi istruttori, affidata al libero apprezzamento del giudice del merito.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 5981/20, depositata il 4 marzo. Il caso. La Corte d’Appello liquidava in favore di un avvocato il compenso professionale per l’attività svolta in favore dell’assistito tra l’latro un collega in un procedimento. Per i Giudici di secondo grado era inammissibile la prova orale articolata dall’assistito, poiché de relato actoris , ritenendo la sua efficacia probatoria nulla ed inoltre gli stessi Giudici respingevano l’eccezione di prescrizione presuntiva, in quanto vanificata dall’eccepita gratuità della prestazione, ritenendo provata l’attività svolta. Intervengono così i Giudici della Cassazione. L’efficacia probatoria della prova testimoniale. La questione giuridica posta ai Supremi Giudici riguarda la qualificazione del mezzo istruttorio dedotto dal ricorrente la prova testimoniale de relato actoris allo scopo di dimostrare che nulla era dovuto al difensore, data la gratuità dell’incarico professionale. Infatti, il ricorrente deduce che la Corte territoriale erroneamente aveva ritenuto inammissibile la prova testimoniale volta a dimostrare l’esistenza di un patto di gratuità delle prestazioni svolte, benché i capitoli non erano formulati in modo da richiedere ai testimoni di riferire su fatti appresi dallo stesso ricorrente, vertendo su quanto lo stesso aveva dichiarato al co-difensore circa la gratuità dell’incarico. E per il Supremo Collegio, tale motivo di ricorso risulta essere fondato. Il capitolo di prova, infatti, conteneva la dichiarazione secondo cui l’avvocato resistente aveva riferito in più occasioni al co-difensore che le sue prestazioni a favore dell’attuale ricorrente erano del tutto gratuite. Tale testimonianza verteva, dunque, sul fatto che l’avvocato avesse reso dichiarazioni stragiudiziali a sé sfavorevoli. Pertanto, la Corte distrettuale ha errato nel proprio ragionamento per non aver considerato che il fatto che la testimonianza non riguardasse fatti oggettivi ma dichiarazioni di una delle parti non si traduceva in automatico in causa di inammissibilità del mezzo istruttorio, poiché viene in considerazione solo ai fini del corretto utilizzo delle regole di valutazione della prova stessa, affidata sempre al libero convincimento del giudice di merito. Da qui la cassazione dell’ordinanza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello, per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 12 novembre 2019 – 4 marzo 2020, n. 5981 Presidente D’Ascola – Relatore Fortunato Fatti di causa La Corte d’appello di Venezia ha liquidato in favore dell’avv. L.F. un compenso di Euro 15.300,00 per l’attività svolta in favore dell’avv. D. dinanzi al tribunale e alla Corte d’appello di Venezia, con riferimento alla causa tra il ricorrente e il Fallimento della omissis s.r.l Per quanto qui specificamente rileva, la Corte distrettuale ha ritenuto inammissibile la prova orale articolata dall’avv. D. , poiché de relato actoris, ritenendola munita di un’efficacia probatoria pressoché nulla ha respinto l’eccezione di prescrizione presuntiva, poiché vanificata dalla eccepita gratuità della prestazione, ritenendo provata l’attività svolta. La cassazione dell’ordinanza è chiesta dall’avv. D.M. sulla base di un unico motivo di ricorso. L’avv. L.F. ha depositato controricorso e memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. Non merita adesione l’eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto mancante dell’indicazione delle norme violate. Pur in assenza di detta indicazione, il ricorso è però chiaramente volto a denunciare l’errore in cui sarebbe incorso il giudice distrettuale nel dichiarare inammissibile una prova testimoniale de relato actoris che invece - a parere del ricorrente - tale non era, proponendo a questa Corte un quesito di diritto circa la qualificazione, nei termini suddetti, dello specifico mezzo istruttorio dedotto dal ricorrente allo scopo di dimostrare che nulla era dovuto all’avv. L. , data la gratuità dell’incarico professionale. Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi, prevalendo sul dato della formale indicazione delle norme violate e del vizio dedotto, il contenuto sostanziale del ricorso Cass. 10862/2018 Cass. 24247/2016 Cass. 4036/2014 . La configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura Cass. 14026/2012 . Di conseguenza l’indicazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, delle norme asseritamente violate non si pone come requisito autonomo ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma è elemento richiesto al solo fine di chiarire il contenuto delle censure e di identificare i limiti della impugnazione, per cui la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del ricorso ove gli argomenti addotti, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto violati e rendano possibile la delimitazione dell’oggetto della controversia Cass. 12929/2007 . 2. Con il primo motivo si deduce che erroneamente la Corte d’appello abbia ritenuto inammissibile la prova testimoniale volta a dimostrare l’esistenza di un patto di gratuità delle prestazioni svolte, benché i capitoli non fossero formulati in modo da richiedere ai testi di riferire su fatti appresi dallo stesso ricorrente, vertendo su quanto lo stesso resistente aveva dichiarato al co-difensore avv. Torretta circa la gratuità dell’incarico difensivo. Il motivo è fondato. Il capitolo di prova trascritto in ricorso era così formulato Vero che in più occasioni, nel corso dell’anno 2007, l’avv. L. riferì all’avv. Torretta che le sue prestazioni a favore dell’avv. D. erano del tutto gratuite . La testimonianza verteva quindi sul fatto che l’avv. L. avesse reso dichiarazioni stragiudiziali a sé sfavorevoli, in quanto contrastanti con l’allegata onerosità dell’incarico di patrocinio e con la asserita spettanza del compenso richiesto in domanda. La prova era, dunque, diretta a dimostrare la sussistenza di una dichiarazione stragiudiziale al terzo a contenuto confessorio, riconducibile alla previsione dell’art. 2735 c.c., commi 1 e 2, che, come tale non poteva dichiararsi inammissibile in quanto priva di valore probatorio, trattandosi di elemento liberamente apprezzabile e idoneo a fondare, anche da solo, il convincimento del giudice Cass. 1320/2017 Cass. 569/2017 Cass. 8923/1996 . Non sono decisive le osservazioni formulate dal resistente nella memoria illustrativa quanto alla genericità delle circostanze capitolate, trattandosi di questioni di cui la Corte d’appello non ha tenuto conto e che non risultano poste a giustificazione della pronuncia di inammissibilità della testimonianza. La sentenza è difatti incorsa nell’errore di non considerare che detta prova per testi, chiesta dal convenuto, verteva su dichiarazioni sfavorevoli rese a terzi dall’attore, e per non aver considerato che il fatto che la testimonianza non riguardasse fatti oggettivi ma le dichiarazioni di una delle parti non si traduceva automaticamente in una causa di inammissibilità del mezzo istruttorio, venendo in considerazione solo ai fini del corretto utilizzo delle regole di valutazione della prova stessa, affidata al libero apprezzamento del giudice di merito Cass. 18352/2013 Cass. 11733/2013 Cass. 11844/2006 Cass. 8358/2007 Cass. 11844/2006 . Il ricorso è accolto. L’ordinanza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.