Silver e millennial

Beppe Grillo, nella sua ultima uscita, ha proposto l’abolizione del voto agli anziani. Ieri è stato pubblicato il 1° Rapporto del Censis – Tendercapital sulla Silver economy e le sue conseguenze.

Il tema del Rapporto è l’invecchiamento della popolazione che viene intrepretato in termini di Silver economy pertanto si riferisce ai redditi, ai patrimoni, ai consumi ma anche ai fabbisogni, stili di vita e valori degli anziani, senza sfuggire agli aspetti più complessi da affrontare, come la cronicità e la non autosufficienza. La longevità, perno della silver economy, come formidabile risorsa per l’Italia. Gli over 65 in Italia sono 13,7 milioni, pari al 22,8% del totale della popolazione. Nel 2051 saliranno però a 19,6 milioni. La speranza di vita, alla nascita, in Italia, per gli uomini è di 80,6 anni e per le donne di 84,9 anni. La regione più longeva d’Italia è la Liguria, seguono Friuli Venezia Giulia e Umbria. I tre comuni italiani più longevi sono Zerba in Emilia Romagna, Fascia in Liguria e San Giovanni Lipioni in Abruzzo. Per gli italiani si diventa anziani non quando si va in pensione o si raggiunge una determinata età anagrafica, ma se è quando si diventa dipendenti da altre persone nelle ordinarie attività quotidiane. Pertanto, fra gli attuali 13,7 milioni di persone con almeno 65 anni, oltre 2,8 milioni sono quelli non autosufficienti e cioè quelli che hanno bisogno di una badante. Quindi i tecnici del settore distinguono gli anziani tra i longevi attivi e quelli non autosufficienti. I millennials sono la prima generazione della storia ad aver raggiunto l’età adulta nel nuovo millennio mentre i silver sono gli over 65. In termini economici, i silver detengono una ricchezza media più alta dei millennials. In 25 anni la ricchezza degli anziani è aumentata in termini reali del + 77%, mentre quella dei millennials è diminuita del 34,6%. In definitiva il 62,7% degli anziani dichiara di avere una situazione economica solida, le spalle coperte. La verità è che se oltre 60% delle pensioni erogate sono inferiori a € 1.000,00 mensili, molti sono i nuclei in cui entrano più pensioni e il reddito familiare è un mosaico di voci che le integra largamente. Riprova ne sia che i consumi degli italiani soffrono mentre quelli degli anziani no. Infatti, in 25 anni mentre si è ridotta del -14% reale la spesa dei consumi familiari, è aumentata del 23,3% quella degli anziani, mentre è diminuita del 34,3% quella dei millennials. Alla potenza economica, gli anziani uniscono una produzione di servizi e di utilità sociale che ormai irrinunciabile per il benessere collettivo. 9,6 milioni di anziani si occupano dei propri nipoti e di questi ben 3,6 milioni lo fa regolarmente il che consente a molte donne di rimanere nel mercato del lavoro senza subire decurtazione di reddito. Le prestazioni monetarie erogate dagli anziani sono un puntello chiave per le famiglie più giovani. Come dicevamo più sopra, dei 13,7 milioni di anziani, 2,8 milioni sono non autosufficienti. Accanto all’assistenza prestata dai familiari, operano in Italia circa un milione di badanti delle quali il 90% straniere. La maggior parte proviene dall’Europa dell’Est, con maggiore incidenza per Ucraina, Romania, Moldavia, Equador e Perù. La spesa stimata per la retribuzione delle badanti è di circa 9 miliardi di euro l’anno. In questo quadro il servizio sanitario e il welfare in generale non sono né pronti né adatti a coprire i fabbisogni assistenziali dei non autosufficienti e non a caso il 56% degli italiani è insoddisfatto dei servizi socio sanitari per non autosufficienti sul territorio. Non bastano i 12,4 miliardi di spesa pubblica per long term care di cui 2,4 miliardi per cure domiciliari, che è pari al 10,8% della spesa sanitaria complessiva ed è comunque inferiore al dato UE del 15,4%. Non sorprende quindi che il 75,6% degli italiani chieda più agevolazioni fiscali per chi assume badanti. Se Grillo avesse avuto presente questi dati, probabilmente, sarebbe uscito con un’altra comica.