Non è una recensione al libro Karl Marx ma una divagazione sul tema “Quis custodiet custodes?” “Chi controlla i controllori?”. La famosa frase si deve all’autore latino Giovenale che nella sua satira più lunga, è indignato per l’estrema rilassatezza dei costumi che avevano annegato la sobrietà e la sanità dei Romani in un mare di lussi e di sprechi inverosimili.
Il dubbio serpeggia anche nella “Repubblica” di Platone. Socrate, personaggio principale dell’opera, illustra il modello ideale di società. Quattro classi sociali ben definite, contadini, artigiani, guerrieri e governanti, che danno sostanza all’utopica città, il cui fine ultimo è il benessere della collettività, e non di una singola classe. Nella perfezione del disegno platonico si insinua la solita domanda “chi proteggerà i governati dai governanti? Recentemente il Procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, ha descritto la massoneria come «quella camera in cui le varie forze condividono progetti. Ci sono la politica, la 'Ndrangheta, Cosa Nostra, professionisti, magistrati, imprenditori. Ci sono tutte le categorie». «L'economia e la politica - ha aggiunto - si sono incontrate con le mafie in quei salotti ed è lì che hanno dato corpo, che hanno effettivamente costituito quel comitato d'affari che ha poi determinato infiltrazioni negli appalti, acquisizioni di vari settori e l'esclusione di chi si muove nel rispetto delle regole e oggi - ha concluso - ci troviamo di fronte a una situazione in cui dobbiamo stare molto attenti». Come insegnava Giovanni Falcone, devi seguire il denaro per arrivare sul problema. Dove sta il denaro? Per esempio, nel patrimonio, circa 90 miliardi, delle Casse di previdenza dei professionisti. Un quotidiano, in un approfondimento dal titolo “Pensioni a rischio ecco cosa stanno combinando le Casse di previdenza”, ha affrontato il problema che sta nella mancanza di trasparenza e nella mancanza di una regolamentazione cogente. È ormai noto a tutti che il famoso regolamento per gli investimenti, predisposto da anni in forza di una legge del 2011, non è mai stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La trasparenza, principio trasversale e diffuso all’interno dell’ordinamento giuridico, si è affermato in termini di valore assoluto come diritto fondamentale, rientrando tra quelli compresi nell’articolo 2 della Costituzione. È indubbio, infatti, che al di là degli specifici ambiti applicativi le nuove discipline in materia di trasparenza assegnano al cittadino il diritto di partecipare ai processi decisionali. Quella della “casa dalle mura di vetro” è un’antica ambizione. È trascorso più di un secolo, da quando Filippo Turati in occasione di un discorso tenuto presso la Camera dei Deputati nel 1908, coniò la metafora secondo cui la Pubblica Amministrazione deve essere come una “Casa di Vetro”. L’aspirazione di Turati era quella di fissare le basi di un agire chiaro e corretto, rectius trasparente dell’agire dell’amministrazione pubblica, il cui involucro deve essere vitreo, cioè tale che al suo interno sia tutto costantemente e quotidianamente visibile. La corruzione è diventata nel nostro Paese, come certificato dalle classifiche internazionali, un fattore sistemico di decadimento della convivenza a tutti i livelli un ostacolo all’eguaglianza, alla competitività, all’efficienza del settore pubblico e privato. Fra le azioni di contrasto a tale fenomeno la prevenzione ex ante può incidere tanto quanto la repressione ex post, se non addirittura in misura maggiore. Le Casse di previdenza dovrebbero pubblicare, sui propri siti istituzionali, tutte le delibere degli organi collegiali e tutti i report, per dare così agli iscritti una visione chiara di tutte le scelte che, di giorno in giorno, vengono fatte. La trasparenza è l’unico antidoto alla corruzione ed è il mezzo più importante per sviscerare i fenomeni corruttivi. Nello stesso tempo ci deve essere la totale assenza di commistione tra il vigilato e il vigilante proprio per garantire a ciascuno autonomia, indipendenza e imparzialità di giudizio. Fondamentale anche evitare quello che proprio recentemente la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza numero 32781/2018, ha chiamato “fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi degli iscritti e di vigilanza sul rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l’esercizio della professione, nonché sull’osservanza delle regole deontologiche” garantendo i ricambi al vertice per consentire a ciascuno, esaurito il suo mandato, di ritornare alla sua attività senza poltroncine o strapuntini accumulati durante il mandato. Del resto, è il nostro stesso Consiglio Nazionale Forense, pur tra i suoi chiaroscuri, ad affermare che “I concetti di probità, dignità e decoro costituiscono doveri generali e concetti guida, a cui si ispira ogni regola deontologica, giacché essi rappresentano le necessarie premesse per l’agire degli avvocati, anche al di fuori dell’esercizio della professione cioè nell’ambito della vita privata” sentenza numero 104 del 9 ottobre 2019 .