A Milano non solo un’inaugurazione

Le prognosi sono spesso difficili. Quella sull’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano, forse, non lo è.

L’incipit dell’anno giudiziario è un momento importante per chi vive i distinti ruoli e le distinte professionalità che popolano il pianeta giustizia. Mai, in passato, si sono toccate le note che intonano il sottofondo della celebrazione milanese di domani. All’indice, gli avvocati all’unisono contestano il consigliere Davigo, il quale non ha mai fatto mistero di un atteggiamento critico verso di noi, classe forense. Così, questa vigilia, anche fuori del distretto milanese, si colora di attese prevedibili e di speranze incerte. Noi diamo il fatto al giudice e lui ci restituisce il diritto alla fine, è tutto qui, secondo la sapienza antica l’esperienza giuridica ci vede in qualche modo contrapposti ai giudici. Lo siamo quando in studio prepariamo un atto per convincere un giudice diffidente anziché un collega antagonista, neutralizzandone gli argomenti non è diverso il cimento processuale, dove spesso si fatica per coinvolgere il giudice, ripiegati su scaramucce inconcludenti. Forse le cose non stanno proprio in questo modo gli avvocati dovrebbero duellare tra loro, e dovrebbero farlo dinnanzi a un giudice arbitro nessuna contrapposizione è corretta la corrente contrapposizione è legittima. Le contestazioni all’arbitro si fanno sempre, a prescindere direi. Nel 1935 un signore scrisse del rapporto tra avvocato e giudice scrisse parole memorabili, che ognuno di noi legge nell’alfabetizzazione che precede al meno logicamente l’arena del tribunale. Quel signore si chiama Piero Calamandrei è da lui che traggo lo spunto per una similitudine azzardata il giudice come docente, noi altri” come discenti. Al tempo dell’università si era soliti dire dei docenti che non erano all’altezza dell’insegnamento ciò li rendeva responsabili di una preparazione approssimativa. I docenti - guarda un po’ - erano scontenti degli studenti lamentavano la carenza di strumenti in qualche modo elementari, a partire dalla capacità di leggere con senso critico e di scrivere in modo corretto. Cosa c’entra Calamandrei? L’eminente giurista ha più volte fatto appello all’umiltà degli avvocati non già per svilirne il ruolo o la preparazione, bensì per dare spazio a un dialogo costruttivo con il giudice, che è chiamato - come il docente - alla critica degli avvocati. Orbene, se Davigo ha offeso” gli avvocati ritenendoli responsabili dei ritardi della giustizia, gli avvocati offendono” spesso i magistrati, proprio sullo stesso argomento, ma non solo. Il pluralismo è un bene per tutti criticare fa bene, il diritto è questo.