Il problema di molti iscritti alla previdenza forense: cosa possiamo fare oggi per il domani?

Oggi ci sono colleghi che vanno in pensione e si lamentano del quantum pensionistico liquidato. Conoscere per deliberare!

Il problema sta nella pensione contributiva, introdotta nel corpo normativo, con la riforma della mia presidenza. La pensione di vecchiaia con calcolo contributivo è un istituto residuale cui si può far ricorso qualora, maturata l’età pensionabile, non sia stata raggiunta la necessaria anzianità contributiva, fermo restando almeno 5 anni di iscrizione e contribuzione. L’istituto deriva dal fatto che, a norma dell'art. 4 del Regolamento Generale, i contributi versati alla Cassa non sono restituibili agli iscritti ed ai loro aventi causa, ad eccezione di quelli relativi ad anni non riconosciuti validi ai fini del pensionamento per mancanza del requisito della continuità dell'esercizio professionale art. 22 della legge n. 576/80 . La norma regolamentare ha sostituito l'istituto del rimborso dei contributi, di cui all'art. 21 della legge n. 576/80, con la pensione contributiva a condizione che l'iscritto non si sia avvalso degli istituti della ricongiunzione o della totalizzazione presso altri enti previdenziali e non intenda proseguire nei versamenti alla Cassa al fine di conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, calcolata con il sistema retributivo ordinario. La pensione di vecchiaia contributiva, calcolata con il sistema contributivo, è reversibile alle stesse condizioni previste dal regime ordinario e con la medesima decorrenza 1° giorno del mese successivo al decesso dell'iscritto - art. 7 della legge n. 576/80, come modificato dall'art. 3 della legge n. 141/1992 . È in ogni caso escluso il diritto all'integrazione al trattamento minimo, di cui all’art. 5 del Regolamento per le Prestazioni Previdenziali, anche in caso di reversibilità. Dal sito ufficiale di Cassa Forense . Con il 2021 la mia riforma andrà a regime con il requisito cd. 105 vale a dire - 70 anni di età - almeno 35 anni di anzianità contributiva Per il 2020 bastano 69 anni di età e 34 anni di anzianità contributiva . Chi, al compimento del 70esimo anno di età, non maturerà il requisito dei 35 anni di anzianità contributiva, o si accontenterà di vedersi liquidata la pensione contributiva di gran lunga inferiore a quella retributiva perché calcolata sul montante contributivo versato, senza integrazione al trattamento minimo , oppure dovrà proseguire l’attività lavorativa oltre i 70 anni, sino a perfezionare il requisito dei 35 anni di anzianità contributiva che potrà raggiungere anche attraverso gli istituti della ricongiunzione e del riscatto che sono però onerosi e, lo sono molto onerosi se esercitati in coincidenza con il pensionamento, perché legati al calcolo della riserva matematica. Di qui la necessità di conoscere la previdenza forense e le sue regole e di una pianificazione intelligente del proprio percorso previdenziale, sin dal suo inizio, per evitare le sorprese dell’ultima ora. Naturalmente l’aumento considerevole delle pensioni contributive, affiancate a quelle retributive, porrà il tema delle gabbie previdenziali” che stridono in un corretto ordinamento e di questo il legislatore previdenziale dovrebbe occuparsi sin da ieri, altro che fare oggi per il domani! Com’è noto, la pensione retributiva è molto vantaggiosa per l’iscritto dato che oggi, mediamente, paghi 1 e ricevi 4 e gode dell’integrazione al trattamento minimo per chi abbia versato pochi contributi. La pensione contributiva è, invece, liquidata sulla base del montante contributivo versato per di più penalizzata dal fatto che sul montante concorre solo il contributo soggettivo e non anche il contributo integrativo, pur se quest’ultimo ha natura previdenziale e non solidaristica. Il sistema retributivo fu istituito nel 1969 e ha consentito, in 41 anni di vita, l’andata in pensione con regole che, con l’eccezione di alcuni redditi elevati circa il 3% dei casi , sono state certamente più favorevoli del calcolo contributivo, che si usava antecedentemente al 1969, e che è tornato in uso dal 1995 parzialmente e per chi aveva meno di 18 anni di anzianità a quella data e in modo definitivo nel 2011. Ricordo che Cassa Forense è rimasta ancorata al criterio di calcolo retributivo cd. sostenibile con tutti i limiti, in termini di debito implicito, che detto sistema aggrava nel tempo. In un recente convegno tenutosi a Roma, grazie ad ANF, presente il gotha di CF, sono stati esposti agli applausi dello scarso pubblico presente, alcuni dati terrificanti per chi capisce di previdenza E NON E’ CHE SUI SOCIAL SI ESTRAPOLANO ALCUNI DATI PER FARE TERRORISMO PSICOLOGICO, come maldestramente mi è dato di ascoltare! OGGI IL RAPPORTO ISCRITTO ATTIVO v pensionato è di 8,41, nel senso che vi sono 8,41 attivi a fronte di un pensionato. Ma nel 2050 e cioè tra 30 anni e si va in pensione con 35 anni di anzianità contributiva il rapporto sarà di 1 a 1 che IN PREVIDENZA RAPPRESENTA LO SCENARIO PEGGIORE come unanimemente riconosciuto dagli studiosi della materia. Ma vi è di più. Oggi il conto economico per il 72% è dato dalla contribuzione e per il 28% dai frutti del patrimonio, nel 2035 il trend sarà del 51 contro il 49 PER ARRIVARE, NEL 2050, allo 1% di contribuzione e 99% dai frutti del patrimonio! TRADUZIONE chi si iscrive oggi non ha alcuna certezza di avere la pensione ma, come ha detto il presidente in bicamerale di controllo, dovrà sperare nella benevolenza dei mercati e sulla stabilità dello spread! Domanda ma il giovane avvocato di oggi ha interesse a iscriversi, ancorché obbligato per legge, a una tale gestione? Nel convegno si è detto sì perché è garantito dal patrimonio ma io preferirei la garanzia dello Stato. Giriamoci intorno finché vogliamo, diciamo pure che i social estrapolano alcuni dati per terrorizzare, ma la realtà vede nel 2050 il rapporto attivo v pensionato 1 a 1 con la sola garanzia del patrimonio, la progressione del quale dipende appunto dallo spread e dai mercati finanziari. Applausi, applausi! Il fatto che le persone vivano più a lungo e in una salute migliore è un risultato da celebrare - ha affermato Stefano Scarpetta, direttore dell'Organizzazione per l'Occupazione, il lavoro e gli affari sociali, al lancio del rapporto a Tokyo - Ma un rapido invecchiamento della popolazione richiederà un'azione politica concertata per promuovere l'invecchiamento attivo in modo da compensare le sue conseguenze potenzialmente gravi per gli standard di vita e le finanze pubbliche . Altro che cancellare i pensionati dall’albo e dalla Cassa! Quando si parla di risparmio previdenziale e di pensioni, l’abbinamento con il concetto di lungo termine”, 30/40 anni, è automatico in effetti, un giovane che entra oggi nel mercato del lavoro ha un orizzonte di vita attiva e di versamenti di almeno 40 anni, l'accostamento è comprensibile. Ma la società cambia e muta a velocità un tempo impensabili. Una volta non secoli fa, ma solo 30/40 anni fa si entrava in una azienda e nella maggior parte dei casi, in quell’azienda, banca, impresa, ci si restava per tutta la vita al più, si cambiavano al massimo 2 posti di lavoro in oltre 40 anni di vita attiva. Oggi i cambiamenti produttivi, la durata stessa delle aziende, le mutazioni nei bisogni o interessi degli stessi lavoratori, disegnano uno scenario diverso si cambia spesso posto di lavoro e anche tipologia di impiego lavoratore dipendente, poi autonomo poi ancora altro. In media, un lavoratore iscritto alla previdenza di base cambia posto ogni 7 anni il che significa, se iscritto a un fondo pensione contrattuale, riscattare la posizione incassare una liquidità da eventualmente trasferire ad altro fondo se si resta occupati in un altro settore merceologico riscatto non necessario se si resta nel comparto ad esempio metalmeccanico . Ma non solo i cambi di attività ci sono periodi di inoccupazione involontaria che comportano la perdita dei requisiti di partecipazione al fondo” e che spesso richiedono l’uso delle risorse accantonate periodi con problemi di salute, di casa e altre necessità. Ormai le anticipazioni rappresentano in assenza di altri interventi una modalità di fruizione delle risorse che accorcia inevitabilmente l’orizzonte temporale dell’investimento. Stessa cosa, con la medesima intensità, capita nel settore del risparmio gestito dove un Eltif, che impone di mantenere l’investimento per 7/8 anni, è il massimo del vincolo possibile per clienti istituzionali e privati. Con minore intensità, perché legato a una professione, ma non meno incisivo, è l’accorciamento dell’orizzonte temporale per le Casse di Previdenza ancora più corto per i Fondi di assistenza sanitaria integrativa. Infine, a causa dell’anomala condizione dei tassi di interesse a zero, quando non negativi, che sembra però destinata a durare ancora a lungo, per le forme pensionistiche complementari occorre affrontare il tema delle linee di investimento con capitale garantito, messe in estrema difficoltà nel rispettare una promessa che difficilmente, a livello tecnico, potrà essere mantenuta. Che fare dunque? Bisogna trovare forme di investimento differenti e modalità di gestione delle posizioni diverse al fine di allinearsi alle nuove esigenze. E ancora quali soluzioni? Da Itinerari previdenziali, convegno del 4 marzo 2020 . Auguro a tutti i miei lettori serene Festività.