Basta querele, diffide e azioni per danni per opinioni espresse nell’avvocatura

L’avvocatura sta attraversando una stagione di contestazioni sia sul versante interno forense sia su quello previdenziale.

A mio giudizio le querele, le diffide e le azioni per risarcimento del danno conseguenti ad asserita diffamazione a mezzo stampa social non solo non risolvono i problemi ma li aggravano. Siamo in troppi, in media quattro avvocati ogni mille abitanti, e, come si dice, il troppo stroppia” perché i codici deontologici, che pure ci sono, restano sistematicamente nel cassetto. La crisi dell’avvocatura italiana è, prima di tutto, crisi di valori, crisi di cultura a ogni livello. Come scriveva Euripide, nel 400 a.C. Parla da saggio a un ignorante ed egli ti risponderà che hai poco senno ma parla se hai parole più forti del silenzio, altrimenti rispetta il silenzio! Quindi nulla di nuovo sotto il sole! Prendo spunto dalla recente audizione dei vertici di Cassa Forense alla Commissione Bicamerale di Controllo per cercare di farmi comprendere. Il Presidente della Bicamerale, dopo l’introduzione, ha dato la parola al Presidente di Cassa Forense facendo presente che la Commissione ha ricevuto molteplici segnalazioni da un avvocato, il quale solleva dubbi sulla correttezza della gestione e della relativa documentazione contabile. Ebbene il Presidente di Cassa Forense ha liquidato la questione parlando di sciocchezze e di affermazioni non rispondenti al vero per le quali pende giudizio penale, disciplinare e civile. Molti esposti del Collega in questione sono noti perché resi pubblici dallo stesso sui social. Non conosco personalmente il Collega ma debbo dare atto che ha una profonda conoscenza sia della previdenza in generale che di quella forense. Ebbene, proprio davanti alla Bicamerale di Controllo, il Presidente di Cassa Forense avrebbe avuto l’occasione di rispondere a una serie di problematiche che oltre al Collega anch’io vado sostenendo da tempo e precisamente - rendere noto a tutti gli iscritti, obbligati a esserlo per la legge 247/2012, il Report ALM Asset liability management che tanta importanza assume, come ribadito dalla dirigente del servizio di Cassa Forense, nel costruire le iniziative strategiche e tattiche negli investimenti. E, infatti, il Comitato dei Delegati fissa i criteri generali d’individuazione e ripartizione dei rischi nella scelta degli investimenti, approvando l’asset allocation strategica e tattica sulla base del modello ALM che si basa sui flussi attuariali del passivo previdenziale per guidare la definizione delle scelte d’investimento - chi siano i 41 rappresentanti di Cassa Forense negli Advisor Commitee in cui investe e i criteri che ne hanno seguito la selezione - perché l’appendice standard al bilancio tecnico sia stata pubblicata solo recentemente dopo tante insistenze, datata gennaio 2019 e non dicembre 2018 e perché risulti più favorevole rispetto alla relazione specifica la cosa davvero singolare è che sul nuovo sito di Cassa Forense l’appendice standard è stata tolta ma poi ripubblicata - i nuovi criteri generali d’individuazione e ripartizione dei rischi nella scelta degli investimenti come novati recentemente dal Comitato dei Delegati. Questi sono fatti, non sciocchezze, tutti ufficiali e documentati. Rimettere il tutto alla Magistratura non mi pare un’opzione inclusiva. Come ha recentemente detto proprio il Presidente della COVIP, davanti alla stessa Commissione Bicamerale Per le Casse, la gestione finanziaria delle risorse costituisce, infatti, elemento centrale dell’attività al fine di valorizzare i contributi e il patrimonio accumulato per far fronte alle prestazioni nei riguardi degli iscritti. È dunque evidente l’importanza per una Cassa, nell’interesse degli iscritti e beneficiari, di poter operare nell’attività di investimento attraverso processi di lavoro, da un lato, trasparenti e documentati, dall’altro efficienti e dinamici al fine di cogliere le migliori opportunità come un investitore privato”. Che poi alcuni investimenti, caratterizzati da una maggiore rischiosità, siano necessari per sostenere la reddittività degli attivi, considerato che il 44,5% del portafoglio è composto da obbligazioni in cui il rendimento è quasi nullo, come ha detto il Presidente di Cassa Forense, è tutto da dimostrare tenuto conto che la provvista previdenziale ha come mission quella di garantire il pagamento delle pensioni promesse e quindi non può fare affidamento sul fatto che il mercato regga e lo spread non faccia brutti scherzi”. Tutti debbono essere ascoltati, anche se fastidiosi, ed io certamente lo sono se non si comprende che a me sta a cuore il futuro di Cassa Forense per la quale ho profuso tante energie in passato perché, come ho sempre detto io, insieme si può, da soli non si va da alcuna parte”. Un titolo di merito al dott. Michele Proietti, Direttore Generale di Cassa Forense, il quale ha chiarito la natura del contributo integrativo del 4% sul volume d’affari IVA. Di questo 4%, uno 0,5% va in solidarietà mentre il restante 3,5% ha finalità previdenziali. Questo rafforza il mio convincimento secondo il quale, quando Cassa Forense liquida trattamenti di tipo contributivo, dovrebbe rimpinguare il montante, oggi costituito dal solo contributo soggettivo, anche del 3,5% del contributo integrativo. In buona sostanza la solidarietà del sistema è garantita dal contributo di solidarietà versato dai pochi avvocati che guadagno più di 100 mila euro l’anno e che versano il 3% a titolo di solidarietà oltre al tetto e dallo 0,5 del 4% del contributo integrativo. Il problema, all’evidenza di tutti e che il dott. Proietti non ha mancato di sottolineare, è dato dal numero di avvocati che dichiarano meno di 10 mila euro l’anno che, al momento, ammonta a 75.000 unità. Anche il Direttore Generale di Cassa Forense ritiene che se questo numero dovesse in futuro aumentare, sarebbe necessario rivedere le prestazioni erogate in modo da mantenere la sostenibilità del sistema.