Sospensione del difensore dall’albo e presupposti per l'automatica interruzione del processo

La sospensione dall’esercizio della professione del difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, comporta l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, ma con un presupposto.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 24849/19, depositata il 4 ottobre. La vicenda. L'attrice dinanzi al Tribunale chiedeva che le società convenute le restituivano le somme ad ella dovute. Una delle suddette società ricorreva, dolendosi per l’eccessiva durata del giudizio mosso nei suoi confronti e chiedeva dinanzi alla Corte adita in secondo grado che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle un equo indennizzo per l’irragionevole durata del processo.Il Ministero resisteva. E chiedeva darsi atto dell’avvenuta interruzione del giudizio di equa riparazione dal giorno in cui il difensore della ricorrente medesima era stato sospeso dall’albo per ragioni disciplinari e dichiararsi estinto il giudizio stesso in dipendenza della mancata riassunzione nel termine di 3 mesi. La Corte d’Appello, rigettava la domanda,dichiarava l’estinzione del giudizio di equa riparazione avverso tale decisione intervengono i Giudici di legittimità chiamati dalle società, poiché deducono che la sospensione dall’albo dell’avvocato si è verificata antecedentemente alla designazione del relatore e dunque non è avvenuta nessuna menomazione in ordine al diritto di difesa per equa riparazione. Interruzione del processo. Il ricorso per la S.C. risulta essere fondato. Effettivamente il periodo di sospensione del difensore dall’albo per ragioni disciplinari ha interferito con il corso del giudizio presupposto”, come si evince dallo storico telematico del fascicolo in epoca antecedente alla costituzione delle parti, non incidendo sul diritto di difesa per equa riparazione. Appare dunque corretto richiamare il principio giurisprudenziale secondo cui la sospensione dall’esercizio della professione del difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, comporta l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con la conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa. Da qui l’accoglimento del ricorso da parte degli Ermellini.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 8 marzo – 4 ottobre 2019, n. 24849 Presidente Petitti – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto Con ricorso ex art. 414 c.p.c. notificato in data 25.3.2003 al tribunale di Tivoli R.A. chiedeva condannarsi la GES.MERI s.n.c., la SALT s.r.l. e M.G. al pagamento di differenze retributive ad ella dovute. Con sentenza n. 69/2005 l’adito tribunale rigettava la domanda. R.A. proponeva gravame alla corte d’appello di Roma. Resistevano la GES.MERI , la SALT e M.G. . Con ricorso alla corte d’appello di Perugia depositato in data 10.9.2012 la GES.MERI s.n.c. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio nei suoi confronti promosso - ed ancora pendente - dinanzi alla corte d’appello di Roma da R.A. . Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle un equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio presupposto . Resisteva il Ministero della Giustizia. Chiedeva darsi atto dell’avvenuta interruzione del giudizio di equa riparazione a far data dal 18.7.2013, di in cui l’avvocato Nicola Staniscia, difensore della ricorrente, era stato sospeso dall’albo per ragioni disciplinari, e dichiararsi estinto il medesimo giudizio in dipendenza della sua mancata riassunzione nel termine di tre mesi. Con decreto dei 3.4/8.6.2017 la corte d’appello di Perugia rigettava la domanda, dichiarava l’estinzione del giudizio di equa riparazione e condannava parte ricorrente alle spese. Evidenziava la corte che la s.n.c. ricorrente non aveva provveduto a proseguire l’interrotto giudizio di equa riparazione nel termine di tre mesi dal 15.2.2016, di in cui l’avvocato Nicola Staniscia aveva acquisito reale conoscenza del riacquisto dello ius postulandi che d’altra parte l’avvocato Staniscia, nel ricorso a questa Corte di legittimità iscritto al n. 1679/2012 r.g., aveva indicato la data del 18.7.2014, quale di del riacquisto da parte sua dello ius postulandi. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso la GES.MERI s.n.c., la SALT s.r.l. e M.G. ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese da distrarsi in favore del difensore anticipatario. Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 24 Cost., della L. n. 89 del 2001, degli artt. 83, 115, 116, 301 e 305 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c Deducono che la corte di Perugia ha delibato il merito del ricorso per equa riparazione, sicché ha superato la questione attinente alla pretesa estinzione del giudizio. Deducono che la sospensione dall’albo dell’avvocato Staniscia si è verificata antecedentemente alla designazione del relatore che dunque nessuna reale menomazione la parte ricorrente per equa riparazione, ancorché priva del difensore, ha sofferto che quindi è da escludere l’automatico verificarsi della causa di interruzione del processo, viepiù ché solo la parte colpita dall’evento interruttivo è abilitata a dedurre la verificazione del medesimo evento. Deducono che l’interruzione è stata inutilmente dichiarata con ordinanza del 19.1.2015 - mai comunicata alla ricorrente per equa riparazione - allorché a decorrere dal 18.7.2014 gli effetti della sospensione dall’albo erano già venuti meno che la corte di Perugia in data 9.9.2016 ha formalmente revocato il provvedimento di interruzione, sicché la parte ricorrente per equa riparazione non era tenuta alla riassunzione. Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento. Effettivamente il periodo di sospensione dell’avvocato Nicola Staniscia difensore della ricorrente la GES.MERI s.n.c. dall’albo per ragioni disciplinari si è protratto dal 18.7.2013 al 18.7.2014 cfr. a tal riguardo stralcio della sentenza n. 22358/2017 di questa Corte di legittimità, riprodotto alle pagg. 7-8 del ricorso e siffatto periodo ha interferito con il corso del giudizio presupposto , siccome si evince dal relativo storico telematico del fascicolo riprodotto a pag. 6 del ricorso , in epoca antecedente alla designazione del giudice e fissazione prima udienza , risalenti al 6.9.2016, e dunque in epoca antecedente alla costituzione delle parti, risalente al 30.3.2017. Si ha riscontro perciò della prospettazione dei ricorrenti a tenor della quale il provvedimento di revoca . è intervenuto in data 09/09/2016 anteriore alla prima udienza del 03/4/017 e della costituzione del Ministero del 03/4/2017 così ricorso, pag. 12 , sicché non ha minimamente inciso sul diritto di difesa della ricorrente per equa riparazione. Appieno si giustifica pertanto il riferimento all’insegnamento di questa Corte, alla cui stregua il principio secondo il quale la sospensione dall’esercizio della professione dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa cfr. Cass. 10.7,2015, n. 14520 nella fattispecie delibata da questa Corte con la pronuncia testè citata il periodo di sospensione del difensore dalla professione era integralmente caduto tra l’udienza in cui era stato disposto il rinvio per la precisazione delle conclusioni e quest’ultima, sicché non aveva inciso su esse Cass. 8.4.2016, n. 6838 . In accoglimento del ricorso il decreto dei 3.4/8.6.2017 della corte d’appello di Perugia, assunto nel procedimento iscritto al n. 6502/2012 v.g., va cassato con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione. In sede di rinvio sì provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Non sussistono i presupposti perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto dei 3.4/8.6.2017 della corte d’appello di Perugia assunto nel procedimento iscritto al n. 6502/2012 v.g. e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.