In difesa dell’avvocato: l’assenza di preventivo non può mai escludere il diritto al compenso

Il ruolo e la funzione del preventivo nell’ambito dell’attività dell’avvocato è sempre più al centro dell’attenzione giurisprudenziale come dimostra anche l’ordinanza del Tribunale di Verona qui in commento che contiene, però, un’affermazione che – se generalizzata - mette in pericolo il diritto al compenso dell’avvocato.

Richiesta onorari stragiudiziali. Nel caso di specie era accaduto che un avvocato avesse agito per ottenere la condanna della ormai ex cliente per un importo di circa 300.000 euro per due distinte attività di assistenza stragiudiziale svolte a suo favore. In primo luogo, l’ex cliente contestava di non aver ricevuto il preventivo da parte dell’avvocato per l’incarico di assistenza stragiudiziale in una trattativa di vendita immobiliare. L’accettazione del compenso assorbe il preventivo. Sebbene, però, il preventivo non fosse stato consegnato, agli atti di causa vi era l’accettazione per iscritto da parte della cliente del compenso professionale richiesta da parte dell’avvocato. Ed allora, è vero che la consegna al cliente di un preventivo scritto di massima della spesa che dovrà sostenere per l’incarico al professionista legale è necessaria, ai sensi dell’art. 13, comma 5, l. n. 247/2012, come modificato dall’art. 141, comma 6, lett. d , l. n. 124/2017, a far data dal 29 agosto 2017, al fine di assolvere all’obbligo informativo relativo” ma solo qualora tra cliente e professionista non si sia concluso un contratto scritto”. L’accordo esclude la rideterminazione. In secondo luogo, l’ex cliente chiedeva al giudice, in via subordinata, di rideterminare il compenso dovuto al professionista. Per il Tribunale di Verona neppure questa difesa è fondata in forza dell’orientamento pacifico della giurisprudenza di legittimità che ha escluso che il giudice possa rideterminare l’entità del compenso che sia stato pattuito dalle parti”. Ed infatti, in tema di compensi spettanti ai prestatori d'opera intellettuale, l'art. 2233 c.c. pone una gerarchia di carattere preferenziale, indicando in primo luogo l'accordo delle parti ed in via soltanto subordinata le tariffe professionali, ovvero gli usi le pattuizioni tra le parti risultano dunque preminenti su ogni altro criterio di liquidazione Cass. 6732/2000 ed il compenso va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera soltanto in mancanza di convenzione” ovvero di nullità della convenzione che non scatta, però – precisa sempre la giurisprudenza – per superamento dei massimi tariffari . Obbligo informativo anche prima della legge. Con riferimento all’attività svolta dall’avvocato prima dell’agosto 2017 il Tribunale ritiene di accogliere l’eccezione di inadempimento sollevata dall’ex cliente dell’avvocato. Secondo il ragionamento del Tribunale è indubbio che già prima di quella modifica il professionista era soggetto ad un obbligo informativo nei confronti del cliente e che esso investiva anche i costi dell’incarico e, di conseguenza, anche la sua complessità”. Informativa che si colloca nella fase pre-contrattuale e che determinerebbe, secondo alcuni, responsabilità pre-contrattuale e, secondo altri, responsabilità contrattuali. Per il giudice – non avendo assolto l’avvocato l’onere della prova sull’informativa - tale condotta omissiva giustifica anche l’eccezione di inadempimento a fronte della richiesta di compenso da parte del professionista come nel caso di specie” Ed è qui che l’ordinanza del Tribunale di Verona deve essere attentamente esaminata perché se condivisa nella sua affermazione generale appare lesiva del diritto degli avvocati al proprio compenso. Ebbene, la soluzione del Tribunale non convince per almeno due ragioni. In primo luogo, l’affermazione per come è posta e per come ha deciso porta a stabilire sempre e comunque una stretta conseguenzialità l’omessa informativa porta a non dovere alcunché per la prestazione stante l’inadempimento dell’avvocato. Ma gli obblighi che incombono sull’avvocato ammesso e non concesso che l’obbligo di rendere l’informativa non sia pre-contrattuale, ma contrattuale non si esauriscono mai con l’obbligo di informativa. Non può, quindi, sussistere l’equazione mancanza di informativa= assenza di compenso per l’avvocato che abbia comunque svolto l’attività come sempre aver ritenuto il Tribunale leggendo la motivazione dell’ordinanza Peraltro, si pensi che quell’equazione non potrebbe neppure valere laddove la pattuizione sul compenso fosse nulla o mancante ab origine soccorrendo sempre il potere di determinazione da parte del giudice. Inoltre, devono essere richiamati due aspetti. Il primo aspetto è che la legge non sanziona espressamente la mancanza di preventivo sul piano del diritto civile diversamente per la valutazione deontologica ancorché ciò non impedisce di trovare una risposta all’interno delle norme generali, resta il significativo” silenzio sul punto. Il secondo aspetto che contribuisce a rafforzare il significato” al silenzio di cui ora si è detto è che il d.m. 140/2012 all’articolo 1 comma 6 pur non applicabile all’avvocato stante il successivo – e specifico – d,m. 55/2014 prevede espressamente che L'assenza di prova del preventivo di massima di cui all'articolo 9, comma 4, terzo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, costituisce elemento di valutazione negativa da parte dell'organo giurisdizionale per la liquidazione del compenso”. In secondo luogo, poi, resta che se si vuole ritenere la mancata informazione rilevante sul piano delle regole generali sul diritto dei contratti, resta che quelle regole andranno applicate tutte. Ed allora, è vero che era onere dell’avvocato provare di aver informato l’ex cliente, ma sarebbe stato onere dell’ex cliente provare il danno che non può mai dirsi in re ipsa derivante dalla mancata informativa che non può consistere, sic et simpliciter, con il non dovere alcun compenso per l’attività pur svolta. Il dies a quo degli interessi. Secondo il Tribunale l’accoglimento della domanda di condanna sulla somma imponibile richiesta dal ricorrente spettano gli interessi di mora al tasso legale dalla data di pubblicazione della presente ordinanza a quella del saldo effettivo”. E ciò perché, secondo il Tribunale, quando insorge controversia tra l’avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l’ordinanza che conclude il procedimento” come affermato, ad esempio, da Cass. 2 febbraio 2011, n. 2431. Tuttavia, il caso affrontato dal Tribunale di Verona è diverso da quello della giurisprudenza richiamata che pure conosce eccezioni come Cass. 12 agosto 2009, n. 18233 ed infatti, qui il compenso al pagamento del quale la cliente è stata condannata era stato pattuito e quindi dovuto nella misura prevista dal contratto. Sicché il dies a quo non può essere quello della liquidazione perché nessuna attività di liquidazione è stata fatta dal giudice che correttamente aveva affermato che non poteva provvedervi stante l’esistenza del contratto. Conclusione questa che non muta neppure laddove si faccia riferimento al parziale accoglimento della difesa dell’ex cliente per il compenso della seconda attività svolta ed infatti, qui non si tratta di liquidazione” del compenso ma di compensazione” di quello dovuto in base al contratto con quanto l’avvocato deve a titolo di risarcimento del danno per mancata informativa sui costi. Liquidazione delle spese. Un ultimo aspetto che merita attenzione anche perché solleva un dubbio se ben si interpreta il contenuto dell’ordinanza è la liquidazione delle spese con particolare riferimento all’individuazione delle fasi del giudizio. Ed infatti, per il Tribunale si deve procedere alla quantificazione del compenso per le due fasi in cui si è svolto il giudizio fase di studio e introduttiva ”. Orbene, il dubbio consiste in ciò perché nulla è stato liquidato per la fase decisoria che, in ogni caso salva ovviamente la quantificazione secondo la regola di quanto effettivamente è stato svolto ?

Tribunale di Verona, sez. III Civile, ordinanza 17 luglio 2019 Giudice Vaccari Rilevato che In via preliminare va disattesa l'stanza di mutamento del rito avanzata dalla resistente atteso che il omissis contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della omissis ha agito nelle forme del rito sommario ordinario e non in quelle del rito sommario speciale, disciplinato dal combinato disposto degli artt. 702 bis c.p.comma e 14 D.Lgs. 150/2011, per ottenere il pagamento in proprio favore della somma complessiva di Euro 298.815,00 a titolo di compenso per due distinte attività di assistenza stragiudiziale prestate in favore della stessa e meglio descritte in ricorso. Orbene, la scelta è pienamente legittima atteso che il rito sommario speciale va utilizzato solo per ottenere la liquidazione dei compensi per attività giudiziale civile o per quella stragiudiziale connessa a quest'ultima. Venendo al merito la domanda del ricorrente è quasi integralmente fondata e pertanto merita di essere accolta per quanto di ragione. La resistente si è opposta all'accoglimento della domanda sulla base di due argomenti. Da un lato ha lamentato di non aver ricevuto un preventivo di spesa, da parte dell'avv. omissis pur riconoscendo di aver convenuto ed accettato per iscritto il compenso professionale oggi da lui preteso a titolo di compenso per l'assistenza nella trattativa per la vendita dell'immobile denominato Villa omissis la circostanza è anche comprovata dal docomma 23 di parre ricorrente, che reca la sottoscrizione della omissis . Dall'altro ha dedotto la necessità di una rideterminazione del compenso, contrattualmente pattuito, da parte del Giudice. Entrambe le difese sono macroscopicamente infondate con riguardo alla domanda di pagamento della somma di Euro 290.000,00 a titolo di compenso per la appena descritta attività. Con riguardo alla prima delle predette deduzioni è sufficiente osservare che la consegna al cliente di un preventivo scritto di massima della spesa che dovrà sostenere per l'incarico al professionista legale è necessaria, ai sensi dell'art. 13, comma 5, L. 247/2012, come modificato dall'art. 141, comma 6, lett. D L. 124/2017, a far data dal 29 agosto 2017, al fine di assolvere all'obbligo informativo relativo solo qualora tra cliente e professionista non si sia concluso un contratto scritto e quest'ultima evenienza invece si è verificata nel caso di specie. Deve poi osservarsi che pacificamente l'incarico conferito dalla resistente all'avv. omissis non fu revocato per giusta causa cosicchè non si è nemmeno verificata l'unica ragione che avrebbe potuto giustificare il rifiuto del pagamento di quanto dovuto. Quanto alla ulteriore difesa della ricorrente deve rammentarsi che la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il giudice possa rideterminare l'entità del compenso che sia stato pattuito dalle parti. Sul punto la Suprema Corte di recentemente ha affermato che in tema di compensi spettanti ai prestatori d'opera intellettuale, l'art. 2233 c.comma pone una gerarchia di carattere preferenziale, indicando in primo luogo l'accordo delle parti ed in via soltanto subordinata le tariffe professionali, ovvero gli usi le pattuizioni tra le parti risultano dunque preminenti su ogni altro criterio di liquidazione Cass. 6732/2000 ed il compenso va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera soltanto in mancanza di convenzione. In particolare, in materia di onorari di avvocato deve ritenersi valida la convenzione tra professionista e cliente, che stabilisce la misura degli stessi in misura superiore al massimo tariffario Cass. 7051/1990 , vigendo il principio di ammissibilità e validità di convenzioni aventi ad oggetto i compensi dovuti dai clienti agli avvocati, anche con previsione di misure eccedenti quelle previste dalle tariffe forensi Cass. Ss.Uu. 103/1999 . Nel caso di specie, non è contestato che le parti abbiano pattuito per iscritto il compenso dovuto al ricorrente per l'incarico professionale, onde la pronuncia di nullità della convenzione suddetta per violazione dei massimi tariffari e la conseguente determinazione giudiziale del compenso, effettuata dalla Corte territoriale, risulta in violazione della disposizione dell'art. 2233 c.c Cass. civ. Sez. II Ord., 10-10-2018, n. 25054 Cass. civ. Sez. VI Ord., 29-12-2011, n. 29837 . La fattispecie su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza sopra citata, è proprio relativa ad un caso in cui il compenso professionale era stato pattuito al di sopra dei massimi tariffari e pertanto smentisce la pronuncia di merito citata dalla ricorrente. Il primo dei rilievi di parte resistente è invece fondato con riguardo alla domanda avente ad oggetto il compenso per l'ulteriore attività di assistenza stragiudiziale che il ricorrente ha prestato a favore della omissis. nell'agosto del 2017. A ben vedere rispetto ad essa non viene in rilievo la norma sopra citata che, come si è detto, è entrata in vigore il 29 agosto e quindi dopo l'effettuazione delle prestazioni descritte alle pag. 8 e 9 del ricorso. E' indubbio peraltro che già prima di quella modifica il professionista era soggetto ad un obbligo informativo nei confronti del cliente e che esso investiva anche i costi dell'incarico e, di conseguenza, anche la sua complessità. Tale informativa si colloca nella fase anteriore alla stipulazione del contratto d'opera intellettuale, vale a dire durante le trattative, e la violazione da parte del professionista del corrispondente dovere, secondo la ricostruzione dottrinaria tradizionale, determinerebbe a suo carico una responsabilità di tipo pre-contrattuale, con conseguente obbligo di risarcire i danni commisurati all'interesse negativo. Peraltro va segnalato che un indirizzo giurisprudenziale ha ricondotto nell'alveo della responsabilità contrattuale la violazione degli obblighi accessori di informazione. Ad esempio si è affermato che per il notaio, richiesto della stipula di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà del bene costituisce, salvo l'espressa dispensa degli interessati, obbligo da ricomprendersi nel rapporto di prestazione di opera professionale Cass. civ., 26 maggio 1993, n. 5926 ed anche che la responsabilità del medico, derivante dalla diagnosi e dalla illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, ha natura contrattuale Cass. civ., 9 febbraio 2010, n. 2847 . E' evidente peraltro che tale condotta omissiva giustifica anche l'eccezione di inadempimento a fronte della richiesta di compenso da parte del professionista come nel caso di specie. Si noti che il ricorrente non ha formulato capitoli di prova orale diretti a comprovare l'assolvimento dell'obbligo informativo succitato, con la conseguenza che deve ritenersi gravemente inadempiente sul punto. La domanda di parte ricorrente può pertanto essere accolta per la somma di Euro 290.000,00 oltre accessori. Sulla somma imponibile richiesta dal ricorrente spettano gli interessi di mora al tasso legale dalla data di pubblicazione della presente ordinanza a quella del saldo effettivo. Secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, infatti, quando insorge controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento Cass. 2 febbraio 2011, n. 2431 Cass. 7 giugno 2005, n. 11777 Cass. 29 maggio 1999, n. 5240 Cass. 28 aprile 1993, n. 5004 e da ultimo anche la recentissima ordinanza Cassazione civile , sez. VI, 24.10.2014 n. 22678 . Venendo alla regolamentazione del presente giudizio, esse vanno poste a carico della resistente, in applicazione del criterio della soccombenza. Alla relativa liquidazione si procede come in dispositivo, facendo applicazione, ai fini della determinazione della somma spettante a titolo di compenso, del D.M. 55/2014. In particolare il compenso per le due fasi in cui si è svolto il giudizio fase di studio e introduttiva può essere determinato assumendo a riferimento i valori medi di liquidazione previsti per tali fasi dal succitato regolamento. Al ricorrente spetta anche il rimborso delle spese generali nella misura massima consentita del 15 % del compenso e quello del c.u P.Q.M Il Giudice Unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando ogni diversa ragione ed eccezione disattesa, in parziale accoglimento della domanda attorea condanna la resistente a corrispondere al ricorrente la somma di Euro 290.000,00, oltre interessi legali dalla data della pubblicazione della presenta ordinanza a quella del saldo effettivo e alle spese di lite che liquida nella somma di Euro 5.602,00, oltre rimborso spese generali nella misura del 15 % di tale importo ed Euro 607,00 a titolo di ripetizione del contributo unificato, Iva e Cpa.