Siamo in una spirale di impoverimento progressivo

Le tendenze demografiche stanno mettendo sotto pressione le finanze pubbliche e spingendo al rialzo la dinamica del rapporto tra debito e prodotto interno.

In primo luogo, l’invecchiamento della popolazione determina una crescita tendenziale della spesa per le pensioni e per l’assistenza sanitaria che, a parità di altre condizioni, causa un aumento del disavanzo e del debito pubblico. In secondo luogo, il progressivo calo della popolazione in età attiva peggiora le prospettive di crescita del PIL. Nel 2018 la spesa assistenziale è aumentata notevolmente raggiungendo quota 116 miliardi. Il 61,3% delle pensioni erogate dall’INPS è inferiore a € 750,00 che rappresenta la soglia di povertà, intesa dall’ISTAT come la situazione di coloro che non possono affrontare la spesa minima mensile sufficiente ad acquistare beni e servizi considerati essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile. Oltre 5 milioni di individui si trovano in questa situazione. L’avvocatura italiana è lo specchio fedele di questa realtà perché, a fronte di 243.000 unità, ben 21.799 non dichiarano il reddito prodotto, 75.000 dichiarano un reddito annuo non superiore a € 10.300,00, 43.930 dichiarano un reddito da € 10.300,00 a € 19.414,00 e 60.422 un reddito tra € 19.414,00 e € 48.950,00 e solo 17.022 dichiarano un reddito sopra il tetto pensionabile di € 98.050,00 e quindi, alla luce di quanto sopra, 75.000 versano in situazione di povertà. In questi giorni l’OCSE ha passato ai raggi x la gestione pubblica dei 36 paesi che aderiscono all’organizzazione. L’Italia si ritrova con il terzo maggior debito del mondo dopo il Giappone e la Grecia. L’Italia è terza al mondo anche per il peso del debito pubblico pro capite con 62.667 dollari a parità di potere d’acquisto, dopo il Giappone e gli USA. Le entrate governative in Italia sono attorno al 47% del PIL contro la media OCSE del 38%. L’Italia ha posizione di coda quanto alla fiducia nel Governo nazionale che è al 21% mentre la media OCSE viaggia intorno al 40%. L’Italia è all’ultimo posto per la percezione della reattività del Governo alle necessità delle persone. Solo il 10% degli italiani ritiene che le sue opinioni e i suoi bisogni incidano sulle decisioni prese dalle istituzioni pubbliche, contro il 37% OCSE e, ad esempio, il 74% della Svizzera. Questo si traduce nella percezione, quella italiana, di scarsa fiducia nella democrazia e nel Parlamento. Non aiutano i tempi biblici della giustizia. Il 15 novembre ho partecipato a Trento a un interessante confronto, sotto il profilo della sostenibilità, tra Cassa Forense, Cassa Ragionieri e Cassa Commercialisti. Il confronto è stato impietoso per Cassa Forense ma non ho visto nei presenti, non molti per la verità, segni di stupore o insofferenza il che dimostra la totale mancanza di cultura previdenziale nelle giovani generazioni il che è molto grave perché la pensione va costruita sin dai primi passi del suo percorso. A un certo punto i rappresentanti della Cassa dei Commercialisti hanno affrontato il tema del bilancio tecnico che, com’è noto, esprime una visione di tipo dinamico proiettata su un determinato arco temporale futuro e costituisce lo strumento, previsto dalla legge, per consentire di verificare l’adeguatezza delle politiche gestionali adottate da un ente di previdenza ovvero la presenza di eventuali anomalie che nel lungo periodo potrebbero tradursi in problemi di natura finanziaria per l’ente stesso, se non corrette per tempo. La Cassa dei Commercialisti, così come la Cassa dei Ragionieri e dei Periti Contabili sin dal 2004 si è posta il problema della sostenibilità e sono intervenute tempestivamente per correggere le anomalie riscontrate. Secondo la proiezione specifica, il patrimonio della Cassa dei Commercialisti presenta uno sviluppo sempre crescente fino a circa metà dell’arco temporale di verifica per attestarsi, in conseguenza delle dinamiche demografiche della Cassa, in circa 36 miliardi di euro nel 2066. Particolarmente indicativo è il grado di capitalizzazione, che è un indicatore per certi versi assimilabile al saggio di riserva di liquidità utilizzato nei sistemi bancari, che misura il grado di pagamento dell’ente senza interventi correttivi e nella scolastica ipotesi di cessazione di ogni entrata, pari a circa l’81% nel senso che, dato che la Cassa dei Commercialisti nel 2004 ha optato per il sistema di calcolo contributivo, sta riassorbendo progressivamente il debito generato dal metodo di calcolo retributivo delle pensioni, in vigore fino al 2003. Detto in parole povere la Cassa dei Commercialista con l’opzione al contributivo, effettuata nel 2004, riuscirà a neutralizzare il debito rappresentato dalle pensioni retributive, garantendo, grazie anche ai rendimenti delle riserve previdenziali accumulate, tutte le pensioni. Il grado di capitalizzazione all’81% non deve essere interpretato come capacità dell’ente di far fronte solo all’81% dei propri futuri oneri, fino alla sopravvivenza dell’ultimo avente diritto, perché con ogni probabilità la Cassa di previdenza non sospenderà la sua attività alla fine del cinquantennio di proiezione attuariale ma potrà tranquillamente proseguire oltre con i conti a posto. La Cassa dei Commercialisti, per quanto attiene all’adeguatezza delle prestazioni, ha introdotto dei correttivi al sistema contributivo attraverso la maggiorazione dell’aliquota di computo e l’accreditamento sul montante individuale di una porzione del contributo integrativo. Inutile dire che la Cassa dei Commercialisti e anche quella dei Ragionieri, da questo punto di vista, sono state lungimiranti e oggi possono ritenersi al riparo dalla giurisprudenza di Cassazione che si sta consolidando e per la quale la Cassa non può applicare il contributo di solidarietà sugli assegni elevati si veda da ultimo la sentenza n. 29292 del 12.11.2019, successiva alla precedente n. 31.875/2018 . Cassa Forense, per contro, è rimasta ancorata al criterio retributivo di calcolo della pensione, detto sostenibile che la esporrà, anno dopo anno, all’aumento del debito pensionistico latente. Abbiamo bisogno di una classe politica nuova che sappia far ripartire l’economia e riportare l’Italia nello standard europeo e che, sul versante previdenziale, sia LUNGIMIRANTE. Scriverò una letterina a Babbo Natale!