Il valore effettivo della causa, anche ai fini della liquidazione degli onorari, si basa sul reale interesse perseguito

Non è possibile decidere il valore della causa, ai fini della determinazione dei compensi, in base al valore del rapporto di cui si discute, dovendosi invece tener conto del reale interesse che la parte potrebbe ottenere all’interno del rapporto.

Questo è il principio stabilito dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 27263/19, emessa nella camera di consiglio del 23 maggio e depositata il successivo 24 ottobre. Il ricorso risaliva all’anno precedente, e riguardava una controversia a proposito di compensi professionali di un legale, iniziata addirittura nel 1997, e ritornata alla Suprema Corte di Cassazione a seguito di precedente ordinanza di rinvio alla Corte d’appello competente, in diversa composizione rispetto a quella che aveva pronunciato la sentenza oggetto di rinvio. Il caso. Un avvocato, nel lontano 1997, richiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di una società sua assistita, per l’importo di oltre 59 milioni di lire, a titolo di compensi professionali per attività stragiudiziali svolte in favore di una società sua assistita. Le attività svolte consistevano nella predisposizione di una convenzione urbanistica integrativa, da stipulare con un Comune per l’ultimazione di una lottizzazione. Il valore dell’intera convenzione era di 3 miliardi di lire, e su questo venivano calcolati i compensi e concesso il decreto ingiuntivo. Il Tribunale, in seguito all’opposizione della società, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la società opponente al pagamento di solo € 7.392,25. In seguito, la Corte d’Appello, adita dal professionista, riformava la pronuncia di primo grado, respingendo l’opposizione, assumendo come base di calcolo l’importo complessivo della lottizzazione, e quindi quello di 3 miliardi, quantificando quindi il compenso in maniera molto superiore rispetto a quello indicato dal Tribunale, conformemente a quello richiesto e ottenuto con il decreto ingiuntivo. La pronuncia della Corte territoriale veniva però cassata dalla Suprema Corte, con sentenza del 2014, per difetto di motivazione, poiché il giudice di appello non aveva in alcun modo affrontato la questione relativa alla determinazione dell’oggetto dell’incarico, limitandosi a considerare l’indicazione dell’importo di 3 miliardi di lire, relativo all’importo totale della convenzione, come se questo fosse il valore del contratto professionale, prescindendo da ogni ulteriore valutazione in ordine alla situazione in cui si trovava in quel momento la lottizzazione, in modo da poter meglio definire quale fosse l’effettivo e specifico interesse della parte che conferiva l’incarico, rispetto al risultato dello stesso. Il giudice di rinvio, investito della questione, ha respinto l’appello proposto dall’avvocato, confermando la sentenza di primo grado, evidenziando che la convenzione integrativa concerneva solo il completamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, mentre l’importo indicato nella convenzione era relativo all’intero valore della lottizzazione. Di conseguenza, i compensi dovevano essere calcolati sulla base dell’importo di £. 342.761.000, risultante dalla somma di £. 174.101.000, pari al valore residuo delle opere di urbanizzazione secondaria indicato nella convenzione, come confermato anche dall’importo della garanzia fideiussoria stipulata a garanzia dell’esecuzione dei lavori. Il legale ha chiesto la cassazione della sentenza, sulla base di un unico motivo di ricorso, illustrato con memoria, mentre la società ha presentato controricorso. Il motivo riguardava la presunta violazione degli articoli 384, comma 2 e 394 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che la sentenza abbia omesso di valutare l’interesse della parte, che sarebbe quello dell’accesso alle condizioni edilizie, e non quello al completamento delle opere di urbanizzazione. Nella determinazione del compenso del legale si deve tenere conto del reale interesse perseguito dall’assistito e non del mero valore indicato nell’incarico. La Cassazione ha ribadito il principio più volte espresso e ha rigettato il ricorso. Infatti, secondo la Suprema Corte, la Corte d’appello ha correttamente statuito, tenendo conto dell’iter della lottizzazione, allo scopo di individuare l’interesse perseguito dalla resistente, e conformandosi alla pronuncia di legittimità, dato che il ricorrente aveva predisposto la sola convenzione integrativa riguardante le opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Secondo la Cassazione, è irrilevante il valore indicato nella lettera di incarico, poiché riferito all’intera lottizzazione, mentre il difensore era intervenuto successivamente, quando occorreva solamente definire gli impegni dei lottizzanti riguardo alle opere oggetto della convenzione stipulata dal professionista. Secondo l’ordinanza, la pronuncia della Corte territoriale non è quindi incorsa in alcun errore, avendo liquidato il compenso in applicazione dei criteri legali, apprezzando l’interesse perseguito dalla parte in ossequio alle prescrizioni impartite dalla sentenza di rinvio. In applicazione di detti principi, ha rigettato il ricorso condannando il legale ricorrente al pagamento delle spese legali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 23 maggio – 24 ottobre 2019, n. 27263 Presidente D’Ascola – Relatore Oliva Fatti di causa L’Avv. L.S.F. ha ottenuto il decreto ingiuntivo n. 554/1997, per il pagamento di Lire 59.915.000 a titolo di compensi professionali per le attività stragiudiziali svolte in favore della S. Basilio s.r.l. oggi Touristika Sro sulla base della lettera di incarico del 2.8.1994. Il ricorrente si era obbligato a predisporre una convenzione urbanistica integrativa, da stipulare con il Comune di omissis per l’ultimazione della lottizzazione omissis , specificamente riguardante la proroga dei tempi di attuazione delle opere di urbanizzazione, delle relative garanzie fideiussorie e delle cessioni sugli standards su richiesta dell’amministrazione comunale, e delle opere di urbanizzazione secondaria, con valore delle opere residue pari a Lire 342.761.000 . L’ingiunta ha spiegato opposizione, contestando la pretesa sia nell’an che nel quantum e, all’esito, il Tribunale ha revocato l’ingiunzione ed ha condannato l’opponente al pagamento di Euro. 7.392,25. La Corte distrettuale, in riforma della pronuncia di primo grado, ha tuttavia respinto l’opposizione, assumendo come base di calcolo del compenso l’importo di Lire 3.000.000.000, quale valore complessivo della lottizzazione. La pronuncia è stata cassata da questa Corte con sentenza n. 19406/2014 per difetto di motivazione e violazione di legge, poiché il giudice di appello non aveva in alcun modo affrontato la questione posta circa la determinazione del valore dell’oggetto dell’incarico, essendosi limitata a considerare che la sola indicazione dell’importo di tre miliardi contenuta nell’oggetto della lettera d’incarico riguardasse il valore convenzionale attribuito all’oggetto del contratto, prescindendo da ogni ulteriore valutazione in ordine alla situazione nella quale si trovava la lottizzazione e al relativo iter, così da poter meglio definire quale fosse l’effettivo e specifico interesse della parte che conferiva l’incarico rispetto al risultato dello stesso. Nè alcuna motivazione la Corte territoriale ha fornito sul perché il valore dell’incarico si dovesse ricavare dal solo richiamo effettuato nell’oggetto a tale importo, piuttosto che considerare che tale importo potesse servire alla maggiore specificazione ed individuazione della lottizzazione . Il giudice del rinvio ha respinto l’appello proposto dall’avv. L.S. ed ha confermato la sentenza di primo grado evidenziando che a la convenzione integrativa del 12.4.1995 - oggetto dell’attività svolta dal difensore - concerneva solo il completamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, mentre l’importo indicato nella convenzione era relativo all’intero valore della lottizzazione b le spettanze del difensore dovevano essere calcolate sulla base dell’importo di Lire 342.761.000, risultante dalla somma di Lire 174.101.000, pari al valore residuo delle opere da realizzare, risultante dallo stato di consistenza redatto in data 3.5.1994, e di Lire 168.000.000, pari all’importo delle opere di urbanizzazione secondaria indicato nella suddetta convenzione, come confermato anche dall’importo della garanzia fideiussoria stipulata a garanzia dell’esecuzione dei lavori. La cassazione di questa sentenza è chiesta dall’avv. L.S.F. sulla base di un unico motivo di ricorso, illustrato con memoria. La Touristika Sro ha depositato controricorso. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e art. 394 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che la sentenza abbia omesso di valutare l’interesse perseguito dalla parte lottizzante ed il risultato ottenuto consistente nell’accesso alle concessioni edilizie necessarie per la realizzazione dei consistenti volumi previsti dalla convenzione di urbanizzazione , avendo erroneamente assunto a base del calcolo del compenso il valore delle opere di urbanizzazione, che tuttavia costituivano un costo e non un vantaggio per la parte. Si deduce che la pronuncia di legittimità si era limitata ad escludere che il valore di Lire 3.000.000.000, previsto dalla convenzione, potesse costituire l’unico criterio di cui tener conto ai fini del giudizio ma non anche che da esso potesse prescindersi. 2. Il motivo è infondato. La sentenza di appello era stata cassata per vizi di motivazione e violazione di legge e, pertanto, il giudice del rinvio era tenuto a rivalutare integralmente i fatti di causa al fine di stabilire il valore dell’attività svolta, con l’unico limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento impugnato ritenuti illogici, eliminando le contraddizioni ed i difetti argomentativi riscontrati Cass. 16660/2017 Cass. 12102/2014 Cass. 15692/2009 . Quindi, nello specifico, non era più consentito considerare esclusivamente l’importo indicato dalle parti quale valore dell’intera lottizzazione allo scopo di quantificare il compenso ed anzi il giudice del rinvio doveva conformarsi alla sentenza di legittimità e doveva tener conto della situazione nella quale si trovava la lottizzazione e 41 relativo iter, così da poter meglio definire quale fosse l’effettivo e specifico interesse della parte che conferiva l’incarico rispetto al risultato dello stesso. La Corte d’appello ha tenuto conto dell’iter della lottizzazione proprio allo scopo di individuare l’interesse perseguito dalla resistente, conformandosi, in tal modo, alla pronuncia di legittimità, avendo rilevato che il ricorrente aveva predisposto la sola convenzione integrativa riguardante le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, osservando inoltre che le prime era già state oggetto di una precedente convenzione sentenza pag. 5 . Ha inoltre considerato il valore indicato nella lettera di incarico, reputandolo, motivatamente, irrilevante, poiché quest’ultimo si riferiva all’intera lottizzazione, mentre il difensore era intervenuto in una fase in cui occorreva definire gli impegni dei lottizzanti riguardo alle sole opere effettivamente contemplate nella convenzione del 12.4.1995 predisposta dal professionista. In definitiva la pronuncia non è incorsa nell’errore denunciato, poiché ha liquidato il compenso in applicazione dei criteri legali, apprezzando l’interesse perseguito dalla cliente in ossequio alle prescrizioni impartite dalla sentenza di legittimità. Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto che sussistono le condizioni per dare atto che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari a Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, cpa e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15 % Dà atto che sussistono le condizioni per dare atto che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.